LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 20 novembre 2022, Cristo re - Anno C
Con Gesù per sempre nel Regno2 Samuele 5, 1-3 . Salmo 121 . Colossesi 1, 12-20 . Luca 23, 35-43
LetturaLa solennità odierna porta ai racconti della passione del Signore. È l'ultima tappa del cammino di Gesù verso Gerusalemme. L'itinerario però non cessa con la crocefissione perché, dopo la resurrezione, Gesù continua a camminare con i discepoli che lo accolgono risorto. Il brano di oggi presenta l'apice del dramma. Gesù ormai è stato condannato, ha percorso la "via dolorosa", aiutato da Simone di Cirene - che diventa l'immagine di ogni discepolo chiamato a portare la croce dietro a lui e a seguirlo - ed è crocefisso sul Calvario assieme a due malfattori. Da quella posizione Gesù offre il perdono a tutti ed in particolare ai nemici. A questo punto troviamo la nostro testo.
Lc 23, 35-4335Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: "Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto". 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto 37e dicevano: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". 38Sopra di lui c'era anche una scritta: "Costui è il re dei Giudei".39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!". 40L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male". 42E disse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". 43Gli rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso".CommentoIl brano presenta la reazione di cinque categorie di persone davanti a Gesù crocefisso. All'inizio è indicato il popolo che "stava a vedere", come uno spettatore indifferente, forse curioso, ma che per il momento non prende posizione. Poi ci sono i capi del popolo i quali deridono Gesù, partendo dalla sua pretesa messianica: "ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto". Essi chiedono a Gesù di dimostrare con i fatti e con un segno inequivocabile tutto quanto ha detto di sé fino a quel momento. "Anche i soldati lo deridevano"; è la terza categoria che reagisce davanti a Gesù in croce. Essi provocano il Crocefisso chiedendo di manifestare la sua regalità e la sua forza politica - militare secondo loro molte volte dichiarate. Anche chi è crocefisso con Gesù interagisce con lui. Il primo malfattore "lo insultava" e chiede di dimostrare la sua messianicità salvando tutti dal patibolo della croce. È tentazione diffusa pensare che la grandezza e la divinità di Gesù si manifesti nell'esonerare l'uomo dalla sofferenza, dalle croci e per di più dal dolore frutto di scelte sbagliate compiute. La reazione nei confronti di Gesù, del secondo malfattore è completamente diversa da quella del primo. Dapprima egli invita il socio ad avere timore di Dio, che lì in Gesù è condannato alla loro stessa pena, e poi dichiara la loro colpevolezza e l'innocenza di Gesù: "non ha fatto nulla di male". A questo punto il malfattore, rivolgendosi direttamente a Gesù, invoca da lui la salvezza: "ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". La risposta di Gesù va al di là di ogni aspettativa: "oggi con me sarai nel paradiso". Qui abbiamo un punto decisivo dell'opera di Luca e nel malfattore detto "buono" si intravede ogni discepolo. Infatti chi giunge ad incontrare Gesù, da qualsiasi storia provenga, e a lui si affida, creando una relazione interpersonale significativa e decisiva, ottiene subito la salvezza. Questa diventa definitiva per chi muore con Cristo e come lui. Allora la scritta che, posta sopra il suo capo sulla croce, allude con ironia alla regalità di Cristo - "Costui è il re dei Giudei" - letta con fede diventa rivelazione della vera identità del Crocefisso.
Gesù in croce rivela la sua regalità. Egli regna non secondo le aspettative degli uomini o i desideri di quanti lo circondano, ma nell'obbedienza fedele alla volontà del Padre. Per questo riesce a perdersi per salvarsi, ad evitare una regalità come rifiuto del dolore, a condividere il suo regno con chiunque incrocia il suo sguardo di bontà.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa regalità di Gesù collega le tre letture. Nella prima si dice che tutte le tribù d'Israele, che erano appartenute al dominio di Saul, vengono da Davide in Ebron, il quale già regna su Giuda, e si sottomettono alla sua regalità. La loro decisione è frutto di due constatazioni: "noi ci consideriamo tue ossa e tua carne" e "il Signore ti ha detto: tu pascerai Israele mio popolo". Anche Gesù, come Davide, ha un legame profondo con l'uomo ed è guidato dalla volontà del Padre. Queste prospettive sono già state viste e sottolineate nel vangelo. La seconda lettura approfondisce il tema della regalità di Gesù derivante dal Padre. Il regno di Cristo, dice Paolo, è voluto e sostenuto dal Padre. Gesù è "l'immagine del Dio invisibile" ed è Dio "che ci ha liberati dal potere delle tenebre...". Il cristiano, che partecipa al regno di Gesù Cristo, è chiamato anche continuamente a "ringraziare con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 13 novembre 2022, XXXIII Domenica T. O. - Anno C
La fine va preparata!Malachia 3, 19-20 . Salmo 97 . 2 Tessalonicesi 3, 7-12 . Luca 21, 5-19
LetturaGesù è nel Tempio di Gerusalemme, come già detto domenica scorsa. Qui i contrasti con gli avversari si acutizzano sempre più ed ormai rimandano alla passione imminente. Nel Tempio Gesù insegna le cose che più gli stanno a cuore. Appena prima del nostro brano (Lc 21,1-4) aveva indicato la vedova, che offre nel Tempio, come modello di donazione a Dio.
Lc 21, 5-195Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6"Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta". 7Gli domandarono: "Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?". 8Rispose: "Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine". 10Poi diceva loro: "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.CommentoIl testo liturgico è una parte del lungo discorso escatologico (Lc 21, 5-36), apice dell'insegnamento pronunciato da Gesù nel Tempio. La scena iniziale presenta alcune persone, non identificate, che guardano ammirate la bellezza del Tempio in fase di restauro ed ampliamento ad opera di Erode il grande. A costoro si contrappongono le parole di Gesù che dichiara ormai imminente la distruzione di tutto quanto essi ammirano; infatti: "non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta". A tale annuncio segue una naturale domanda degli ascoltatori, i quali si preoccupano di conoscere quando accadrà l'avvenimento da Gesù previsto e quali segni lo prepareranno, per non essere impreparati quando verrà quel momento. Gesù risponde dando tre indicazioni chiare. Prima di tutto chi lo segue non deve lasciarsi ingannare ed intimorire da coloro che si presentano come se sapessero tutto sugli avvenimenti finali e che pretendono di spiegare e di interpretare ogni fatto in quella luce. Essi sono dei cialtroni, "guardate di non lasciarvi ingannare... non andate loro dietro". In secondo luogo invita a non essere terrorizzati dai fatti eccezionali che capitano nel creato (terremoti, carestie, pestilenze, fatti terrificanti e segni grandi nel cielo) e dai conflitti che si scatenano tra i popoli (guerre, rivoluzioni, insurrezioni dei popoli contro altri popoli). Questi avvenimenti non sono premonitori di una fine imminente ("non è subito la fine"), ma fanno parte delle caratteristiche di un cosmo e di una umanità finiti e segnati dal peccato. Infine Gesù sottolinea particolarmente la persecuzione subita da coloro che lo seguono: "metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni... a causa del mio nome". Ebbene anche questa esperienza non è segno della fine prossima; essa fa parte della storia del credente inserito nella cultura del suo tempo. Al termine della pericope, Gesù indica come ci si deve preparare alla fine. Anzitutto affrontando con serenità e fiducia le difficoltà, in particolare le prove derivanti dall'essere cristiani. Poi testimoniando sempre con coraggio l'identità cristiana e confidando pienamente nella solidarietà fattiva del Signore con ciascun discepolo ("nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto"). Infine perseverando pazientemente e generosamente nella vocazione ricevuta ("con la vostra perseveranza salverete la vostra vita").
Gesù invita a pensare alla fine e a prepararla adeguatamente. Su questo tema tanti si inseriscono inopportunamente creando distorsioni, paure, disagi e sfruttamenti. Il cristiano non deve lasciarsi toccare da tutto ciò perché a lui interessa quanto Gesù ha insegnato al riguardo. Si prepara correttamente la fine vivendo con intensità la propria vocazione cristiana, con tanta fiducia nel Signore, accettando con serenità le prove che necessariamente si incontrano, fino a quando il Signore tornerà.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe tre letture concordano sull'attesa della realtà ultima ed indicano tre atteggiamenti fondamentali da assumere nei confronti di essa. La prima lettura, dal profeta Malachia, invita i credenti a coltivare il nome del Signore per beneficiare dei raggi del sole di giustizia e per evitare il fuoco distruttore che colpirà chi commette ingiustizia. Essere cultori del nome del Signore significa che il rapporto con Dio e con la sua volontà ha il primato nella vita dell'uomo ed orienta decisamente i suoi comportamenti. Il vangelo sollecita il cristiano, come già visto nel commento particolare, a non lasciarsi prendere dalla paura o dal disorientamento, ma a fidarsi del Signore e a vivere con intensità la vocazione battesimale. Paolo, nella seconda lettura, indica che l'attesa del giorno ultimo non deve essere improduttiva o pesando gravemente sugli altri ("sentiamo che alcuni di voi vivono disordinatamente, senza far nulla ed in continua agitazione"). L'attesa del Signore che viene si prepara anche assolvendo con fedeltà i propri impegni sociali.
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Goito 6 novembre 2022, XXXII Domenica T. O. - Anno C
Dal battesimo inizia la risurrezione!2 Maccabei 7, 1-2.9-14 . Salmo 16 . 2 Tessalonicesi 2, 16-3,5 . Luca 20, 27-38
LetturaGesù è ormai giunto a Gerusalemme, accolto festosamente dalla moltitudine dei discepoli. Disceso dal monte degli ulivi, entra direttamente nel tempio dove, secondo l'evangelista Luca, svolge il suo ministero fino alla passione. Il tempio è il luogo della presenza di Dio, la casa del Padre e quindi la residenza obbligata di Gesù a Gerusalemme. È proprio nel tempio che si avvicinano a Gesù i sadducei e gli pongono la questione contenuta nel brano odierno.
Lc 20, 27-3827Gli si avvicinarono alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e gli posero questa domanda: 28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie". 34Gesù rispose loro: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui".CommentoIl brano inizia presentando alcuni sadducei che si avvicinano a Gesù; essi negano la risurrezione dei morti. Il partito dei sadducei è composto da ricche famiglie sacerdotali e di nobili laici, si richiamano a Sadoc, i cui discendenti sono gli unici riconosciuti come sacerdoti legittimi (2 Sam 15, 24ss; 1 Re 1, 32ss; Ez 44,15); tra loro è scelto il Sommo Sacerdote e svolgono l'attività principale nel tempio. Al tempo di Gesù sono collaborazionisti coi romani, i quali in cambio lasciano a loro una certa autonomia politica ed amministrativa. Scompaiono assieme al tempio con la guerra giudaica (66-70 d.C.). I sadducei sono un gruppo fortemente conservatore e si sottomettono letteralmente all'autorità della Legge, cioè del Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia). Poiché i libri di Mosé non parlano di risurrezione, i sadducei contestano tale questione che era diventata di estrema attualità. Infatti la riflessione sulla risurrezione dei morti inizia a definirsi nitidamente nella teologia ebraica al tempo delle persecuzioni, messe in atto da Antioco Epifane (167-165 a.C.), e documentata nei libri dei Maccabei. I sadducei, forti della loro tradizione, pongono una domanda tranello a Gesù, per coglierlo in fallo, partendo da una istituzione ormai consolidata in Israele: il levirato (Dt 25, 5-10). Quando un uomo primogenito moriva senza lasciare figli, il fratello era obbligato a sposare la moglie del defunto e garantire così la discendenza, "perché il nome di questo non si estingua in Israele" (Dt 25,6). Per i sadducei la legge del levirato, se presa sul serio, è sufficiente per dichiarare assurda la risurrezione. A questa logica risponde il racconto popolare del caso della donna moglie di sette fratelli morti tutti senza lasciare figli. Ecco allora la domanda cruciale: "La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?", che rivela una concezione della vita dopo la risurrezione come copia migliorata dell'esistenza terrena. Gesù risponde alla domanda dei sadducei con due argomentazioni. Dapprima indica che esiste una diversità di condizione tra questo mondo e la vita eterna. Coloro che saranno "giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dei morti", si rapporteranno tra loro in modo differente rispetto alla modalità tenuta nel mondo presente. La vita nell'aldilà è diversa. I figli della risurrezione infatti "sono uguali agli angeli" e "sono figli di Dio". La risurrezione, il grande dono di Dio fatto all'uomo per mezzo della risurrezione di Cristo, è una novità così radicale che cambia decisamente la vita dei soggetti. Tale cambiamento lo si può percepire già nella vita terrena, ma sarà definitivo e pieno nella vita eterna. Poi Gesù indica la prova della risurrezione contenuta nella Torà stessa: "che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosé..., quando chiama il Signore Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe" (cf Es 3,6). Poiché Dio si lascia definire a partire dal nome dei patriarchi di Israele, questo significa che essi sono ancora viventi. Come Dio non ha lasciato sprofondare nel nulla Abramo, Isacco e Giacobbe, così egli, che è fedele e ama, non può abbandonare l'uomo nella morte.
La risurrezione è il dono d'amore che Dio fedele offre, per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo a tutti gli uomini. La risurrezione è una novità così decisiva che cambia radicalmente la vita dei discepoli. Costoro non solo devono prendere coscienza di aver ricevuto il dono, ma anche che, dal giorno del loro battesimo, la vita è cambiata. Essi infatti sono chiamati a vivere da "figli di Dio", cioè non più condizionati o appesantiti dalle realtà materiali, ma guidati dallo Spirito, e a camminare serenamente verso la patria eterna, dove si potrà vivere per sempre e pienamente da risorti.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe tre letture invitano chiaramente a riflettere sul futuro dell'uomo, sull'escatologia, le realtà dopo la morte. La prima lettura, narrando il martirio dei fratelli, che sono puniti perché rifiutano di "cibarsi di carni suine proibite", diventa una esplicita professione di fede nella risurrezione. I giovani non hanno paura della morte ed in quell'occasione proclamano la loro certezza che "il re del mondo... li risusciterà a vita nuova ed eterna". Il vangelo sottolinea che la risurrezione non sarà una fotocopia senza difetti della vita nel mondo. La risurrezione cambia radicalmente l'identità del credente. Questa si percepirà pienamente dopo la morte, ma già durante la vita terrena si può intuire vivendo da figli di Dio. Paolo spiega, nella seconda lettura, cosa significhi vivere da figli di Dio. Chi è toccato dalla Parola di Dio nella sua corsa, segno della fedeltà del Signore, è custodito dal maligno ed è confermato nella fede. Così i cuori dei discepoli sono orientati all'amore di Dio e alla pazienza di Cristo.
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Goito 30 ottobre 2022, XXXI Domenica T. O. - Anno C
ZACCHEO: LA SALVEZZA RITROVATASapienza 11, 23-12, 2 . Salmo 144 . 2 Tessalonicesi 1, 11-2, 2 . Luca 19, 1-10
LetturaGesù è a Gerico. Dopo aver guarito un cieco al suo ingresso in città, ora, mentre attraversa l'abitato, sempre diretto in modo decisivo verso Gerusalemme, gli capita l'incontro con un esponente particolare del luogo.
Lc 19, 1-101Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È entrato in casa di un peccatore!". 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto". 9Gesù gli rispose: "Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".CommentoNella città di Gerico, "un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù". Colpisce subito il fatto che un uomo del genere, tutto dedicato a raccogliere soldi per Roma e per sé, sia interessato a Gesù. Non si conosce bene la ragione per la quale va verso Gesù. Egli ad ogni costo cerca di vedere il maestro e poiché era piccolo di statura, è costretto a salire sopra una pianta. Gesù, arrivato presso Zaccheo, prende l'iniziativa, alza lo sguardo, scegliendolo tra tanti che lo circondano, e gli annuncia: "oggi devo fermarmi a casa tua". La curiosità ed il vago interesse di Zaccheo per Gesù sono ripagati in modo sovrabbondante dal maestro che, volendo andare a casa sua, desidera stare proprio con lui e portargli la salvezza. In questo modo Gesù si dimostra interessato a salvare chi è ben disposto verso di Lui, anche se peccatore. La reazione delle altre persone è di sgomento e "tutti mormoravano: è andato in casa di un peccatore". Gli esattori delle tasse erano, infatti, considerati pubblici peccatori in quanto, riscuotendo le tasse per il dominatore romano, arricchivano anch'essi sempre di più a scapito dei concittadini. Zaccheo non si lascia condizionare dagli altri e va avanti nel suo cammino di conversione. A casa sua, dopo aver ospitato Gesù, a voce alta dichiara a tutti gli impegni concreti che è disposto ad assumersi come conseguenza del suo incontro col Signore: "io do la metà di ciò che possiedo ai poveri; e se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto". L'intervento di Gesù sottolinea l'oggi della salvezza portata da lui a cui Zaccheo partecipa con la sua conversione. La parola conclusiva interpreta e concretizza l'amore di Gesù che vuole cercare e salvare chi è perduto sia in Israele come tra i popoli pagani.
Chi si avvicina a Gesù e da lui è guardato, viene coinvolto nella salvezza di Dio per gli uomini. Tutti si ha bisogno di salvezza! Questa realmente si realizza in una persona quando ci sono segni concreti e scelte di vita conseguenti. Il peccato, anche se grande, non può mai ostacolare l'incontro con Gesù e non può essere una essere una scusa sufficiente per non accogliere la salvezza portata da Gesù.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'amore di Dio che salva, è il tema unificante delle letture odierne. Nel libro della Sapienza si descrive la compassione di Dio verso tutti, perché tutto da Lui è stato creato. Per questo allora Dio non guarda "ai peccati degli uomini, in vista del pentimento". Il Signore, autore della vita, ama la vita e non solo castiga "poco alla volta i colpevoli", ma li ammonisce "perché, rinnegata la malvagità", credano in Lui. La stessa idea è espressa nel racconto evangelico. L'amore gratuito e sovrabbondante, offerto da Gesù a coloro che incontra, diventa strumento di conversione, di cambiamento di vita e di ritorno a Dio. Questa è stata l'esperienza di Zaccheo. Anche il discepolo del vangelo, scrive Paolo ai Tessalonicesi, è costituito da Dio. Lui solo rende degni della chiamata ricevuta, porta a compimento ogni volontà di bene e la fede di ciascuno. Per questo allora è necessario restare uniti a Gesù Cristo, l'unico che opera nel nome del Padre. La sua azione sarà riconosciuta pienamente alla fine dei tempi. E' necessario perciò diffidare da tutti coloro che si presentano salvatori, scostandosi da Cristo.
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Goito 23 ottobre 2022, XXX Domenica T. O. - Anno C
Dio salva gli umiliSiracide 35, 12-14.16-18 . Salmo 33 . 2 Timoteo 4, 6-8.16-18 . Luca 18, 9-14
LetturaIl brano del vangelo di questa domenica si ricollega con quello di domenica scorsa e ne continua l'insegnamento. Là Gesù insisteva sulla necessità di pregare, qui presenta la modalità e l'atteggiamento con cui la preghiera va presentata a Dio. Con la parabola del fariseo e del pubblicano siamo verso la fine del viaggio di Gesù a Gerusalemme.
Lc 18, 9-149Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo". 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". 14Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato".CommentoL'evangelista Luca inizia il racconto presentando i destinatari della parabola: "alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri". Giusto è colui che vive conformemente al volere di Dio, perché osserva fedelmente la Legge mosaica. Ebbene, Gesù si rivolge proprio a coloro che "presumevano" di essere giusti, cioè a quelle persone che, in forza della loro religiosità, si ritengono a posto e autorizzati a giudicare i propri fratelli. Questa è una religiosità che, al di là delle apparenze, di fatto ignora Dio, non si sottopone al suo giudizio e crea fratture notevoli nella comunità. Non solo i farisei vivono così, ma un simile atteggiamento può insinuarsi anche nei cristiani. Per cui la parabola di Gesù è per gli ebrei, ma anche per i membri della sua comunità. I due personaggi della parabola sono presentati in forte contrapposizione tra di loro. Il fariseo è il modello del "pio israelita", fedele alla Legge, alle regole religiose e alle prescrizioni di purificazione di questo mondo. Il pubblicano è l'esempio del "peccatore": disonesto nel riscuotere le tasse, collaborazionista coi romani, rassegnato di fronte ai fatti della storia, che subisce passivamente, desideroso di raggiungere i suoi scopi a scapito dei valori ricevuti e delle istituzioni consolidate. Entrambi salgono al tempio di Gerusalemme a pregare. Il fariseo prega secondo le prescrizioni ricevute: in piedi e mormorando a bassa voce il suo ringraziamento a Dio. Il testo porta anche il contenuto della preghiera del fariseo che, pur essendo strutturata correttamente e particolarmente raffinata, evidenzia la fiducia completa che egli ha in sé stesso, nelle sue azioni e nella sua religiosità: "non sono come gli altri uomini... e neppure come questo pubblicano". Anche l'azione più altamente religiosa, se non è impostata correttamente e non ha come riferimento Dio solo, non produce alcun risultato utile per la salvezza. Il pubblicano invece si ferma "a distanza", perché si sente lontano da Dio e non degno di stare alla sua presenza. Egli sa di aver peccato gravemente; per questo "non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo" e, battendosi il petto, chiede pietà a Dio. Qui sicuramente non si vuol giustificare il comportamento scorretto del pubblicano, ma si afferma che in lui il vero atteggiamento di ricerca del perdono di Dio, lo porta a superare la sua situazione di peccato. Questa è la giustificazione: superare, attraverso l'opera potente di Dio, la situazione di ingiustizia in cui si trovava. Per tale ragione la preghiera del pubblicano gli dona la salvezza, mentre il fariseo non ottiene alcun vantaggio.
Nella vita di fede siamo chiamati a vigilare rigorosamente sui comportamento assunti. Questi infatti rivelano sempre gli atteggiamenti profondi che determinano il nostro esistere. Quando al centro di tutto si pone se stessi, anche le forme più alte di religiosità risultano senza utilità; quando invece a fondamento della vita si pone realmente Dio, benché peccatori, egli sa gradualmente trasformarci e salvarci.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURENella prima lettura si sottolinea che "la preghiera dell'umile penetra le nubi". Umile può essere il povero o l'oppresso, ma lo è sicuramente "chi venera Dio", perché gradualmente fa suoi gli atteggiamenti di Dio. La preghiera del pubblicano del vangelo, è gradita a Dio e crea un dialogo vitale efficace, perché presentata con cuore ed atteggiamento umili. Paolo, nella seconda lettura, è sostenuto e animato profondamente dall'umiltà. Egli sa che il Signore lo libera da ogni male e lo salva perché tutto egli ha compiuto per il Signore. Anche i servizi ecclesiali, se non sono fondati in Dio non producono frutti di salvezza. Tutto quanto Paolo ha e fa, è in funzione del Signore e per tale ragione è sicuro di ottenere da lui la "corona di giustizia", che è preparata anche per "tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione".
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