LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 luglio 2020 – XVI Domenica del Tempo Ordinario
Solo Dio può giudicare tra bene e maleSapienza 12, 13.16-19; Salmo 85; Romani 8, 26-27; Matteo 13, 24-43
LetturaLa liturgia continua a proporre la lettura del capitolo tredicesimo di san Matteo, denominato "discorso parabolico". Dopo la parabola del seminatore, letta domenica scorsa, e la sua spiegazione data da Gesù stesso, oggi accostiamo altre tre parabole: il grano e la zizzania seminati nello stesso campo, il seme di senapa ed il lievito.
Mt 13, 24-4324Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: "Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?". 28Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". 29"No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio"".31Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami ".33Disse loro un'altra parabola: "Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata".34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo". 37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!CommentoLa prima parabola si sviluppa in tre tempi. Il primo è quello della semina del grano e della zizzania in mezzo al grano. Il secondo tempo è costituito dalla crescita. In mezzo al grano, che gradualmente va verso la maturazione, compare anche la zizzania. A questo punto nella narrazione si ha una parentesi, costituita dall'intervento dei servi che chiedono al padrone da dove venga la zizzania e quindi il male che convive col bene. Gesù risponde affermando che il male non viene dal padrone del campo ed è a lui completamente estraneo, esso deriva soltanto dall'avversario: "un nemico ha fatto questo". I servi propongono poi di togliere subito l'erba cattiva dal campo. Questa sembra la soluzione più naturale e corrispondente anche alle abitudini agricole dell'ambiente palestinese. Ma il padrone del campo ha un altro progetto. Egli rimanda la separazione del grano dalla zizzania al tempo della mietitura. La mietitura è il terzo momento del racconto parabolico. In questa fase decisiva non sono più i servi gli esecutori degli ordini del padrone, ma i mietitori ai quali il padrone dice: "raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio". È evidente che le immagini della parabola rimandano a Dio che agisce nella storia, dove anche il maligno è all'opera, impedendo alla Parola, gettata con abbondanza, di portare frutto. Prima di riportare la spiegazione della parabola fatta da Gesù ai discepoli in casa, l'evangelista inserisce due brevi parabole affini. La prima fa leva sul contrasto tra il piccolo seme di senapa posto nel terreno e l'arbusto relativamente grande che ne deriva. Anche la parabola del lievito ruota sulla sproporzione esistente tra la grande massa di pasta fermentata da un poco di lievito. L'azione di Dio nel mondo ed il suo regno non procedono con spettacolarità o trionfalismo, caratteristici delle opere dell'uomo, ma operano silenziosamente dal di dentro oppure con interventi che possono sembrare insignificanti, come la missione di Gesù. I risultati finali sono però inimmaginabili per l'uomo, perché soltanto Dio li conosce e ne è il garante. L'evangelista chiude la prima parte del discorso in parabole con un breve commento rivolto alla folla che rimane estranea alla cerchia dei discepoli. Questo succede non a causa delle parabole di Gesù, che corrispondono allo stile della comunicazione di Dio, ma dei destinatari che si chiudono alla parola di Dio proclamata da Gesù. Infatti, per cogliere nelle parabole il disegno di amore di Dio Padre, si deve stare con Gesù, "entrare in casa" e lasciarsi istruire da lui come fanno i discepoli.
Dio Padre continua ad operare con larghezza nella storia. Qui è presente ed opera anche il maligno in completa autonomia. I discepoli devono evitare il rischio della intolleranza o dell'indifferenza nei confronti del male, sicuri della presenza di Dio, lasciando a lui il compito del giudizio finale. Nel frattempo, la certezza che il regno di Dio è all'opera, anche se in modo nascosto e non appariscente, porta i cristiani a vivere con fiducia perseverante e con misericordia, in continua conversione guidata e stimolata dagli insegnamenti di Gesù.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 luglio 2020 – XV Domenica del Tempo Ordinario
La Parola produce sempre frutti abbondantiIsaia 55, 10-11 . Salmo 64 . Romani 8, 18-23 . Matteo 13, 1-23
LetturaNel capitolo dodicesimo l'evangelista san Matteo continua a presentare le posizioni assunte dalla gente davanti a Gesù e al suo ministero. Anche i discepoli, come il maestro, subiscono contestazioni e persecuzioni. Gesù però non si lascia condizionare e continua a compiere la sua missione. Egli si presenta con la stessa autorevolezza e dignità delle figure storiche e profetiche del passato. Qui l'evangelista inserisce il terzo grande discorso di Gesù, che raccoglie le parabole del regno.
Matteo 13, 1-23Mt 13, 1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti". 10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché a loro parli con parabole?". 11Egli rispose loro: "Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! 16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! 18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno".Commento.
La liturgia propone oggi la prima parte del discorso in parabole di Gesù. Il brano si suddivide in tre parti: la parabola del seminatore (13, 1-9), le motivazioni del discorso in parabole (13, 10-17) e la rilettura della parabola del seminatore (13, 18-23). Il testo si apre con una introduzione che presenta il protagonista. Gesù abbandonato la casa dove ha dato istruzioni ai discepoli, siede ora su una barca e dal mare si rivolge ad una folla numerosa, venuta per ascoltarlo. Per san Matteo la folla è composta da tutte quelle persone che non sono discepoli ed in particolare da coloro i quali ancora non hanno deciso di seguire il maestro e che spesso sono refrattari nei suoi riguardi. A questi destinatari Gesù parla in parabole, cioè con un linguaggio simbolico, il quale, se capito, ha la possibilità di svelare il mistero e mettere in comunicazione profonda con la rivelazione. La parabola è come una finestra che si apre sul mistero di Dio e dalla quale è possibile intravedere la grandezza della salvezza donata all'uomo. La prima parabola pronunciata da Gesù è quella del seminatore. Il racconto si ispira alle condizioni ambientali e alle tecniche agricole della Palestina al tempo di Gesù. Ma del racconto occorre sottolineare l'abbondanza della semente gettata, che rimanda all'azione di Dio sempre carica di speranza anche se le situazioni sono, dal punto di vista umano, difficili o segnate dalla crisi. Un altro punto che merita attenzione è il contrasto tra il fallimento di una maggioranza, che riceve il seme ma non da frutto, e una minoranza la quale accoglie il seme, produce frutti abbondanti e diventa segno e annuncio di speranza. Poi Gesù, stimolato da una domanda dei discepoli, spiega perché parla in parabole alle folle dei giudei ostili verso di lui. Costoro devono aprire gli orecchi e gli occhi per sentire e vedere, come fanno i discepoli e non comportarsi come i loro antenati che hanno vissuto col cuore indurito, cioè non disponibile all'azione di Dio. Se essi vogliono, le parabole di Gesù possono portare alla conversione. Infine Gesù spiega ai discepoli la parabola del seminatore. È questa l'occasione per indicare ancora una volta le caratteristiche del discepolo e del vero ascoltatore della parola evangelica.
Con la parabola del seminatore o meglio dei semi abbondanti gettati nel terreno, Gesù insegna che l'opposizione ed il rifiuto della maggioranza della gente nei confronti del Regno dei cieli è inconsistente davanti ai frutti abbondanti e significativi prodotti da un gruppo di discepoli che accolgono con entusiasmo e fiducia la sua parola. I discepoli sono coloro che cercano di superare le crisi che capitano nel cammino della vita e procedono con perseveranza, ascoltando veramente e comprendendo la parola di Gesù, cioè mettendola in pratica attivamente.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema dell'ascolto fruttuoso della parola di Dio collega le letture di questa domenica. Il brano del vangelo presenta le condizioni indispensabili per un ascolto adeguato della parola del Signore. Anche la prima lettura, tratta dal profeta Isaia, presenta il tema dell'efficacia della parola di Dio mediante la similitudine della pioggia e della neve che irrigano la terra. Così la parola che viene da Dio produce sicuramente effetti ed opera ciò che lui desidera, raggiungendo gli obiettivi desiderati: "la parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero, e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata". La seconda lettura, con altra immagine, indica la stessa realtà. Il seme della gloria futura, immesso nella creazione per mezzo della resurrezione di Cristo, come il seme della parola, prima o poi si rivelerà in pienezza ed il progetto di Dio si manifesterà in tutta la sua grandezza. Nel frattempo è necessario imparare a convivere con l'imperfezione ed i limiti costituiti dalla natura umana.
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APOCALISSE
Ventottesima Lettura
Vediamo ora gli ultimi due capitoli dell'Apocalisse. Pur restando come sottofondo la presenza del male ormai vinto, l'autore si sofferma sulle realtà nuove ed eterne che scaturiscono dalla salvezza portata da Dio per mezzo di Gesù Cristo. Egli viene invocato perché la sua presenza continui a sostenere la Chiesa.
LetturaAp 211E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: "Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. 4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate".5E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". E soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e vere". 6E mi disse: "Ecco, sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell'acqua della vita.7Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.8Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte".9Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: "Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello". 10L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.15Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono uguali. 17Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. 18Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. 19I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, 20il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.22In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. 23La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. 24Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. 25Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. 26E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni. 27Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.Ap 221E mi mostrò poi un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. 2In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall'altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni. 3E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello: i suoi servi lo adoreranno; 4vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. 5Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli.6E mi disse: "Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. 7Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le mostrava. 9Ma egli mi disse: "Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare". 10E aggiunse: "Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. 11Il malvagio continui pure a essere malvagio e l'impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.12Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. 13Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine. 14Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all'albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. 15Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! 16Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino". 17Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta, ripeta: "Vieni!". Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita.18A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; 19e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.20Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù. 21La grazia del Signore Gesù sia con tutti.CommentoIl testo inizia presentando tutta una realtà nuova: Cielo e terra. Scompare il mare, il luogo dove vive ed ha sede il male. L'aggettivo nuovo non indica qui una realtà cronologica, appena arrivato, o appena formato. Esso indica qualcosa di definitivo, di perfetto ed escatologico (che riguarda l'escaton cioè le realtà definitive ed eterne). Infatti si parla di "Novissimi" per designare le realtà ultime, l'eternità, la vita dopo la morte. Anche il vangelo lo chiamiamo Nuovo Testamento, in quanto compimento del Primo Testamento. Quante volte troviamo nel NT l'aggettivo "n uovo"! In Isaia 65,17 e 66,22 si presentano i cieli nuovi e la terra nuova. Poi una voce che proviene dal trono dichiara finito il vecchio mondo e l'inizio del nuovo. È un canto liturgico di lode e di speranza. La rappresentazione della Nuova Gerusalemme è la celebrazione di una meta, di un fine pieno e glorioso a noi destinato da Dio. Dio stesso interviene per ribadire con una dichiarazione solenne la sua opera di novità assoluta. In opposizione ai cittadini della Gerusalemme nuova e santa, coloro che hanno vinto il male, che partecipano della stessa vita di Dio, perché suoi figli ed eredi, sono presentati gli esclusi.
Nella descrizione della Nuova Gerusalemme l'autore si ispira a Ez 40-48, Is 60-66 e Zc 14. Prima viene presentata la città sposa che poi diventa la città santa ed è Dio che la rende sposa e santa. Tutta la descrizione della città è perfetta ed è un degno luogo dove abita Dio. Nella nuova Gerusalemme non ci sarà più bisogno di un tempio perché la "gloria" di Dio abiterà tutta la città. Ora nella città tempio tutto è consacrato; il male provocato dalla bestia è stato annientato; l'unica liturgia è quella di Dio e dell'Agnello. L'anagrafe della Gerusalemme nuova coincide con gli elenchi del "libro della vita".
Nella città santa scorre il fiume della vita che è costeggiato dall'albero della vita. L'autore si ispira sicuramente a Ez 47,1-12 che diventa il commento dei primi due versetti. Gli alberi miracolosamente fruttificano ogni mese e hanno potere terapeutico. Ritorna l'albero della vita già incontrato precedentemente (cfr. Gn 2,9 e 3,24). Entra ora in scena Gesù che ripete la frase: "ecco io vengo presto". È la venuta di Gesù nella celebrazione liturgica della comunità. È la venuta di Gesù a liberare i cristiani perseguitati e oppressi. È la venuta di Gesù a salvare i suoi amici. Ed è Giovanni che ha visto e udito, e che si prostra per adorare l'angelo; l'angelo però si rivolge a Giovanni e gli dice di alzarsi perché solo Dio occorre adorare e tutti gli altri esseri celesti o terrestri sono creature di Dio; solo Lui bisogna adorare. Gesù poi si presenta come l'autore della salvezza, dall'inizio fino alla fine della storia e anche all'interno del popolo ebraico. Per questo motivo lo si invita a "venire", come abbiamo detto sopra. Nel frattempo i cristiani hanno il mandato di custodire, conoscere e mettere in pratica la Scrittura, così come è stata consegnata. Gesù sicuramente viene e verrà per salvare i suoi amici.
Conclusione- Nel mondo esiste il male ed imperversa
- Chi lo accoglie ne è succube e perde la comunione con Dio
- Dio ha vinto il male per mezzo di Gesù Cristo
- Chi resta unito a lui nell'assemblea dei credenti non deve temere nulla
- La salvezza è donata a tutti coloro che seguono Gesù Cristo
- È una salvezza donata individualmente e comunitariamente e la dimensione comunitaria è fondamentale e costitutiva
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 9 luglio 2023 – XIV Domenica del Tempo Ordinario
Gesù è l'unico rivelatore autorizzatoZaccaria 9, 9-10 . Salmo 144 . Romani 8, 9.11-13 . Matteo 11, 25-30
LetturaDopo le parole relative al discepolato del capitolo decimo, abbiamo ora una sezione che presenta le posizioni assunte dalle persone davanti a Gesù e al suo ministero (Mt 11-12). All'inizio incontriamo la perplessità del Battista che, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, si chiede se lui sia veramente colui che deve venire oppure se si debba aspettare un altro inviato. Per questo invia una delegazione ad intervistare Gesù. Poi si ha il giudizio durissimo di Gesù sulle città, che hanno assistito e partecipato al suo ministero e non hanno risposto con la conversione. A questo punto abbiamo le parole di Gesù sui discepoli (Mt 11, 25-30), il brano di questa domenica.
Mt 11, 25-3025In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".CommentoIl testo può essere suddiviso in tre parti. Dapprima incontriamo la preghiera di Gesù diretta al Padre (vv. 25-26) attraverso la quale lo ringrazia e lo benedice con una formula presa dalla tradizione spirituale ebraica: "ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra". L'accento cade poi sulla motivazione della preghiera di lode. Il Padre ha scelto liberamente e gratuitamente "i piccoli" come destinatari privilegiati della rivelazione, escludendo "i sapienti e gli dotti". I piccoli sono coloro che Gesù chiama anche poveri e vanno identificati con i discepoli credenti, che accolgono con disponibilità e generosità la rivelazione del Padre offerta per mezzo di Gesù. I sapienti e i dotti invece sono coloro che non accolgono la rivelazione di Dio oppure dicono di accoglierla ma, attraverso comportamenti e scelte particolari, pongono invece al centro della vita se stessi e non la volontà del Padre. Nella seconda parte (v. 27) Gesù si presenta Figlio del Padre e suo unico rivelatore autorizzato. Egli infatti, in virtù della relazione col Padre e della sua conoscenza, può far conoscere Dio agli uomini: "tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Ne consegue che solo in una relazione vitale con la persona ed il messaggio di Gesù si può entrate nel cuore del cristianesimo ed incontrare veramente il mistero di Dio. Infine (vv. 28-30) Gesù invita tutti coloro che sono "stanchi ed oppressi" ad andare con lui. Queste categorie di persone sono da identificare immediatamente in coloro che sono oppressi, sovraccaricati e schiacciati dal regime farisaico della interpretazione della legge. Ma anche ogni persona di ogni tempo stanca e schiacciata può sentire rivolta a lei le parole di Gesù. A tutti costoro Gesù offre ristoro perché propone un modo nuovo di portare il "giogo" dell'alleanza, della legge del Signore e di vivere la prova. Queste non sono più un peso connotato legalisticamente, o che schiacciano soltanto, ma attraverso Gesù, che vive con amore il rapporto col Padre, i comandamenti di Dio e le prove della vita sono la possibilità unica e concreta di essere in comunione con lui. Egli, a differenza dei farisei, non solo fa conoscere la volontà di Dio, ma è il primo ad attuarla in modo pieno con amore generoso. Per questo Gesù può dire: "imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
In conclusione, Gesù rivolgendosi ai piccoli, ai discepoli del vangelo, dichiara che Dio Padre fa conoscere e fa vivere per mezzo di lui tutto il mistero della salvezza. È attraverso Gesù Cristo che si ha la sicurezza di entrare e partecipare alla relazione di amore col Padre. Imitando Gesù ed imparando da lui, gli insegnamenti evangelici non sono da vedere come imposizione autoritaria da sopportare, ma manifestazione dell'amore del Padre. Se il vangelo è accolto con amore e vissuto con generosità, diventa la possibilità concreta che oggi abbiamo di vivere la comunione diretta col mistero di Dio.
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APOCALISSE
Ventisettesima Lettura
L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re, dai mercanti e dai naviganti, a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo. Anche altre visioni vengono descritte (cfr. cap. 20).
LetturaAp 201E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. 2Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 3lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo. 4Poi vidi alcuni troni - a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare - e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; 5gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. 6Beati e santi quelli che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni. 7Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere 8e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg, e radunarle per la guerra: il loro numero è come la sabbia del mare. 9Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. 10E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.11E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. 12E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. 13Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. 14Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. 15E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.CommentoCome nella seconda parte del capitolo 19, anche nel ventesimo sono presentate delle visioni e precisamente tre, introdotte dal verbo "vedere": vv. 1. 4. 11. Queste visioni dobbiamo leggerle bene perché nel corso dei secoli hanno attirato molta attenzione con la cifra dei "mille anni". Nacque da questa indicazione la tesi del "millenarismo"[1] . Abbiamo davanti a noi un trittico ed il primo si apre con un angelo che ha in mano "la chiave dell'abisso". Questo simbolo rimanda al potere sull'area infernale (cfr. 1,18 e 9,1; Mt 16,18 "le chiavi del regno dei cieli"). Solo Cristo, attraverso il suo angelo, può disporre della città dell'Abisso, cioè del luogo del castigo. Il male pur essendo ancora vivo e terribile è però incatenato. È questo un messaggio di fiducia e speranza rivolto alla chiesa. Il fatto che il male sia lasciato libero forse allude alla passione e morte di Cristo e dei Cristiani. Con la presenza di Dio e di Cristo accanto a noi è possibile non temere più il male, anche quando apparentemente imperversa. Le sue armi non sono invincibili ma spuntate, la sua forza è reale ma incatenata e bloccata. Nella seconda visione si presenta una specie di corte celeste che forse viene ripresa da Dn 7. Al regno e al giudizio partecipano i testimoni di Gesù e della Parola, i martiri che non si sono piegati alla Bestia. Essi hanno perso la vita per ottenerla in pienezza (cfr. Mc 8,35). Si parla poi di "prima risurrezione". Con questa espressione si intende lo stato dei credenti che hanno già ricevuto il premio eterno e sono in attesa del giudizio definitivo. Loro continueranno a vivere in Cristo e gli altri subiranno la seconda morte. Forse si può anche intendere che i cristiani, prima che si concluda la vicenda umana, partecipano come sacerdoti alla gloriosa liturgia celeste, nel consesso della corte divina. Alla conclusione del tempo simbolico dei mille anni, il tempo della storia della salvezza, si ha lo scontro finale tra bene e male. Esso sfocia nel giudizio ultimo. Già si è parlato di ciò in 19,11 ma l'autore non fa un racconto consequenziale ma procede ad immagini che ritornano continuamente su se stesse. Terminato il millennio simbolico Satana sarà liberato dalla prigione in cui Cristo l'aveva rinchiuso e scatena il suo ultimo assalto (v. 7). Raduna da tutta la terra i suoi seguaci pronti a schierarsi con lui e li chiama con una coppia di nomi presi a Ezechiele: Gog e Magog (cfr. Ez 38-39). Che significato abbiano questi nomi è incerto, sicuramente incarnano le potenze storiche nemiche del popolo di Dio. Il male ha un numero di adepti sterminato e puntano sull'"accampamento dei santi". Vi è una allusione a Israele pellegrino nel deserto e alla Gerusalemme dei giusti: la città amata. Questa azione dei malvagi è ostacolata da un intervento del cielo che col fuoco li distrugge e confina il diavolo, la bestia ed il falso profeta (il potere ingiusto, il peccato e la devianza religiosa) nell'area infernale. Il male quindi soccombe e per lui non c'è via di scampo. Si passa ora al giudizio finale vero e proprio descritto nell'ultimo quadro. È l'ultimo atto che avviene nella storia che inaugura l'eternità. È Dio che giudica in base a quanto è scritto nei libri celesti, sui quali sono registrate le azioni ed i segreti di tutti gli uomini. Dio ribalterà tutte le falsità umane, le ipocrisie e giudicherà con rettitudine ogni persona. Dio è indicato dal trono bianco su cui egli siede. Tutta l'umanità passa davanti a Dio per essere giudicata secondo le opere compiute. Si parla ancora anche del libro della vita, dove saranno registrati i salvati. I morti che devono essere giudicati provengono da tre ambiti diversi: il mare, la morte e gli inferi. Il mare è simbolo del caos e del dominio del male; la morte rappresenta la realtà che tutto divora; gli inferi (lo sheol) indica la realtà dove sono i morti in attesa del giudizio, Ade per i greci. Chi non è scritto nel libro della vita è destinato allo "stagno di fuoco". È una raffigurazione simbolica per raffigurare l'allontanamento definitivo da Dio, la "seconda morte".
- Che idea abbiamo di Dio? È un distruttore che penalizza o è amore che salva?
- Il male è stato vinto per sempre però occorre vigilare per non esserne condizionati.
- Il mondo è stato bonificato dal male, però è necessario che sia continuamente rinnovato.
[1] Già nel mondo giudaico alcune tradizioni religiose apocalittiche ritenevano che dopo settemila anni del mondo ci sarebbe stato l'avvento del Messia con un regno da lui fondato. Questo regno era spesso indicato con un periodo di mille anni. Nei primi secoli del cristianesimo molti pensavano che l'Apocalisse proponesse, prima della venuta definitiva del Regno di Dio, un tempo del Messia di mille anni. Questa teoria dei mille anni del Messia, prima della fine della storia, fu condannata dal Concilio di Efeso del 431, ma non si spense ed emerse con alcuni movimenti radicali del Medioevo ed è presente anche ai nostri giorni nei gruppi religiosi e nelle sette apocalittico-fondamentalistiche. I Padri della Chiesa in particolare Origene ed Agostino proposero fondamentalmente una interpretazione simbolica del millennio, cioè i mille anni sono un simbolo di una fine che ci sarà ma non si sa quando. Sostanzialmente si possono individuare due interpretazioni. La prima vede in questi mille anni, che accompagnano la prima vittoria sulla bestia, l'antica Alleanza, cioè la storia della salvezza rappresentata dall'Antico Testamento, alla quale poi subentra la piena vittoria di Cristo, che ha il suo culmine nella nuova Gerusalemme. L'altra interpretazione vede in questi mille anni la definizione simbolica del tempo della chiesa, che va dalla Pasqua di Cristo alla pienezza finale. In questo arco il male non è annientato, ma è incatenato e lo si vince con la lotta quotidiana della comunità dei giusti che è unita a Cristo.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 2 luglio 2023 – XIII Domenica del Tempo Ordinario
Nell'accoglienza si gioca la missione2 Re 4, 8-11.14-16° . Salmo 88 . Romani 6, 3-4.8-11 . Matteo 10, 37-42
LetturaContinua la lettura del capitolo decimo di san Matteo in cui si raccolgono le istruzioni date da Gesù ai suoi discepoli. Dopo il passo di domenica scorsa, troviamo una serie di sentenze pronunciate da Gesù (10, 34-42). Le prime (vv. 34-36) riguardano l'ostilità familiare incontrata dal discepolo. Le altre (vv. 37-42) toccano il tema della sequela del discepolo, che ha accettato di seguire il maestro.
Matteo 10, 37-42In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".CommentoIl brano di questa domenica si apre con una affermazione di Gesù sulla sequela, utilizzando l'immagine della relazione familiare e filiale. Nella vita del discepolo è prioritaria la fedeltà a Cristo e tutto dipende da questa scelta di fondo: "chi ama padre o madre più di me non è degno di me". A questa prima indicazione di Gesù è strettamente correlato l'invito a prendere e portare la croce con lui. Non esiste discepolato evangelico autentico senza che vi sia condivisione con la croce del maestro: "chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me". Ciò significa che per essere discepoli occorre lottare e soffrire per essere fedeli al vangelo e nello stesso tempo si è provati a causa delle difficoltà che il regno incontra nell'impatto col mondo. Seguono due sentenze imperniate sull'antitesi trovare e perdere la vita: "chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà". Chi cerca di possedere la vita, diventando lui il protagonista assoluto attraverso prospettive e scelte egoistiche, l'annulla e la rende inutile. Il discepolo invece, che è invitato a donare la vita gratuitamente agli altri, percorrendo le infinite strade indicate dall'amore, sull'esempio di Cristo Signore, dà ad essa senso e non la spreca inutilmente. Le ultime sentenze sono accomunate dal verbo accogliere, che sottolinea la prospettiva missionaria a cui è chiamato il discepolo. Tutta l'evangelizzazione si gioca nella dinamica dell'accoglienza di Dio e delle persone. Se da un alto i discepoli sono uguali al Figlio, perché hanno accettato di seguirlo, e chi accoglie loro accoglie il Figlio ed il Padre che lo ha mandato, dall'altro gli inviati, consapevoli della loro identità acquisita e della missione ricevuta, devono usare tutte le strategie per essere accolti e per accogliere. L'evangelizzazione non è uno sportello pubblico a disposizione di chi ne ha bisogno, ma un dono indispensabile da offrire alle persone, partendo dai bisogni concreti di tutti ai quali i discepoli cercano di venire incontro con vero amore disinteressato. Chi accoglie i discepoli, che sono i bambini del regno ed i piccoli delle beatitudini, i quali si sforzano di modellare la loro vita sugli insegnamenti del Signore, riceve ricompensa sicura, cioè partecipa direttamente e subito alla comunione ecclesiale e alla vita trinitaria col Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
In conclusione, le coordinate che orientano l'esistenza del discepolo sono la fede radicale in Dio, il Padre, e la solidarietà irreversibile di destino con il Cristo crocefisso. Da questa relazione vitale deriva l'identità del discepolo e l'impegno incondizionato per l'annuncio del vangelo. Questo è da portare a tutti, offrendolo come dono che sgorga da amore solidale.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 25 giugno 2023 – XII Domenica del Tempo Ordinario
Tu vali molto davanti a Dio!Geremia 20, 10-13 . Salmo 68 . Romani 5, 12-15 . Matteo, 10, 26-33
LetturaSiamo ancora nel secondo grande discorso di Gesù, presentato dall'evangelista san Matteo, in cui si indicano le regole per essere suoi discepoli. Dopo il brano della domenica precedente, sulle coordinate della missione, troviamo un passo decisivo riguardante la persecuzione e la sofferenza dei discepoli. Queste sono caratteristiche intrinseche alla vita e alla missione evangelica. A questo punto è inserito il brano di oggi.
Mt 10, 26-3326Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.CommentoIl testo inizia con un invito esplicito rivolto ai discepoli: "non abbiate paura". Poco prima Gesù aveva infatti parlato della persecuzione dei discepoli e della loro solidarietà col maestro crocefisso: "sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia... è sufficiente per un discepolo essere come il suo maestro" (Mt 10, 16-25). Ora sostiene i suoi con una accorata esortazione, prevedendo le persecuzioni, che nel corso dei secoli avrebbero incontrato a causa del vangelo. L'invito a non temere ritorna poi in altri due punti del brano. "Non abbiate paura..." si legge all'inizio del v. 28 e al v. 31: "non abbiate dunque paura". Gesù, dicendo di non temere gli uomini, intende suggerire ai suoi di non lasciarsi condizionare dalle persone che seguono il male. Infatti, prima o poi tutto diventerà palese e ogni segreto sarà svelato. Cioè il male sarà smascherato ed annientato ed il bene si affermerà definitivamente. Per questo il vangelo va proclamato anche se procura sofferenza, persecuzioni ed insuccessi. È necessario però una precauzione. Non bisogna lasciarsi irretire dal maligno, che lavora subdolamente permeando gradualmente la vita dei cristiani con ragionamenti, scelte ed atteggiamenti che svuotano dal di dentro la forza del vangelo. Il maligno va combattuto perché "ha il potere di far perire e l'anima e il corpo". La motivazione di tale comportamento complessivo dei cristiani, animato dalla speranza e dalla fiducia nel Signore, sta nella consapevolezza che il Padre si prende cura direttamente di ciascuno. Come infatti Dio si interessa personalmente dei passeri e dei capelli del capo dell'uomo, così egli guarda con più attenzione alle persone, le quali valgono molto più dei passeri, in quanto create a sua immagine. Il brano si conclude con due sentenze che ruotano attorno ai verbi riconoscere e rinnegare. Chi testimonia il vangelo con coerenza, senza lasciarsi condizionare da paure o da giudizi che vengono dal maligno, sarà accolto ed approvato da Gesù e dal Padre. Chi invece si sottrarrà, per qualsiasi ragione, alle sue responsabilità di credente, non riceverà giustificazioni da Dio.
In conclusione, chi accetta di seguire Gesù Cristo non può lasciarsi condizionare dalla paura che nasce dal confronto o dallo scontro con gli uomini. La forza del vangelo ha sempre la meglio anche se immediatamente può sembrare una scelta debole e perdente. La paura è una tentazione del maligno. Per superarla occorre rafforzare la consapevolezza e l'esperienza diretta della vicinanza di Dio Padre. Egli, infatti, si interessa realmente e personalmente di ciascuno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema che unisce le letture di questa domenica è espresso dall'invito di Gesù a "non temere". Si tratta di ritrovare le ragioni profonde della fiducia e della speranza, da mantenere e consolidare anche in mezzo alle prove che nascono dall'annuncio e dalla testimonianza del vangelo. Questa scelta di fiducia coraggiosa e serena è suggerita dalla prima lettura di Geremia. Egli viveva in un ambiente che gli era ostile in quanto sosteneva la riforma religiosa messa in atto dal re Giosia. Infatti sono stati soppressi i santuari locali per favorire il culto centralizzato a Gerusalemme. Questa operazione tocca gli interessi di molte persone e quindi nella regione di Ananot, dove vive Geremia, si arriva al punto di minacciarlo di morte. Le posizioni del profeta contro la corruzione del suo ambiente non solo gli alienano gli amici e conoscenti, ma gli attirano addosso scherni ed insulti. Egli però si fida del Signore ed a lui affida la sua causa. Per questo la situazione si capovolge. Non è il profeta a cadere, ma i suoi persecutori. La vittoria finale è attribuita al Signore che ha liberato "la vita del povero dalle mani dei malfattori". La seconda lettura invita a non temere soltanto gli avversari, ma anche il peccato. Se questo sembra a volte dominare l'umanità, il credente è invitato ad essere certo che dopo "il dono di grazia", che è Gesù Cristo, la salvezza di Dio è riversata "in abbondanza su tutti gli uomini".
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Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 18 giugno 2023 - XI Domenica T.O.
Tutti missionari con le parole e con i fattiEsodo 19, 2-6 . Salmo 99 . Romani 5, 6-11 . Matteo 9, 36 - 10, 8
LetturaDopo il "discorso della montagna" (cc. 5-7), l'evangelista raccoglie in due capitoli (cc. 8-9) materiali che presentano le opere potenti compiute dal Messia. Egli non solo proclama la parola di salvezza, ma la realizza concretamente nella vita delle persone. Un segno di cui Gesù si serve per testimoniare la sua opera è il miracolo. La liturgia odierna ci riporta gli ultimi versetti di questa parte del vangelo ed i primi del secondo grande discorso di Gesù: le istruzioni date ai discepoli (c. 10).
Mt 9, 36-10,836Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore . 37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!".10, 1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.ContenutoIl brano odierno inizia con una nota redazionale contenente la reazione emotiva di Gesù nei confronti del popolo ("Gesù, vedendo le folle, sentì compassione... ") ed una sua sentenza riguardante i discepoli: "la messe è molta, ma gli operai sono pochi". Alla condizione miserevole del popolo corrisponde la compassione di Gesù, che è all'origine della missione allargata poi ai discepoli. Poiché vi è contrasto tra l'abbondanza della messe e la scarsità degli operai addetti alla mietitura, Gesù chiede ai discepoli di pregare perché molti operai possano continuare la sua missione. Inizia poi il cosiddetto "discorso di missione", che si divide in due parti: la chiamata dei discepoli-apostoli (10, 1-4) e il loro invio in missione con le relative istruzioni (10, 5-15). Nel testo liturgico quest'ultima parte non è riportata per intero; abbiamo soltanto l'indicazione dei destinatari della missione ed il programma consegnato ai discepoli. Matteo inizia il capitolo presentando Gesù che chiama a sé i dodici discepoli per affidare loro la sua stessa autorità. Questa autorità messianica, donata da Gesù ai suoi, li abilita all'annuncio autorevole del vangelo accompagnato da segni, che rendono credibile la loro predicazione. Il numero dodici si collega alle dodici tribù d'Israele, che rappresentano il popolo di Dio. Nel gruppo dei dodici, di cui sono riportati i nomi ed alcune caratteristiche personali, è da sottolineare il posto preminente occupato da Pietro. Nel gruppo poi, passano in secondo piano l'appartenenza alle antiche tribù d'Israele e la militanza religiosa degli individui. Infatti convivono ebrei osservanti, un "pubblicano", considerato collaborazionista col potere dominante, e un nazionalista ("Simone il cananeo", che significa zelota o nazionalista) che si era impegnato a combattere gli stranieri dominatori. Dopo la presentazione dei dodici abbiamo le istruzioni affidate da Gesù agli inviati. Colpisce la delimitazione del loro ambito d'azione: "non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele". Come Gesù, anche gli apostoli, collaboratori diretti del maestro, sono mandati ad annunciare il regno prima di tutto agli ebrei. Solo dopo la sua passione, morte e resurrezione di Gesù la loro missione si aprirà a tutte le genti. Infine troviamo indicato il programma missionario scandito in due momenti: l'annuncio del regno ("strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino") ed il suo compimento nei segni autorevoli e credibili ("guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni").
Senza preconcetti Gesù chiama i discepoli a collaborare con la sua missione e a prolungarla dopo la sua Pasqua. A fondamento dell'incarico ricevuto i discepoli sanno che vi é la condivisione, da parte del Signore, delle necessità dell'umanità. Per questo ogni servizio, ispirato al vangelo, deve proclamare in modo forte la presenza di Dio nella storia e dichiarare con le opere che il Signore, attraverso la Chiesa, continua a risollevare le miserie dell'umanità. È allora conseguenza irrinunciabile la preghiera incessante, perché sempre ci siano operai per il vangelo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'immagine biblica del "popolo di Dio" dà unità alle tre letture. Nella prima lettura troviamo le radici del popolo di Dio, quando il Signore promette ai figli d'Israele di costituirli come suo popolo, "un regno di sacerdoti e una nazione santa". Per mezzo di Mosé il Signore presenta la condizione fondamentale per entrare e vivere nell'alleanza: "ora, se voi vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza". Questa proposta è preceduta dall'azione gratuita ed efficace di Dio che ha fatto uscire il popolo dalla condizione di schiavitù in Egitto e lo ha condotto fino alla montagna dell'alleanza. L'immagine del nuovo popolo di Dio si ritrova anche nel vangelo, quando Gesù associa alla sua missione di pastore messianico il gruppo dei dodici, inviato alle "pecore perdute della casa di Israele". Essi dovranno guidare, nel nome del Signore, il gregge che vaga senza pastore. La seconda lettura manifesta il criterio di fondo attraverso il quale si partecipa al popolo di Dio: "Dio dimostra il suo amore per noi perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". La vita piena, donata da Gesù Cristo, è anche la meta del cammino del popolo di Dio.
PER ATTUALIZZARE- I discepoli del Signore condividono con lui la missione di portare il vangelo a tutti.
- L'umanità è da guardare con comprensione, così come ha fatto Gesù, condividendone le ansie e le sofferenze ed offrendo percorsi di ripresa e di speranza.
- Necessità persistente di pregare perché nella comunità non manchino mai gli "operai" necessari per il vangelo.
PER APPROFONDIRECdA nn. 432-435: La Chiesa definitivo popolo di Dio; nn. 560-561: La missione di ogni cristiano
APOCALISSE
Ventiseiesima Lettura
L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re mercanti e naviganti a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo.
LetturaAp 191Dopo questo, udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva: "Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio, 2perché veri e giusti sono i suoi giudizi. Egli ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi!". 3E per la seconda volta dissero: "Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!". 4Allora i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: "Amen, alleluia".5Dal trono venne una voce che diceva: "Lodate il nostro Dio, voi tutti, suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi!". 6Udii poi come una voce di una folla immensa, simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: "Alleluia! Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente. 7Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta: 8le fu data una veste di lino puro e splendente". La veste di lino sono le opere giuste dei santi. 9Allora l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello!". Poi aggiunse: "Queste parole di Dio sono vere". 10Allora mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo, ma egli mi disse: "Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo con te e i tuoi fratelli, che custodiscono la testimonianza di Gesù. È Dio che devi adorare. Infatti la testimonianza di Gesù è lo Spirito di profezia". 11Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia. 12I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. 13È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio. 14Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. 15Dalla bocca gli esce una spada affilata, per colpire con essa le nazioni. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa di Dio, l'Onnipotente. 16Sul mantello e sul femore porta scritto un nome: Re dei re e Signore dei signori.17Vidi poi un angelo, in piedi di fronte al sole, nell'alto del cielo, e gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano: 18"Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei comandanti, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi". 19Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti, radunati per muovere guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. 20Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta, che alla sua presenza aveva operato i prodigi con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. 21Gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca del cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni.CommentoIn antitesi al silenzio che era sceso sulla città punita ora si scatenano canti e musiche di lode e ringraziamento. Si inizia con "Alleluia", formula innica ebraica che significa "lodate il Signore"[1]. C'è un coro potente d'apertura (vv. 1-2) composto dagli angeli e dai santi. È un canto di lode [2]che ha come tema fondamentale il giudizio di Dio su Babilonia, la grande corruttrice dell'umanità con la sua idolatria (prostituzione), l'assassina di martiri. L'inno ha per oggetto l'opera di Dio, la sua salvezza (vittoria) sul male, il suo rendersi presente nella storia schierandosi dalla parte dei giusti e delle vittime (cfr. Sal 146,6-9). Il secondo coro v.3 evoca il crollo di Babilonia in modo lapidario. A questo punto si innalza la voce di coloro che formano la liturgia celeste ed innalzano inni di adorazione. Le loro sono parole essenziali bibliche di lode e ringraziamento: Amen e Alleluia. Anche Amen deriva dall'ebraico e risuonava nella liturgia templare. Nel v. 5 una voce solista traduce il termine alleluia e coinvolge nel canto l'assemblea dei giusti. Questo solista viene dall'area più sacra, il trono divino. È uno degli assistenti del trono e dietro a lui parte tutto il coro possente che innalza a Dio un inno di lode (cfr. Sal 47; 93; 96-99). Nel canto c'è la celebrazione del Regno di Dio che ha un progetto ben diverso da quello di Babilonia e lo porta a compimento. Questo regno sarà ora instaurato da Cristo. Nel canto troviamo anche il tema delle "Nozze dell'Agnello", che sarà il filo conduttore degli ultimi capitoli. Le nozze che Cristo l'Agnello celebrerà con la sua sposa, la Gerusalemme celeste perfetta e pacifica abitata dai santi e dai giusti (vv.7-8). Il linguaggio ed il simbolismo biblico spesso ricorrono a simboli nuziali per esprimere il legame intenso e d'amore che lega il Signore al suo popolo (Os 2,16-18; Is 54,5-6; Ez 16; Cantico). Nel Primo Testamento Dio si presenta come sposo di Israele e la sposa è infedele. Nell'Apocalisse lo sposo è Cristo – Agnello e la sposa è la Chiesa – Gerusalemme celeste, nuova e fedele. Nei vv. 9-10 si parla di pranzo di nozze e il pensiero corre ai racconti parabolici narrati da Matteo e Luca e annunciati da Gesù (Mt 22,2-14; Lc 14,16-24). La scena ha però una novità. Giovanni vuole prostrarsi davanti all'angelo ma lui lo impedisce e proclama che solo davanti a Dio ci si deve prostrare (forse si accenna ad una eresia presente in Asia Minore che considerava gli angeli come mediatori della salvezza). Nello stesso tempo qui si dichiara la grandezza dei cristiani che sono alla pari degli angeli. Col v. 11 siamo di fronte all'ultimo duello tra Bene e Male, tra Logos e la Bestia. Si inizia con la presentazione di un profilo glorioso di un cavaliere che siede su un cavallo bianco che rimanda alla gloria divina. Il cielo è spalancato davanti a Giovanni come al battesimo di Gesù al Giordano (Mt 3,16). Il nome nella Bibbia è la definizione della persona, il suo progetto di vita. Fedele e Veritiero indicano il perfetto rivelatore dei misteri divini. Allora si deve pensare che questo cavaliere sia Gesù Cisto "La Parola fatta carne". Vi è poi un'altra visione di un angelo che sta davanti a Cristo. La presenza di uccelli e rapaci è un rimando apocalittico che banchettano su morti di ogni genere. La Bestia col suo corteo, opposti al cavaliere divino, cadono catturati e distrutti. Il falso profeta incarna la degenerazione spirituale le deviazioni religiose che sono opera di satana. Satana opera anche nel fanatismo spirituale, nell'inganno spirituale e nella superstizione magica.
- Quanto è importante nella vita la lode al Signore. La liturgia di lode è una vera esperienza di comunione con Dio.
- Solo davanti a Dio e a Cristo occorre prostrarsi.
- Vi è un invito ad esaminare le nostre pratiche religiose.
[1] Composto di due voci ebraiche, hallelū (\ebraico\) "lodate" e Yāh (\ebraico\), forma breve del nome divino Jahvè. Si trova scritto in numerosi salmi, come formula dossologica, al principio, e in qualche caso alla fine.
[2] Deriva dalla radice semitica 'mn col senso "sostenere, esser saldo", quindi "esser sicuro, certo, veritiero", ecc. Nella Bibbia è usato per lo più avverbialmente, sia per confermare ciò che altri ha detto ("sicuro! certo!"), sia per dare enfasi alla propria asserzione ("in verità!). deriva il termine dalla radice 'aman da cui derivano 'emunah (fede) e 'emet (fedeltà).
APOCALISSE
Venticinquesima Lettura
L'Apocalisse si avvia ora verso il suo culmine, cioè la descrizione del giudizio divino sul male incarnato in una donna-metropoli, prostituta e chiamata Babilonia, alla quale subentrerà la rappresentazione della salvezza dei giusti nella città-sposa, la Gerusalemme celeste. Nei capp. 17 e 18 impera la figura di Babilonia la storica nemica d'Israele.
Lettura
AP 1818 1Dopo questo, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore. 2Gridò a gran voce: "È caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata covo di demòni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro e rifugio di ogni bestia impura e orrenda. 3Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua sfrenata prostituzione, i re della terra si sono prostituiti con essa e i mercanti della terra si sono arricchiti del suo lusso sfrenato". 4E udii un'altra voce dal cielo: "Uscite, popolo mio, da essa, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli. 5Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità. 6Ripagàtela con la sua stessa moneta, retribuitela con il doppio dei suoi misfatti. Versàtele doppia misura nella coppa in cui beveva. 7Quanto ha speso per la sua gloria e il suo lusso, tanto restituitele in tormento e afflizione. Poiché diceva in cuor suo: "Seggo come regina, vedova non sono e lutto non vedrò". 8Per questo, in un solo giorno, verranno i suoi flagelli: morte, lutto e fame. Sarà bruciata dal fuoco, perché potente Signore è Dio che l'ha condannata". 9I re della terra, che con essa si sono prostituiti e hanno vissuto nel lusso, piangeranno e si lamenteranno a causa sua, quando vedranno il fumo del suo incendio, 10tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti, e diranno: "Guai, guai, città immensa, Babilonia, città possente, in un'ora sola è giunta la tua condanna!". 11Anche i mercanti della terra piangono e si lamentano su di essa, perché nessuno compera più le loro merci: 12i loro carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo; 13cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, carri, schiavi e vite umane. 14"I frutti che ti piacevano tanto si sono allontanati da te; tutto quel lusso e quello splendore per te sono perduti e mai più potranno trovarli". 15I mercanti, divenuti ricchi grazie a essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e lamentandosi, diranno: 16"Guai, guai, la grande città, tutta ammantata di lino puro, di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle! 17In un'ora sola tanta ricchezza è andata perduta!". Tutti i comandanti di navi, tutti gli equipaggi, i naviganti e quanti commerciano per mare si tenevano a distanza 18e gridavano, guardando il fumo del suo incendio: "Quale città fu mai simile all'immensa città?". 19Si gettarono la polvere sul capo, e fra pianti e lamenti gridavano: "Guai, guai, città immensa, di cui si arricchirono quanti avevano navi sul mare: in un'ora sola fu ridotta a un deserto! 20Esulta su di essa, o cielo, e voi, santi, apostoli, profeti, perché, condannandola, Dio vi ha reso giustizia!".21Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una màcina, e la gettò nel mare esclamando: "Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città, e nessuno più la troverà. 22Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; il rumore della màcina non si udrà più in te; 23la luce della lampada non brillerà più in te; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te. Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte. 24In essa fu trovato il sangue di profeti e di santi e di quanti furono uccisi sulla terra".CommentoCon una grandiosa manifestazione angelica, con toni ed immagini grandiosi, Giovanni disegna in visione il giudizio su Babilonia, il cui crollo è descritto solo attraverso gli echi che esso provoca. Babilonia è caduta perché è diventata sede di ogni forma di impurità, cioè di idolatria. La Babilonia fiorente a causa del demoniaco è stata ingannata e tutto è dominato dal male (cfr. Is 13,21-22). La città ha influenzato col male le nazioni perché questo sistema fondato nel male ha una forte capacità di presa su tutte le nazioni. Una seconda voce invita il popolo di Dio a separarsi radicalmente dal male incarnato da Babilonia. Anche in questo caso ci si riferisce ad un testo di Is 48,20; 52,11. Il secondo invito consiste nel punire la città con "la legge del taglione"[2] che qui è descritta in modo molto severo. Dio non resta indifferente di fronte al potere blasfemo, violento e peccaminoso. La prima lamentazione su Babilonia la troviamo nei vv. 9-10. La distruzione di Babilonia non è descritta direttamente ma attraverso le reazioni di tre categorie di persone: i re, i mercanti e i comandanti. I re indicano il potere statale che ha perso la sua fonte di piacere e di male. La seconda lamentazione (vv. 11-17a) è molto più ampia ed è aperta dai gestori del sistema commerciale che ruotava attorno all'impero. I mercanti indicano tutti coloro che ne hanno approfittato per i loro interessi e si sono arricchiti in questa situazione di male e di peccato. Oggi potrebbero essere identificate con le strutture di peccato che sfruttano i popoli per i loro guadagni iniqui. Crollando il perno che sorreggeva l'economia, i prodotti di lusso crollano e non trovano più sbocco nel mercato. La grande idolatria delle ricchezze, del lusso sfrenato, del consumismo acceca il cuore dell'uomo ma anche lo delude profondamente viene meno e si rivela fragile ed impotente (cfr. Mt 6,19 "non accumulate tesori...). Infine i comandanti ed i lavoratori del mare rappresentano quelli che noi oggi chiamiamo "servizi" o "terziario". Il riferimento è a Ez 26-28. La fragilità del successo iniquo, dei trionfi e della gloria frutti del male non durano e in un'ora scompaiono. Una voce esterna si rivolge ai giusti e dichiara che per loro è finito un incubo e inizia un nuovo orizzonte di luce e di pace (v.20). Condannando il male Dio rende giustizia al bene. Il giudizio di Dio sui peccatori ha come rovescio della medaglia la gloria dei santi. Nell'ultima parte un angelo possente getta in mare una macina e se si pensa a Roma essa sprofonda nel Mediterraneo con tutti i sui vizi (cfr. Mt 18,6). C'è un panorama estremo di desolazione, un sudario di silenzio e di morte si stende su tutta la vita civile. Il destino della città del male, che ha ucciso profeti, santi ed innocenti, è di restare senza musica . La musica può coprire il male ma diventa anche il segno del bene e dei santi che vivono nella comunità.
- C'è un invito a verificare le contaminazioni inebrianti che abbiamo col male che è presente attorno a noi.
- Il lusso ed i beni di consumo inutili forse rendono schiavi anche noi.
- Tutto scomparirà ciò che è male solo il canto è un messaggio di speranza e di luce.
[2] La legge del taglione consiste in una regola presente nella civiltà ebraica antica, che se una persona faceva un danno ad un'altra persona colui che ha provocato il danno riceveva la stessa pena, anche semplificabile in "occhio per occhio dente per dente". Non era soltanto una regola ebraica ma era presente in molto paesi orientali, si trova per la prima volta nel codice di Hammurabi, la più antica raccolta di leggi dell'umanità: stilata durante il regno del re babilonese Hammurabi (sul trono tra il 1792 al 1750 a.C.), rimase per secoli il primo codice con cui gli esseri umani regolavano la loro vita sociale. Nella Bibbia Dt 19,21 e Gesù cambia radicalmente la legge: Mt 5, 38-41.
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Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 11 giugno 2023 - Corpus Domini
Eucaristia: la vita di Dio Padre agli uominiDeuteronomio 8, 2-3.14b-16a . Salmo 147 . 1 Corinti 10, 16-17 . Giovanni 6, 51-58
LetturaIl capitolo sesto di san Giovanni inizia presentando Gesù sulle rive del lago di Galilea. Si dice anche che era vicina la Pasqua ebraica. Dopo aver compiuto il "segno" della moltiplicazione dei pani ed essere andato incontro ai discepoli, camminando sul lago agitato, Gesù rivolge alla folla una lunga esortazione chiamata: "discorso sul pane di vita" (Gv 6, 25-59). La solennità del "Corpo e del Sangue di Cristo" ci invita a riflettere sull'ultima parte di tale discorso di Gesù.
Gv 6, 51-5851Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". 52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". 53Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".CommentoIl brano si apre con una dichiarazione di Gesù: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo". Con questa immagine egli richiama la sua incarnazione, in quanto è Parola venuta dal Padre ed entrata nel mondo, e il suo essere dono per il nutrimento dell'umanità. Infatti come il pane anch'egli deve essere mangiato. Questa idea è esplicitata direttamente da Gesù quando dice: "se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Chi mangia il "pane vivo disceso dal cielo" partecipa all'eternità di Dio Padre. Gesù poi aggiunge che il pane da lui dato è la sua "carne per la vita del mondo". Poiché nel racconto giovanneo, a differenza dei sinottici, non sono riportate le parole del Signore sul pane e sul calice dell'ultima cena, sembra che in 6, 51 si ritrovi l'istituzione eucaristica secondo l'evangelista Giovanni. Le parole di Gesù non sono capite dai giudei, i quali restano stupiti davanti all'idea di mangiare la sua carne. A questo punto Gesù non fa nulla per eliminare la ripugnanza giudaica, al pensiero cannibalistico di mangiare la sua carne, ed accentua ulteriormente l'immagine aggiungendo anche la necessità di bere il suo sangue per avere la vita. Nella Bibbia, mangiare la carne di qualcuno è considerato metafora di azione ostile e bere il sangue è un'azione orrenda, proibita dalla Legge di Dio. I giudei, che ascoltano le parole di Gesù, si fermano nella loro interpretazione a questo livello. Esse hanno invece per il cristiano un significato positivo, che è colto soltanto se riferito all'Eucaristia istituita da Gesù. Nel v. 54 troviamo esplicitate le conseguenze nel credente che si nutre del pane di vita. Chi mangia la carne di Gesù ha la vita eterna adesso e riceve la promessa della resurrezione "nell'ultimo giorno". Questa diventa conseguenza della continua comunione con Gesù, espressa attraverso la categoria del dimorare: "chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui". La comunione con Gesù Cristo è realmente una partecipazione alla comunione intima che esiste tra Padre e Figlio: "come io vivo per il Padre, così colui che mangia di me vivrà per me". Chi vive in comunione con Gesù partecipa direttamente alla stessa vita di Dio Padre.
Conclusione. L'Eucaristia è il pane vivo donato da Gesù Cristo. Chi mangia l'Eucaristia si nutre di Gesù stesso: del suo corpo e del suo sangue. Attraverso questo alimento celeste si realizza la comunione col Figlio e, per mezzo di lui, col Padre. Infine la vita eterna, la vita di Dio Padre, e condivisa con gli uomini attraverso il sacramento eucaristico.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl sacramento dell'Eucaristia, memoriale della Pasqua, unisce le letture della solennità. Al tema pasquale rimanda la prima lettura dal Deuteronomio, che offre una riflessione parenetica sul cammino del popolo liberato dall'Egitto attraverso il deserto, dove il Signore gli dona la manna. In un gioco di contrappunto con l'esperienza di Israele, Gesù si presenta ai suoi interlocutori di Cafarnao come "il pane vivo disceso dal cielo". I padri, che hanno mangiato la manna nel deserto, sono morti, cioè si sono allontanati ancora da Dio, ma "chi mangia di questo pane vivrà in eterno", nel senso che non si allontanerà più da Dio, dice Gesù. La condizione per avere questa vita piena è mangiare l'Eucaristia: la carne ed il sangue del Signore. Alla stessa esperienza fa riferimento Paolo nel brano della prima lettera ai Corinzi. Il testo usa un linguaggio più vicino alla tradizione sinottica e a quella liturgica della "cena del Signore". Qui l'accento è posto sulla comunione con il corpo ed il sangue di Cristo. Questa comunione sta alla base dell'unità profonda e vitale che si realizza tra i molti e diversi partecipanti all'unico pane che è Cristo.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
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Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 4 giugno 2023 - Santissima Trinità
Padre, Figlio e Spirito: mistero di salvezza per tuttiEsodo 34, 4b-6..8-9 . Daniele 3, 52-56 . 2 Corinzi 13, 11-13 . Giovanni 3, 16-18
LetturaIl terzo capitolo del vangelo secondo san Giovanni si apre con la presentazione della visita notturna fatta da Nicodemo a Gesù. Il capo dei giudei era rimasto colpito dai segni compiuti dal Rabbì e, dialogando con lui, spera di conoscere meglio il "maestro venuto da Dio". Di questa lunga conversazione fa parte il brano della solennità odierna.
Gv 3, 16-1816 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.CommentoIl testo inizia presentando il protagonista: Dio. È lui la causa prima dell'innalzamento del "Figlio dell'uomo" (v.14) ed è lui la fonte inesauribile di "vita eterna" (v.15) per chiunque crede in Gesù Cristo. Il posto di Dio Padre diventa a questo punto preminente. Il suo amore è la ragione sia del dono del Figlio, che salva dalla morte eterna ("perché chiunque crede in lui non vada perduto"), come del dono dello Spirito Santo, che genera alla vita eterna, la vita di Dio, tutti i suoi figli ("ma abbia la vita eterna"). La salvezza però non è soltanto per i credenti. Essa è offerta dal Padre anche al "mondo perché sia salvato per mezzo" del Figlio. La presenza del Figlio nel mondo non è una condanna del luogo in cui abitualmente domina il demonio, ma è un giudizio nel senso che provoca gli uomini a decidersi con urgenza a favore di Gesù Cristo o contro di lui: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo". Il brano si chiude affermando già presente nell'oggi la salvezza portata da Cristo a coloro che credono in lui. Mentre gli uomini che non credono nel Figlio e persistono nella loro scelta, anche se lui è venuto incontro a tutti, la condanna è già stata decretata da loro stessi. Il dono del Figlio è per il superamento della morte, causata dal peccato, e per ottenere la vita di Dio attraverso l'azione dello Spirito. I vv. 19-21 (che non fanno parte del nostro testo, ma che è bene considerare) presentano, con affermazioni di non immediata comprensione, l'idea che chi crede vive nella "luce" e "le sue opere sono state fatte in Dio". Al contrario colui che preferisce "le tenebre", fa di tutto "perché non siano svelate le sue opere" e questo diventa segno della sua mancanza di fede.
In conclusione, l'incontro con Gesù è decisivo per i singoli, per chi fa parte della Chiesa e per l'umanità intera presente in tutto il mondo. Egli è il dono del Padre per la vita eterna nello Spirito. Con Gesù si rianima la speranza nella misericordia e nel perdono di Dio. Lo stare con lui diventa allora discriminante in ordine al proprio comportamento etico. Le scelte concrete di ogni giorno dovrebbero di conseguenza essere illuminate dalla luce di vita che da Gesù scaturisce. La sequela di Gesù Cristo è pure condizione indispensabile per accedere alla vita dello Spirito, che introduce nella dimensione dell'eterno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe letture odierne presentano il mistero della fede cristiana, che oggi si celebra, e l'atteggiamento spirituale necessario per accostarsi ad esso. Il testo dell'Esodo riporta nei suoi tratti essenziali la scena dell'ultimo incontro di Dio con Mosé, dove egli scopre il volto nascosto di Dio "misericordioso e pietoso". A questa lettura del Primo testamento corrispondono quelle del Nuovo testamento, dove l'apertura al mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito diventa esplicita. L'espressione di questa fede cristiana si incontra nella breve formula di saluto che chiude la Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi". Il brano del Vangelo di Giovanni, che commenta il dialogo tra Gesù e Nicodemo, riflette sulla rivelazione dell'amore di Dio Padre. La realtà dell'amore di Dio si fa presente nel dono del Figlio unigenito per la salvezza eterna, nello Spirito, di chiunque crede. Dio, che era, è e sarà, abbraccia con la sua presenza e la sua azione il passato, il presente ed il futuro.
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Unità Pastorale - Madonna della Salute
Goito 28 maggio 2023 – Pentecoste
Lo Spirito Santo guarisce dal peccatoAtti 2, 1-11 . Salmo 103 . 1 Corinti 12, 3b-7.12-13 . Giovanni 20, 19-23
Lettura
Il brano del vangelo di san Giovanni della solennità di Pentecoste si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e di Giovanni e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambia per il giardiniere. Il testo fa parte di un testo più ampio in cui sono presentati anche la figura di Tommaso ed una seconda apparizione del Risorto ai discepoli, quando tutti erano radunati in casa.
Gv 20, 19-2319La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".CommentoIl testo si apre con la manifestazione di Gesù risorto nel cenacolo il giorno stesso di Pasqua. Dopo essere entrato a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei", li saluta donando loro la pace: "Pace a voi!". Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono e riconoscono il Signore. L'accento posto sulle ferite di Gesù serve a stabilire continuità tra crocefissione e resurrezione. Gesù risorto, che sta davanti ai discepoli nel cenacolo, è lo stesso Gesù che morì sulla croce e da lui essi ricevono il frutto della resurrezione. Prendendo nuovamente la parola Gesù invia i suoi a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". I discepoli devono continuare l'opera del Figlio e per questo è necessaria la sua costante presenza tra loro. Ciò diventa possibile per mezzo del dono dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome di Gesù e che Gesù stesso manda ai suoi. Con un gesto simbolico, che si collega con la creazione primordiale ("soffiò e disse loro..."), Gesù rinnova l'essere umano col soffio vivificante di Dio. Ai discepoli Gesù conferisce anche l'autorità di perdonare i peccati nel suo nome: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". I discepoli possono perdonare o non assolvere i peccati degli uomini, perché adesso continuano nella storia quanto ha operato Gesù, mandato dal Padre. Egli, infatti, ha smascherato il peccato, in qualsiasi ambito si trovasse, ed ha indicato con decisione la via del bene, espressa dalla volontà del Padre. I discepoli poi, attraverso il dono dello Spirito Paraclito ricevuto, sanano l'umanità dai morsi del peccato e da esso gradualmente la liberano.
In conclusione Gesù risorto continua ad essere accanto ai suoi discepoli e non li abbandona sulle strade del mondo. Egli opera assiduamente in mezzo a loro i prodigi che scaturiscono dalla sua resurrezione. Ora però essi sono chiamati ad esporsi in prima persona e ad assumersi tutte le responsabilità necessarie, per continuare in ogni tempo la missione del Risorto. Il dono dello Spirito Santo, concesso abbondantemente alla comunità dei credenti, permette di realizzare la volontà del Padre, di lottare col male, vincendolo, e di sanare tutti gli uomini feriti dal peccato.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl dono dello Spirito Santo, dato alla Chiesa, è il tema unificante le tre letture odierne. La Chiesa continuamente prega dicendo: "Vieni, Santo Spirito"; l'invocazione è sinonimo di "Vieni, Signore Gesù". Il dono che Gesù ha promesso a quelli che pregano il Padre nel suo nome è lo Spirito Santo. L'effusione dello Spirito fa nascere la Chiesa come santa convocazione dei credenti, capaci di proclamare nelle lingue e nelle culture dei popoli le "grandi opere di Dio". Lo Spirito Santo è il dono che Gesù ha promesso ai discepoli e che egli stesso comunica alla sera di Pasqua con un gesto simbolico. L'esperienza di Pentecoste accompagna la vita della comunità credente perché tutti sono immersi "in un solo Spirito per formare un solo corpo". La vitalità del corpo di Cristo, che è la Chiesa, si esprime nella varietà e molteplicità dei doni spirituali che sono dati a ciascuno per l'utilità comune. Le tre letture della solennità di Pentecoste offrono notevoli spunti per la contemplazione e la preghiera.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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APOCALISSE
Ventiquattresima Lettura
L'Apocalisse si avvia ora verso il suo culmine, cioè la descrizione del giudizio divino sul male incarnato in una donna-metropoli, prostituta e chiamata Babilonia, alla quale subentrerà la rappresentazione della salvezza dei giusti nella città-sposa, la Gerusalemme celeste. Nei capp. 17 e 18 impera la figura di Babilonia la storica nemica d'Israele.
LetturaAp 171E uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe, venne e parlò con me: "Vieni, ti mostrerò la condanna della grande prostituta, che siede presso le grandi acque. 2Con lei si sono prostituiti i re della terra, e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione". 3L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di nomi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna. 4La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d'oro, colma degli orrori e delle immondezze della sua prostituzione. 5Sulla sua fronte stava scritto un nome misterioso: "Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli orrori della terra". 6E vidi quella donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore. 7Ma l'angelo mi disse: "Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, quella che ha sette teste e dieci corna. 8La bestia che hai visto era, ma non è più; salirà dall'abisso, ma per andare verso la rovina. E gli abitanti della terra il cui nome non è scritto nel libro della vita fino dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era, e non è più; ma riapparirà. 9Qui è necessaria una mente saggia. Le sette teste sono i sette monti sui quali è seduta la donna. E i re sono sette: 10i primi cinque sono caduti; uno è ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e, quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco. 11La bestia, che era e non è più, è l'ottavo re e anche uno dei sette, ma va verso la rovina. 12Le dieci corna che hai visto sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale per un'ora soltanto, insieme con la bestia. 13Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia. 14Essi combatteranno contro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re; quelli che stanno con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli".15E l'angelo mi disse: "Le acque che hai visto, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, nazioni e lingue. 16Le dieci corna che hai visto e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco. 17Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si compiano le parole di Dio. 18La donna che hai visto simboleggia la città grande, che regna sui re della terra".CommentoBabilonia è la città storica nemica di Israele (Is 13-14; Ger 50-51; Sal 137) che diventa simbolo personificato del male e del potere demoniaco. Molti però pensano che il riferimento sia a Roma e al suo impero che perseguitava i cristiani e che è vista come l'incarnazione della idolatria. Altri pensano che sia una raffigurazione generale del male e non identificabile con una città specifica. Con Ravasi ritengo che qui si intenda Babilonia come la Roma imperiale. Sicuramente in quell'immagine si possono vedere anche degli elementi di portata più generale che indicano lo scontro tra giudaismo ufficiale e cristianesimo delle origini. Gerusalemme che ha ucciso i profeti e crocifisso Cristo incarna il male e sarà giudicata da Dio. La distruzione della città ad opera dei romani nel 70 dC ne è la prova concreta. Ma dalle ceneri della città infedele (prostituta) Dio farà sorgere la nuova Gerusalemme abitata dai giusti di tutti i tempi (cfr. 21-22). Con il titolo di grande prostituta nei testi biblici si è soliti indicare le grandi potenze votate ad altri idoli (Tiro, Babilonia, Ninive). In queste città oltre ad adorare divinità pagane erano previsti riti della fertilità comprendenti apparati celebrativi orgiastici e sessuali. Anche Roma rientrava in questa descrizione. È il fascino del male e della perversione. L'autore si ispira a Ger 51,13 dove Babilonia è collocata su fiumi che sono anche simbolo del male e del caos. Poi Giovanni è condotto dall'angelo nel deserto, simbolo dell'intimità con Dio e della tentazione nello stesso tempo. Il deserto è anche simbolo della ribellione d'Israele a Dio. Nel deserto la prostituta è assisa sulla bestia, figura ben nota dai capitoli precedenti. Si sottolinea la connessione tra Babilonia e Satana. La donna è ammantata di porpora imperiale e adornata di gioielli, come il principe arrogante di Tito (cfr. Ez 28,13) e regge il calice contenente tutte le sue nefandezze, che fa ingurgitare ai suoi seguaci drogandoli. Il male è descritto in tutta la sua malvagità: potere (porpora), ricchezza (oro), lusso unito al piacere (pietre preziose e perle) che sono le grandi forze seduttrici. Al v.5 sulla fronte della donna appare la sua identificazione. Il nome scritto sulla fronte rimanda ad una usanza di Roma dove le prostitute avevano scritto il nome su un nastro avvolto attorno alla testa. Ma qui si può anche pensare al marchio satanico inciso sulla fronte opposto al sigillo divino che già abbiamo visto. Giovanni resta stupito di fronte ala potenza del male e alla sua arroganza. Ci sarà una risposta a questa meraviglia con l'indicazione del senso e dello scopo. Sarà l'angelo interprete a spiegare tutto, egli illuminerà il senso trascendente della storia umana così solcata dal sangue e così inquinata dal male (v.7). proprio perché abbiamo a che fare con il mistero la descrizione sarà enigmatica ed oscura. La bestia è una presenza incombente e potente nella storia, ma non è incrollabile ed eterna. I sette colli sarebbero i famosi sette colli di Roma? I sette re sarebbero i re di Roma succedutesi prima dell'autore dell'apocalisse e il settimo non ancora venuto perché contemporaneo all'autore sarebbe Nerone? C'è una certezza che l'ultima parola non sarà del male ma del bene. Il potere oppressivo ha la sua origine nella bestia satanica, ma si ramifica in tanti sovrani e potenti di questo mondo. Forse l'autore indirettamente afferma che il potere umano è sempre male? Si se non è purificato dall'Agnello. Le ore del male sono limitate e la sua fine è ormai imminente perché eterno è soltanto Dio. V. 15 Babilonia diventa simbolo di tutta l'umanità che fa il male. Ben presto sulla donna si scatenerà il giudizio e la condanna del Signore dei signori e del Re dei re, il vero e unico Onnipotente.
- Essere consapevoli che il male è tra noi e facilmente si può aderire ad esso anche in modo inconsapevole o subdolo.
- Nell'esercizio del potere si nasconde una grande tentazione satanica.
- Dio è il Signore e stare con lui attraverso l'Agnello si partecipa alla vittoria finale.
APOCALISSE
Ventitreesima Lettura
Continua il grande scenario che raffigura il giudizio sul male del mondo, con gli angeli flagellatori protagonisti. Costoro poi porteranno le coppe da versare sulla terra.
LetturaAp 16 1E udii dal tempio una voce potente che diceva ai sette angeli: "Andate e versate sulla terra le sette coppe dell'ira di Dio". 2Partì il primo angelo e versò la sua coppa sopra la terra; e si formò una piaga cattiva e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua. 3Il secondo angelo versò la sua coppa nel mare; e si formò del sangue come quello di un morto e morì ogni essere vivente che si trovava nel mare. 4Il terzo angelo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue. 5Allora udii l'angelo delle acque che diceva: "Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, perché così hai giudicato. 6Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti; tu hai dato loro sangue da bere: ne sono degni!". 7E dall'altare udii una voce che diceva: "Sì, Signore Dio onnipotente, veri e giusti sono i tuoi giudizi!". 8Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. 9E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di pentirsi per rendergli gloria. 10Il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore 11e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei loro dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni. 12Il sesto angelo versò la sua coppa sopra il grande fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente. 13Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti impuri, simili a rane: 14sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare i re di tutta la terra per la guerra del grande giorno di Dio, l'Onnipotente. 15Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e custodisce le sue vesti per non andare nudo e lasciar vedere le sue vergogne. 16E i tre spiriti radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn. 17Il settimo angelo versò la sua coppa nell'aria; e dal tempio, dalla parte del trono, uscì una voce potente che diceva: "È cosa fatta!". 18Ne seguirono folgori, voci e tuoni e un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sulla terra. 19La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. 20Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. 21Enormi chicchi di grandine, pesanti come talenti, caddero dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché davvero era un grande flagello.CommentoUna voce possente, forse quella di Dio, esce dal tempio celeste che sta alle spalle dei sette angeli incaricati di compiere l'intervento definitivo di giudizio sulla storia. La voce ordina di "versare" l'ira di Dio sulla terra, svuotando "le sette coppe". Dalle coppe esce il fiume della collera di Dio. Nell'Apocalisse vengono introdotti due tipi di coppe: quelle della preghiera e dell'incenso (5,8) e quelle del giudizio che troviamo ora. Alla coppa della condanna si contrappone il calice eucaristico nel senso della lode e del rendimento di grazie. Si apre la sequenza delle sette coppe versate sulla terra e modulata sul settenario precedente delle trombe e delle piaghe d'Egitto. La prima coppa col suo flagello colpisce gli adoratori della bestia che si erano consacrati completamente al male. Quasi una sorta di battesimo del male contrapposto al battesimo cristiano. Il flagello è costituito da una piaga cattiva e maligna che allude a Es 9,10 (ulcere con pustole). Il peccatore è devastato e tormentato. Il contenuto della seconda coppa è gettato nel mare e si trasforma in un liquido che procura morte per tutti gli esseri viventi. Anche in questo caso ci si riferisce alla seconda piaga d'Egitto Es 7,17-21. Tutta la creazione è danneggiata e marcita a causa del peccato dell'umanità. Il terzo angelo colpisce le acque dolci. Egli è chiamato "angelo delle acque". Nella letteratura ebraica spesso si legge che il Creatore ha posto degli angeli a sorvegliare gli elementi della creazione: acqua, luce, fuoco, vento, pioggia ecc.). L'inquinamento delle sorgenti e dei fiumi diventa una anti-creazione che colpisce l'empio alle sue radici della sua esistenza. L'angelo delle acque aggiunge un commento al suo gesto. Al sangue versato dai persecutori e dagli oppressori viene opposto il sangue da bere messo davanti ai malvagi. Chi ha versato il sangue degli innocenti dovrà provare disgusto davanti al sangue. Forse qui c'è anche l'allusione al sangue di Cristo che smaschera i criminali e li annienta. La quarta coppa coinvolge il sole. Il flagello consiste in un aumento impressionante della temperatura che tutto consuma incenerendo gli uomini (cfr. Sal 121,6; Is 4,6 e 49,10). È interessante notare come le piaghe dell'Apocalisse abbiano dei riscontri concreti nelle degenerazioni ambientali a cui l'umanità ha portato il nostro pianeta in epoca moderna. L'ottusità, l'egoismo e l'arroganza dell'umanità anticipano e prefigurano l'infelicità prodotta dal peccato e la sua condanna. Gli uomini, tormentati dai flagelli, invece di convertirsi si scatenano nella bestemmia. La quinta coppa sembra riprendere la nona piaga d'Egitto (Es 10,21-23). La coppa è versata sul trono della bestia e una grande oscurità invade tutto cioè la sede del male che per l'autore è il potere repressivo ed oppressivo incarnato da Roma imperiale, con la sua autorità tirannica e persecutrice. Tuttavia ancora i malvagi anche se sofferenti non si convertono e si ribellano bestemmiando Dio. Cecità esteriore e cecità interiore si intrecciano si intrecciano in un'unica trama di morte e di giudizio (cfr. Gv 9,41). La sesta coppa viene versata nel fiume Eufrate. Il fiume richiama la superpotenza babilonese (Is 8,6-8). L'alveo del fiume si trasforma in una strada percorsa dagli eserciti dei re dell'Oriente. Qui si allude alle invasioni militari che producano devastazione e morte. Si tratta di una purificazione dal male che corrompe la terra. Qui abbiamo una figura ternaria che descrive il male: il drago, la bestia e il falso profeta. Da essi escono gli spiriti immondi che si oppongono allo Spirito Santo e ai sui doni. Le rane diventano raffigurazioni degli spiriti del male collegandosi con Es 8,1-3. Questa ribellione del male sembra avere la meglio (cfr. morte di Cristo), però sarà tutto ribaltato dalla sua risurrezione gloriosa. Il grande giorno del giudizio si sta avvicinando ed ha come sfondo Armaghedon (har Meghiddo= monte di Meghiddo) cittadina fortezza strategica collocata nella piana d'Israel ai piedi del Monte Carmelo, distrutta e costruita almeno venti volte e diventata simbolo di sofferenza e di morte. In filigrana l'autore vede il Golgota, il monte dell'estremo combattimento tra Cristo e le forze del male attorno alla croce. Infine la settima coppa viene versata nell'aria. Il cataclisma che segue rimanda all'apparizione di Dio giudice, la missione degli angeli è finita ed ora arriverà Dio. L'obiettivo è la terra con la città di Babilonia. Sotto l'immagine della città mesopotamica si nasconda il profilo della Roma imperiale. Altri pensano a Gerusalemme che ha ucciso i profeti ed ora i cristiani. Questa città ostile a Dio è fatta a pezzi e viene scardinato tutto il sistema che appoggiava su di essa. Dio demolisce anche le realtà più solide che obbediscono al male. Infine abbiamo una grandinata terribile con chicchi di 35 Kg (così pesava un talento) cfr. Gs 10,11. Sopra tutte le potenze politiche e militari incombe sempre in ultima istanza il Signore dell'essere e della storia.
- Viene in evidenza il creato distrutto dall'uomo
- Dio è superiore al male ed ha sempre l'ultima parola su tutto
- Cristo morto e risorto ha vinto il male con la battaglia della croce
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 maggio 2023 - Ascensione del Signore
Evangelizzando s'incontra il Risorto!Atti 1, 1-11 . Salmo 46 . Efesini 1, 17-23 . Matteo 28, 16-20
LetturaSiamo alla conclusione del vangelo secondo san Matteo. Le donne al sepolcro, trovato vuoto, hanno avuto l'annuncio della resurrezione di Gesù. Egli stesso per via va loro incontro e, dopo essere stato adorato, affida ad esse l'incarico di andare dagli altri fratelli ad annunciare di recarsi in Galilea, perché là lo avrebbero incontrato risorto.
Mt 28, 16-2016Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".CommentoI cinque versetti, che chiudono il primo vangelo, possono essere suddivisi in due sequenze. La prima (28, 16-17) presenta l'azione degli undici discepoli che, obbedendo alle parole di Gesù dette alle donne, si recano al luogo dell'appuntamento, "sul monte che Gesù aveva loro fissato". Troviamo anche descritta la loro reazione alla vista di Gesù: "gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano". Va sottolineato che i discepoli, pur nella solennità dell'avvenimento e nella prospettiva pasquale in cui si colloca, non sono esenti dal dubbio. La seconda sequenza (28, 18-20) ha Gesù per protagonista. Egli si avvicina ai discepoli e pronuncia le ultime parole, articolandole in tre sentenze. Dapprima incontriamo una dichiarazione sulla sua autorità universale: "mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra". Gesù, dopo la resurrezione, è costituito pienamente Signore e può esercitare la sua autorità dappertutto e per sempre. Al centro vi è il comando dato ai discepoli come conseguenza della sua piena e definitiva signoria: "andate dunque e fate discepoli tutti i popoli... ". Ora la missione dei discepoli non ha più limiti e tutti gli uomini possono diventare seguaci del Signore Gesù Cristo, attraverso l'azione potente del Risorto, che continua a chiamare persone per mezzo dei suoi. La fecondità della missione e l'abbondanza dei discepoli diventano prova concreta della veridicità dell'essere discepoli fedeli. L'appartenenza a Gesù risorto si attua attraverso il segno battesimale celebrato "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", e la piena accoglienza - attuazione del suo insegnamento. L'esplicito riferimento al battesimo sottolinea il rilievo dato alla dimensione ecclesiale nell'esperienza di discepolato, che nasce dalla pasqua del Signore. L'ultima parola di Gesù è una promessa che vale come garanzia di incoraggiamento e fiducia: "ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". La presenza permanente e definitiva di Gesù con la sua comunità si estende fino alla fine del mondo. Essa non dipende dalla qualità o dalla prestazione dei discepoli ma dalla fedeltà di Dio Padre.
Gesù risorto è sempre con i suoi! La fede dei discepoli nella sua presenza può essere incerta o assente. S'incontra Cristo Signore, si percepisce tangibilmente la sua presenza e si cresce nella fede se i credenti si impegnano tutti in una reale missione evangelizzatrice, proporzionata alle sensibilità e ai doni di ciascuno. Anche la partecipazione motivata, affettiva e fedele alla vita comunitaria e l'accoglienza nella vita degli insegnamenti lasciati da Gesù contribuiscono a rendere vivo ed autentico l'incontro con il Risorto.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'ascensione al cielo del Signore collega le tre letture odierne. L'evangelista san Matteo presenta Gesù risorto, costituito nella pienezza dei suoi poteri, che invia i discepoli a tutte le genti e promette di essere con loro tutti i giorni fino alla fine del mondo. Il momento culminante dell'esperienza pasquale dei discepoli di Gesù, coincide con la loro missione ai popoli per mezzo della quale la sua signoria si manifesta nella storia del mondo. La stessa esperienza viene espressa nella pagina che apre il libro degli Atti degli apostoli. L'ascensione di Gesù al cielo conclude la sua missione storica, quello che egli "fece e insegnò", e dà inizio alla missione futura dei discepoli. Essi, attraverso l'incarico ricevuto dal Risorto e confermato dal dono dello Spirito, diventano suoi delegati o apostoli nel mondo. Perciò l'ascensione di Gesù al cielo è preceduta da un periodo di preparazione dei discepoli alla missione futura. Il testo della Lettera agli Efesini offre l'opportunità di riscoprire la radice ed il fondamento della speranza. Essa è l'atteggiamento fondamentale dei discepoli dopo l'Ascensione. Questa festa rimanda alla signoria di Dio rivelata e attuata per mezzo di Gesù Cristo risorto, alla quale i cristiani sono chiamati ad aderire in pienezza.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 14 maggio 2023 - VI domenica di Pasqua
Chi ama Gesù ottiene la benedizione del PadreAtti 8, 5-8.14-17 . Salmo 65 . 1 Pietro 3, 15-18 . Giovanni 14, 15-21
LetturaContinua la lettura dell'ultimo discorso di Gesù ai discepoli secondo il vangelo di san Giovani. Dopo il passo di domenica scorsa, si incontra un versetto sulla preghiera (14, 14). Chi prega in unione con Gesù, per continuare la sua opera nel mondo, sarà sicuramente ascoltato ed esaudito dal Padre. A questo punto inizia il brano odierno.
Gv 14, 15-2115 "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
Commento
Il testo si apre con le parole di Gesù che invitano i discepoli ad amarlo. L'amore di cui si parla non è solo moto dei sentimenti, ma sinonimo di fede, cioè adesione vitale, profonda e consapevole a Gesù. Questa esperienza si realizza nel cristiano nella misura in cui si osservano i suoi insegnamenti: "se mi amate osserverete i miei comandamenti". È la nuova alleanza, che Dio Padre stipula col nuovo popolo per mezzo di Gesù Cristo. Nella fedeltà all'alleanza, osservando le parole di Gesù, si riceve la benedizione del Padre, che si concretizza nel dono di "un altro Paraclito". Il vocabolo greco può essere reso anche con i termini italiani: intercessore, avvocato, difensore in tribunale. Il primo difensore donato dal Padre è Gesù Cristo. Alla sua partenza il Padre dona un secondo Paraclito, che rimarrà sempre con i discepoli. È lo "Spirito della verità". Egli prolunga e completa l'opera e la missione di Gesù ed insegna ai discepoli tutto quanto riguarda Gesù, che è la verità. Per questo lo Spirito non può essere ricevuto dal mondo, cioè da coloro che si chiudono all'iniziativa di Dio: "il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce". I discepoli invece, che conoscono e vivono in comunione con lo Spirito, possono sperimentare una nuova e diversa presenza interiore di Gesù mediante lo Spirito stesso. Gesù riprende poi lo stesso concetto, sottolineando la sua presenza costante con i discepoli: "non vi lascerò orfani, verrò da voi". Quando Gesù sarà nel Padre, non sarà più visto da coloro che non lo amano. Chi invece resta in comunione con lui, lo ama e crede alle sue parole, sperimenta per sempre la sua presenza mediante lo Spirito. Il brano si conclude con la promessa che anche il Padre, per mezzo di Gesù, sarà continuamente coi discepoli ( il v. 23 che non è riportato dal testo liturgico completa la promessa).
In conclusione Gesù continua a rincuorare i suoi in vista della sua partenza. L'amore per lui è proporzionale all'accoglienza dei suoi insegnamenti e non dovrà mai cessare. Egli continuerà ad essere con i discepoli per mezzo dello Spirito, donato dal Padre. Chi ama Gesù, seguendolo fedelmente, partecipa nella fede già adesso alla comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'esperienza dello Spirito Santo, che conferma la presenza di Gesù Cristo, il Signore risorto, collega le tre letture. Nel discorso di addio ai discepoli Gesù promette loro "un altro Consolatore, lo Spirito di verità", che sarà sempre con loro. Negli Atti degli apostoli la crescita della Chiesa è accompagnata dalla rinnovata effusione dello Spirito Santo. Una piccola pentecoste conferma la nascita della Chiesa in Samaria, dove Filippo annuncia il vangelo e raccoglie i primi credenti e battezzati tra i samaritani. Il brano della lettera di Pietro, sottolinea la testimonianza che i cristiani sono chiamati a dare. Essa può contare sulla presenza di Cristo Signore, il quale è la ragione unica della loro speranza. Cristo infatti, messo a morte secondo la carne è "reso vivo nello Spirito". La comunione con Cristo morto e risorto, attraverso il dono dello Spirito, è un aspetto centrale della fede pasquale anche dei cristiani contemporanei.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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APOCALISSE
Ventiduesima Lettura
Si apre ora una nuova parte del libro. Un nuovo grande scenario che raffigura il giudizio sul male del mondo, con gli angeli flagellatori protagonisti. Costoro poi porteranno le coppe da versare sulla terra.
Lettura
Ap 15 1E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l'ira di Dio. 2Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e 3cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell'Agnello: "Grandi e mirabili sono le tue opere, Signore Dio onnipotente; giuste e vere le tue vie, Re delle genti! 4O Signore, chi non temerà e non darà gloria al tuo nome? Poiché tu solo sei santo, e tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi furono manifestati". 5E vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la tenda della Testimonianza; 6dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto con fasce d'oro. 7Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d'oro, colme dell'ira di Dio, che vive nei secoli dei secoli. 8Il tempio si riempì di fumo, che proveniva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non fossero compiuti i sette flagelli dei sette angeli.CommentoViene introdotto un nuovo settenario di angeli che portano dei flagelli e poi delle coppe. Con questi flagelli danno dei colpi violenti da provocare la morte. È evidente anche nel nuovo settenario, come nel precedente, un rimando alla narrazione delle sette piaghe d'Egitto (cfr. Es 7,14-11,10). Sono gli ultimi flagelli perché con essi si concluderà la punizione di Dio nei confronti degli empi, cioè coloro che seguono altre divinità. Sappiamo già che il numero 7 è sinonimo di pienezza e definitività. Questi flagelli sono detti "ultimi" (v. 1) perché in essi il castigo divino raggiunge l'apice del suo rigore e giunge al suo compimento definitivo. L'uso dei segni ripresi dall'Esodo vuole sottolineare la continuità della storia della salvezza. La prima liberazione del popolo di Dio era avvenuta attraverso una serie di atti salvifici del Signore che aveva piegato la potenza del male raffigurato dal faraone. La liberazione attesa ricalcherà quel momento iniziale svelando il vero progetto divino che è nello stesso tempo purificazione e vittoria sul male ma nello stesso tempo è anche pace e felicità perché trionfa il bene. Come nell'Esodo la liberazione è avvenuta passando in mezzo ad un mare impetuoso, così ora gli eletti che hanno combattuto l'idolatria, la violenza e l'ingiustizia passano attraverso un mare strano che richiama il cristallo-vetro (tipico della volta celeste nella cosmogonia orientale[2]) e il fuoco divino. Il mare è per la bibbia simbolo del male come già abbiamo visto in 4,6. Questo mare è orientato a rappresentare le prove sopportate dai giusti. Il fuoco richiama l'inizio di una nuova creazione. I giusti sono però ritti in piedi e sicuri come l'Agnello risorto (v. 2), essi come l'Agnello risorto hanno vinto la bestia, la sua immagine ed il suo numero. Come gli ebrei nell'esodo attraversando il mare cantavano l'inno di Mosè (Es 15), cosi i giusti che hanno vinto il male elevano a Dio un loro cantico di Mosè e dell'Agnello (v. 3) mentre attraversano il mare delle prove e vengono rigenerati dal fuoco. Questo inno è una raccolta di citazioni dell'AT ed in particolare dei Salmi (vv.3-4). I salvati non celebrano se stessi, la loro costanza e la loro vittoria, ma le "grandi d mirabili opere di Dio" ed i suoi progetti nel governo del mondo e della storia. Qui troviamo un esempio di vera preghiera che non è soprattutto domanda, ma lode, ringraziamento, benedizione, celebrazione, canto glorioso, professione di fede nel Signore che salva. Tutti i canti presenti nell'Apocalisse vanno in questa direzione e sono vere "dossologie"[3], cioè inni di lode al Salvatore. Dopo il canto accompagnato dalle cetre il santuario celeste, come alla fine del settenario delle trombe (11,19), si apre per far passare una processione angelica. Siamo davanti ad una rivelazione che parte da Dio stesso, dalla "Tenda della Testimonianza". Il tempio celeste ripresenta il modello del tempio costruito sul monte Sion, che a sua volta riprendeva la Tenda del Convegno quando Israele era nomade. Con questa espressione si indica l'area più sacra del Tempio, il luogo dove era custodita l'Arca santa (nel primo Tempio) e quindi dove Dio aveva posto la sua dimora (cfr. 1Re 6-8). L'abbigliamento degli angeli è quello dei cittadini del cielo, avvolti nel candore luminoso della luce divina e ornati dell'oro della loro dignità trascendente che rimanda a Dio. I loro paramenti, che rimandano ad elementi sacerdotali [4], sono quelli indossati da Cristo nella visione inaugurale dell'Apocalisse (cfr. 1,13 e Dn 10,5). Qui vediamo anche un rimando alla veste candida indossata dai neofiti che avevano ricevuto i sacramenti dell'Iniziazione Cristiana ed erano entrati nel popolo santo di Dio attraverso il sangue dell'Agnello. Gli angeli sono usciti dal tempio è stanno davanti al lettore e sono immersi nella nebbia, che evoca il fumo dei sacrifici, il fumo dell'incenso e soprattutto la nube segno della presenza di Dio. Gli angeli ricevono dai quattro essere viventi le coppe d'oro contenenti l'ira divina colme di flagelli (vv. 6-8). In questa narrazione le coppe alludono al rito della liturgia di Kippur, giorno della espiazione o grande purificazione (cfr. Lev 16) e poi ripresa nel NT riferita a Cristo che col suo sacrificio espia per sempre i peccati dell'umanità.
- Dio per mezzo di Gesù Cristo libera e salva i suoi eletti.
- Già fin da ora i credenti partecipano a questa redenzione.
- Nella liturgia si vive tale dimensione della salvezza operata da Cristo.
[2] Cfr. racconto della creazione di Gen 1,6-8
[3] Per dossologia nella liturgia cristiana si intende di solito un'esclamazione rituale, una formula, un breve inno, che loda, esalta e glorifica Dio; la parola deriva dal greco δοξολογία, comp. di δόξα «opinione, lode» e -λογία «-logia»
[4] Tunica sacerdotale (ebraico: ketonet כֻּתֹּנֶת) (tunica): fatta di lino puro, copriva l'intero corpo dal collo ai piedi, con maniche fino ai polsi. Quella del Sommo Sacerdote era ricamata (Esodo 28:39); quelle dei sacerdoti erano semplici (Esodo 28:40).
APOCALISSE
Ventunesima Lettura
Lettura
Siamo davanti ad una narrazione scandita da una frase che ricorre continuamente: "e vidi". Siamo in presenza di una sequenza di visioni che vengono offerte secondo un flusso narrativo quasi impressionistico. La visione che ora viene delineata lascia alle spalle l'orizzonte cupo e tetro che fino ad ora abbiamo incontrato, pieno di draghi, bestie, bestemmie, idolatrie e seduzioni maligne.
Ap 14, 1-201E vidi: ecco l'Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. 2E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. 3Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. 4Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono l'Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello. 5Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.6E vidi un altro angelo che, volando nell'alto del cielo, recava un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. 7Egli diceva a gran voce: "Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque". 8E un altro angelo, il secondo, lo seguì dicendo: "È caduta, è caduta Babilonia la grande, quella che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino della sua sfrenata prostituzione".9E un altro angelo, il terzo, li seguì dicendo a gran voce: "Chiunque adora la bestia e la sua statua, e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, 10anch'egli berrà il vino dell'ira di Dio, che è versato puro nella coppa della sua ira, e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello. 11Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome". 12Qui sta la perseveranza dei santi, che custodiscono i comandamenti di Dio e la fede in Gesù. 13E udii una voce dal cielo che diceva: "Scrivi: d'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì - dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono". 14E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d'uomo: aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. 15Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura". 16Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. 17Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch'egli una falce affilata. 18Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature". 19L'angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. 20Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.CommentoLa narrazione si apre con una scena che si realizza sul monte Sion, il monte sul quale sorgeva il tempio di Gerusalemme. Su di esso si regge in piedi, solenne e glorioso l'Agnello Cristo. Il simbolismo dell'agnello esprime docilità ed indica un destino sacrificale pasquale. È il simbolo adatto per Cristo in quanto indica la sua mansuetudine, la sua morte in croce (è immolato) e la sua gloria pasquale. Lo stare ritto in piedi è segno di vittoria e di gloria. Il monte Sion diventa il punto di convergenza di tutta la comunità redenta dal sangue dell'Agnello (12+12=24 le tribù e gli apostoli). Tutti vanno su questo colle, una processione innumerevole degli eletti, dei giusti, dei martiri. Questa folla è opposta a coloro che seguivano la bestia. Quelli avevano impresso il marchio della schiavitù e della violenza questi invece recano il sigillo di Dio e di Cristo. È un popolo numerosissimo (cfr. cap 7) che sembra uscire dalle catacombe per testimoniare la sua fede sostenuto e guidato dalla Risurrezione e dalla luce della Pasqua. Questo popolo non teme la bestia perché sa di avere con sé il nome del Signore e la sua forza che vince la morte ed il male. Alla visione del 1° versetto segue l'ascolto della voce. E' un coro possente come tanti altri che costellano le scene celesti dell'Apocalisse. Il canto nuovo indica pienezza estrema (cfr. Is 42,10 e Sal 96,1). È l'inno della liturgia perfetta ed eterna e può essere compreso e cantato solo dagli eletti che sono in comunione piena con l'Agnello, dopo essere stati da lui redenti. Costoro sono definiti: redenti; cioè riscattati, acquistati secondo l'istituzione del "goèl"[2], il riscattatore; vergini, il termine greco, oltre ad indicare la non contaminazione con le donne, indica anche il senso biblico classico di essere liberi dall'idolatria. Da ultimo sono definiti primizia, cioè la realtà più preziosa e più cara agli occhi del Padre e di Cristo. Gli eletti che partecipano al culto celeste dell'Agnello sono i fedeli ascoltatori e attuatori (operatori) della Parola di Cristo e non vengono meno alla sua sequela. Si apre ora nella visione di Giovanni un dittico angelico: sull'immensa processione dei santi volano degli angeli. Sono tre angeli per visione: 6-13 e 14-20. Al centro del dittico si erge glorioso il Figlio dell'uomo, presentato come Signore e Giudice 14,14. Il primo angelo è l'angelo del Vangelo, cioè colui che porta il messaggio supremo di Dio da comunicare all'umanità: il lieto annuncio. È un annuncio eterno che porta a compimento tutto il progetto di Dio rigurdante la storia. Ed è un annuncio universale per tutti. Il giudizio divino da senso e ordine alla storia, a tutti e a tutto. La traiettoria della stria è un cammino che punta verso il Signore ed il suo regno e non piomberà mai nel baratro del nulla perché il Creatore di tutto regge quella linea fino alla fine. Il secondo angelo annuncia il crollo della Babilonia attraverso le parole di Is 21,9 e Gr 51,8 (È caduta, è caduta Babilonia la grande). Questa città nella Bibbia era il simbolo del potere ostile a Dio e dell'idolatria, forse da identificare con Roma e col suo potere. Il terzo angelo è messaggero di giudizio e descrive l'ubriacatura che provoca la bestia e le conseguenze del giudizio di Dio su coloro che la seguono. Ma per i santi, coloro che hanno avuto il coraggio di resistere davanti alla bestia idolatrica e hanno continuato a credere e a osservare la legge di Dio è riservato un messaggio finale di gioia che Giovanni è invitato a mettere per iscritto come attestazione ufficiale. Il simbolo del riposo che indica lo stato finale dei fedeli si ricollega con l'immagine della terra promessa che indica la comunione eterna con Dio anche oltre la morte. In quel riposo si entra solo attraverso la porta spalancata dell'amore. Al centro della duplice serie di angeli c'è solenne la figura di Cristo, presentato con la visione di Daniele (Dn 7,13) col Figlio dell'uomo misterioso che avanza sul trono costituito dalla nube bianca, segno della gloria di Dio. Egli entra come re e vincitore però c'è un nuovo elemento: la face a cui si aggiunge dopo la vendemmia. Ci si ispira con queste immagini a Gioele 4,13. Alcuni interpretano l3 immagini in senso negativo, in quanto incarnano il giudizio di Dio e la sua punizione. Altri interpretano la raccolta del grano e la vendemmia come la raccolta dei giusti che entrano nel Regno. Una terza interpretazione considera la vendemmia e la pigiatura come la condanna degli empi e la mietitura come la glorificazione dei fedeli che hanno portato buoni frutti. Gesù usa queste immagini in senso positivo Mc 4,29. Questo gesto attuato dal Figlio dell'uomo è l'inizio del giudizio di Dio sul male attraverso Gesù.
[2] "goèl" era un'istituzione ebraica antica che prevedeva, all'interno del clan, la presenza di una persona che vendicasse le offese ricevute, che riscattasse coloro che si erano indebitati ed erano diventati schiavi o erano finiti in carcere, che difendesse i componenti del clan. Avvocato, difensore, liberatore.