LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 11 settembre 2022, XXIV Domenica T. O. - Anno C
Dio cerca sempre tutti con amoreEsodo 32, 7-11.13-14 . Salmo 50 . 1 Timoteo 1, 12-17 . Luca 15, 1-32
LetturaSiamo al centro della sezione che presenta il viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Qualcuno definisce il capitolo quindici: "cuore del terzo vangelo". Qui, come nel capitolo precedente, la scena del pasto, che viene consumato da Gesù con altre persone, fa da sfondo. Ora però i commensali non sono più gli scribi ed i farisei ma i peccatori. Proprio perché Gesù va a cercare costoro, sorge un conflitto tra lui ed i rappresentanti ufficiali della religione ebraica. In questo quadro si collocano le tre parabole dette della "misericordia": la pecora perduta (15, 3-7), la moneta d'argento perduta (15, 8-10) e la parabola del padre con i suoi due figli (15, 11-32). La liturgia quaresimale nella IV domenica ha già proposto la terza.
Lc 15, 1-321Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: "Costui accoglie i peccatori e mangia con loro". 3Ed egli disse loro questa parabola:4"Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".11Disse ancora: "Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". 20Si alzò e tornò da suo padre.Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". 22Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa.25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". 31Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"".CommentoIl brano si apre con una introduzione (vv. 1-3) che presenta i pubblicani ed i peccatori particolarmente vicini a Gesù "per ascoltarlo". I farisei e gli scribi invece mormorano a causa del comportamento poco ortodosso tenuto da Gesù. Infatti gli ebrei osservanti devono assolutamente evitare di avere rapporti di qualsiasi genere con i peccatori. Seguono le prime due parabole che sono una risposta diretta alle accuse rivolte a Gesù. Al pastore di cento pecore non basta sapere di averne ancora novantanove, egli lascia queste "nel deserto e va cercare quella perduta, finché non la ritrova". Così la donna che possiede dieci monete d'argento (dramme) non si accontenta delle nove rimaste in suo possesso, ma "accende la lucerna, spazza la casa" e scruta attentamente tra il pavimento sconnesso finché non ritrova la moneta persa. La prima parte delle parabole sottolinea la ricerca compiuta da Dio nei confronti di coloro che si sono perduti e la conseguente missione universale di Gesù, il quale è mandato a tutti ed in particolare a quelli fuori dal coro. La parte conclusiva dei racconti sottolinea fortemente la gioia di chi ha finalmente trovato ciò che ha perso: "Rallegratevi con me ...". Dopo aver narrato le parabole, Gesù collega direttamente le vicende illustrate con quanto accade in cielo. Nel caso del pastore il paragone è con un peccatore che si converte. Per lui in cielo esplode la gioia, perché Dio lo ha pazientemente ricercato, inseguito e finalmente portato a casa. Questo non capita mai a coloro che si ritengono giusti; questi infatti si chiudono all'amore misericordioso di Dio, che pazientemente viene a cercarli. Infatti nessuno è pienamente giusto e tutti si ha bisogno di conversione e di ritorno al Padre. La gioia della donna che ritrova la moneta rimanda alla "gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte". Per l'approfondimento della terza parabola si rimanda al commento della IV domenica di quaresima.
Di fronte al rischio di creare delle chiesuole riservate ai soli bravi, Gesù propone ai discepoli come modello la sua missione, affidatagli dal Padre. Egli è venuto per tutti, perché tutti sono chiamati a partecipare al banchetto, e tutti hanno continuamente bisogno di essere portati sulle sue spalle per tornare a casa. Chi si ritiene giusto è sempre troppo concentrato su sé e perde la possibilità di partecipare alla festa che scaturisce dall'incontro con l'amore misericordioso del Padre.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe tre letture presentano la salvezza data agli uomini da Dio che va continuamente a cercarli quando si perdono. Il popolo d'Israele, uscito ormai dall'Egitto, si é pervertito, allontanandosi dalla via a lui indicata da Dio, facendosi un vitello di metallo fuso e prostrandovisi dinanzi. Allora Dio manda ancora una volta Mosé a salvarlo. Anche se il popolo è di dura cervice e merita il castigo di Dio, l'intercessione di Mosé spinge il Signore ad abbandonare "il proposito di nuocere al suo popolo" e a rivelare il suo volto misericordioso. É Gesù che nella pienezza dei tempi, manifesta la misericordia di Dio Padre, il quale per mezzo suo va in cerca di tutti gli uomini per portarli salvati a partecipare alla festa che si tiene nella casa del Padre. Paolo, nella seconda lettura, diventa il prototipo dei peccatori salvati da Cristo Gesù e mostra cosa capita nella vita di chi si lascia toccare dalla misericordia di Dio.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 4 settembre 2022, XXIII Domenica T. O. - Anno C
Seguire il Signore senza distrazioniSapienza 9,13-18 . Salmo 89 . Filemone 9-10.12-17 . Luca 14,25-33
LetturaLa scena della cena in casa di uno dei capi dei farisei si chiude con la parabola del banchetto a cui gli invitati non partecipano. Allora il padrone riempie la sua casa di poveri, storpi, ciechi e zoppi, perché così nessuno dei primi invitati può gustare la sua cena. A questo punto la narrazione segna una svolta ed appaiono le folle, che sono destinatarie dei discorsi del brano odierno.
Lc 14, 25-3325Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: 26"Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: "Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro". 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.CommentoIl brano si apre con due parole di Gesù rivolte a "una folla numerosa", che andava con lui. Egli, voltandosi, idealmente si rivolge a tutti coloro che si sentono suoi discepoli e lo stanno seguendo. Ad essi dapprima indica un elenco di cosa sia necessario "odiare". Il verbo odiare è da intendere nel senso di posporre. Chi segue Gesù non può collocare la madre, il padre, la moglie, i figli... e perfino la propria vita al primo posto come oggetto principale d'amore. Il rapporto con Gesù, e per mezzo suo col Padre, ha la preminenza su tutte le altre relazioni. Non a caso sono sette le relazioni da collocare in seconda posizione. Il numero sette sta ad indicare la totalità di se stessi e delle relazioni interpersonali. Coloro che intendono seguire Gesù e non si orientano in tale direzione, non possono essere suoi discepoli. La scelta di seguire Cristo deve caratterizzare tutta l'esistenza del cristiano ed esige la prontezza a posporre i legami familiari e la propria vita per essere veramente e durevolmente suoi discepoli. Gesù dice poi ai suoi, che sono paragonabili ai condannati a morte ("chi non porta la propria croce..."), i quali non hanno più la vita nelle loro mani perché la sentenza capitale è già stata pronunciata e stanno incamminandosi verso il patibolo. La parola di Gesù approfondisce ulteriormente con l'immagine del condannato, che porta la croce, cosa significhi odiare "perfino la propria vita". Il discepolo deve vivere sapendo di non poter più disporre della propria vita, perché è stata messa completamente nelle mani del Signore. Seguono due parabole che presentano la necessità di prendere nella vita cristiana decisioni adeguate e concrete in base alle situazioni e alle proprie possibilità. L'esperienza del discepolato va costruita pazientemente, giungendo fino alla sua completezza; essa è anche come una battaglia da sostenere con energia e forza per non soccombere di fronte alle prove e alle difficoltà. Il brano si chiude con una terza parola di Gesù. Egli invita i discepoli a staccarsi anche da tutti gli averi, da tutti i beni materiali. Questi non possono mai essere collocati all'apice degli interessi e degli affetti; devono sempre essere messi in gioco e diventare relativi fino a rinunciarli, se necessario, per portare a termine la scelta di essere discepoli del Signore.
Conclusione. Intraprendere il cammino di discepoli del Signore è un affare serio e totalizzante per la persona. In esso occorre procedere con saggezza, investendo con razionalità, realismo, e determinazione, lottando ed aggredendo i problemi che si incontrano. Per camminare speditamente e stare realmente al passo col Signore, è necessario qualificare sempre più la relazione con lui, mettendo in secondo piano i rapporti con gli altri, con se stessi e con i beni che si possiedono.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'esperienza del discepolato non può essere condotta secondo le categorie e le conoscenze umane. La prima lettura al riguardo afferma che a stento l'uomo riesce a raffigurarsi le cose terrene e a fatica conosce quelle a portata di mano. La riflessione dell'uomo è sempre molto fragile a causa dei limiti imposti dal corpo: "la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri". Se questo vale per le realtà terrene, a maggior ragione accade per tutto quanto riguarda Dio. Il pensiero di Dio può essere intuito soltanto per mezzo del dono dello "Spirito Santo dall'alto". Egli, unito alla sapienza, permette di avere la salvezza, che si concretizza nel seguire fedelmente Gesù Cristo. Se Gesù nel vangelo relativizza persone, beni materiali e se stessi in vista del rapporto con lui, la seconda lettura fa intravedere un modo nuovo di vivere da cristiani le relazioni umane. Queste diventano fondamentali ed importanti se collocate nel Signore. Ogni individuo diventa un dono che viene dal Signore e quindi un aiuto per seguire lui.
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Goito 28 agosto 2022, XXII Domenica T. O. - Anno C
Autoeducarsi evangelicamenteSiracide 3, 17-18.20.28-29 . Salmo 67 . Ebrei 12, 18-19.22-24c . Luca 14, 1.7-14
LetturaCol capitolo quattordici inizia una serie di insegnamenti di Gesù rivolti agli scribi, ai farisei e alla folla. Egli tiene i discorsi mentre è seduto a tavola con varie persone. Il fatto che dà origine alla conversazione sostenuta da Gesù, è la guarigione da lui compiuta di sabato, mentre è a mensa in casa di uno dei capi dei farisei, e la gente lo guarda. Le prime parole di Gesù riguardano la legittimità di operare una guarigione di sabato. Segue poi il passo liturgico odierno.
Lc 14, 1.7-141Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. (2Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa. 3Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: "È lecito o no guarire di sabato?". 4Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. 5Poi disse loro: "Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?". 6E non potevano rispondere nulla a queste parole) .7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8"Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cedigli il posto!". Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: "Amico, vieni più avanti!". Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".12Disse poi a colui che l'aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".CommentoDopo l'introduzione al v. 7, il brano è composto da due parti: la parabola degli invitati a nozze (vv. 8-11) e le esortazioni sulla ospitalità fatte al padrone di casa (vv. 12-14). Invitato a pranzo a casa di uno dei capi dei farisei, Gesù è colpito dal fatto che tutti i chiamati a partecipare al banchetto cercano di collocarsi ai primi posti. Da tale osservazione prende le mosse la prima esortazione di Gesù: "quando sei invitato alle nozze... non metterti al primo posto". È una questione di buon comportamento da tener presente per evitare di creare situazioni spiacevoli per sé e per gli altri. Gesù dà poi una seconda esortazione: "quando sei invitato va a metterti all'ultimo posto". Sembra quasi che voglia indicare un metodo efficace per ottenere promozioni o posti eminenti davanti agli uomini, ma non è così. La sentenza sapienziale conclusiva - "chiunque si esalterà sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" - dà la prospettiva giusta in cui va letto l'insegnamento di Gesù. Una regola di comportamento conviviale viene proposta come critica ai comportamenti sociali e religiosi assunti dagli ascoltatori di Gesù e diventa provocazione nei confronti dei valori posti a fondamento della propria esistenza. In una società dove contano successo e carriera, Gesù propone umiltà e modestia come atteggiamenti fondamentali da assumere. La pericope si chiude con le esortazioni date a colui che ospita Gesù: i pranzi e le cene non vanno offerti a chi poi a diverso titolo può ricambiare; occorre ospitare coloro da cui non si ricava alcun vantaggio. Gesù sottolinea il disinteresse e la generosità come atteggiamenti fruttuosi in vista della "ricompensa alla risurrezione dei giusti".
Di fronte ad un comportamento scorretto, osservato da Gesù nei suoi interlocutori, egli prende spunto per insegnare degli atteggiamenti fondamentali che qualificano la vita cristiana: umiltà, disinteresse e generosità. Questi sono importanti non solo nella relazione dei discepoli col loro maestro, ma diventano indispensabili per raggiungere la comunione eterna col Signore. A tali atteggiamenti occorre autoeducarsi per tutta la vita.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa lettera agli Ebrei invita a considerare che tutta l'esperienza religiosa vissuta nel cristianesimo è un incontro continuo col "Dio vivente", così come Israele lo incontrò sul monte Sinai. In quella occasione, coloro che udirono la parola di Dio, lo scongiurarono di non rivolgersi più a loro, perché avevano paura. Anche se il Mediatore della nuova Alleanza ha reso l'incontro con Dio un'adunanza festosa, che coinvolge il cielo e la terra, occorre vigilare per non fare del rapporto con Dio una delle tante relazioni e per non trattare Dio come gli dei pagani che erano brutte copie degli uomini. Per questo, come dice Siracide, occorre coltivare la modestia e l'umiltà. Queste crescono in chi "medita le parole" e generosamente fa l'elemosina. Anche Gesù nel vangelo insegna atteggiamenti importanti per il discepolo. La comunità cristiana, radunata attorno al banchetto eucaristico nel giorno del Signore, è chiamata a verificare in che misura le dimensioni della modestia, dell'umiltà, della generosità gratuita, dell'accoglienza dei poveri strutturano la sua identità e caratterizzano i suoi membri.
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L'Adorazione Eucaristica nel giorno di giovedì è SOSPESA per tutto il periodo estivo.
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Goito 21 agosto 2022, XXI Domenica T. O. - Anno C
RIGOROSA FEDELTA' AL VANGELOIsaia 66, 18-21 . Salmo 116 . Ebrei 12, 5-7.11 – 13 . Luca 13, 22-30
LetturaContinua la lettura degli insegnamenti di Gesù rivolti alla folla mentre va verso Gerusalemme. La liturgia tralascia i vv. 28 - 29 del capitolo dodicesimo di Luca, contenenti il detto sulla necessità di accordarsi con l'avversario e altri brani del capitolo tredicesimo sulla conversione.
Lc 13, 22-3022Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Disse loro: 24"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". 26Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". 27Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!". 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi".CommentoIl racconto si apre con la ripresa dell'immagine di Gesù in cammino nel pieno esercizio della sua missione: "Gesù passava per città e villaggi, insegnando, mentre era in cammino verso Gerusalemme". La domanda rivolta al maestro: "Signore sono pochi quelli che si salvano?", è l'occasione per introdurre il discorso successivo. Gesù non risponde direttamente alla domanda, ma fa un discorso generale sulla necessità di entrare nel Regno dei cieli passando attraverso l'impegno fedele di osservanza delle parole da lui date. Di conseguenza chi vuole entrare nel Regno senza sottomettersi alle regole stabilite non può accedervi. Poi, attraverso l'immagine del padrone di casa che si alza e chiude la porta, Gesù sottolinea la necessità di decidere con urgenza di entrare a far parte del regno di Dio. L'abitudine umana, che porta a tergiversare e a rimandare le scelte importanti e decisive della vita, è estremamente pericolosa. Il rischio è di rimanere fuori. Chi non ha aderito al regno di Dio per negligenza, per pigrizia o per calcoli egoistici non può avere alcuna giustificazione e non può portare a suo favore né la tradizione, nella quale più o meno si sente inserito, né esperienze saltuarie o occasionali vissute: "egli dichiarerà: vi dico che non so di dove siete". La pericope si chiude presentando la prospettiva universale della salvezza portata da Gesù. Anche i pagani potranno far parte del regno di Dio. Di conseguenza è necessario stare molto attenti nello stabilire i criteri di appartenenza al regno dei cieli e alla comunità cristiana, perché "vi sono ultimi che saranno primi e vi sono primi che saranno ultimi".
Davanti a Gesù Cristo non serve chiedersi chi e quanti si salveranno, ma è necessario prendere sul serio i suoi insegnamenti e viverli. Questa è la condizione necessaria per entrare nel Regno, per partecipare alla salvezza e alla sua comunità di oggi. Occorre anche stare bene attenti perché una decisione non presa o rimandata può escludere dai doni offerti da Gesù Cristo. In questo caso non potranno assolutamente servire discorsi di tradizione cristiana o di conoscenze influenti. Se le persone scelte da Gesù e chiamati alla sua sequela non aderiranno al suo invito, altre, considerate ultime o scartate, lo ascolteranno e faranno parte a pieno titolo del suo Regno oggi e per l'eternità.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa salvezza offerta a tutti da Dio, anche attraverso la testimonianza dei discepoli del vangelo, è il tema delle letture di questa domenica.
Il testo di Isaia, nella prima lettura, annuncia una salvezza per tutti: "Io verrò a radunare tutti i popoli e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gioia". Questo obiettivo si realizzerà se il popolo, segno di Dio, diventa missionario, annunciando la gloria del Signore alle nazioni lontane. I popoli pagani, da parte loro, dovranno accogliere il messaggio di salvezza portato da Israele. La salvezza è per tutti, ma a condizione che tutti obbediscano al comando del Signore. Anche nel vangelo questi temi si intrecciano tra loro. Coloro che Dio sceglie devono passare per la porta stretta della fedeltà agli insegnamenti del suo Figlio. Questa è condizione di salvezza non solo per sé, ma anche per gli altri. Per questo motivo allora, proclama la lettera agli ebrei, "il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce suo figlio". Gli interventi educativi del Signore, a favore della sua comunità, sono sempre per un bene maggiore, che spesso non è visto immediatamente. Risultano così molto forti e attuali le parole dell'autore sacro: "rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le vie storte per i vostri passi", affinché ciascuno riprenda con decisione il cammino della sua vocazione.
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Goito 15 agosto 2022, Solennità dell'Assunta - Anno C
Maria, primizia della Chiesa gloriosaApocalisse 11, 19a; 12, 1-6a. 10ab . Salmo 44 . 1 Corinzi 15, 20-26 . Luca 1, 39-56
LetturaL'evangelista s. Luca, dopo il prologo, nel primo capitolo del vangelo narra dapprima l'inizio dell'esistenza di Giovanni Battista e poi l'annuncio a Maria della nascita di Gesù. A coronamento del dittico precedente, troviamo il brano presentato dalla Solennità odierna, che si articola attorno alla figura delle due madri.
Lc 1, 39-5639In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto".46Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore 47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; 50di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. 51Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; 53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. 54Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre". 56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.CommentoIl racconto inizia con una cornice introduttiva che riporta la notizia del viaggio di Maria verso la città di Giuda, del suo ingresso nella casa di Zaccaria e del saluto rivolto alla cugina Elisabetta. Col v.41 si apre la prima parte della pericope che è dominata dall'esperienza e dalle parole di Elisabetta. All'inizio si afferma che "il bambino le sussultò nel grembo" dopo aver "udito il saluto di Maria". Poi il racconto continua rilevando il dono dello Spirito Santo concesso ad Elisabetta: "fu piena di Spirito Santo". Infine ella, sotto ispirazione, comincia a parlare profeticamente: benedice Maria per la sua maternità ("Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo"), la manifesta madre del Signore, in virtù dell'esperienza vissuta nell'incontro con lei, proclama "beata colei che ha creduto all'adempimento delle parole del Signore". Col v.46 inizia la seconda parte che vede in scena Maria, la quale canta a Dio il "Magnificat". Questo è un cantico tratto dalla preghiera tradizionale ebraica. Con genere letterario diverso, Maria riprende le parole di Elisabetta pronunciate poco prima, collocandole profondamente nel mistero di Dio suo Salvatore. Maria si fa interprete di tutti i poveri della terra e con riconoscenza canta le grandi opere compiute da Dio, suo Signore e salvatore. Dio manifesta le sue azioni grandi in chi è umile e semplice, donando a loro la sua misericordia. Il Signore è sempre fedele alle sue promesse: "Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre".
L'incontro delle due madri narrato da Luca, le quali a titolo diverso stanno vivendo un particolare rapporto col mistero di Dio, suggerisce alcune importanti indicazioni. Prima di tutto Maria trova nel dialogo con Elisabetta la conferma del progetto in cui il mistero di Dio l'aveva inserita. Poi Maria esercita, nei confronti della cugina, un ministero di mediazione in ordine al dono dello Spirito Santo. Infatti, Elisabetta lo riceve dopo aver udito la voce della madre del Signore. Infine Elisabetta, ricevuto lo Spirito, è da lui guidata e riesce così a percepire il mistero che si sta compiendo nella cugina. In conclusione si può affermare che nell'incontro interpersonale, vissuto nella volontà di Dio e nella comunione ecclesiale, non solo si chiarisce e si comprende la propria vocazione, ma si ha pure il dono sovrabbondante dello Spirito che permette una lucida e penetrante comprensione del mistero di Dio. Il dono dello Spirito è anche anticipazione e garanzia della vita eterna. Il dono dello Spirito rende consapevoli dell'opera di Dio, della sua fedeltà e della sua misericordia, ed orienta verso il Regno eterno, meta definitiva della vita.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa salvezza donata da Dio a tutta l'umanità è il tema che collega le letture della solennità odierna. Nella prima lettura si legge: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza ed il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo". Questo dono offerto a tutti è presentato ancora nell'Apocalisse con immagini simboliche: l'arca dell'alleanza nel santuario, la donna vestita di sole, il figlio maschio partorito dalla donna. Le promesse di Dio si sono realizzate in Maria e tramite lei. Maria è la madre del Signore, colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore, la donna nella quale l'Onnipotente ha compiuto grandi cose. Maria è anche la prima a godere dei frutti della redenzione attuata da Cristo. Così si esprime Paolo nella seconda lettura: "tutti riceveranno la vita in Cristo". Chi è di Cristo partecipa alla sua gloria e non deve temere alcun nemico: "bisogna che egli regni finché non abbia posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 14 agosto 2022, XX Domenica T. O. - Anno C
SALVATI E PROVATIGeremia 38, 4-6.8-10 . Salmo 39 . Ebrei 12, 1-4 . Luca 12, 49-57
LetturaLa liturgia della Parola continua a presentare gli insegnamenti di Gesù ai discepoli e alla folla. Egli li ha comunicati mentre si reca in modo decisivo verso Gerusalemme. Nella città santa egli avrebbe portato a compimento la sua missione di morte e risurrezione per la salvezza dell'umanità. Questo fatto, che sarebbe accaduto abbastanza presto nella vita di Gesù, carica di particolare significato gli insegnamenti del maestro di Galilea.
Lc 12, 49-5749Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera".54Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: "Arriva la pioggia", e così accade. 55E quando soffia lo scirocco, dite: "Farà caldo", e così accade. 56Ipocriti! Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? 57E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?CommentoIl brano risulta una raccolta di discorsi di Gesù molto diversi tra loro. Il testo si apre con una parola sul fuoco e sul battesimo (vv. 49 – 50).
Il fuoco è evidentemente collegato col battesimo. Gesù è venuto a portare il giudizio in questo mondo (simboleggiato dal fuoco), affinché il bene sia nettamente separato dal male ed abbia sempre il sopravvento su quest'ultimo. Perché tutto ciò si realizzi, è necessario che Gesù passi attraverso il battesimo della passione – morte – risurrezione e che ogni cristiano partecipi a questo avvenimento attraverso il battesimo ecclesiale. Segue la presentazione di uno scompiglio tra le persone a causa di Gesù (vv. 51 – 53). Chi lo accoglie e cerca di restare fedele ai suoi insegnamenti inevitabilmente ha la vita difficile con gli altri. Così succede che una persona, che è discepolo di Gesù, si trova praticamente divisa dagli altri e specialmente da coloro che le vivono attorno, perché le sue scelte vanno contro corrente: "pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione".
Poi cambiano gli interlocutori. Al posto dei discepoli ora Gesù si rivolge alle folle (vv. 54 – 57). Ad esse rivolge l'invito accorato di giudicare "ciò che è giusto". Tale discorso è supportato da una constatazione che parte dalla loro esperienza: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Arriva la pioggia, e così accade . . . !". Così Gesù attacca e critica gli uditori: "Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?".
La venuta del Signore è decisiva per tutti perché attraverso la sua morte e risurrezione il male è smascherato e vinto ed il bene viene riconosciuto e diffuso. Anche le donne e gli uomini di ogni tempo possono partecipare a questo dono attraverso il battesimo della Chiesa. È necessario però essere accorti. Occorre saper leggere bene i segni della salvezza che viene e accoglierla con disponibilità. È anche opportuno non spaventarsi se la sequela di Cristo produce divisioni con le persone che vivono con noi. Questo fa parte della logica del discepolato.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema della adesione decisa e senza compromessi a Gesù Cristo e al suo vangelo collega la tre letture. Tale decisione provocherà inevitabilmente per i discepoli delle incomprensioni e delle divisioni. Nella prima lettura è presentata una scena della vita di Geremia. Egli, profeta pacifico per eccellenza ed amante della concordia, mandato dal Signore ad annunciare la sua parola, viene visto come fonte di scoraggiamento per il popolo e grande nemico. Per questo i capi, con l'autorizzazione regale, "gettarono Geremia nella cisterna di Malchia, la quale si trovava nell'atrio della prigione". Ma l'opera di Dio non può essere ostacolata e l'inviato del Signore non soccombe davanti ai nemici. Così Geremia viene liberato dal re attraverso l'intercessione di Ebed-Melech l'Etiope. Anche i discepoli di Gesù Cristo sono invitati ad aderire generosamente a lui perché egli solo dona a tutti salvezza attraverso la sua passione – morte – risurrezione. Chi segue tale maestro deve però mettere in conto la persecuzione. Questo fa parte dell'esperienza del discepolo. Le parole della lettera agli Ebrei risuonano allora con particolare attualità nell'assemblea cristiana. I credenti, abbandonato in Cristo ogni peccato, sono invitati a correre con decisione verso di lui. Anch'essi devono portare la croce, sopportando ogni ostilità che deriva dalla scelta di fede. In fine l'autore invita a guardare con speranza a Cristo, per non stancarsi e perdersi d'animo: "non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 7 agosto 2022, XIX Domenica T. O. - Anno C
ATTENDERE IL SIGNORE CON VIGILANZASapienza 18, 3.6-9 . Salmo 32 . Ebrei 11, 1-2,8-19 . Luca 12, 32-48
LetturaContinuano le istruzioni che Gesù rivolge ai suoi discepoli mentre è in viaggio verso Gerusalemme. Dopo il discorso di domenica scorsa, la tematica è approfondita ulteriormente anche attraverso le immagini simboliche e poetiche degli uccelli del cielo e dei gigli del campo. Il brano odierno chiude quel discorso.
Lc 12, 32-4832Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo".41Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?". 42Il Signore rispose: "Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: "Il mio padrone tarda a venire" e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.CommentoI primi versetti concludono il tema sulla cupidigia dei beni terreni iniziato in 12, 15 (12, 32-34). Il brano inizia con l'invito a non temere, rivolto da Gesù ai suoi, anche se sono un piccolo gruppo. La loro forza infatti sta nel partecipare al regno di Dio attraverso Gesù Cristo. Tale consapevolezza dovrebbe essere sufficiente a rendere i discepoli liberi dai beni terreni. Per questo, se necessario sono invitati a vendere ciò che hanno ed il ricavato darlo in elemosina, per farsi "un tesoro sicuro nei cieli". Perché dov'è il tesoro di una persona là vi è anche il suo cuore. Se i discepoli hanno il loro tesoro in Dio, là sarà anche il loro cuore. Il passo evangelico continua con interventi diversi sul tema del giudizio (12, 35-48). Il discepolo, libero dai beni materiali, attende la venuta del suo Signore: "beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli".
L'atteggiamento della vigilanza deve sempre più qualificare la vita del cristiano. Egli è invitato ad essere pronto ad accogliere il Signore quando viene. Alla domanda di Pietro, che cerca di capire chi siano i destinatari delle parole di Gesù ("Signore questa parabola la dici per noi o anche per tutti?"), egli risponde con un'altra parabola. Di fatto invita così i suoi a lavorare al servizio del Signore: "beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro". Il brano si chiude con delle sentenze destinate ai discepoli. Costoro, che conoscono "la volontà del padrone", sono caldamente invitati a vivere di conseguenza per ottenere giustizia e salvezza. Chi invece vive ignorando gli insegnamenti ricevuti dal Signore, "riceverà molte percosse". L'invito finale riguarda la necessità di avere consapevolezza dei doni ricevuti: "a chi fu dato molto, molto sarà richiesto; a chi fu affidato molto, sarà chiesto molto di più".
Il discepolo è invitato da Gesù ad essere libero dai beni materiali per essere pienamente disponibile per Dio. Gli affari, i beni, le ricchezze fanno dimenticare che esistiamo per dono del Signore e a lui dobbiamo tornare. E' quindi necessario vigilare per non essere travolti dalle cose e per essere sempre pronti ad incontrare il Signore, quando egli verrà. La consapevolezza dei doni ricevuti e l'esercizio zelante della vocazione affidataci aiutano a preparare l'incontro definitivo col Signore che verrà.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa vita intesa come attesa e speranza collega le letture di questa domenica. Dal libro della Sapienza si legge la vicenda degli israeliti che escono dall'Egitto. Essi, che anelano la terra promessa, partono di notte guidati da una colonna di fuoco. Inizia così per il popolo un lungo cammino di attesa della realizzazione delle promesse. Anche nel vangelo Gesù invita a vigilare per attendere il Signore che viene. Tale incontro si realizzerà sicuramente e la speranza di partecipare al banchetto, preparato dallo sposo che viene, spinge il credente a non attardarsi fermandosi nelle maglie delle cose materiali. Anche la lettera agli Ebrei invita a sperare nelle promesse fatte da Dio, perché così si realizzeranno. Tutto questo richiede però la fede che è "fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono". L'autore sacro presenta Abramo come modello del credente che spera nel Signore e attende che si realizzino le promesse da lui fatte: "per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 31 luglio 2022, XVIII Domenica T. O. - Anno C
PORRE NEL SIGNORE OGNI SICUREZZAQoèlet 1, 2; 2, 21-23 . Salmo 94 (95) . Colossesi 3, 1-5.9-11 . Luca 12, 13-21
LetturaSiamo nella seconda tappa del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Dopo l'insegnamento dato ai discepoli sulla preghiera, Gesù dà altre istruzioni ed ha dei conflitti con gli avversari. Nel capitolo dodicesimo egli dà nuovi avvertimenti ai discepoli ed insegnamenti al popolo.
Lc 12, 13-2113Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità". 14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?". 15E disse loro: "Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede".16Poi disse loro una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!". 20Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?". 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio".CommentoLa pericope si articola in tre parti. All'inizio (12,13 – 14) Gesù è presentato in una vicenda in cui si rifiuta di conciliare una lite familiare sorta per motivi d'eredità. I rabbini ebrei, infatti, oltre che di compiti religiosi, erano esperti di questioni giuridiche, per questo è chiesto a Gesù di intervenire perché il figlio maggiore si ricordi di condividere l'eredità col fratello. Gesù risponde affermando la sua estraneità alle "cose" giuridiche: "chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?". Egli è venuto primariamente ad annunciare il regno di Dio. La seconda parte del brano è costituita da un'ammonizione sulla necessità di vigilare per non cadere nel vizio della cupidigia. (12,15).
Questa, che era considerata propria dei pagani, s'intrufola anche tra i credenti. La conseguenza consiste nell'avere sempre di più beni naturali, che sembrano dare sicurezza, ed ottenere progressivamente la fede in Dio: "anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede". La terza parte è costituita dalla parabola del ricco stolto (12,16 – 20). Il racconto parabolico serve per smascherare l'assurdità della fiducia riposta in modo sbagliato nell'abbondanza dei beni terreni. Anche se l'uomo può aver la sensazione di dominare i beni materiali, egli non può gestire e dominare la sua vita, che è sempre e solo nelle mani di Dio. La domanda finale della parabola coinvolge profondamente l'ascoltatore: "E quello che hai preparato di chi sarà?". Il brano si chiude con la considerazione relativa alla sorte "di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".
Gesù Cristo è venuto non per dirimere le questioni umane, ma per annunciare il regno di Dio. In lui le cose, le relazioni ed i progetti degli uomini diventano relativi e marginali in quanto contano Dio e l'attuazione della sua volontà. I discepoli devono vigilare per porre la loro sicurezza nel Signore e non nei beni materiali di questo mondo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl problema dell'uomo che dimentica Dio nella sua vita collega le letture odierne. Contro questo rischio invita a riflettere, nella prima lettura, il libro di Qoèlet. Anche se uno lavora "con sapienza, scienza e successo, dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non ha neppure faticato". Chi ha investito tutte le sue energie per l'acquisto dei beni materiali e per le ricchezze, finisce per faticare tutto il giorno, per vivere nell'affanno e nella preoccupazione notte e giorno. A quest'uomo, disorientato e sfiduciato si rivolge Gesù Cristo nel vangelo, invitandolo ad alzare lo sguardo dalle cose materiali e ad accogliere il regno di Dio, che lui è venuto ad annunciare e a portare per la felicità delle genti.
Chi nella propria esistenza incontra Gesù Cristo ed il suo vangelo è invitato a non finire la sua vita limitandosi all'orizzonte delle realtà sperimentabili, ma a cercare "le cose di lassù dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio". Questo è l'insegnamento di Paolo. Egli non condanna i beni materiali, ma afferma che questi non possono dare la piena felicità che solo viene dal Signore. Per questo motivo allora il credente deve fare delle scelte e delle rinunce che gli permettono di vivere con equilibrio in rapporto con le realtà materiali e per avere la giusta relazione con Dio.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 24 luglio 2022, XVII Domenica T. O. - Anno C
Gesù insegna ai discepoli a pregareGenesi 18, 20-21.23-32 . Salmo 137 . Colossesi 2, 12-14 . Luca 11, 1-13
LetturaCol capitolo decimo si chiude idealmente la prima fase del viaggio di Gesù. Essa si struttura attorno all'invio in missione dei discepoli, i quali devono andare da tutti indistintamente, perché tutti hanno bisogno di ricevere l'annuncio del Regno di Dio. Questo si radica nelle persone nella misura in cui si ascolta la parola di Gesù e la si pone a fondamento stabile della propria vita. Col capitolo undicesimo inizia una nuova tappa del cammino di cui la pericope odierna costituisce l'introduzione.
Lc 11, 1-131Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". 2Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite:Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,4e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,e non abbandonarci alla tentazione".5Poi disse loro: "Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli", 7e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani", 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. 9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!".CommentoIl brano è complessivamente un insegnamento di Gesù sulla preghiera. Esso, dopo l'introduzione al v. 1, si struttura in tre parti: la preghiera del Padre nostro (vv. 2-4), la parabola dell'amico importuno (vv. 5-8) e l'esortazione finale sulla preghiera (vv. 9-13). Sicuramente la preghiera di Gesù testimonia la forte relazione che egli ha col Padre. Per questo i discepoli, dopo aver assistito alla sua preghiera, chiedono che insegni anche a loro quel modo di pregare che evidenzia una novità rispetto alla tradizione giudaica. Questa era solo formalistica ed esterioristica e non penetrava nella vita delle persone modificandole. Gesù accoglie la domanda e, partendo da una formula tradizionale ebraica da lui modificata, risponde indicando alcuni atteggiamenti fondamentali che sono alla base della sua preghiera e che devono innervare quella del discepolo. Innanzitutto dice che Dio è da considerare Padre e come tale occorre intessere con lui una forte relazione interpersonale. Il Dio di Gesù e dei sui discepoli si avvicina in modo sorprendente all'uomo e l'uomo può accostarsi a lui fino a chiamarlo "papà". La preghiera allora richiede come premessa la necessità di una piena fiducia e confidenza in Dio che è Padre. Poi Gesù presenta una serie di domande che strutturano la preghiera cristiana. La prima è: "sia santificato il tuo nome", che va unita alla seconda: "venga il tuo regno". Gesù ed i suoi discepoli chiedono e desiderano ardentemente che Dio Padre si manifesti pienamente a tutta l'umanità, la quale, aderendo sempre più alla sua volontà, realizza anche storicamente il Regno. L'atteggiamento che si evidenzia dalle prime domande è di superare le richieste egoisticamente interessate per fare proprio il desiderio ed il progetto di Dio Padre. Con la terza domanda si chiede di avere ogni giorno il pane. Gesù non vuole così inculcare nei discepoli l'abitudine ad una domanda ossessiva per le cose materiali. Egli invece vuole educare i suoi a vivere con atteggiamento libero e sobrio nei confronti dei beni, avendo coscienza che ogni cosa concreta è sempre dono di Dio Padre, e che lui provvede abbondantemente a coloro i quali si affidano a lui. Gesù invita poi ad avere coscienza di essere dei perdonati. Il grande perdono di Dio Padre è dato ai discepoli a condizione che essi facciano proprio il comportamento di Dio nei rapporti con gli uomini. Il discepolo fa esperienza reale e concreta del perdono del Padre soltanto quando ha assunto l'atteggiamento del perdono divenendo capace di perdonare ai fratelli. Infine Gesù insegna a chiedere di non essere tentati. Egli non pensa così di esonerare i suoi dai dolori, dalle difficoltà, dalle prove e dalle tentazioni, che fanno parte costitutiva del cammino del discepolo. Gesù sollecita invece i discepoli a chiedere che nelle prove la fede non venga meno (questa è la grande tentazione) e a credere che le difficoltà, vissute in rapporto confidente col Padre, non li schiacceranno mai. Illustrati gli atteggiamenti di fondo della preghiera, attraverso la parabola dell'amico importuno e delle esortazioni finali, Gesù riprende l'insegnamento sulla disponibilità benevola di Dio e sulla necessità di pregare sempre. Da ultimo, insistendo ancora sul rapporto interpersonale che deve realizzarsi con Dio Padre, Gesù invita i discepoli a chiedere il dono dello Spirito Santo. Solo lui realizza un vero e profondo rapporto tra gli uomini e Dio Padre e rende la preghiera secondo gli insegnamenti dati da Gesù.
Come è stato per Gesù, così anche per il discepolo la preghiera deve diventare l'esperienza che qualifica il suo rapporto col Padre. Essa va vissuta secondo gli atteggiamenti di fiducia in Dio, di libertà nei confronti delle cose, di riconciliazione con Dio e con gli uomini e di speranza nella realizzazione delle promesse divine. Il dono dello Spirito Santo, da chiedere incessantemente, rende possibile la concretizzazione degli insegnamenti di Gesù nella vita dei discepoli.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURENella prima lettura la preghiera-relazione tra Abramo e Dio evidenzia alcuni degli atteggiamenti insegnati poi da Gesù ai suoi discepoli nel vangelo. Abramo ha fatto sua la misericordia di Dio. Egli chiede a Dio non quanto lui desidera, ma ciò che Dio desidera: "forse il giudice della terra non praticherà la giustizia?" (nel senso di salvezza). Abramo testimonia anche la perseveranza nella preghiera, che diventa intercessione confidente in Dio per le necessità dei fratelli. La seconda lettura di Paolo richiama l'identità del cristiano che, sepolto con Cristo mediante il battesimo, partecipa con lui della resurrezione. Questa vita nuova, ricevuta dal cristiano e donata a lui per mezzo dello Spirito Santo, fa sperimentare la misericordia e la salvezza donata da Dio attraverso il perdono dei peccati. Se a noi è stato "annullato il documento scritto del nostro debito" è necessario, a nostra volta, che diventiamo testimoni di perdono.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 17 luglio 2022, XVI Domenica T. O. - Anno C
Ama Dio, chi ascolta le parole di GesùGenesi 18, 1-10° . Salmo 14 . Colossesi 1, 24-28 . Luca 10, 38-42
LetturaSiamo ancora durante il viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Egli ha appena riproposto ai discepoli l'autorevolezza del doppio comandamento dell'amore: amare Dio ed il prossimo. Con la parabola del buon samaritano insegna anche che nell'amore al prossimo è necessario compiere un salto di qualità, passando da un amore indirizzato soltanto verso i connazionali ad un amore offerto a tutti coloro che sono nel bisogno. Anche l'episodio narrato nel brano odierno si collega alla domanda posta a Gesù dal dottore della legge (Lc 10,25) e quindi al doppio comandamento dell'amore.
Lc 10, 38-4238Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò . 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: "Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". 41Ma il Signore le rispose: "Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c'è bisogno . Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta".CommentoGesù, entrato in un villaggio, è accolto nella casa di Marta. Colpisce la sottolineatura data da Luca a questa figura femminile, la quale evidentemente, pur avendo una sorella di nome Maria, esercita un ruolo di preminenza nella gestione della casa attraverso la dedizione ai molti servizi. Si tenga conto che a quel tempo le donne non potevano leggere la Torà ed erano esonerate dal partecipare alle assemblee liturgiche nelle sinagoghe o nel tempio. In questo modo Gesù non solo diventa esempio delle istruzioni date precedentemente ai discepoli (i Settantadue), in cui invita ad accettare l'ospitalità nelle case dove si è accolti, ma indica anche che nel popolo ci sono delle categorie di persone come le donne, abitualmente emarginate, da amare e da accogliere come prossimo. Anche Maria viene presentata con sottolineature specifiche. Era seduta ai piedi di Gesù ed ascoltava la sua parola. Tali aspetti di Maria rimandano al modello del discepolo del Signore ed invitano il lettore, cioè il cristiano, a fare propri gli atteggiamenti di Maria. Il punto decisivo del racconto è costituito dalla domanda rivolta da Marta a Gesù come conseguenza del comportamento di Maria: "Signore, non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Marta, donna generosa, intraprendente, energica, che si è fatta in quattro per accogliere Gesù e tutta la comitiva dei discepoli, garantendo loro un servizio accurato e preciso, ora rimprovera Gesù perché, trattenendo Maria con lui, sembra non aver riguardo nei confronti suoi e della sua opera. Fa pensare la reazione di Marta perché rivela due aspetti di un unico problema sempre presente nei discepoli: come deve essere il rapporto con Gesù Cristo delle persone attive e molto impegnate e come trovare equilibrio tra dimensione contemplativa ed attiva della vita. Gesù risponde alla provocazione di Marta dapprima riprendendola simpaticamente non tanto del servizio che sta svolgendo, quanto piuttosto dell'ansia, dell'agitazione e dell'affanno con i quali ella fa le cose. Poi Gesù afferma che una sola è la cosa di cui c'è bisogno e cioè ascoltare le sue parole. Gesù non vuole in questo modo creare una graduatoria di importanza tra l'agire ed il contemplare, egli invece insegna che tutte le situazioni di vita sono riuscite nella misura in cui si pone a loro fondamento l'ascolto della sua Parola e la comunione di vita con lui. Tutti devono avere nell'ascolto della parola di Gesù la parte migliore della loro vita, che non può essere mai trascurata.
Gesù accolto nella casa di Marta e Maria insegna che anche tra i connazionali vi è un prossimo da amare: coloro che abitualmente vivono ai margini della società. Insegna anche che in ogni scelta di vita occorre porre a fondamento l'ascolto delle sue parole, secondo l'icona di Maria che stava seduta ai suoi piedi. Come Gesù ha introdotto una novità riguardo all'amore del prossimo, egli perfeziona pure l'amore per Dio. Questo diventa vero per il cristiano ed è vissuto con tutto se stessi quando si ascoltano le parole di Gesù Cristo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREAnche nella prima lettura, come nel vangelo, si parla di ospitalità. Abramo, che siede alle Querce di Mambre, accoglie presso di lui il Signore che gli appare sotto le sembianze di tre uomini. Dapprima egli si prostra fino a terra davanti al Signore, invitandolo a fermarsi presso di lui e a non passare oltre, e poi in modo attivo e generoso, prepara una adeguata accoglienza. Non penso sia una forzatura vedere in Abramo riassunti sia gli atteggiamenti di Marta come quelli di Maria davanti a Gesù. Il Signore, prima di partire, promette ad Abramo che Sara sua moglie avrà un figlio. É evidente l'insegnamento conseguente! Come Maria anche Abramo ha scelto la parte migliore, questa non gli viene tolta ed è per lui benedizione e fonte di fecondità. La seconda lettura aiuta ad approfondire in chiave cristiana il discorso precedente. Chi accoglie il Signore Gesù Cristo nella vita, ascoltando la sua parola, è chiamato anche a partecipare alla sua passione per il bene della Chiesa. Tutto questo risulta indispensabile per essere degli evangelizzatori che realizzano veramente il ministero ricevuto da Dio e che con sapienza sanno annunciare Cristo affinché ciascuno sia perfetto in lui.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 10 luglio 2022, XV Domenica T. O. - Anno C
É prossimo chiunque ha bisognoDeuteronomio 30, 10-14 . Salmo 18 . Colossesi 1, 15-20 . Luca 10, 25-37
LetturaDopo aver inviato i Settantadue in missione, con degli obiettivi e delle strumentazioni ben determinate, Gesù loda il Padre perché il mistero della redenzione e della salvezza procedono nella storia dell'umanità non secondo sapienza ed intelligenza umane, ma con sapienza divina. Questa consiste nella rivelazione che Dio fa di sé a coloro che, anche se ignoranti, sono disponibili a camminare con lui. La pericope odierna aiuta a capire come si deve vivere per essere degni della rivelazione divina.
Lc 10, 25-3725Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". 26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". 27Costui rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso". 28Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". 30Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". 37Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così".CommentoIl racconto inizia presentando l'intervento di un dottore della legge, il quale chiede a Gesù che cosa deve fare "per ereditare la vita eterna". Il testo dice anche che la domanda tende a "mettere alla prova Gesù". Egli non risponde e richiede al suo interlocutore di risolvere lui stesso il quesito posto, in base a quanto conosceva della legge. Il dottore della legge cita a questo punto il doppio comandamento dell'amore: "Amerai il Signore Dio tuo... e il prossimo tuo come te stesso". Il duplice comandamento è considerato da Gesù come un riassunto dell'antica legge, per questo se uno lo mette in pratica ha la vita. Emerge però tra le righe, tenendo conto anche di altri passi lucani, che il doppio comandamento non è qualcosa di caratteristico di Gesù. Egli infatti ha insegnato l'amore che deve arrivare fino all'estrema conseguenza di accogliere anche il nemico. Da un'altra domanda posta a Gesù dal dottore, il quale voleva giustificarsi perché non aveva messo in pratica la legge, emerge l'interesse particolare dell'evangelista Luca, che vuole determinare chi sia il prossimo. Secondo il doppio precetto dell'amore, prossimo è il connazionale che appartiene allo stesso popolo di Dio e che va amato come se stesso. La risposta di Gesù sulla questione del prossimo va oltre la tradizione religiosa ebraica e dà una sua indicazione specifica. La parabola di Gesù presenta un uomo che, tornando dal tempio di Gerusalemme, viene aggredito dai briganti. Per la stessa strada passano anche due connazionali, prossimi per eccellenza: un sacerdote ed un levita. Costoro, pur vedendo lo sfortunato pellegrino, passano oltre perché le leggi di purità impediscono loro di avvicinarsi ad un ferito. Il samaritano, straniero e a volte ostile agli ebrei (poco prima i samaritani avevano rifiutato l'ingresso di Gesù in un loro villaggio proprio perché era ebreo), ha compassione dello sventurato e lo soccorre con grande generosità. L'ultima domanda di Gesù e la risposta data dal dottore della legge fanno capire chi è il prossimo per Gesù. Prossimo è colui che è nella necessità e nei confronti del quale si prova compassione nel senso di partecipazione piena alla sua situazione. Anche Gesù, davanti all'uomo bisognoso, prova sempre compassione. Infine la pericope liturgica si chiude con le parole di Gesù che invitano a passare rapidamente alla fase operativa: "va e anche tu fa lo stesso".
Conclusione. Gesù invita con una parabola a completare l'idea di amore per il prossimo presente nei suoi interlocutori. Poiché prossimo per Gesù non sono soltanto i connazionali ma tutte le persone che sono nel bisogno, anche gli stranieri e gli avversari, l'amore evangelico per il prossimo è quello che viene offerto indistintamente a tutti. La compassione o solidarietà per chi versa nella necessità non chiede ai cristiani soltanto delle disquisizioni accademiche, ma invita ad acquisire celermente una prassi adeguata.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl testo del Deuteronomio, della prima lettura, invita ad obbedire alla voce del Signore, Dio d'Israele. Chi mette in pratica la legge approda necessariamente alla conversione di tutto se stesso al Signore Dio. Il comando dato dal Signore interseca l'esistenza del pio israelita al punto tale da essere nella sua bocca e nel suo cuore, perché egli lo metta in pratica. Gesù, nel vangelo, chiede ai suoi discepoli di superare la legge dell'amore al prossimo, inteso come connazionale, per essere disponibili ad amare tutti coloro che sono nella necessità. Questa situazione fa le persone prossimi e suscita solidarietà autentica. É Gesù Cristo, dice Paolo, "immagine del Dio invisibile e generato prima di ogni creatura", il fondamento di ogni comunione. Le diversità tra gli individui esistono ed i conflitti spesso sono inevitabili. Soltanto per mezzo di Gesù Cristo si può sperimentare di far parte dello stesso corpo pur nella diversità, si arriva alla riconciliazione vera anche se con posizioni o vedute diverse, si è capaci di solidarietà e di amore generoso per tutti.
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Goito 3 luglio 2022, XIV Domenica T. O. - Anno C
Tutti i discepoli sono degli evangelizzatoriIsaia 66, 10-14 . Salmo 65 . Galati 6, 14-18 . Luca 10, 1-12.17-20
LetturaAll'inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme, Luca, unico tra gli evangelisti, inserisce il racconto di invio in missione dei Settantadue discepoli. Occorre premettere che in 9, 1-6 il testo ha già presentato Gesù che associa alla sua missione i dodici. Essi, mandati dal maestro e da lui assistiti, anticipano un'esperienza che li qualificherà dopo la Pasqua. Vediamo ora da vicino il testo di Luca.
Lc 10, 1-12.17-201Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio". 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11"Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino". 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città...17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome". 18Egli disse loro: "Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli".CommentoIl racconto inizia presentando Gesù che solennemente sceglie e manda Settantadue discepoli. Chi sono questi Settantadue? e perché un nuovo invio? Si è pensato che l'invio dei Settantadue sia una prefigurazione della missione universale a tutte le genti, mentre l'invio dei Dodici, presentato precedentemente (Lc 9,1-6), rappresenterebbe l'incarico per la missione verso Israele. Sicuramente il numero dei Dodici rimanda a quello delle dodici tribù e quello dei Settantadue ricorda i settanta anziani che, con Nadab ed Abiu, sono presenti accanto a Mosé nel momento della fondazione del popolo d'Israele (Es 24,1.9). Di conseguenza, allora, i settantadue inviati da Gesù, come i dodici, sono mandati anch'essi a Israele, il quale è, durante il viaggio, oggetto particolare dell'attenzione del maestro. Infine la nuova missione sottolinea che tutti i discepoli devono sentirsi degli evangelizzatori. Li manda "a due a due" perché così possono facilmente difendersi da eventuali pericoli e soprattutto le loro parole hanno un valore più decisivo, in quanto convalidate dalla testimonianza dell'altro discepolo. Il loro compito sarà di preparare la venuta del Signore, cioè del regno di Dio. Ma come va realizzato tutto questo? Prima di affidare ad essi le adeguate istruzioni per la missione Gesù fa due considerazioni preliminari: gli operai sono pochi, rispetto alla messe abbondante, e gli inviati si presentano come agnelli in mezzo ai lupi. Il numero degli evangelizzatori è sempre esiguo rispetto alla moltitudine dei destinatari a cui sono mandati. Tale coscienza li fa crescere in un atteggiamento di umiltà e di dipendenza dal maestro. Infatti continuamente devono chiedere che il Signore mandi altri evangelizzatori. Essi vanno anche inadeguati, rispetto al compito da svolgere e sono disorientati ed impauriti come agnelli tra i lupi. Anche ciò li porta a confidare non nei propri mezzi o possibilità, ma nella potenza del Signore. Le istruzioni per il viaggio date da Gesù sono conseguenti alle premesse fatte. All'evangelizzatore è vietato portare l'equipaggiamento per il viaggio (borsa, bisaccia e sandali) e per la strada non deve fermarsi a salutare nessuno. Queste prime indicazioni sottolineano la completa dipendenza del missionario cristiano non dai mezzi, ma dalla missione stessa e dal Signore, e l'urgenza dell'annuncio del Regno, per il quale nulla deve distrarre. L'ingresso in una casa o in una città, deve avvenire con estrema semplicità e naturalezza: si mangi, si predichi, si guarisca senza sfruttare la situazione. Quando non si è accolti, il comportamento sia ugualmente naturale e semplice: senza irrigidirsi ci si allontani da quei luoghi denunciando la gravità della loro scelta. Il gesto di scuotere la polvere dai calzari richiama quello dell'israelita che, di ritorno da terre pagane, si purifica prima di rimettere piede sulla terra santa. Quando i Settantadue ritornano dalla missione, la gioia che li caratterizza è il segno che le indicazioni ricevute da Gesù hanno funzionato. Infine la missione di Gesù e quella degli evangelizzatori è finalizzata all'annientamento definitivo di satana, affinché i nomi di tutti siano scritti nei cieli. Chi partecipa alla missione dell'evangelizzazione, non deve temere perché nulla lo danneggerà.
Tutti i discepoli di Gesù sono invitati ad essere degli evangelizzatori. La loro forza non sta nei mezzi materiali ma in una fiducia incondizionata nel maestro. Chi con umiltà si colloca in tale dinamica sperimenta la gioia e l'efficacia della missione evangelizzatrice, non subisce danni e contribuisce efficacemente alla salvezza di tutti.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa missione di evangelizzare gli uomini è presente con diverse prospettive nelle letture di questa domenica. Gesù manda i discepoli ad evangelizzare e tale esperienza è parte costitutiva dell'identità del cristiano. Paolo, nella seconda lettura, sottolinea che la radice, il fondamento, la vitalità dell'annuncio sta "nella croce del Signore nostro Gesù Cristo". É la croce che fa nuove creature, che trasforma il mondo, che rende liberi dalle tradizioni. La croce abbracciata dall'evangelizzatore produce le stigmate, cioè i segni fisici riscontrabili come conseguenza delle difficoltà e delle fatiche vissute nella missione. La prima lettura indica l'atteggiamento con cui va vissuta l'evangelizzazione. Come una madre, occorre offrire a tutti la ricchezza dei doni ricevuti affinché si delizino di tale abbondanza. É necessario investire senza misura nell'annuncio e tale opera dovrebbe essere come un fiume che scorre copioso di acque. Dio infatti si è comportato così e la sua mano sarà con i suoi servi che seminano con abbondanza.
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Goito 26 giugno 2022, XIII Domenica T. O. - Anno C
La vocazione va realizzata con decisione1Re 19,16b.19-21 . Salmo 15 . Galati 5, 1.13-18 . Luca 9, 51-62
LetturaCon Lc 9,51 inizia la parte centrale della narrazione lucana, chiamata la sezione del viaggio verso Gerusalemme. L'evangelista presenta così Gesù che, in modo deciso, va verso il compimento della sua missione. Durante questo itinerario egli è impegnato particolarmente ad istruire i suoi ascoltatori e tra questi occupano un posto privilegiato i discepoli.
Lc 9,51-6251Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?". 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio. 57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada". 58E Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". 59A un altro disse: "Seguimi". E costui rispose: "Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre". 60Gli replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio". 61Un altro disse: "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". 62Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio".CommentoIl brano si apre richiamando la prospettiva del compimento: "mentre stavano compiendosi i giorni...". Per Gesù sta compiendosi la vicenda storica, che è indicata nel testo con l'espressione "sarebbe stato elevato in alto". Il significato del termine greco è proprio nella linea di "assunzione". Gesù allora sta portando a compimento la sua vicenda storica, la quale però si prolunga, attraverso il mistero pasquale, culminando nella risurrezione e nell'ascensione in cielo presso il Padre. Egli parte con un atteggiamento molto determinato che è descritto dalla espressione: "egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme". Ancora una volta la traduzione liturgica, usando l'espressione "prese la ferma decisione", riduce la plasticità ed il significato del termine originale; esso è da rendere invece con: "rese dura la sua faccia". Gesù, intravedendo il compimento della sua missione, che si sarebbe realizzata a Gerusalemme, secondo le modalità dette precedentemente, intraprende il suo viaggio con l'atteggiamento indicato da Isaia: facendo dura la sua faccia come pietra (Is 50,7). Il primo episodio raccontato è il rifiuto di Gesù da parte di un villaggio di samaritani. Costoro sono considerati degli stranieri e, quando sanno che Gesù è diretto verso Gerusalemme, gli impediscono di passare dal loro territorio. Come a Nazaret, Gesù viene rifiutato dai suoi concittadini, così ora non è accolto anche dagli stranieri. Ma la reazione di Gesù non è di rinuncia e, come a Nazaret, insiste nuovamente sulla sua missione, avviandosi "verso un altro villaggio". Colpisce la reazione di Giacomo e Giovanni. Essi suggeriscono a Gesù un atteggiamento che evoca quello di Elia (2Re 1,2-17). Il rimprovero di Gesù, mentre sta camminando precedendoli, sottolinea l'inadeguatezza del loro intervento e la diversità dei suoi atteggiamenti rispetto a quelli assunti dagli antichi profeti. Il racconto continua presentando situazioni di vocazione e detti di Gesù sul discepolato. Chi segue Gesù "non ha dove posare il capo", cioè incontra sicuramente difficoltà e procede senza sicurezze materiali. Ai discepoli è anche chiesto di porre all'apice di tutto la necessità e l'urgenza dell'annuncio del regno di Dio. Questo prevale su tutto, anche sulle necessità derivanti dai rapporti affettivi e sulle regole di carattere religioso.
Gesù, sostenuto dalla tradizione biblica, va risoluto verso Gerusalemme, dove si compie per lui la missione nella passione, morte, resurrezione e ascensione. Chi incontra Gesù, o lo segue o lo rifiuta. Coloro che lo rifiutano per il momento non vengono giudicati né condannati, ma per chi lo segue si impone con urgenza la necessità di mettere in conto le prove e la mancanza di qualsiasi sicurezza, e di collocare il servizio al regno di Dio all'apice di tutto.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema del discepolato interseca le tre letture odierne. Gesù nel brano evangelico non solo diventa modello del discepolo, che tra le difficoltà procede deciso verso la meta della usa vocazione, ma da anche istruzioni per vivere adeguatamente il discepolato. Chi vive in questo modo sperimenta la libertà descritta da Paolo nel passo della lettera ai Galati. Tutti i cristiani sono chiamati a libertà. Questa si raggiunge nella misura in cui si cammina secondo lo Spirito, il quale porta a realizzare la vocazione di ciascuno. La ricerca di sicurezza, di protezione affettiva, di esoneri dalle prove, fanno parte dei desideri della carne e quindi sono da evitare. Questa è stata l'esperienza di Eliseo, come leggiamo nella prima lettura. Egli, chiamato ad essere profeta attraverso il gesto simbolico compiuto da Elia che gli getta addosso il suo mantello, lascia tutto e segue con decisione la sua vocazione.
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In Vescovo Marco ha nominato don Jonathan Vicario Parrocchiale di Asola, con l'incarico di docente IRC presso l'istituto superiore "G. Falcone" di Asola.
Mentre nomina nuovo vicario della nostra Unità pastorale "Madonna della Salute" don Marco Sbravati.
Le nomine saranno effettive dal primo settembre.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 19 giugno 2022, Corpus Domini - Anno C
Eucaristia: il corpo ed il sangue di Cristo per tuttiGenesi 14, 18-20 . Salmo 109 . 1 Corinzi 11, 23-26 . Luca 9, 11b-17
LetturaI dodici, che fino a questo punto hanno accompagnato Gesù nel suo ministro, ora ricevono da lui il suo stesso potere e sono mandati a proclamare il Regno di Dio (9,1-6). Al ritorno dalla loro missione gli apostoli raccontano a Gesù tutto ciò che avevano fatto. Essendosi ritirati a Betzaida, sono subito raggiunti dalla folla, che Gesù accoglie, parlando del regno di Dio e sanando "quanti avevano bisogno di cure". Così siamo introdotti nel brano di questa domenica.
Lc 9, 11b-1710Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: "Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta". 13Gesù disse loro: "Voi stessi date loro da mangiare". Ma essi risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente". 14C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: "Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa". 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.CommentoIl racconto inizia presentando il giorno che declina ed i dodici indaffarati a convincere Gesù perché congedi la folla che deve cercarsi viveri ed alloggio nelle borgate vicine. L'iniziativa presa dai dodici risulta notevolmente ingenua, se confrontata col numero dei presenti: "circa cinquecento uomini". Nessuna località infatti avrebbe potuto ospitare tutta quella gente. La proposta diventa però emblematica della risposta che spesso è data dai dodici e dai discepoli ai bisogni concreti delle persone in cammino con Gesù. A questo punto il maestro interviene sconvolgendo le prospettive ed i progetti: "voi stessi date loro da mangiare". I discepoli più vicini a Gesù, restano sconcertati da queste parole, cercano di capirne il senso e balbettano in risposta qualche frase: "non abbiamo che cinque pani e due pesci" e "andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente". Evidentemente non avevano colto il significato specifico delle parole di Gesù e lui è quindi costretto a prendere direttamente l'iniziativa: "disse ai discepoli: «fateli sedere per gruppi di cinquanta circa»". I discepoli fanno eseguire le indicazioni date dal maestro. Il racconto è al suo culmine e Gesù, come ogni capofamiglia, compie quanto è prescritto prima del pasto: ringrazia Dio con la benedizione, spezza i pani ed i pesci e li distribuisce ai commensali. É evidente che il v. 16 non è soltanto la memoria di quanto Gesù attuò quella sera in Palestina, ma per la Chiesa esso anticipa e richiama la prassi liturgica della cena eucaristica. I gesti di Gesù, che prende il pane, alza lo sguardo al cielo, per esprimere la comunione col Padre, pronuncia la benedizione sui pani e sui pesci e spezza i doni, rimandano al contesto eucaristico. Ancora una volta Gesù coinvolge direttamente i discepoli. Dopo aver spezzato i pani "li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla". I temi della sazietà e dell'abbondanza, con i quali si chiude il racconto, sono segni dei tempi messianici e della realizzazione piena delle promesse divine.
Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci si può leggere ad un triplice livello. Gesù interviene direttamente per soccorrere le necessità concrete delle folle, alle quali i discepoli non riuscirono a provvedere. Questo gesto del Signore è stato visto subito come prefigurazione dell'istituzione eucaristica e della sua celebrazione nella Chiesa. La Chiesa, quando celebra l'Eucaristia, invita i discepoli a rivivere la comunione con Gesù, a nutrirsi alla mensa della parola e del pane spezzato per trovare le energie che aiutino a continuare il cammino, ad essere attivi e protagonisti nei confronti dei problemi e delle necessità concrete della gente.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'Eucaristia collega le tre letture della solennità odierna. Nella prima lettura leggiamo l'episodio di Melchisedek. Egli, sacerdote del Dio altissimo, offre pane e vino benedicendo Abramo, perché ha vinto sui re d'oriente. L'offerta di pane e vino è sempre stata vista in relazione con l'Eucaristia neotestamentaria. Anche il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, compiuto da Gesù, è sempre stato letto in chiave eucaristica. Infine Paolo, nella lettera ai Corinzi, consegna l'antica formula celebrativa ricevuta dalla sua comunità. Il testo paolino sottolinea che il sacramento del corpo e del sangue è offerto da Gesù "nella notte in cui veniva tradito". L'Eucaristia è il dono per eccellenza lasciato dal Risorto ai suoi discepoli, ma è anche il sacramento che richiama la povertà di coloro che seguono il Signore e la crisi a cui il discepolato è soggetto nell'itinerario cristiano. Da qui ne consegue la necessità di una continua verifica e conversione dei singoli e delle comunità per partecipare degnamente all'Eucaristia. Il pane che mangiamo ed il calice che beviamo sono anche annuncio della Pasqua del Signore, "finché egli venga". Il corpo ed il sangue del Signore, di cui ci nutriamo, orientano e preparano decisamente all'incontro definitivo con lui.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 12 giugno 2022, SS. Trinità - Anno C
Gesù Cristo e lo Spirito Santo conducono al PadreProverbi 8, 22-31 . Salmo 8 . Romani 5, 1-5 . Giovanni 16, 12-15
LetturaSi continua la lettura del vangelo di s. Giovanni. Siamo durante l'ultima cena e Gesù sta parlando con i suoi. Nel capitolo XVI, Gesù, dopo aver preannunciato la persecuzione dei discepoli (16, 1-4a), parla della sua partenza ormai imminente e della venuta dello Spirito Paraclito. Di questa sezione fa parte la pericope della solennità odierna.
Gv 16, 12-15
12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.CommentoIl brano si apre con la dichiarazione di incompletezza del messaggio di Gesù e con la presentazione del bisogno di cammino che i discepoli hanno ancora da compiere: "molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso". Le parole di Gesù non alludono ad una ulteriore rivelazione futura. Egli afferma che la situazione oggettiva di chiusura dei discepoli ai suoi insegnamenti, sarà superata dopo la pasqua. Solo allora essi comprenderanno quanto era accaduto ed era stato detto durante il suo ministero, ed avranno la forza di portarne tutte le conseguenze concrete. Per giungere a questa meta verrà in loro aiuto "lo Spirito di Verità", il quale li porterà ad entrare nella "verità tutta intera". La verità è Gesù; egli infatti aveva detto ai suoi di essere la verità. Il Paraclito, allora, è colui che guida verso Gesù, permette la comprensione dei suoi insegnamenti e fa in modo che si viva secondo il vangelo. Questa esperienza non era solo per coloro che ascoltavano direttamente Gesù, ma è offerta a tutti quelli che, nel corso dei secoli, incrociano sulla loro strada le sue parole. Anche in futuro lo Spirito Santo dirà ai discepoli il significato del messaggio di Gesù, che essi non sono naturalmente capaci di capire e recepire. L'opera dello Spirito è strettamente collegata con Gesù Cristo e col Padre. Egli annuncia quanto ha udito da Gesù ("prenderà da quel che è mio e vi annunzierà le cose future") e, poiché tutto ciò che è di Gesù viene dal Padre ("tutto quello che il Padre possiede è mio"), conduce alla volontà del Padre. Così l'opera dello Spirito porta a compimento la partecipazione dell'uomo alla comunione trinitaria a cui è chiamato ad accedervi direttamente. In questo modo si realizza la gloria di Gesù, cioè egli si manifesta pienamente ai discepoli ed essi lo colgono in tutto il suo splendore, non più velato da nulla. Chi vede Gesù e lo accoglie, per mezzo dello Spirito, entra anche in comunione col Padre. Gesù infatti, parlando con Filippo aveva detto: "chi vede me vede il Padre" (Gv 14, 8-9).
Tutti i discepoli sono chiamati a vivere, durante il loro itinerario storico, la comunione con la Santissima Trinità. Tale esperienza si concretizza incontrando autenticamente Gesù, che si manifesta con le sue parole, ed accogliendo il dono dello Spirito Paraclito, che porta continuamente i discepoli verso Gesù. Gesù e lo Spirito Santo conducono sempre alla comunione piena col Padre.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe letture odierne potrebbero articolarsi attorno all'icona di Dio che sempre comunica se stesso agli uomini in modo sovrabbondante. La prima lettura presenta la sapienza di Dio come una realtà da lui creata: "Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin dal principio". Questo "principio" rimanda a Dio stesso e all'eternità in cui si colloca il suo mistero. Nella riflessione teologica, d'Israele prima e della Chiesa poi, la sapienza è stata sempre più identificata col Messia - Cristo. Egli, come architetto, ha collaborato con Dio alla creazione, era "la sua delizia ogni giorno " e poneva la sue "delizie tra i figli dell'uomo". La sapienza, presente nel creato, è la prima manifestazione di Dio per la vita e la gioia dell'uomo. Nel brano evangelico, attraverso il dono esplicito di Gesù Cristo e dello Spirito Santo, Dio Padre offre tutto se stesso ai discepoli del vangelo e, attraverso la loro adesione, essi partecipano direttamente al mistero della Trinità. Nel testo paolino, l'autore afferma che "per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo ... e mediante la fede abbiamo ottenuto di accedere a questa grazia". Tutto questo è però ora mescolato a tribolazioni, le quali producono pazienza, virtù provata e speranza. La speranza poi non delude e anima il cammino del credente che, avendo ricevuto nel cuore l'amore del Pdre per mezzo dello Spirito Santo, sa che un giorno parteciperà pienamente al mistero di Dio.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 5 giugno 2022, Pentecoste - Anno C
Il Paraclito continua la missione di GesùAtti 2, 1-11 . Salmo 103 . Romani 8, 8-17 . Giovanni 14, 15-16.23b-26
LetturaNella solennità odierna rileggiamo parti del capitolo XIV di s. Giovanni. Gesù è a mensa con i suoi nel contesto dell'ultima cena e comunica loro gli insegnamenti che più gli stanno a cuore. Dopo aver presentato se stesso come via per giungere al Padre (14, 1-14), ora approfondisce ulteriormente la dinamica di relazione esistente tra Dio ed i suoi discepoli.
Gv 14, 15-16.23b-2615Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. (18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".22Gli disse Giuda, non l'Iscariota: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?". 23Gli rispose Gesù:) "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.CommentoIl brano lega due testi in cui si parla dello Spirito Santo. Nel primo (14, 16-17) si dice che il discepolo, amando Gesù attraverso l'osservanza dei suoi comandamenti, è introdotto nella comunione d'amore trinitaria del Padre, Figlio e Spirito Santo. Nel secondo (14, 23-26) si indica ancora che l'amore del discepolo porta ad osservare le parole di Gesù. Poiché Gesù ha presentato le parole del Padre, il discepolo, che recepisce l'insegnamento del maestro, diventa di conseguenza la dimora del Padre, perché accoglie e vive la sua volontà. In entrambi i passi Gesù, per completare il rapporto d'amore tra i discepoli con lui e col Padre promette il dono del Consolatore che resti con loro per sempre. Lo Spirito Santo insegnerà ogni cosa ed opererà affinché ricordino tutto ciò che Gesù ha detto. Nel testo giovanneo lo Spirito Santo è chiamato "il Paraclito", cioè colui che viene chiamato a scendere per assistere i discepoli in difficoltà. Paraclito è lo Spirito Santo che si avvicina a chi lo invoca per essere aiutato; una specie di difensore, che si affianca ai discepoli quando sono messi alle corde ed è posta seriamente in crisi la loro vita cristiana. Paraclito è lo Spirito Santo che, come un amico, intercede e supplica Dio ed i discepoli, affinché la comunicazione tra di loro si realizzi sempre più e sia piena. Paraclito è lo Spirito consolatore, cioè lo Spirito Santo che conforta, sostiene e da speranza. Egli, prendendo il posto di Gesù, continua a svolgere tra i discepoli la missione attuata precedentemente dal maestro. Infine il Paraclito è lo Spirito Santo che istruisce e guida i discepoli, illuminandoli con le parole di Gesù, affinché siano nel mondo testimoni liberi e luminosi della verità evangelica.
Il dono dello Spirito Santo, il Paraclito dato dal Padre ai discepoli per mezzo di Gesù, porta costoro a partecipare pienamente alla comunione trinitaria. A questa sono stati ammessi attraverso le parole di Gesù e sono invitati a viverla concretamente osservando le parole del maestro ed invocando incessantemente il Paraclito.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl dono dello Spirito Santo concesso ai discepoli è la linea che collega le letture odierne. Nel testo di Atti incontriamo il racconto della discesa dello Spirito su coloro che a Gerusalemme erano radunati insieme. L'azione dello Spirito Santo rende i discepoli capaci di comunicare a tutti "le grandi opere di Dio" ed il messaggio annunciato è accolto positivamente dai loro interlocutori. Lo stesso dono dello Spirito è concesso a tutti i discepoli che amano Gesù Cristo. Essi, seguendo le sue parole, diventano dimora del Padre e destinatari del suo amore. La presenza dello Spirito nella vita del credente, afferma Paolo, fa superare "il dominio della carne", dà la vita ai corpi mortali, rende "figli di Dio" e, dopo aver partecipato alle sofferenze di Cristo, porta a condividere la sua stessa gloria. Le linee indicate da Paolo diventano la modalità concreta attraverso la quale, anche oggi, si è chiamati ad uscire dal "cenacolo", per comunicare a tutti, con passione e credibilità, "le grandi opere di Dio".
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Goito 29 maggio 2022, VI Ascensione del Signore - Anno C
Testimoni tra le genti con la forza dello SpiritoAtti 1, 1-11 . Salmo 46 . Ebrei 9, 24-28.10,19-23 . Luca 24, 46-53
LetturaLa solennità dell'Ascensione ci porta a leggere nuovamente il vangelo di s. Luca. Siamo nell'ultimo capitolo, che sembra essere organizzato in tre grandi parti, attorno al fatto della risurrezione del Signore. La prima parte (24,1-12) indica le vicende capitate al sepolcro trovato vuoto. La seconda (24,13-35) contiene il racconto dei discepoli che da Gerusalemme scendevano a Emmaus. La terza (24,36-53) conclude la prima opera lucana con la narrazione dell'apparizione del Risorto, a coloro che erano radunati nel Cenacolo, e con il racconto dell'Ascensione.
Lc 24, 46-53(44Poi disse: "Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture) 4
6e disse loro: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.CommentoIl brano odierno inizia con le parole di Gesù risorto pronunziate nel Cenacolo. Per comprendere meglio il testo occorre tener conto del v. 45, non riportato dalla pericope liturgica: "Allora apri loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse:". Dopo aver affermato che il suo insegnamento e la sua vita sono state il compimento delle Scritture (v. 44), Gesù dichiara che solo lui può rendere realmente comprensibile la Bibbia. Dopo la resurrezione, ai discepoli, che credono in lui, Gesù toglie l'incomprensione prepasquale delle Scritture e li rende capaci di cogliere fino in fondo l'evento Cristo e di viverlo in pienezza. Tutto questo ha due puniti di riferimento irrinunciabili: la passione e la resurrezione di Cristo da un lato e dall'altro la predicazione della salvezza "nel suo nome" a tutte le genti. Di conseguenza il discepolo parteciperà pienamente all'evento Cristo credendo alla sua passione-morte-risurrezione e annunciandole di rimando a tutti. D'altro canto l'evento Cristo, che è il compimento delle Scritture, non si realizzerà pienamente fino a quando "la conversione ed il perdono dei peccati" non saranno predicati a tutte le genti. Questo è lo scopo della missione della Chiesa! In tale ottica i discepoli, che hanno incontrato il Risorto, diventano i testimoni, cioè garantiscono la certezza della risurrezione e sono disposti ad accettarne tutte le conseguenze. Gesù non lascia soli i suoi e per svolgere la missione, appena indicata, da a loro in dotazione "quello che il Padre mio ha promesso", la "potenza dall'alto" che li rivestirà. La promessa consiste nel dono dello Spirito Santo che sarà l'attore principale della missione della Chiesa.
Incontriamo infine nel passo il racconto della Ascensione. Una narrazione simile si trova anche all'inizio degli Atti. Gesù, prendendo ancora l'iniziativa, porta i discepoli fuori da Gerusalemme ed in una località verso Betania (Atti 1,12 parla di "monte degli ulivi") alza le mani e li benedice. Egli non sarà più presente col corpo tra i suoi, ma la sua benedizione continua a legarli a lui e diventa garanzia della sua presenza invisibile. L'ultimo gesto di Gesù avvolge quindi pienamente i discepoli, nel tempo e nello spazio, fino al suo ritorno negli ultimi tempi. Davanti a Gesù, che benedicente si stacca da loro, i discepoli si prostrano in adorazione orante. Questo sembra essere l'atteggiamento fondamentale d'assumere davanti al mistero di Gesù Cristo, il quale, se accolto così, produce a Gerusalemme, o in qualsiasi altra città del mondo, "grande gioia" nei discepoli e costituisce la fonte inesauribile della lode perenne della Chiesa a Dio.
Gesù sale al cielo e lascia i suoi. Egli però continua ad essere con i discepoli attraverso la potenza della sua benedizione e col dono dello Spirito Santo. Costui diventerà l'anima vitale della missione della Chiesa nella misura in cui i discepoli accoglieranno, con atteggiamento orante, il mistero di Cristo nella loro vita e, con ogni strategia, lo faranno conoscere a tute le genti. La gioia diventa il segno tangibile dell'inserimento vitale nel progetto di salvezza di Dio.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'Ascensione del Signore collega le tre letture della celebrazione odierna. Il Vangelo e gli Atti riportano la narrazione dell'avvenimento accaduto fuori da Gerusalemme, forse sul monte degli Ulivi, mentre la lettera agli Ebrei presenta la realtà nella quale Cristo è giunto con l'Ascensione: "non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, ... ma nel cielo stesso". Gesù crocefisso-risorto ora è presso il Padre; egli ha inaugurato per noi una via nuova ed è diventato il "sacerdote grande sopra la casa di Dio". Invita ad avere piena fiducia in lui credendo di poter entrare nel nuovo santuario, cioè al cospetto di Dio, e di poter accostarsi a lui. Perché questo si realizzi, Gesù manda lo Spirito Santo, che dà forza ai discepoli e li rende capaci di testimoniarlo in ogni luogo, fino a quando apparirà la seconda volta "a coloro che l'aspettano per la loro salvezza". I discepoli nel frattempo sono invitati a mantenere, senza vacillare, la professione della speranza, "perché è fedele colui che ha promesso".
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Veglia di preghiera per la morte di don Fausto Gavioli
Solarolo, 15 maggio 2022
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi (1,24-29)
Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di realizzare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi, ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza della gloria.
È lui infatti che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo.
Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.
«Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo».
Completare e mancare sono due verbi che rimandano a una qualche necessità di tipo estetico o funzionale: non sta bene, manca qualcosa, ce lo metto e adesso sì che è bello; senza quel pezzo lì non può funzionare, lo inserisco e adesso è tutto ok, va che è una meraviglia.
Ebbene, alle sofferenze e al sacrificio di Cristo non manca proprio nulla, non necessita di alcun completamento: è pieno, perfetto, efficace, portatore di salvezza per l'intera umanità.
E allora quel "completare", non va inteso in senso estetico o funzionale, ma diventa sinonimo di compartecipare, di prendere parte, di condividere.
E di questo sì che Cristo ha bisogno: che la sua Pasqua (che è passione, croce, morte e risurrezione) non rimanga qualcosa di esterno ed estraneo rispetto all'esistenza degli uomini, che non rappresenti un fattore ulteriore o opzionale, ma che diventi parte della nostra vita, parte della nostra carne.
Dunque Cristo ha bisogno. Ha bisogno di uomini e di preti come don Fausto. Perché la condivisione fondamentale che lui ci chiede non si pone tanto sotto il segno dell'efficienza, quanto della sofferenza. Del sacrificio, della dedizione e della sofferenza.
E potremmo fermarci qui. Perché già questo è rivoluzionario, sia in rapporto a come tutti noi intendiamo la vita, sia per come purtroppo talvolta anche noi preti intendiamo il ministero o per come le nostre comunità parrocchiali quasi lo "pretendono". La sofferenza viene ben prima e vale molto più che l'efficienza.
Non si tratta infatti di un dolore fine a se stesso, di un patimento unicamente distruttivo (o auto distruttivo), ma di un'offerta, di un servizio, di un ministero a favore degli altri, della Chiesa e del mondo: "sopporto per voi", "a favore della Chiesa", "mi è stato affidato presso di voi". Le parole di Paolo non potrebbero essere più chiare.
«È lui che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo». Annunziare, ammonire, istruire. Se non stessimo vivendo un momento così triste, apparirebbe quasi ironico. Tre azioni che hanno a che fare con la dimensione verbale (annunciare, ammonire, istruire) e proprio don Fausto faceva una fatica terribile a parlare, a respirare, a emettere un flusso vocale a volume sufficiente alto. Ma era proprio da questo che passava il suo annuncio. Anzi, era proprio questo il suo annuncio.
Ben prima e ben più del contenuto, ben prima e ben più di quanto effettivamente dicesse. La cosa bella e fondamentale è che volesse usare fino all'ultimo respiro, fino all'ultimo alito di fiato, fino all'ultima nota di voce per proclamare il Vangelo e, quando era necessario, per rivolgere all'assemblea la sua riflessione nell'omelia. E questo non era solo commuovente, non era solo un'emozione che stringeva il cuore: questo era ed è vero annuncio, era ed è vera rivelazione.
Il poco che ho e che rappresenta il tutto che ho, il tutto che mi rimane, lo metto a disposizione di Cristo e del suo Vangelo, lo getto nel mio ministero.
"Per questo mi affatico e lotto", scrive ancora l'apostolo. Una fatica e una lotta pienamente condivise anche da don Fausto, non solo però contro la malattia e i problemi di salute che lo tormentavano sommandosi uno all'altro. Ma una fatica e una lotta vissute anzitutto per portare avanti sempre e comunque il suo servizio e il suo ministero.
Siete mai stati a San Nicolo Po? Forse stasera sono presenti anche alcuni membri di quella comunità. Ebbene, la scorsa estate mi capitava di passarci spesso durante i miei giri in bicicletta lungo il Po e il mio pensiero non poteva non andare a don Fausto. È un luogo tranquillo e pittoresco, abitato da una comunità senza dubbio disponibile, calda e accogliente, ma di certo non il posto più agevole per fare il parroco, soprattutto dopo il gravissimo incidente che lo aveva pesantemente segnato nel corpo e non solo.
Lontano dai centri principali, piuttosto isolato, con la chiesa fuori dal paese e con la facciata orientata contro l'argine del fiume. Eppure, non solo don Fausto vi ha abitato per parecchi anni, ma vi ha fatto il parroco al cento per cento, senza tirarsi indietro, senza rinunciare a nulla. Industriandosi con l'auto e con la carrozzina per andare ovunque e, ancor di più, per arrivare a tutti. Nessuno escluso.
E tutto questo, nel ministero come nella sofferenza, nell'annuncio come nella malattia, nella fatica come nel servizio, tutto questo, come scrive ancora san Paolo, solo grazie «alla forza che viene da lui e che agisce in me con potenza». Tutto questo solo grazie alla forza di Cristo.
Ricordo del presbitero mantovano don Fausto Gavioli
+ Marco Busca vescovoRispose Gesù a Pietro: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv 21,17-18).
Con queste parole Gesù annuncia a Pietro il futuro che lo attende, ma, più in generale, sta descrivendo la parabola della vita umana. La giovinezza è la stagione primaverile, ricca di energie e di
promesse, di spazi aperti e di corse veloci; poi viene l'autunno con il declino delle forze, il ridimensionamento degli spazi e dei progetti.
Il passaggio dall'attività a una crescente passività rappresenta, per certi versi, un'esperienza di "morte anticipata". Limiti inevitabili sopraggiungono negli ultimi anni della vita di molte persone:
diminuisce il potenziale della salute, della memoria, del lavoro, delle relazioni e tutto ciò rappresenta una dura prova per noi che siamo fatti per agire, realizzare progetti, muoverci in libertà. L'infermità rende impotenti a compiere diverse azioni, mentre, giorno dopo giorno, cresce l'esperienza di dover dipendere dall'agire altrui. Imparare a rinunciare all'autonomia e acconsentire ad essere serviti da altre persone è tutt'altro che scontato. È richiesta una lotta, prima di arrivare all'accettazione di tendere le mani e lasciarsi portare, specie per quelle passività che assumono forme umilianti.
Eppure le parole di Gesù a Pietro aprono una prospettiva accettabile e persino positiva: la vita è un misto di attività e di passività, di cose decise e di cose subite e accettate. Dio opera in ogni esperienza della vita e in tutte apre una strada di fecondità. La sfida consiste nel trasformare i limiti imposti in un'occasione di maggiore comunione con Dio e con l'universo umano e cosmico. Esiste una passività virtuosa e feconda, non immediata, che bisogna intercettare e abbracciare.
L'abbiamo vista in don Fausto. L'esperienza dei limiti fisici – con tutte le conseguenze relazionali e pastorali – è sopraggiunta presto nella sua vita. Non è entrato nella trappola di pensare in retrospettiva, ripiegandosi nella nostalgia di un passato trascorso nella salute e nell'attività, ha accettato la sfida della fede e della fantasia per immaginare un ministero sacerdotale sostenibile dentro le nuove condizioni di vita. Questa fortezza d'animo è fedeltà alla missione ricevuta dal Signore, che per un prete anziano o malato si trasforma ma non viene mai meno; si è in missione fino all'ultimo respiro!
Una fortezza d'animo che è anche fedeltà a sé stessi, a quell'anelito profondo di vivere in pienezza che reagisce alla tentazione di sopravvivere in totale passività. Quando si è nelle prove, la risorsa della fede è in grado di aprire una strada nell'impossibile. La partita della fede si gioca su due parole: resistenza e resa. Più ci si arrende, nell'accettazione attiva delle vicende della vita attraverso l'abbandono fiducioso nelle mani del Padre, e più si resiste al rischio di lasciarsi andare, maledire la vita, rassegnarsi, disperarsi, ridurre al minimo il perimetro degli interessi, diventare apatici, isolarsi.
Nelle parole di Gesù a Pietro si intravvede come i limiti che dovrà sperimentare nella sua carne non gli impediranno di pascere il gregge affidato alle sue cure. Don Fausto, da uomo pensoso e profondo qual era, coltivava una coscienza chiara della sua missione sacerdotale sempre attiva, in ogni circostanza, seppure in forme differenti, magari meno appariscenti ma non meno intense. La prima volta che lo incontrai, nella canonica di Solarolo, mi raccontò con dovizia di particolari come era organizzata la sua giornata tra preghiera, lettura di libri, incontri con alcune persone che lo cercavano per dialogare o confessarsi, spostamenti in carrozzina o in macchina. Era più preoccupato di raccontarmi e convincermi di quello che poteva fare, piuttosto che dilungarsi sugli aspetti invalidanti della malattia.
Quando alcuni anni fa andai a visitarlo durante un ricovero a Negrar, mi aprì il cuore rispetto a una intuizione missionaria che gli venne all'inizio della sua "carriera" di prete ammalato. Potremmo
chiamarla una sorta di "vocazione nella vocazione", un suo carisma personale che avrebbe contrassegnato da lì in avanti il suo ministero sacerdotale. Il dono pastorale che il Signore gli consegnava era di "pregare nell'offerta per i malati che sono senza fede nelle prove. Io faccio mediazione per loro. È un'esperienza veramente grande che aiuta a maturare personalmente". Riesco a citare fedelmente queste parole di don Fausto che mi avevano impressionato e che appuntai, insieme a un altro particolare della sua testimonianza. Malato tra i malati, diceva di avere un'arma a suo vantaggio che si mostrò particolarmente efficace specie con i papà dei ragazzi colpiti da malattia. Cercava di instaurare con loro un rapporto alla pari in modo da raccoglierne gli sfoghi. Quando i tempi sembravano maturi, almeno per alcuni, li invitava a proseguire la chiacchierata in cappella e a pregare perché il Signore li aiutasse a trovare insieme qualche barlume di risposta ai tanti "perché".
Quando proposi a don Fausto di accettare l'ufficio di canonico della cattedrale reagì con grata sorpresa. Vi scorgeva il "dito" del Signore che lo chiamava ancora una volta alla missione e a cui voleva rispondere mettendo volentieri a disposizione della Chiesa mantovana tutte le sue risorse di intercessione e di offerta. Venne istituito canonico nella Solennità dell'Incoronata nell'anno 2019. Nell'omelia dissi che don Fausto rappresenta quella schiera di sacerdoti che conoscono bene il viaggio del dolore, della Via crucis. Su quella strada li attendeva un appuntamento singolare con lo Spirito Consolatore che li ha resi "paracliti" per consolare i fratelli tribolati con la stessa consolazione con cui sono stati consolati loro stessi da Dio.
Nell'ultimo periodo il corpo di don Fausto assomigliava sempre più alla fragile tenda che va disfacendosi, di cui parla san Paolo. Il lungo cammino nella tenda precaria del suo corpo infermo lo ha
fatto sospirare come sotto un peso, ma in lui non è mai venuta meno la speranza nella promessa di Dio: quando ciò che è mortale verrà assorbito dalla vita da Dio riceveremo un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli (cf 2Cor 5,1-2).
La morte è l'estremo Sì che il cristiano dice al Signore. La massima passività – subire la morte – diventa l'opportunità per esercitare la massima attività: restituire la vita al Padre che ce l'ha donata.
Il nostro caro don Fausto ha compiuto il suo ultimo passo dal provvisorio al definitivo, dal tempo all'eternità. Affidiamo alla terra le sue spoglie mortali sapendo che, quando il Signore verrà nella
sua gloria, riprenderà questo corpo terreno per cambiarlo in bellezza eterna. Pensiamo già don Fausto nella pienezza di vita del Regno, dove tutto da Dio si riceve e tutto a Dio si restituisce in lode e adorazione.
La sua testimonianza ci ricordi la sapienza di restare vivi sempre, anche in mezzo a molti limiti, vivi nell'offerta di noi stessi che è l'azione più nobile che esiste, l'unica che rimane per l'eternità. A noi ministri della Chiesa, don Fausto ricorda che si è preti sempre dedicati all'altare: l'altare eucaristico e i tanti altari esistenziali che la vita e il ministero ci riservano, compreso l'altare della sofferenza. Questo è il culto della nuova alleanza, conforme a quello offerto dal Figlio di Dio nei giorni della sua carne: "Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1).
