Qoelet (qhlt) – EcclesiasteIl nomeIl vocabolo sembra derivare dalla radice ebraica qal che vocalizzata diventa qãhãl e significa "assemblea". La traduzione greca diventa ecclesìa da cui deriva il titolo di Ecclesiate. Di che assemblea si tratta? Assemblea liturgica o assemblea civile pubblica? Il personaggio autore del testo è un componente dell'assemblea o è uno che parla all'assemblea? È un problema secondario perché a noi interessa cogliere il messaggio che l'autore vuole comunicare col testo.
Testo1, 1
Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re a Gerusalemme.
2
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità:
tutto è vanità.
3
Quale guadagno viene all'uomo
per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole?
4
Una generazione se ne va e un'altra arriva,
ma
la terra resta sempre la stessa.
5Il
sole sorge, il sole tramonta
e si affretta a tornare là dove rinasce.
6Il
vento va verso sud e piega verso nord.
Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento.
7Tutti i
fiumi scorrono verso il mare,
eppure il
mare non è mai pieno:
al
luogo dove i fiumi scorrono,
continuano a scorrere.
8Tutte
le parole si esauriscono
e nessuno è in grado di esprimersi a fondo.
Non si sazia l'
occhio di guardare
né l'
orecchio è mai sazio di udire.
9
Quel che è stato saràe quel che si è fatto si rifarà;non c'è niente di nuovo sotto il sole.
10C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
"Ecco, questa è una
novità"?
Proprio questa è già avvenuta
nei secoli che ci hanno preceduto.
11
Nessun ricordo resta degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso quelli che verranno in seguito.
v.1 Il primo versetto può essere considerato il titolo di tutto il libro; questo e viene generalmente attribuito ad un discepolo che raccolse gli insegnamenti del maestro. È sicuramente uno "pseudepigrafo", cioè uno scritto realizzato da uno pseudonimo che non rivela la sua identità perché ciò che conta è l'insegnamento sapienziale che lui vuole comunicare.
"Parole" è un termine generale che vuole indicare tutti gli insegnamenti che lui darà.
"Figlio di Davide, re di Gerusalemme" il personaggio in questione è stato identificato con Salomone il re sapiente per eccellenza. L'opera è stata scritta più tardi dell'epoca salomonica, la lingua e i problemi descritti sono di epoca successiva. Tutti sapevano che non era Salomone l'autore, ma attribuire un testo ad un autore antico e riconosciuto da tutti saggio era un modo per dare autorevolezza allo scritto e per dire che conteneva gli insegnamenti che provenivano da lui.
v.2 La parola "vanità" è il termine più amato da Qoelet e significa soffio, nebbia leggera che svanisce velocemente e non lascia segno, qualcosa che fugge. L'espressione assume anche il senso di "assurdità" in quanto si crea una situazione che l'individuo non sa orientarsi. Vanità delle vanità, cioè vanità immensa.
v.3 Quale guadagno esiste ad essere uomini? Che utilità esiste ad essere uomini? Le espressioni 'fatica ed affanno' indicano il lavoro nel suo complesso con tutta la fatica che comporta durante il giorno 'sotto il sole', infatti di notte non si lavorava.
Nei versetti 2-3 l'autore il tema di tutta l'opera: c'è qualcosa di bene per l'uomo nella vita? Quale utilità c'è per l'uomo nella vita?
v.4 La storia è fatta dal succedersi di tante generazioni, sempre nuove, ma in mezzo al mutare degli eventi, la terra con i suoi abitanti e le loro vicende sono sempre immobili. Tutto sulla terra si muove ma essa non cambia mai; le generazioni passano ma la storia resta sempre la stessa.
v.5 Come è immobile la terra così è immobile il ciclo del sole.
vv. 6-7 Esempi di immobilità e di staticità.
v. 8 La Parola è limitata così come lo è la vista e l'udito
v. 9 C'è un ritmo di vita immutabile che si sussegue nel tempo senza novità.
v. 10 Non c'è nulla di nuovo e tutto si ripete
v. 11 Anche delle persone non ci sarà nessun ricordo.
In questi versetti l'autore esprime alcuni capisaldi del suo pensiero. Ciò che si muove è come se fosse fermo perché non uscirà mai dall'ordine impresso dalla natura. Pertanto tutto ciò che l'uomo compie sarà sempre dentro i limiti dell'umano. Tutto ciò che c'è è sempre stato e sempre sarà. La conoscenza per Qoelet è sempre frutto di esperienza (cfr. 2,3) e l'esperienza è sempre limitata. Però egli non è pessimista perché l'uomo nella natura è in grado di conoscerne le leggi ed è consapevole di conoscerne solo una parte.
Per noi:
- Invito ad essere consapevoli dei nostri limiti e non considerarci onnipotenti.
- Il creato la natura va rispettata e non stravolta.
- È opportuno esercitare sempre la coscienza critica su noi stessi e le nostre attività chiedendoci se è utile per noi e per l'umanità ciò che facciamo