LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 18 ottobre 2020 – XXIX Domenica del Tempo Ordinario
Nel mondo con lo sguardo rivolto a DioIsaia 45, 1.4-6
Salmo 95
1 Tessalonicesi 1, 1-5b
Matteo 22, 15-21
LetturaIl brano odierno si colloca in san Matteo in una controversia tra Gesù ed alcuni gruppi rappresentativi del giudaismo: i sadducei, i farisei e gli erodiani. I farisei erano laici ed esigevano in tutti i campi un'osservanza assolutamente stretta della Legge ed anche della tradizione orale degli antichi. Essi credevano alla resurrezione ed in una retribuzione futura. Questi aspetti di fede non erano invece accolti dai sadducei, gruppo a cui appartenevano tutti i discendenti di stirpe sacerdotale. I sadducei erano anche conservatori nel senso più stretto. Il gruppo degli erodiani era formato da ebrei che si erano associati in una specie di partito a sostegno di Erode il grande e dei suoi discendenti.
Matteo 22, 15-2115 Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17 Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?". 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19 Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". 21 Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". 22 A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono.CommentoNei primi versetti vengono presentati i personaggi della scena che si apre e lo scopo della vicenda: "tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi". Al centro del racconto abbiamo Gesù, che viene coinvolto con una domanda sul problema della liceità di pagare o no il tributo a Cesare. La domanda è subdola e Gesù smaschera subito l'intenzione dei suoi interlocutori: "ipocriti, perché mi tentate?". Infatti la questione posta vuole coinvolgere Gesù in uno schieramento politico o a favore o contro il potere di occupazione romano. Per i giudei pagare il tributo a Cesare era segno di sottomissione ad un potere straniero e nello stesso tempo era considerato una forma di idolatria, perché l'imperatore romano attribuiva a sé anche un culto esterno. Questo non poteva essere esercitato dagli ebrei, che dovevano adorare solo Dio e soltanto a lui rendere culto. Gesù risolve il problema chiedendo di vedere la moneta del tributo. Poiché essa portava l'immagine e l'iscrizione di Cesare, egli sentenzia dicendo: "rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Così Gesù non si schiera da alcuna parte. Egli introduce il principio che la correttezza nel pagare le tasse può coesistere con la scelta religiosa di fedeltà a Dio. Il brano si chiude col v. 22, non riportato dal testo liturgico, dove si dice che gli interlocutori di Gesù rimangono meravigliati delle sue parole e tutti se ne vanno.
È un falso problema ritenere inconciliabili la scelta di seguire Dio e l'impegno nelle realtà terrene! Il credente è invitato ad essere consapevole che Dio non s'identifica in esse ed è infinitamente superiore. Nello stesso tempo Gesù invita i suoi a svolgere con responsabilità i propri compiti nel "mondo", e chiede anche con decisione di qualificare notevolmente la loro relazione con Dio Padre.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 11 ottobre 2020 – XXVIII Domenica del Tempo Ordinario
Tutti chiamati alla comunione con DioIsaia 25, 6-10a
Salmo 22
Filippesi 4, 12-14.19-20
Matteo 22, 1-14
LetturaContinua il confronto polemico tra Gesù ed i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo. Con loro Gesù cerca di comunicare con la parabola. La parabola è un racconto inventato, tratto dall'esperienza comune delle persone, che ha la possibilità, per chi comprende, di fa conoscere qualcosa di importante o di Gesù o del Regno di Dio. Analizziamo il racconto odierno.
Matteo 22, 1-141 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2 "Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4 Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5 Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10 Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12 Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".CommentoDopo il versetto introduttivo abbiamo la parabola, che si divide in due parti. La prima contiene l'identificazione del regno dei cieli come "un re che fece una festa di nozze per suo figlio", un duplice invio di servi "a chiamare gli invitati alle nozze" e il persistente rifiuto degli invitati a partecipare al banchetto preparato dal re. La scena si chiude con la reazione del re e la punizione degli invitati, i quali arrivano addirittura ad uccidere i servi a loro mandati. La seconda parte si apre con un nuovo invio dei servi a radunare dalle piazze e dalle strade nuovi invitati al banchetto di nozze. I servi eseguono il comando del re e "la sala delle nozze si riempì di commensali", secondo il progetto originario. Infine è narrata l'ispezione compiuta dal re nella sala, dove erano raccolti i commensali. Colpisce a questo punto la condanna inflitta all'invitato che non indossa l'abito bianco. La scena è simbolica, anche se si radica in una tradizione ebraica. Si vuole così sottolineare che al banchetto preparato dal re non si può partecipare con superficialità, senza preparazione e adeguate attrezzature. Molto probabilmente la veste allude alla coerenza tra fede e vita, richiesta per partecipare alla comunità dei credenti e al banchetto definitivo preparato dal Signore. Chi non indossa tale veste riceve la condanna eterna: "legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Una sentenza chiude il brano: "perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti". Dio chiama tutti al suo banchetto; dipende poi dai singoli aderire pienamente all'elezione.
Dio chiama incessantemente le persone a partecipare alla comunione e all'amicizia con lui. Egli usa strategie impensabili per creare tale relazione. Purtroppo l'uomo sovente disattende l'opera di Dio perché travolto dalle cose e dalle vicende, perché incapace di coniugare assieme fede e vita, perché lento e superficiale nella risposta.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 4 ottobre 2020 – XXVII Domenica del Tempo Ordinario
L'amore produce frutti di salvezzaIsaia 5, 1-7
Salmo 79
Filippesi 4, 6-9
Matteo 21, 33-43
LetturaContinua la lettura del capitolo ventunesimo di san Matteo. Gesù è entrato solennemente a Gerusalemme ed ora si trova nel tempio dove, nei cortili antistanti il santuario, il confronto polemico con i capi si fa sempre più vivo.
Matteo 21, 33-4333Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!". 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!". 39 Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?". 41Gli risposero: "Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo".42 E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d'angolo;questo è stato fatto dal Signoreed è una meraviglia ai nostri occhi?43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.CommentoDopo la parabola letta domenica scorsa, troviamo l'invito rivolto da Gesù ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo perché ascoltino un'altra parabola. Il testo si articola in due parti: il racconto parabolico dei vignaioli ribelli e omicidi (21, 33b-39) e la sua applicazione mediante un dialogo tra Gesù ed i suoi interlocutori (21, 40-43). Il testo liturgico lascia cadere i versetti 44-46 che presentano una sentenza di Gesù e la reazione dei capi e dei farisei, i quali capiscono che Gesù si riferisce a loro. La parabola si apre presentando un padrone che con somma cura pianta una vigna in un podere, attrezzandola di tutte le strutture necessarie, e poi l'affida in affitto a dei vignaioli perché la coltivino con impegno e raccolgano di conseguenza frutti abbondanti. Segue l'altra parte della parabola tutta dedicata alle iniziative intraprese dal padrone per avere dai vignaioli i frutti della vigna. Dapprima manda i servi "da quei vignaioli a ritirare il raccolto", ma questi vengono uccisi. Poi invia altri servi che subiscono la stessa sorte dei primi. Infine manda il figlio, perché risolva definitivamente la questione, ma il dramma si acutizza. I vignaioli, vedendo a portata di mano la possibilità di impossessarsi dell'eredità, prendono il figlio, "lo cacciano fuori della vigna e lo uccisero". Con la domanda: "quando dunque verrà il padrone della vigna che cosa farà a quei contadini?", Gesù inizia ad applicare la parabola ai suoi ascoltatori. Infatti la risposta data dagli ascoltatori diventa una sentenza che ricade su loro stessi. Le parole di Gesù poi riprendono il tema della risposta data e lo definiscono: "perciò io vi dico: a voi vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un altro popolo che ne produca frutti". Nel versetto precedente Gesù ha indicato anche quale deve essere l'innesto sicuro per portare frutti: "la pietra che i costruttori hanno scarta è diventata la pietra d'angolo".
Attraverso Gesù Cristo, la pietra angolare, Dio Padre cura i rapporti col suo popolo. Questo, di conseguenza, deve dare frutti come segno di comunicazione efficace col suo Dio. I frutti da produrre si collocano nell'ambito della salvezza che viene dal Signore e che si realizza nel seguire fedelmente i suoi insegnamenti. L'amore a Dio Padre e alla sua volontà, per mezzo di Gesù Cristo, garantisce una messe abbondante di frutti di salvezza.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 27 settembre 2020 – XXVI Domenica del Tempo Ordinario
Nella volontà del Padre si è figli e fratelliEzechiele 18, 25-28
Salmo 24
Filippesi 2, 1-11
Matteo 21, 28-32
LetturaIl capitolo ventunesimo di san Matteo ci presenta Gesù a Gerusalemme. Dopo aver lasciato Gerico giunge a Betfage. Da qui inizia l'ingresso messianico nella città santa, cavalcando un'asina, mentre la gente lo acclama e stende mantelli sulla strada. Entrato nel tempio, scaccia coloro che vendono e comprano, perché la sua casa è di preghiera e non un covo di ladri. È proprio qui che si acutizza il contrasto con i capi dei sacerdoti ed i notabili del tempio. Questo è il contesto immediato del brano odierno.
Matteo 21,28-3228"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". 29Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Risposero: "Il primo". E Gesù disse loro: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.CommentoIl brano si apre con la parabola dei due figli, incorniciata da due domande rivolte agli ascoltatori. "Che ve ne pare?" dice Gesù, chiedendo così un parere esplicito ai suoi interlocutori. Egli presenta poi il caso di un padre con due figli. Al primo figlio comanda di andare a lavorare nella vigna di famiglia e subito egli reagisce dichiarando di non voler andare perché non ha voglia. Poi ritorna sulla sua decisione, si pente della risposta data e va al lavoro nella vigna. Il secondo davanti alla proposta del padre sembra aderire con entusiasmo all'invito e dice: "si, Signore". Ma il racconto prosegue annotando che invece non andò. La seconda domanda chiude la parabola di Gesù: "chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". La risposta corale degli uditori di ieri e di oggi è a favore del primo figlio e "tutti dicono il primo". Questa risposta non è soltanto un'affermazione verbale, ma nell'intenzione di Gesù, coinvolge esistenzialmente tutti i suoi ascoltatori e diventa giudizio per la vita di ciascuno. Infatti le parole di Gesù che seguono diventano estremamente chiarificatrici. I pubblicani (cioè gli imbroglioni ed i ladri istituzionalizzati) e le prostitute, che sembrano aver detto di no al regno di Dio e alle sue regole, di fatto precedono in esso i notabili del tempio ed i capi dei sacerdoti, perché queste categorie di persone rispecchiano i due atteggiamenti dei due figli presentati dalla parabola. La prova concreta di quanto Gesù sta affermando è data dall'atteggiamento che le persone hanno avuto nei confronti di Giovanni il battista. Egli, il profeta del deserto, ha invitato alla conversione, ma nessuno lo ha preso sul serio se non i pubblicani e le prostitute. La stessa cosa capita anche a Gesù che è accolto, seguito e amato da coloro che erano messi al bando nella società del tempo. La conclusione del brano è molto realistica e segnata da un velo di amarezza: "voi (che siete i prediletti) pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti così da credergli".
Non sono le strutture religiose e nemmeno i comportamenti esteriori e formali che salvano, ma la logica del Padre celeste insegnata da Gesù. Egli infatti invita i suoi a non accontentarsi di una fede verbale e teorica. I veri discepoli, quelli che costituiscono la nuova comunità dei figli e dei fratelli, sono quelli che fanno la volontà del Padre che è nei cieli.
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Goito 20 settembre 2020 – XXV Domenica del Tempo Ordinario
Gli ultimi saranno primiIsaia 55, 6-9
Salmo 144
Filippesi 1, 20c-27a
Matteo 20, 1-16
LetturaDopo il discorso sulla vita interna della comunità, san Matteo inserisce diversi brani sul vero discepolo. Costui, per essere veramente tale, come un bambino è chiamato a rifiutare qualsiasi accomodamento o compromesso e ad essere coerente fino in fondo. Non è possibile vantarsi di aver sempre osservato i comandamenti e poi essere attaccati alle proprie ricchezze, da non saperci rinunciare per amore di Gesù Cristo.
Matteo 20, 1-16In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna".Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo".Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».CommentoIl racconto parabolico di questa domenica si struttura in due momenti successivi: Il padrone della vigna assume operai (20, 1-7) e la paga data ad essi dall'amministratore con una discussione chiarificatrice (20, 8-15). La vicenda si sviluppa attorno ad un viticoltore che per l'intera giornata assume operai a lavorare nella sua vigna. La simbologia della vigna ritorna frequentemente nella tradizione ebraica per denunciare la storia delle infedeltà di Israele, la vite-vigna, che ha tradito gli impegni di fedeltà all'alleanza col suo Dio. Colpisce nel racconto il fatto che tutti sono chiamati a lavorare nella vigna, anche quelli incontrati all'ultima ora e che nessuno aveva preso a giornata. La seconda parte della parabola tratta della paga consegnata agli operai. Soltanto con i primi il padrone ha stipulato un contratto chiaro e preciso (un denaro è la paga giornaliera di un operaio e corrispondeva a 50 euro odierni), agli altri invece promette di dare a tutti il giusto. Sorprende notevolmente il comportamento del fattore che, eseguendo le indicazioni ricevute dal padrone, consegna a tutti gli operai un denaro come ricompensa della giornata. È sicuramente grande la gioia e lo stupore degli ultimi arrivati per la retribuzione ricevuta, mentre i primi, che hanno lavorato tutto il giorno, restano profondamente delusi. Essi, che si aspettano molto di più, in base a quanto dato agli ultimi e in rapporto alle loro ore di lavoro, mormorano contro il padrone. La risposta del padrone risolve la questione. Egli, con i primi assunti, ha rispettato il patto stipulato e con gli altri ha usato del suo denaro per compiere un gesto di magnanimità e di generosità. Dal racconto emerge con chiarezza un modo diverso di intendere la giustizia da parte degli uomini e da parte di Dio. La sentenza finale chiude il racconto e collega agli ascoltatori la parabola: "gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi".
È facile per tutti, nella comunità cristiana, pensare di avere dei diritti o dei privilegi, perché da tempo si cerca di seguire il Signore. A noi piace anche creare graduatorie e gruppi di merito proprio nella stessa comunità. Gesù insegna invece uno stile diverso di comportamento, che nasce da Dio stesso e che ha nell'amore gratuito e generoso, che dona e fa credito anche a chi non ha diritti, il suo principio ispiratore. Gli ultimi arrivati possono prendere il posto dei primi; quelli considerati ultimi, i piccoli tra i fratelli, nella prospettiva di Dio saranno i primi.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 13 settembre 2020 – XXIV Domenica del Tempo Ordinario
Perdonare col cuore del PadreSiracide 27, 33-28,9
Salmo 102
Romani 14, 7-9
Matteo 18, 21-35
LetturaLa liturgia propone oggi un altro passo del capitolo diciottesimo del vangelo di san Matteo. Dopo aver presentato chi è il più grande nella comunità, la correzione fraterna e la preghiera in comune, ora Gesù affronta la questione del perdono.
Matteo 18, 21-3521Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". 22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello".CommentoIl brano si apre con un quesito posto da Pietro: Signore quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?. Egli pensa, probabilmente, di ricevere l'approvazione di Gesù per le parole dette in quanto, ponendo il limite del perdono a sette volte, indica una misura che supera grandemente quella prevista dalla prassi raccomandata dai rabbini. Costoro invitano, infatti, a dare il perdono per tre volte. La risposta di Gesù si pone completamente su di un altro livello e dice: "non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". Egli insegna così a perdonare sempre, secondo lo stile di Dio. Il lungo racconto parabolico che segue allarga la risposta data a Pietro e serve ad illustrare meglio la prospettiva del perdono insegnata da Gesù. La parabola inizia con una frase d'apertura che presenta la ragione da cui si sviluppa poi tutta la vicenda: "un re che volle fare i conti con i suoi servi". La scena si sviluppa in tre momenti. Dapprima si ha la presentazione del padrone che incontra il primo servo (18, 24-27). Costui, che gli è debitore di "diecimila talenti" (un talento corrispondeva circa a 300.000 euro), dopo aver supplicato il padrone, ottiene il condono del debito. Poi è descritto l'incontro del servo condonato con un suo collega che gli deve "cento denari" (18, 28-30) (un denaro corrispondeva circa a 50 euro). Anche costui implora il collega per ottenere comprensione e per poter rimandare la scadenza fissata per pagare il debito. Egli però non viene esaudito. È arrestato e messo in carcere fino a quando non ha pagato il debito. L'ultimo momento (18, 31-34) presenta il padrone che, informato dagli altri servi sull'accaduto, chiama l'uomo a cui aveva condonato il debito. Rimprovera severamente il servo perché non ha avuto pietà del collega, ritira il condono concesso e lo condanna alla stessa sorte da lui inflitta al suo collega. La conclusione (18, 35) si collega alla domanda di Pietro e suggella l'insegnamento dato da Gesù: "Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore ciascuno al proprio fratello".
Il perdono è un'altra caratteristica che qualifica la vita della comunità cristiana. Gesù infatti insegna ai suoi il perdono fraterno senza misura. Il perdono tra i cristiani nasce dal perdono gratuito ed insperato ricevuto da Dio Padre e fattoci conoscere da Gesù Cristo. Occorre vigilare perché nel giudizio ultimo la prassi della misericordia, esercitata nella forma del perdono fraterno, occuperà un posto decisivo.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 5 settembre 2020 – XXIII Domenica del Tempo Ordinario
Chiesa riconciliata e oranteEzechiele 33,7-9
Salmo 94
Romani 13,8-10
Matteo 18,15-20
LetturaIl capitolo diciottesimo contiene le regole date da Gesù per la vita interna della comunità. Egli affronta alcune questioni nodali: chi sono "i più grandi" nella comunità, quale comportamento si deve avere nei confronti dei piccoli di età e di stato sociale, come vivere la pratica del perdono. Il nostro testo è costituito da una serie di sentenze sulla riconciliazione fraterna; esso segue immediatamente la parabola del pastore che cerca la pecora smarrita.
Matteo 18, 15-2015 Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.CommentoIl brano si divide in due parti. In 18,15-17 abbiamo una regola disciplinare, seguita dalle sue motivazioni teologiche presentate in 18,18-20. La regola di comportamento nei confronti del fratello che pecca prevede tre istanze successive e progressive. Dapprima la questione va risolta a livello personale: "va e ammoniscilo fra te e lui solo". Se il primo intervento non produce affetti di riconciliazione, è necessario avvicinare chi pecca con "una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni". Infine, se la persona persevera nel suo errore, sia coinvolta tutta la comunità la quale deve mettere in atto tutte le strategie necessarie per recuperare il fratello peccatore. Se ciò non si realizza, il componente della comunità, che da essa si è separato col peccato, è da considerarsi non escluso o emarginato, ma ancora come un pagano, il quale ha bisogno di intraprendere nuovamente un cammino di conversione. Per quale peccato è necessario attuare questa procedura? È difficile identificare concretamente la tipologia di peccato in questione. Dal contesto del capitolo si può però sicuramente ricavare che si tratta di un comportamento a danno della comunità o di un suo componente. Chi è chiamato a mettere in atto questa procedura nei confronti del peccatore? Ogni discepolo è invitato da Gesù a svolgere con autorità nella comunità questo ministero di riconciliazione, sull'esempio del Padre celeste che ricerca e recupera tutti i fratelli persi. Egli deve servirsi del dialogo fraterno per ricostruire i rapporti con i fratelli separatisi dalla comunità col peccato. Infine nella comunità alcuni fratelli, tramite un ministero specifico ad essi conferito, hanno il compito di riconoscere la conversione avvenuta e di riammettere il peccatore a pieno titolo nella comunità. Il v. 19 può essere letto allora in due modi. Prima di tutto al Padre va chiesto continuamente e soprattutto l'accordo fraterno nella comunità. Tale richiesta è sicuramente concessa dal Padre. Occorre poi chiedere di vigilare perché al Padre non può essere innalzata una preghiera significativa ed efficace se non si è uniti e se persistono fratture nella fraternità. La ragione profonda dell'unità nella comunità è data dall'ultimo versetto. I fratelli riuniti nel nome del Signore Gesù costituiscono la Chiesa, luogo dove Cristo è presente e si realizza l'incontro salvifico col Padre: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
La comunità radunata insieme è il luogo dove è presente il Signore e dove lo si incontra risorto. Non è comunità autentica se in essa vi sono persone compromesse col peccato, cioè che si sono allontanate dalla volontà del Padre o che hanno rotto i rapporti fraterni di amore reciproco. Per questo ognuno è chiamato a vigilare per non cadere nel peccato e ad attivarsi per ricondurre a riconciliazione chi si è allontanato dal progetto di Dio rivelatoci da Gesù Cristo.
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- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 30 agosto 2020 – XXII Domenica del Tempo Ordinario
Discepoli di Cristo morto e risortoGeremia 20,7-9 Salmo 62 Romani 12,1-2 Matteo 16,21-27
LetturaContinua il dialogo tra Gesù ed i discepoli. Tra questi emerge la figura di Pietro come loro rappresentante e portavoce, come abbiamo visto domenica scorsa. Nel brano odierno si intensifica la rivelazione di Gesù ai discepoli e troviamo anche reazioni impensate da parte loro.
Matteo 16,21-2721Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!".24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.CommentoGesù comunica ai discepoli il suo destino di sofferenza e di morte che lo attende a Gerusalemme ad opera dei notabili, degli alti funzionari del tempio e degli scribi. Egli annuncia anche che, dopo la morte, risorgerà "il terzo giorno". Abbiamo poi la reazione immediata e profondamente umana di Pietro alle parole di Gesù. Egli, che aveva intravisto in Gesù l'opera potente dell'Inviato di Dio, non può accettare che tutto finisca in una bolla di sapone, per questo, dopo aver protestato con rimproveri dice: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". Alla reazione unilaterale di Pietro, che non tiene conto dell'annuncio della resurrezione, fa seguito la risposta dura e severa di Gesù. Pietro, che poco prima è stato definito da Gesù "roccia" e fondamento della comunità, ora è respinto come pietra d'inciampo ("tu mi sei di scandalo"); lui che prima è stato beatificato da Gesù ora è considerato "satana" e avversario. Per questo non può dare alcun consiglio al maestro. La ragione della "caduta" di Pietro è indicata dallo stesso Gesù: "non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Col suo intervento Pietro si mostra estraneo ed ostile al progetto di Dio e alla sua volontà, che Gesù vuole realizzare. Infine abbiamo l'istruzione di Gesù ai discepoli sulla sequela. Costoro, se vogliono seguire il maestro, devono essere disposti a percorrere la sua stessa strada, che si caratterizza nel rinnegare sé stessi, nel prendere la croce e nel perdere la vita. "Rinnegare sé stessi" significa essere disposti a rinunciare ad una certa identità personale o sociale che gratifichi e permetta di "contare". "Prendere la croce" vuol dire essere disposti ad identificarsi col condannato alla morte più infame e degradante, riservata alle persone più pericolose. "Perdere la vita" significa mettere in conto, nella propria esistenza, anche la possibilità concreta della morte violenta. Tutto questo va accolto e vissuto per Gesù e per il vangelo. È la venuta gloriosa del Figlio dell'uomo che renderà giustizia ai discepoli e darà "a ciascuno secondo le sue azioni".
I discepoli non riescono a capire il destino doloroso e fallimentare del loro maestro. Essi infatti hanno sempre nostalgie trionfalistiche e di potenza temporale. La questione si complica ulteriormente quando Gesù coinvolge, in tutti gli aspetti della sua vita, anche i discepoli, che sono pure chiamati a portare la croce. Il discorso sfocia in una soluzione positiva se si cerca di affrontare l'esperienza del discepolato non alla maniera umana, come ha fatto Pietro, ma affidandosi alla volontà del Padre, rivelata da Gesù. Il discepolo, perseverante nelle prove che gli capitano nel cammino della vita, vive la solidarietà effettiva col maestro crocefisso ed attende con speranza la venuta "del Figlio dell'uomo nella gloria del Padre", per accedere con lui alla gloria eterna della resurrezione.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 agosto 2020 – XXI Domenica del Tempo Ordinario
Nel volere del Padre la gioia del servizioIsaia 22, 19-23
Salmo 137
Romani 11, 33-36
Matteo 16, 13-20
LetturaTra il discorso delle parabole, al capitolo tredicesimo, e quello successivo al capitolo diciottesimo, l'evangelista san Matteo ha raccolto una serie di episodi di conflitto e di rivelazione. Famosi sono il rifiuto degli abitanti di Nazaret, che non vogliono ascoltare Gesù, e le situazioni in cui egli prende un atteggiamento polemico nei confronti degli esponenti più significativi della religione giudaica, che fanno di essa un legalismo rituale più che un rapporto personale con Dio. Alcuni episodi attraverso i quali Gesù si fa conoscere sono la moltiplicazione dei pani, i miracoli di guarigione e la trasfigurazione. Nei quattro capitoli si delinea progressivamente il gruppo dei discepoli, tra i quali emerge sempre più la figura di Pietro. In questo contesto si colloca il brano odierno.
Matteo 16, 13-2013Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". 14Risposero: "Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". 15Disse loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". 16Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". 17E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.CommentoIl testo inizia con una nota di cornice che dà l'ambientazione geografica e presenta gli interlocutori: Gesù ed i discepoli a Cesarea di Filippo oggi Banias al nord della Galilea. Poi abbiamo la prima parte (Mt 16,13b-16) costituita dal dialogo tra Gesù ed i discepoli, stimolato da due sue domande. Alla prima ("la gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?") i discepoli rispondono coralmente, riportando i pareri popolari su Gesù: "alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Alla seconda domanda, rivolta a loro ("voi chi dite che io sia?") risponde a nome di tutti Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Nella seconda parte del brano si incontrano le parole di Gesù rivolte a Pietro (Mt 16, 17-19). Dapprima Gesù proclama beato Pietro perché, attraverso la professione di fede espressa poco prima, manifesta di essere entrato nel rapporto privilegiato col Padre, che Gesù è venuto a realizzare per tutti i suoi discepoli. Poi Gesù delinea la missione futura di Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa...". Egli non solo è il primo ed il modello del discepolo, è anche il fondamento, la roccia sicura su cui nasce e si costruisce il nuovo popolo di Dio. Di esso fanno parte tutti coloro che, come Pietro, riconoscono Gesù come "Cristo, il Figlio del Dio vivente", che opera attivamente nella storia per la salvezza di tutti. Infine Gesù dà l'investitura solenne a Pietro: "a te darò le chiavi del regno dei cieli...". Il potere delle chiavi affidato a Pietro consiste nell'accogliere e vivere la volontà del Padre, rivelata da Gesù, affinché tutti gli uomini la possano conoscere e vivere a loro volta. L'ordine finale, dato da Gesù ai discepoli, che chiude il brano, può sembrare in contrapposizione con quanto espresso fino a questo punto. Egli, infatti, invita i suoi a non dir nulla per ora. Soltanto dopo la sua Pasqua i discepoli riceveranno l'attrezzatura necessaria per realizzare quanto è avvenuto profeticamente a Cesarea di Filippo.
Si partecipa al regno dei cieli nella misura in cui si accoglie Cristo e la volontà del Padre, che lui è venuto a far conoscere. Non esistono altre possibilità, scorciatoie o raccomandazioni particolari. Chi si inoltra in questa "divina avventura" deve essere consapevole che per mezzo suo altri saranno chiamati a seguire Cristo e a conoscere la volontà del Padre. I frutti ci saranno se ciascuno sarà ben radicato nella comunità di Gesù Cristo, pur con tutti i limiti che essa può manifestare, perché solo lì c'è la certezza dell'opera potente di Cristo risorto.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 agosto 2020 – XX Domenica del Tempo Ordinario
La fede ottiene tuttoIsaia 56,1. 6 – 7
Salmo 66
Romani 11,13 – 15. 29 - 32
Matteo 15,21 – 28
LetturaGesù, arrivato a Genesaret, è circondato da persone che desiderano essere sanate da lui. In questa località, partendo da una contestazione che gli viene fatta dagli scribi e dai farisei sul comportamento dei discepoli (costoro avrebbero trascurato la tradizione degli antichi), Gesù istruisce la folla su ciò che è puro e ciò che non lo è. Il cuore dell'uomo è la sede della volontà, delle decisioni e degli affetti, che rende pura o impura un'azione. Qui si inserisce il brano odierno che presenta il Regno dei cieli che si diffonde.
Matteo 15, 21-2821Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio". 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: "Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!". 24Egli rispose: "Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele". 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: "Signore, aiutami!". 26Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". 27"È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni". 28Allora Gesù le replicò: "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.CommentoL'episodio narrato avviene nella Fenicia, dove si trovano Tiro e Sidone (oggi Libano), territorio sicuramente abitato da non ebrei e quindi considerato pagano. Anche la donna che si avvicina a Gesù è pagana perché cananea. Ella invoca pietà da parte di Gesù e chiede il suo intervento nei confronti della figlia in grave difficoltà. Va sottolineato che la donna pagana riconosce subito Gesù come Signore e facente parte della stirpe davidica. Gesù dapprima non si lascia coinvolgere nel dialogo con la donna: "egli non le rivolse neppure una parola". L'atteggiamento di Gesù trova spiegazione nelle parole, da lui stesso pronunciate, dopo l'intervento dei discepoli, che gli chiedono di esaudire la domanda della donna. Gesù dichiara che la sua missione è primariamente rivolta "alle pecore perdute della casa d'Israele". Egli, Figlio di Davide, ha il compito di guarire e risanare il popolo d'Israele, perché ritorni a Dio. La donna insiste nel chiedere aiuto. Nasce così un breve colloquio tra Gesù e la cananea, che sottolinea la salvezza da lui portata. Il nuovo intervento di Gesù valorizza tale dimensione. La missione di Gesù è prima di tutto per Israele. La donna risponde riconoscendo il privilegio d'Israele e affermando la possibilità che anche altri (i cagnolini) possano partecipare al banchetto della salvezza, cibandosi soltanto "delle briciole che cadono dalla tavola". Gesù riconosce nelle parole della donna una grande fede, capace di ottenere tutto: "avvenga per te come desideri". Ella non solo riceve la guarigione della figlia, ma con lei si apre la missione di Gesù Cristo verso i pagani.
E' la fede che permette di partecipare alla salvezza portata da Gesù Cristo! Davanti a lui non conta più essere ebrei o pagani, ma è determinante la modalità credente attraverso la quale ci si accosta a lui. E' ancora la fede il criterio che determina l'esclusione o l'appartenenza al Regno.
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Goito 9 agosto 2020 – XIX Domenica del Tempo Ordinario
Vivere con fede nel SignoreI Re 11,9a. 11 – 13a
Salmo 84
Romani 9,1 – 15
Matteo 14,22 – 33
LetturaContinua la lettura del capitolo quattordicesimo del vangelo di Matteo. Dopo le parabole del capitolo tredici, l'evangelista ha raccolto episodi importanti di autorivelazione di Gesù. Egli cerca di comunicare agli amici più affezionati la sua identità più profonda.
Matteo 14, 22-33
22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: "È un fantasma!" e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". 28Pietro allora gli rispose: "Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque". 29Ed egli disse: "Vieni!". Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!". 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: "Davvero tu sei Figlio di Dio!".CommentoIl racconto inizia presentando Gesù che manda i suoi discepoli sull'altra sponda del lago e che congeda la folla. Va sottolineato poi la scelta compiuta da Gesù: "salì sul monte a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo". E'per lui tappa decisiva e fondamentale la preghiera in solitudine, che ritma la sua giornata e la sua vita. La narrazione poi riprende presentando l'attraversata del lago da parte dei discepoli sulla barca. Il lago è agitato a causa delle onde provocate dal "vento contrario" e quindi per i discepoli si profila un momento di difficoltà. Alla fine della notte essi sono ancora sulla barca. Molto probabilmente, dopo aver attraccato all'altra riva del lago, hanno ripreso la navigazione nella notte per la pesca. E' in questo momento che Gesù si avvicina a loro "camminando sul mare". Il modo insolito scelto da Gesù per raggiungere i suoi, suscita in loro paura e turbamento tanto da essere scambiato per un fantasma. Le parole di Gesù chiariscono l'equivoco: "coraggio, sono io, non abbiate paura". A questo punto abbiamo una scena dedicata all'apostolo Pietro. Egli, dopo aver sentito le parole del maestro, titubante ed incredulo, chiede un'ulteriore prova: Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque". Gesù acconsente e Pietro inizia il suo cammino sulle acque verso il maestro. Però la paura, l'incertezza ed il dubbio prevalgono nell'apostolo, che non si sente sicuro sulle acque agitate. Cominciando a sprofondare chiede aiuto al Signore: "Signore, salvami!". Gesù lo solleva e lo toglie dal pericolo, però nello stesso tempo lo rimprovera: "uomo di poca fede, perchè hai dubitato?". Il brano si chiude presentando la nuova situazione di tranquillità e di pace creatasi quando Gesù sale sulla barca. Allora tutti i discepoli si prostrano davanti al Signore, riconoscendolo Figlio di Dio: "Davvero tu sei Figlio di Dio!".
La vita dei discepoli è sempre l'attuazione di una missione a loro affidata da Gesù Cristo. Tale missione, per essere colta nelle sue implicanze più complesse e per essere attuata con fedeltà, richiede ai discepoli l'impegno della preghiera e della riflessione silenziosa. La difficoltà ed i problemi, che si incontrano lungo il tragitto, si possono superare se si ha consapevolezza che il Signore è sempre accanto a noi, anche attraverso modalità non immediatamente percepibili, e se si crede nella sua azione costante a favore dei suoi amici. Senza la fede si sprofonda nel buio e nella disperazione.
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Le lectio delle domeniche precedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.
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Goito 2 agosto 2020 – XVIII Domenica del Tempo Ordinario
Siamo collaboratori della salvezzaIsaia 55,1 – 3
Salmo 144
Romani 8,35.37 – 39
Matteo 14,13 – 21
LetturaIl capitolo quattordici del vangelo di Matteo inizia presentando la fama di Gesù, che è interpretata da Erode come l'opera del Battista, ritornato dai morti. E' questo lo spunto da cui l'evangelista parte per narrare come sono andati i fatti che hanno portato al martirio di Giovanni. Il martirio del Battista assieme al rifiuto ricevuto da Gesù a Nazaret, sua patria, creano un rimando alla sofferenza e alla morte di Gesù, anch'egli profeta perseguitato.
Matteo 14, 13 - 21 13Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare". 16Ma Gesù disse loro: "Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare". 17Gli risposero: "Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!". 18Ed egli disse: "Portatemeli qui". 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.CommentoIl brano si apre con un versetto di collegamento con la narrazione precedente. Gesù si ritira "in un luogo deserto, in disparte", perché il Battista era morto e lui era considerato da Erode colui che continuava il suo carisma (v. 13). Le folle lo seguono verso la nuova destinazione. Gesù, vedendo le persone che sono arrivate nella località da lui raggiunta, "sentì compassione per loro e guarì i loro malati". Con questi gesti egli manifesta lo scopo della sua missione: condividere le vicende degli uomini, anche quelle più dolorose, e risollevare i miseri ed i poveri. Segue la narrazione della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il racconto inizia con la presentazione, da parte dei discepoli, dei problemi che stanno sorgendo per loro e per la gente che ascolta Gesù. Ormai è sera e in quel luogo non avrebbero potuto fare approvvigionamenti per le loro necessità. Per questo invitano Gesù a congedare la folla, "perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare" (v. 15). Segue il dialogo tra Gesù ed i discepoli (vv. 16 – 18). Il maestro non solo rifiuta di congedare la folla, come era desiderio dei suoi, ma sorprendentemente ordina ai discepoli: "voi stessi date loro da mangiare". Il coinvolgimento in prima persona suscita nei discepoli ancora interrogativi e difficoltà, sintetizzate nella risposta: "non abbiamo che cinque pani e due pesci!". Le parole dei discepoli sottolineano la loro inadeguatezza per assolvere il compito ricevuto, la consapevolezza di avere pochi mezzi a disposizione, la scarsa fiducia nell'azione del Signore. Gesù supplisce alle loro carenze invitandoli a consegnare a lui le poche risorse in loro possesso. I cinque pani ed i due pesci, nelle mani del Signore, attraverso la sua benedizione, diventano nutrimento per tutti i presenti. Il sevizio di distribuzione, svolto dai discepoli, è indispensabile in questo momento. La caratteristica della sovrabbondanza qualifica l'opera di Gesù. Egli offre copiosamente sé stesso e la redenzione a tutti.
Nel racconto Gesù si presenta salvatore degli affaticati e degli oppressi. Egli elimina ogni angustia che affligge gli uomini ed offre a tutti la sovrabbondanza della salvezza. A quest'opera sono associati i discepoli. Costoro, anche se con poche risorse e con fede fragile, consegnandosi a Gesù Cristo e collaborando con fiducia con lui, riescono a rispondere ai bisogni della gente e ad essere strumento di salvezza per tutti.
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Goito 26 luglio 2020 – XVII Domenica del Tempo Ordinario
Accorgimenti per vivere nel Regno di DioI Re 3,5. 7 - 12
Salmo 118
Romani 8,28 - 30
Matteo 13,44 - 52
LetturaContesto: continua la lettura del capitolo tredicesimo del vangelo di Matteo. Del "discorso parabolico" oggi sono presentate tre parabole (il tesoro, la perla e la rete) e la conclusione di tutto il discorso contenuto nel capitolo.
Matteo 13,44 - 5244Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.51Avete compreso tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". 52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".CommentoNei primi versetti abbiamo due parabole tra loro collegate. La prima (v. 44) presenta il ritrovamento di un tesoro che era stato nascosto in un campo. Lo scopritore, pieno di gioia vende tutto quello che ha per acquistare il campo col tesoro nascosto. La seconda (v. 45) illustra l'attività di un mercante di perle preziose. Quest'uomo, sempre alla ricerca del pezzo raro, trovatolo, vende tutto per impossessarsene. Le due parabole sono collegate col regno di Dio, lo illustrano e presentano le conseguenze per chi lo trova. Il Regno di Dio è la vita che si sceglie seguendo Gesù ed i suoi insegnamenti, così si fa parte della famiglia di Dio, cioè il suo Regno. La terza parabola (vv. 47 – 50) descrive ciò che fa una rete a strascico gettata nell'acqua. Tutto entra nella rete senza distinzione. In essa restano impigliati pesci di ogni genere. La selezione di quanto è stato pescato avviene sulla spiaggia ad opera dei pescatori: "raccolgono i pesci buoni... "(v. 48). Segue l'interpretazione della parabola (vv. 49 – 50). Alla fine del mondo Dio attuerà la stessa operazione compiuta dai pescatori dopo la pesca. Che cosa stabilisce la bontà o la cattiveria? Non certo il carattere di una persona, ma lo sforzo che uno compie ogni giorno di essere discepolo del Signore, superando le difficoltà ed impegnandosi seriamente.
La conclusione del discorso mette in risalto i destinatari con una domanda rivolta direttamente a loro: "Avete capito tutte queste cose?". La risposta dei discepoli è positiva, senza riserve o limitazioni. Così la domanda posta a Gesù nel v. 36 ha avuto a questo punto piena soddisfazione. Il testo si chiude con la piccola parabola dello scriba diventato discepolo del regno dei cieli. Costui, non deve accontentarsi di capire, ma è necessario che compia un ulteriore passo. Tutto quanto ha assimilato dall'esperienza cristiana trova la sua vitalità in Gesù Cristo e viene manifestato pubblicamente attraverso la sua testimonianza. La liturgia lascia cadere il v. 53 dove è indicato uno spostamento geografico di Gesù: "Terminate queste parabole, Gesù partì di là".
Per incontrare il Regno di Dio, cioè per vivere un rapporto autentico con Dio, è necessario ricercarlo e vigilare per discernere e cogliere l'occasione giusta nella quale si manifesta a noi. La sua manifestazione è avvenuta ed avviene attraverso Gesù. Chi incontra Dio nella sua vita, anche se l'evento può essere frutto del caso, deve possedere l'attrezzatura necessaria per cogliere la grandiosità dell'avvenimento e deve essere pronto a mettere in atto ogni strategia possibile per non perdere l'occasione, anche a costo di vendere tutto. Nel corso della storia si nota la convivenza dei buoni e dei cattivi, di coloro che seguono Dio e di coloro che l'hanno rifiutato. Alla fine però Dio li separerà definitivamente. I buoni riceveranno il premio ed i cattivi il castigo. I discepoli non possono accontentarsi di sapere queste cose, ma la loro gioia sta nel metterle in pratica.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.
Le lectio delle domeniche precedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 19 luglio 2020 – XVI Domenica del Tempo Ordinario
Solo Dio può giudicare tra bene e maleSapienza 12, 13.16-19; Salmo 85; Romani 8, 26-27; Matteo 13, 24-43
LetturaLa liturgia continua a proporre la lettura del capitolo tredicesimo di san Matteo, denominato "discorso parabolico". Dopo la parabola del seminatore, letta domenica scorsa, e la sua spiegazione data da Gesù stesso, oggi accostiamo altre tre parabole: il grano e la zizzania seminati nello stesso campo, il seme di senapa ed il lievito.
Matteo 13, 24-4324Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: "Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?". 28Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". 29"No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio"".31Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami ".33Disse loro un'altra parabola: "Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata".34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:Aprirò la mia bocca con parabole,proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo". 37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!CommentoLa prima parabola si sviluppa in tre tempi. Il primo è quello della semina del grano e della zizzania in mezzo al grano. Il secondo tempo è costituito dalla crescita. In mezzo al grano, che gradualmente va verso la maturazione, compare anche la zizzania. A questo punto nella narrazione si ha una parentesi, costituita dall'intervento dei servi che chiedono al padrone da dove venga la zizzania e quindi il male che convive col bene. Gesù risponde affermando che il male non viene dal padrone del campo ed è a lui completamente estraneo, esso deriva soltanto dall'avversario: "un nemico ha fatto questo". I servi propongono poi di togliere subito l'erba cattiva dal campo. Questa sembra la soluzione più naturale e corrispondente anche alle abitudini agricole dell'ambiente palestinese. Ma il padrone del campo ha un altro progetto. Egli rimanda la separazione del grano dalla zizzania al tempo della mietitura. La mietitura è il terzo momento del racconto parabolico. In questa fase decisiva non sono più i servi gli esecutori degli ordini del padrone, ma i mietitori ai quali il padrone dice: "raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio". È evidente che le immagini della parabola rimandano a Dio che agisce nella storia, dove anche il maligno è all'opera, impedendo alla Parola, gettata con abbondanza, di portare frutto. Prima di riportare la spiegazione della parabola fatta da Gesù ai discepoli in casa, l'evangelista inserisce due brevi parabole affini. La prima fa leva sul contrasto tra il piccolo seme di senapa posto nel terreno e l'arbusto relativamente grande che ne deriva. Anche la parabola del lievito ruota sulla sproporzione esistente tra la grande massa di pasta fermentata da un poco di lievito. L'azione di Dio nel mondo ed il suo regno non procedono con spettacolarità o trionfalismo, caratteristici delle opere dell'uomo, ma operano silenziosamente dal di dentro oppure con interventi che possono sembrare insignificanti, come la missione di Gesù. I risultati finali sono però inimmaginabili per l'uomo, perché soltanto Dio li conosce e ne è il garante. L'evangelista chiude la prima parte del discorso in parabole con un breve commento rivolto alla folla che rimane estranea alla cerchia dei discepoli. Questo succede non a causa delle parabole di Gesù, che corrispondono allo stile della comunicazione di Dio, ma dei destinatari che si chiudono alla parola di Dio proclamata da Gesù. Infatti, per cogliere nelle parabole il disegno di amore di Dio Padre, si deve stare con Gesù, "entrare in casa" e lasciarsi istruire da lui come fanno i discepoli.
Dio Padre continua ad operare con larghezza nella storia. Qui è presente ed opera anche il maligno in completa autonomia. I discepoli devono evitare il rischio della intolleranza o dell'indifferenza nei confronti del male, sicuri della presenza di Dio, lasciando a lui il compito del giudizio finale. Nel frattempo, la certezza che il regno di Dio è all'opera, anche se in modo nascosto e non appariscente, porta i cristiani a vivere con fiducia perseverante e con misericordia, in continua conversione guidata e stimolata dagli insegnamenti di Gesù.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 12 luglio 2020 – XV Domenica del Tempo Ordinario
La Parola produce frutti abbondantiIsaia 55, 10-11
Salmo 64
Romani 8, 18-23
Matteo 13, 1-23
LetturaNel capitolo dodicesimo l'evangelista san Matteo continua a presentare le posizioni assunte dalla gente davanti a Gesù e al suo ministero. Anche i discepoli, come il maestro, subiscono contestazioni e persecuzioni. Gesù però non si lascia condizionare e continua a compiere la sua missione. Egli si presenta con la stessa autorevolezza e dignità delle figure storiche e profetiche del passato. Qui l'evangelista inserisce il terzo grande discorso di Gesù, che raccoglie le parabole del regno.
Matteo 13, 1-231Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti".10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché a loro parli con parabole?". 11Egli rispose loro: "Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,sono diventati duri di orecchie hanno chiuso gli occhi,perché non vedano con gli occhi,non ascoltino con gli orecchie non comprendano con il cuoree non si convertano e io li guarisca!16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno".Commento.La liturgia propone oggi la prima parte del discorso in parabole di Gesù. Il brano si suddivide in tre parti: la parabola del seminatore (13, 1-9), le motivazioni del discorso in parabole (13, 10-17) e la rilettura della parabola del seminatore (13, 18-23). Il testo si apre con una introduzione che presenta il protagonista. Gesù abbandonato la casa dove ha dato istruzioni ai discepoli, siede ora su una barca e dal mare si rivolge ad una folla numerosa, venuta per ascoltarlo. Per san Matteo la folla è composta da tutte quelle persone che non sono discepoli ed in particolare da coloro i quali ancora non hanno deciso di seguire il maestro e che spesso sono refrattari nei suoi riguardi. A questi destinatari Gesù parla in parabole, cioè con un linguaggio simbolico, il quale, se capito, ha la possibilità di svelare il mistero e mettere in comunicazione profonda con la rivelazione. La parabola è come una finestra che si apre sul mistero di Dio e dalla quale è possibile intravedere la grandezza della salvezza donata all'uomo. La prima parabola pronunciata da Gesù è quella del seminatore. Il racconto si ispira alle condizioni ambientali e alle tecniche agricole della Palestina al tempo di Gesù. Ma del racconto occorre sottolineare l'abbondanza della semente gettata, che rimanda all'azione di Dio sempre carica di speranza anche se le situazioni sono, dal punto di vista umano, difficili o segnate dalla crisi. Un altro punto che merita attenzione è il contrasto tra il fallimento di una maggioranza, che riceve il seme ma non da frutto, e una minoranza la quale accoglie il seme, produce frutti abbondanti e diventa segno e annuncio di speranza. Poi Gesù, stimolato da una domanda dei discepoli, spiega perché parla in parabole alle folle dei giudei ostili verso di lui. Costoro devono aprire gli orecchi e gli occhi per sentire e vedere, come fanno i discepoli e non comportarsi come i loro antenati che hanno vissuto col cuore indurito, cioè non disponibile all'azione di Dio. Se essi vogliono, le parabole di Gesù possono portare alla conversione. Infine Gesù spiega ai discepoli la parabola del seminatore. È questa l'occasione per indicare ancora una volta le caratteristiche del discepolo e del vero ascoltatore della parola evangelica.
Con la parabola del seminatore o meglio dei semi abbondanti gettati nel terreno, Gesù insegna che l'opposizione ed il rifiuto della maggioranza della gente nei confronti del Regno dei cieli è inconsistente davanti ai frutti abbondanti e significativi prodotti da un gruppo di discepoli che accolgono con entusiasmo e fiducia la sua parola. I discepoli sono coloro che cercano di superare le crisi che capitano nel cammino della vita e procedono con perseveranza, ascoltando veramente e comprendendo la parola di Gesù, cioè mettendola in pratica attivamente.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 5 luglio 2020 – XIV Domenica del Tempo Ordinario
Gesù è l'unico rivelatore autorizzatoZaccaria 9, 9-10
Salmo 144
Romani 8, 9.11-13
Matteo 11, 25-30
LetturaDopo le parole relative al discepolato del capitolo decimo, abbiamo ora una sezione che presenta le posizioni assunte dalle persone davanti a Gesù e al suo ministero (Mt 11-12). All'inizio incontriamo la perplessità del Battista che, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, si chiede se lui sia veramente colui che deve venire oppure se si debba aspettare un altro inviato. Per questo invia una delegazione ad intervistare Gesù. Poi si ha il giudizio durissimo di Gesù sulle città, che hanno assistito e partecipato al suo ministero e non hanno risposto con la conversione. A questo punto abbiamo le parole di Gesù sui discepoli (Mt 11, 25-30), il brano di questa domenica.
Dal Vangelo di Matteo (Mt 11, 25-30)25In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".CommentoIl testo può essere suddiviso in tre parti. Dapprima incontriamo la preghiera di Gesù diretta al Padre (vv. 25-26) attraverso la quale lo ringrazia e lo benedice con una formula presa dalla tradizione spirituale ebraica: "ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra". L'accento cade poi sulla motivazione della preghiera di lode. Il Padre ha scelto liberamente e gratuitamente "i piccoli" come destinatari privilegiati della rivelazione, escludendo "i sapienti e i dotti". I piccoli sono coloro che Gesù chiama anche poveri e vanno identificati con i discepoli credenti, che accolgono con disponibilità e generosità la rivelazione del Padre offerta per mezzo di Gesù. I sapienti e i dotti invece sono coloro che non accolgono la rivelazione di Dio oppure dicono di accoglierla ma, attraverso comportamenti e scelte particolari, pongono invece al centro della vita se stessi e non la volontà del Padre. Nella seconda parte (v. 27) Gesù si presenta Figlio del Padre e suo unico rivelatore autorizzato. Egli infatti, in virtù della relazione col Padre e della sua conoscenza, può far conoscere Dio agli uomini: "tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Ne consegue che solo in una relazione vitale con la persona ed il messaggio di Gesù si può entrate nel cuore del cristianesimo ed incontrare veramente il mistero di Dio. Infine (vv. 28-30) Gesù invita tutti coloro che sono "stanchi ed oppressi" ad andare con lui. Queste categorie di persone sono da identificare immediatamente in coloro che sono oppressi, sovraccaricati e schiacciati dal regime farisaico della interpretazione della legge. Ma anche ogni persona di ogni tempo stanca e schiacciata può sentire rivolta a lei le parole di Gesù. A tutti costoro Gesù offre ristoro perché propone un modo nuovo di portare il "giogo" dell'alleanza, della legge del Signore e di vivere la prova. Queste non sono più un peso connotato legalisticamente, o che schiacciano soltanto, ma attraverso Gesù, che vive con amore il rapporto col Padre, i comandamenti di Dio e le prove della vita sono la possibilità unica e concreta di essere in comunione con lui. Egli, a differenza dei farisei, non solo fa conoscere la volontà di Dio, ma è il primo ad attuarla in modo pieno con amore generoso. Per questo Gesù può dire: "imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
In conclusione, Gesù rivolgendosi ai piccoli, ai discepoli del vangelo, dichiara che Dio Padre fa conoscere e fa vivere per mezzo di lui tutto il mistero della salvezza. È attraverso Gesù Cristo che si ha la sicurezza di entrare e partecipare alla relazione di amore col Padre. Imitando Gesù ed imparando da lui, gli insegnamenti evangelici non sono da vedere come imposizione autoritaria da sopportare, ma manifestazione dell'amore del Padre. Se il vangelo è accolto con amore e vissuto con generosità, diventa la possibilità concreta che oggi abbiamo di vivere la comunione diretta col mistero di Dio.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 giugno 2020 – XII Domenica del Tempo Ordinario
Dio Padre s'interessa direttamente di tutti.Geremia 20, 10-13
Salmo 68
Romani 5, 12-15
Matteo, 10, 26-33
LetturaContesto. Siamo ancora nel secondo grande discorso di Gesù, presentato dall'evangelista san Matteo, in cui si indicano le regole per essere suoi discepoli. Dopo il brano della domenica precedente, sulle coordinate della missione, troviamo un passo decisivo riguardante la persecuzione e la sofferenza dei discepoli. Queste sono caratteristiche intrinseche alla vita e alla missione evangelica. A questo punto è inserito il brano di oggi.
Leggiamo la Parola di Dio
dal vangelo secondo Matto (Mt 10, 26-33)In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo.Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».CommentoIl testo inizia con un invito esplicito rivolto ai discepoli: "non abbiate paura". Poco prima Gesù aveva infatti parlato della persecuzione dei discepoli e della loro solidarietà col maestro crocefisso: "sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia... è sufficiente per un discepolo essere come il suo maestro" (Mt 10, 16-25). Ora sostiene i suoi con una accorata esortazione, prevedendo le persecuzioni, che nel corso dei secoli avrebbero incontrato a causa del vangelo. L'invito a non temere ritorna poi in altri due punti del brano. "Non abbiate paura..." si legge all'inizio del v. 28 e al v. 31: "non abbiate dunque paura". Gesù, dicendo di non temere gli uomini, intende suggerire ai suoi di non lasciarsi condizionare dalle persone che seguono il male. Infatti, prima o poi tutto diventerà palese e ogni segreto sarà svelato. Cioè il male sarà smascherato ed annientato ed il bene si affermerà definitivamente. Per questo il vangelo va proclamato anche se procura sofferenza, persecuzioni ed insuccessi. È necessario però una precauzione. Non bisogna lasciarsi irretire dal maligno, che lavora subdolamente permeando gradualmente la vita dei cristiani con ragionamenti, scelte ed atteggiamenti che svuotano dal di dentro la forza del vangelo. Il maligno va combattuto perché "ha il potere di far perire e l'anima e il corpo". La motivazione di tale comportamento complessivo dei cristiani, animato dalla speranza e dalla fiducia nel Signore, sta nella consapevolezza che il Padre si prende cura direttamente di ciascuno. Come infatti Dio si interessa personalmente dei passeri e dei capelli del capo dell'uomo, così egli guarda con più attenzione alle persone, le quali valgono molto più dei passeri, in quanto create a sua immagine. Il brano si conclude con due sentenze che ruotano attorno ai verbi riconoscere e rinnegare. Chi testimonia il vangelo con coerenza, senza lasciarsi condizionare da paure o da giudizi che vengono dal maligno, sarà accolto ed approvato da Gesù e dal Padre. Chi invece si sottrarrà, per qualsiasi ragione, alle sue responsabilità di credente, non riceverà giustificazioni da Dio.
In conclusione,chi accetta di seguire Gesù Cristo non può lasciarsi condizionare dalla paura che nasce dal confronto o dallo scontro con gli uomini. La forza del vangelo ha sempre la meglio anche se immediatamente può sembrare una scelta debole e perdente. La paura è una tentazione del maligno. Per superarla occorre rafforzare la consapevolezza e l'esperienza diretta della vicinanza di Dio Padre. Egli, infatti, si interessa realmente e personalmente di ciascuno.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 10 gennaio 2021– Battesimo del Signore
Il Figlio prediletto che apre i cieliIsaia 55, 1-11 • Is 12, 2-6 •1 Giovanni 5, 1-9 • Marco 1, 7-11
LetturaIl brano odierno del vangelo di Marco fa parte del "prologo" con cui l'evangelista apre la sua opera (1,1-13). In esso, oltre al titolo del vangelo (1,1), è presentato il ministero di Giovanni Battista (1,2-8) come premessa al battesimo di Gesù (1,9-13) e preparazione all'inizio del ministero in Galilea (1,14ss).
Mc 1,7-137Giovanni proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo".9 Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10 E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11 E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento".CommentoIl testo contiene due elementi: un aspetto della predicazione del Battista, che rimanda a "uno che è più forte" di lui ed il quale "battezzerà con lo Spirito Santo" (vv.7-8), ed il racconto sintetico del battesimo di Gesù al Giordano (vv.9-11). Dopo la sobria indicazione dell'arrivo di Gesù, che per la prima volta è presentato nell'opera di Marco, velocemente si accenna al battesimo da lui ricevuto (v.9). Grande sottolineatura è data dall'evangelista ai due avvenimenti collegati con l'uscita di Gesù dall'acqua (vv.10-11).Egli vede "squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso lui come una colomba" e " venne una voce dal cielo...". I due versetti sono densissimi di significati che, per lo spazio disponibile, non è possibile approfondire, ma soltanto accennare.
La prima esperienza fatta da Gesù è la visione dei cieli "aperti - squarciati". Marco usa lo stesso verbo, che ricorrerà poi per indicare la rottura irreparabile del Velo del Tempio (la tenda che nel Santuario del Tempio divideva il Santo dal Santo dei Santi) alla morte di Gesù (15,38). Per interpretare l'immagine si può trovare aiuto dal testo del lamento di Isaia 63,19, scritto per la lontananza di Dio a causa del peccato del popolo: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!". Con Gesù, allora, dall'inizio della vita pubblica fino alla sua morte in croce, si riapre la comunicazione con Dio, che prima era stata interrotta a causa del peccato del popolo.
In forza di tale rinnovata comunicazione tra Dio ed il suo popolo, che può essere anche chiamata alleanza, lo Spirito di Dio discende su Gesù, rendendo possibile così il compimento delle attese messianiche annunciate e suscitate dalle antiche profezie. Infine "una voce dal cielo", cioè la voce di Dio sentita da Gesù, esplicita il suo rapporto col Padre, collocandolo nella tradizione biblica.
La venuta di Gesù ricostruisce in modo definitivo e duraturo il rapporto con Dio, che precedentemente sembrava interrotto a causa dell'infedeltà del popolo. Il dono dello Spirito Santo e della Parola abilitano i battezzati, nel nome di Gesù Cristo, alla comunione eterna col Padre.
Collegamento fra le lettureLe letture di questa domenica sono percorse da tre temi unificanti. Il primo è costituito dal desiderio divino di condividere i suoi doni col popolo eletto. L'idea viene dapprima espressa esortativamente dal profeta Isaia ("Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino.) e trova poi la piena realizzazione nella venuta di Gesù, il figlio prediletto, secondo la narrazione marciana. Giovanni, nella lettera, aggiunge infine che la fede in Gesù Cristo fa partecipare pienamente all'amore di Dio: "chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato".
Il secondo tema è lo Spirito Santo. Egli è disceso in Gesù al Giordano, e nell'esperienza cristiana diventa col battesimo, per mezzo di Cristo, la "forza" che "rende testimonianza" e che introduce nella comunione trinitaria.
Il terzo tema è la Parola. Donata con sovrabbondanza, "come pioggia e neve", si è fatta persona nel figlio di Dio. Ella non solo "non ritornerà senza effetto... senza aver compiuto ciò per cui è stata mandata", ma diventerà nella comunità cristiana segno concreto dell'amore verso Dio: "perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
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Goito 6 gennaio 2021– Epifania del Signore
PROSTRATI PER ADORARE IL SIGNOREIsaia 60, 1-6 • Salmo 71 • Efesini 3, 2-3.5-6 • Matteo 2, 1-12
LetturaI primi capitoli del vangelo di san Matteo costituiscono una sorta di lunga introduzione a tutto il vangelo. Al centro della narrazione è collocato Gesù Cristo del quale si sottolinea l'origine storica, con una lunga genealogia (1, 1-17), e l'origine divina, attraverso l'annuncio a Giuseppe il padre legale (1, 18-25). Maria, la madre del bambino, è presentata sempre in relazione al suo sposo o al figlio. Attorno a questo gruppo si muovono altri personaggi favorevoli oppure ostile a Gesù. Essi sono rappresentati dai Magi e da Erode.
Mt 2,1-12 1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2 e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". 3 All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5 Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:6 E tu, Betlemme, terra di Giuda,non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda:da te infatti uscirà un capoche sarà il pastore del mio popolo, Israele".7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme dicendo: "Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".9 Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.CommentoIl brano si apre presentando gli attori della vicenda (Gesù, il re Erode ed i Magi) e le località geografiche dove essa si svolge (Betlemme e Gerusalemme). Gesù è il personaggio principale attorno al quale ruota tutto ed è indicato dalla apparizione straordinaria di una stella. Davanti a lui e alla sua venuta nella storia, gli uomini assumono atteggiamenti diversi. Dapprima abbiamo i Magi, che vengono dall'oriente. Costoro manifestano verso Gesù, "il re dei giudei che è nato", interesse, ricerca, desiderio di adorarlo, grande gioia, venerazione, generosità di doni. L'esperienza dei Magi ha in Betlemme il momento culminante. Qui i Magi "vedono il bambino con Maria sua madre, si prostrarono lo adorarono". Così si realizza la scrittura profetica che proclama Betlemme di Giudea città da cui viene il Messia, secondo la linea davidica. Poi incontriamo il re Erode. Egli alle parole dei Magi resta turbato "e con lui tutta Gerusalemme". Sorgono quindi diverse iniziative per calmare il turbamento del re, ma soprattutto per neutralizzare il possibile antagonista, che stava profilandosi all'orizzonte. La convocazione "di tutti i sommi sacerdoti e degli scribi del popolo", la ricerca messa in atto dal re e gli accordi con i Magi non sono finalizzati all'accoglienza e all'adorazione del Messia che è nato, ma alla sua eliminazione, come sappiamo da Mt 2, 13-23. Gerusalemme, allora, la città santa, diventa il luogo del rifiuto di Gesù Cristo e dove si trama, da subito, la sua morte. Il brano si chiude presentando i Magi che ritornano al loro paese per un'altra strada. Così, dopo essere stati avvertiti in sogno, fanno saltare i progetti di Erode.
Gesù è la luce e la stella che guida ogni uomo. Chi si incontra con lui può avere diversi atteggiamenti. I prescelti, coloro che da sempre attendono la sua venuta, possono rifiutarlo o addirittura schierarsi contro di lui. Gli stranieri ed i pagani, chi non ha mai sentito parlare del Messia, sono invece coloro che lo accolgono con entusiasmo e si lasciano guidare da lui.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'immagine di Gesù Cristo luce del mondo collega le letture della festa odierna. Nella prima lettura il profeta Isaia invita ad alzarsi e a rivestirsi di luce perché "viene la luce, la gloria del Signore brilla su di te". Verso questa luce si indirizzeranno tutti i popoli e "verranno portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore". La luce di Dio si fa concreta nella storia in Gesù Cristo a Betlemme, dice il vangelo di Matteo; egli è la Stella che orienta tutte le genti. Davanti a lui si possono assumere diversi atteggiamenti. Ci sono persone che lo accolgono e altre che lo rifiutano. Quanto è successo a Betlemme continua a realizzarsi nel corso dei secoli attraverso l'opera degli evangelizzatori. Anche costoro, dice Paolo, che annunciano per mezzo dello Spirito la chiamata di tutti gli uomini a "partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo", trovano rifiuti e accoglienze impensate.
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Goito 3 gennaio 2021 – II Domenica dopo Natale
La Sapienza è la Parola fatta carne
Sir 24,1-2.8-12 – Sal 147 – Ef 1,3-6.15-18 – Gv 1,1-18
LetturaLa liturgia della parola della seconda domenica di Natale offre nuovamente il testo evangelico del prologo di san Giovanni già incontrato in parte nella terza domenica d'Avvento ed interamente durante la celebrazione del giorno di Natale. Il Prologo nel suo insieme costituisce un inno alla Parola fatta carne e funge da introduzione a tutto il vangelo.
Giovanni 1,1-181 In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dioe il Verbo era Dio.2 Egli era, in principio, presso Dio:3 tutto è stato fatto per mezzo di luie senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.4 In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini;5 la luce splende nelle tenebree le tenebre non l'hanno vinta.6 Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.7 Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.8 Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce.9 Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.10 Era nel mondoe il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto.11 Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto.12 A quanti però lo hanno accoltoha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,13 i quali, non da sanguené da volere di carnené da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati.14 E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenitoche viene dal Padre,pieno di grazia e di verità.15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama:"Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di meè avanti a me,perché era prima di me".16 Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia.17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.18 Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dioed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.CommentoIl complesso ed articolato testo che apre il vangelo di san Giovanni contiene un insieme di tematiche tra loro collegate. I primi due versetti presentano la Parola che è con Dio e delineano la loro profonda identità e relazione. Col v.3 si entra nella dimensione della creazione e tutto ciò che è stato creato si dice sia intimamente connesso con la Parola. Questa non solo ne è l'origine, ma fa diventare il mondo rivelazione in quanto porta in sé l'impronta della Parola. I vv.6-8 indicano il ruolo di Giovanni Battista nella storia della salvezza. Nei vv.9-13 il testo inizia a trattare il mistero dell'incarnazione della Parola che venendo nel mondo e fra la sua gente trova contemporaneamente rifiuto e accoglienza; coloro che credendo accolgono la Parola diventano figli di Dio. Da ultimo nei vv.14-18 la Parola fatta carne rivela la gloria della comunione del Dio invisibile, che rimanda alla partecipazione e all'accoglienza del mistero da parte della comunità.
Il Verbo-Parola è la rivelazione di Dio. Tale manifestazione si realizza secondo modalità diverse. Il creato, che "è stato fatto per mezzo di lui", parla di Dio. La vicenda della venuta "tra i suoi", culminata nel dono della legge fatto per mezzo di Mosé, è manifestazione della Parola. Il dono della grazia, realizzatosi per mezzo di Gesù Cristo ("Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi"), è rivelazione della Parola. A Dio che si manifesta corrisponde da parte dell'uomo o il rifiuto, che separa da Dio ("la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno vinta"), o il riconoscimento - accoglienza da parte di "quelli che credono nel suo nome", che dà loro "potere di diventare figli di Dio". Il testo esclude una terza via caratterizzabile dall'incertezza, dal tentennamento o dall'indecisione. Nella dinamica di Dio che si rivela e dell'uomo che lo accoglie ha un posto nodale la comunità, la quale diventa segno di accoglienza e sostegno di chi è chiamato a credere.
Collegamento fra le lettureIl testo del Siracide indica gli elementi essenziali e più maturi della rappresentazione della Sapienza in Israele: "prima dei secoli, fin da principio, egli mi creò" "Ho officiato nella tenda santa davanti a lui" "Nella città amata mi ha fatto abitare". Essa raggiunge la definitiva e reale personificazione nel disegno del Verbo-Luce e del Verbo-Carne delineato da san Giovanni. La comunità cristiana è chiamata ad invocare incessantemente lo "Spirito di sapienza e di rivelazione", come dice Paolo, per poter andare realmente incontro alla sua speranza che è Cristo Signore. In questo modo egli realizza il progetto indicato per lei dal Prologo giovanneo. Quanto detto fin qui ci porta da un lato a conoscere sempre meglio la manifestazione continua del mistero di Dio, servendoci delle categorie culturali del nostro tempo, accogliendolo con libertà e dall'altro ad invocare nell'orazione incessante personalmente e comunitariamente il dono della Sapienza che viene dall'alto.
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