Rubrica, curata da
don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.
Domenica delle Palme 5 aprileIl successo è la capacità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo(W. Churchill)
Questa frase del capo di stato che governava l'Inghilterra durante la seconda guerra mondiale, la vidi dipinta su un muro del reparto di psichiatria dell'ospedale di Mantova. Come un invito, a coloro che nella propria vita stavano attraversando un tempo di depressione, a reagire, a non lasciarsi trascinare nel baratro, a non perdere la speranza. Oggi è la domenica delle Palme, in cui si fa memoria di Gesù che entra trionfante tra la folla a Gerusalemme. In realtà lo attendono la passione e la croce. E quindi la risurrezione, il trionfo della vita sulla morte. La vita è fatta anche di piccole morti quotidiane, di momenti in cui l'umore si abbassa, di fasi in cui si vede tutto nero. Coltivare la speranza nel cuore significa credere che, nonostante tutto, ce la farò; che ci sarà qualcuno a prendermi per mano; che posso continuare a guardare avanti.
Che per avere successo nella vita non devo fare grandi cose: basta non lasciarmi rubare l'entusiasmo e la speranza.
Sabato 4 aprileMeglio inciampare sul pavimento che con la lingua(dalla Bibbia, Sir 20,18)
È proprio vero che le parole che usiamo possono ferire più di un pugno o di una sberla; per questo dobbiamo porre attenzione a cosa diciamo, pensarci prima bene e non muovere la lingua solo sull'onda delle emozioni. Ciò è esercitare la virtù della prudenza.
Prima di parlare, se è possibile, può giovare farci tre domande. La prima è: cosa sto per dire? Ma la seconda domanda è altrettanto importante: come lo dico? Dire una cosa buona con tono aggressivo e arrabbiato deforma il contenuto di ciò che affermo, poiché la forma è già sostanza. Infine l'ultima domanda riguarda il fine: perchè lo dico? Qual'è la mia intenzione? Dico questa cosa per informare o per attaccare, per comunicare qualcosa o per togliermi un sassolino dalla scarpa?
La lingua può essere incisiva come una spada a due tagli e comunica ciò che abbiamo nel cuore. Per questo è meglio inciampare sul pavimento che con la lingua.
Venerdì 3 aprileTutti siamo forestieri. È un autentico cristiano chi riconosce d'essere forestiero perfino nella propria casa e nella propria patria.(Sant'Agostino)
Se avessimo piena consapevolezza che in fondo in questo mondo siamo davvero ospiti, che la vita terrena è un pellegrinaggio che dura un breve tratto, e che nulla di fatto è nostro ma è dato come un dono, guarderemmo alle cose, alle persone e alla vita in tutt'altra prospettiva.
San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi scrive: "Che cosa possiedi che tu non l'abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perchè te ne vanti come se non l'avessi ricevuto?" (1 Cor 4,7).
Tutto ciò che possiedo è passeggero. Che cosa posso dire veramente "mio"? Vale la pena di legarsi in modo bramoso alle cose?
Sono italiano: per diritto, per nascita, per storia. Ma non siamo in fondo tutti un po' forestieri in un'unica patria che è questo mondo? È proprio così lecito impedire ad una persona che muore di fame nel proprio paese, di spostarsi nel mio ove esiste, probabilmente non grazie a me, maggiore benessere?
In fondo il significato della parola "cattolico" è "universale".
Se avessimo la consapevolezza di essere tutti forestieri in questo mondo, il nostro cuore sarebbe più attento alle cose essenziali, le nostre mani più generose, i nostri piedi, che toccano questa terra, più grati alla vita.
Giovedì 2 aprileChi può, metta; chi non può, prenda(nelle strade di Napoli)
Questa frase è stata scritta su un cesto appeso con una corda ad un balcone di Napoli, visibile a coloro che passavano per la strada. Fa appello alla coscienza e alla generosità delle persone, in questo periodo difficile che, per la cessazione del lavoro, rischia di mettere in difficoltà economica alcune famiglie che normalmente non hanno problemi di sussistenza. Chi può, metta dentro dei generi alimentari; chi non può, cioè chi non ha mezzi sufficienti, li prenda liberamente e li porti a casa. In questi giorni mi sto rendendo conto di come si stia risvegliando nella gente un senso di solidarietà generalizzato. Singole famiglie, imprese, chiedono in parrocchia se ci sono persone che hanno problemi economici e sono disposte a dare o fare qualcosa. Anche dai giornali si legge come diversi imprenditori, e anche la diocesi mantovana, abbiano donato dei soldi a favore degli ospedali che necessitano di risorse economiche ulteriori, per supplire alla carenza di mezzi per la cura delle persone. Nei periodi più difficili, nell'uomo si risveglia o il peggio o il meglio di sé, ma quasi sempre è quest'ultimo a prevalere, quel senso di solidarietà che il Signore ha messo nelle profondità del nostro cuore e che rende l'uomo autenticamente uomo e "sacramento" dell'amore di Dio.
Mercoledì 1 aprileAfferrate stretto un fiore, ed esso non potrà più rivelarvi la sua bellezza; appassirà miseramente(H. Nouwen, scrittore)
Talvolta nel desiderio buono di tenere in mano un fiore per annusarlo, apprezzarne il profumo e la bellezza, corriamo il rischio di stringerlo troppo forte e di rovinarlo. Così è anche nel rapporto con le cose; così è soprattutto nelle relazioni con le persone. Vivere un rapporto autentico, di qualunque tipo esso sia (parentale, di amicizia, di amore...), significa sempre garantire all'altro quello spazio di libertà che gli permetta di essere ciò che si sente chiamato ad essere. Così ad esempio è con i figli. Talvolta, per il rischio di perderli, li teniamo stretti a noi, ne controlliamo e misuriamo ansiosamente ogni minimo passo, ma in realtà corriamo il rischio di soffocarli, di far perdere loro la libertà di esprimersi e la gioia di vivere. Finiamo per soddisfare più un nostro bisogno che perseguire il loro bene.
Teniamo aperta la mano con fiducia, coraggio e tenerezza: il fiore vivrà e spargerà tutto il suo profumo.
Martedì 31 marzoUna nave ancorata al porto è sicura, ma non per questo si costruiscono navi(W. Shed, scrittore)
Questa riflessione è per tutti, e in modo particolare per i giovani, per chi, cioè, ha tutta una vita davanti. Una nave non è costruita per rimanere ancorata al porto, ma per prendere il largo, gettare le reti per la pesca, scoprire nuove terre o anche semplicemente assaporare il vento sulla pelle. La navigazione potrà essere talvolta nella quiete, talvolta burrascosa o in mezzo alla tempesta. Ma per scoprire la bellezza della traversata, vale la pena correre questi rischi. Il rischio di camminare, di compiere dei passi, di prendere scelte importanti e definitive, di fare qualche gesto buono che sia controcorrente, il rischio, dimenticandosi di sé, di donare sé stessi. Dopotutto anche Dio si è preso un rischio con noi, quello di averci creati e creati liberi, nella speranza che facessimo della nostra vita un capolavoro. Dio ci ha creati con il desiderio dell'Infinito nel cuore. Non accontentiamoci di una vita calma e piatta, ma proviamo a fare in modo straordinario ogni cosa ordinaria, a gustare la presenza dell'Infinito in ogni cosa finita. Questa è la via per la santità; questa è la via per la felicità.
Lunedì 30 marzoNon darti troppo pensiero se uno è per te o contro di te; preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto ciò che fai(dall'Imitazione di Cristo, testo medievale)
Ciò che gli altri pensano su di noi ha un grande effetto sul nostro stato d'animo, sui nostri pensieri e sulle nostre azioni. Ciò è tanto più vero quanto più si tratta di persone di cui abbiamo stima o a cui siamo comunque legati. Quando gli altri parlano bene di noi, ci sentiamo su di morale, andiamo in giro fieri e a testa alta; quando invece queste persone criticano il nostro operato, il rischio è quello di sentirci depressi, giù di morale.
L'effetto che può scaturire è quello di vivere come una banderuola, che segna il vento favorevole o contrario, rimanendo in balia del giudizio altrui.
Se invece riesco a distaccarmi dal giudizio altrui e a mettermi in ascolto della Parola del Padre che, come nel battesimo di Gesù, mi dice: "Tu sei il figlio mio, l'amato, in te ho posto il mio compiacimento" (Mc 1,11), allora mi sento amato per quello che sono e scopro che posso affondare saldamente le radici in questa verità. Sì, o Padre, "Tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, ti sono note tutte le mie vie" (Sal 139,1-3).
Allora so, o Dio, che tu sei con me in tutto ciò che penso, sento e faccio, e non sono in balia più di nulla, nemmeno del giudizio degli altri.