Rubrica, curata da
don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.
Pasqua di Risurrezione 12 aprile
Il cristiano, uomo dell'attesa, è colui il quale per leggere il gran libro della storia comincia sempre dalla fine(Card. Etchegaray)
Leggere un libro, sapendo già il finale, potrà anche essere noioso; però ci permette di avere una chiave di lettura su tutto il testo, di interpretarlo più correttamente, di coglierne le sfumature nascoste. Il finale della vicenda di Gesù, centro della storia e dell'universo, è un finale positivo, quello della sua risurrezione. È ciò che oggi celebriamo. Esso ci permette di guardare non solo alla sua storia, ma anche alla nostra, con occhi carichi di speranza.
In questo tempo di Coronavirus abbiamo bisogno di speranza. La speranza non è tale se non ha un fondamento, altrimenti sarebbe pura illusione. Ciò che ci permette di sperare e di continuare a guardare avanti, insieme a tutti gli sforzi che l'uomo sta compiendo per debellare questo grande problema, non può essere solo terreno; ci è necessaria una speranza più grande, che vada oltre i nostri limiti, fatiche, delusioni e stanchezze. Questa speranza ha il nome di Gesù Cristo, morto e risorto per noi. In questo senso anche noi allora possiamo dire: "Andrà tutto bene!". Perchè "Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce" (Sal 23,1-2).
Buona Pasqua!
Sabato Santo 11 aprileLa preghiera ha per padre il silenzio e per madre la solitudine(G. Savonarola)
"Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio e solitudine". Sono queste le parole iniziali di un'antica omelia sul sabato santo. È il giorno in cui Gesù giace nel sepolcro. È il tempo del silenzio e della contemplazione.
In un epoca come la nostra, caratterizzata dall'intensità del fare e dall'efficienza, queste parole sono un po' fuori moda. Eppure, più che mai, ne avvertiamo la sete, il bisogno quasi fisico.
La preghiera, anche quando è fatta di parole, fiorisce dal silenzio e ad esso ritorna. Un silenzio non solo esteriore, ma interiore, che faccia tacere tutte le voci che impediscono di ascoltare la sola Parola che conta, quella di Dio che parla al cuore. Il silenzio di sé è il silenzio più difficile da raggiungere, ma è possibile con un esercizio quotidiano. Nella solitudine di una chiesa rimasta aperta, o nella riservatezza della propria stanza, di fronte ad un crocifisso che mi ricorda che nella solitudine non sono isolato.
In questo sabato santo, cerchiamo un po' di solitudine e di silenzio: Dio promette di parlare al nostro cuore.
Venerdì Santo 10 aprile
La vita si svolge in quattro fasi. Dapprima impariamo, poi insegniamo, poi ci ritiriamo e impariamo a tacere e nella quarta fase l'uomo impara a mendicare.(Proverbio indiano)
Anche la vita di Gesù ha attraversato queste quattro fasi. Dapprima, da bambino, impara gli insegnamenti dei suoi genitori; poi nei tre anni della vita pubblica insegna con discorsi, parabole, segni. Infine, durante gli ultimi giorni della sua vita, impara a tacere e quindi a mendicare.
A mendicare aiuto, vicinanza, ricerca di senso dal Padre per la vicenda che sta attraversando: "«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò" (Lc 23,46).
Siamo tutti un po' mendicanti. Mendicanti di affetto, dalle persone più care; mendicanti di silenzio e tranquillità, dentro il rumore e la frenesia dei nostri tempi; mendicanti di salute e di speranza, in mezzo al dramma del dolore fisico e interiore; mendicanti di senso, nelle vicende che fatichiamo a comprendere; e infine, sopra tutto, mendicanti di Dio, poiché, come afferma Gesù, "senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5).
Non abbiamo timore a sentirci dei mendicanti, soprattutto di Lui, poiché egli oggi è morto per noi e per la nostra salvezza!
Signore della vita, oggi più che mai, abbiamo bisogno di Te. Vieni in nostro aiuto!
Giovedì Santo 9 aprile
La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tratto le basta(R. Tagore)
Ci sono santi, come ad esempio San Luigi Gonzaga, che hanno avuto una vita relativamente breve (è morto a soli 23 anni), e che tuttavia hanno vissuto in pienezza. Per questo la loro vita è degna di essere ammirata e ricordata. Probabilmente hanno affrontato ogni istante di essa come se fosse l'ultimo, con grande intensità del cuore e con immenso amore, seguendo il comandamento di Gesù: "che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv 13,34). La vita se ne può andare nel tempo di un battito d'ali; per questo ogni battito d'ali è un tempo tanto prezioso quanto unico e irripetibile.
Un cantautore italiano, Branduardi, cantava: "No, non perdetelo il tempo ragazzi, non è poi tanto quanto si crede, date anche molto a chi ve lo chiede, dopo domenica è lunedì".
Gli ultimi tre anni della vita di Gesù sono stati davvero intensi; l'ultima settimana ancora di più: in essa si concentra il mistero della nostra salvezza, in tanti piccoli istanti.
Gustiamo ogni istante della nostra vita come contenesse il respiro dell'eternità; allora ogni momento sarà fonte di stupore, non sarà mai scontato e ci donerà gioia piena.
Mercoledì 8 aprile
Dio ti ha dato due orecchie e una lingua perché tu oda più che tu non parli
(S. Bernardino da Siena)
Fa sempre piacere avere qualcuno che ci ascolti profondamente, a cui possiamo dire tutto sfogandoci un poco e a cui aprire il cuore. E se seguiamo la c.d. "regola d'oro" di Gesù, "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12), intuiamo che il Signore chiama anche noi a farci attenti ascoltatori del nostro prossimo.
Ascoltare in profondità non è facile, anzi, è faticoso. Me ne accorgo soprattutto nel ministero del confessionale.
Richiede di essere attenti, di spegnere i propri pensieri per lasciare terreno libero e fertile alle parole di chi ci sta di fronte, di ridimensionarci per mettere l'altro al centro. Ma oggi, in una società in cui le parole circolano in sovrabbondanza, soprattutto attraverso i media, recuperare la dimensione del silenzio e dell'ascolto è più che mai urgente ed è un atto di grande carità verso il prossimo.
In questo periodo in cui siamo chiusi in casa per il Coronavirus, può essere un'occasione, preservati maggiormente dai consueti ritmi frenetici, quella di coltivare la dimensione dell'ascolto nella coppia e verso i figli.
Pertanto facciamo silenzio una volta di più e ascoltiamo una volta in più. Il Signore ce ne renderà merito.
Martedì 7 aprile
Le ragioni per cui credo sono simili a quelle per cui sto davanti ad una cosa bella o dico a una persona che le voglio bene(H. U. Von Balthasar, teologo)
Per quanto la ragione sia fondamentale nell'atto del credere, poiché ci aiuta ad approfondire la fede, a renderla più robusta e "ragionevole", ci accorgiamo che essa non basta. È necessario uno slancio del cuore che ci proietti in avanti e ci getti nelle braccia del Padre, che ci è venuto incontro attraverso suo Figlio Gesù. La fede, prima che un ragionamento, è quindi un'esperienza, che può essere suscitata, ad esempio, dall'incontro con il bello: stare di fronte ad un paesaggio di montagna, ad un fiore colorato, ad una bella persona, rimandano uno sguardo contemplativo a qualcosa di più grande, di sempre Oltre.
Così la fede può essere suscitata anche dall'esperienza dell'amore che viviamo quotidianamente: verso nostra moglie o marito, verso i nostri figli, verso, perchè no, gli amici più stretti. Stupirsi di fronte alla bellezza delle relazioni, soprattutto in questo tempo in cui il Coronavirus ci sta impedendo di viverle fino in fondo, significa assaporare il segno di una relazione più grande che è quella con Dio. Credere è entrare dentro una Relazione di amore che abbraccia tutti i figli dell'esistenza.
Credere quindi è fare un'esperienza: quella di un Dio "bello", buono e che mi vuole bene.
Lunedì 6 aprileNel mio qui ed ora c'è tutto e più del necessario(G. Sovernigo, prete e psicologo)
Diciamo la verità: di stare in casa iniziamo ad essere stanchi!
Se poi pensiamo che, con buona probabilità, dovremo stare chiusi in casa almeno un altro mesetto, sale in noi la tensione nervosa. Meglio non pensare troppo in là, ma vivere alla giornata.
Il miglior modo per pensare meno al futuro, è valorizzare il presente.
Pensare che, nel mio qui ed ora, ci sia più di ciò che mi è necessario. Pensare a questa giornata come potesse essere l'ultima della mia vita.
Allora ecco che la mia casa, che oggi mi sembra così stretta, quasi la vedo allargarsi, è il focolare dentro il quale custodisco gelosamente le mie cose, i miei ricordi, i miei affetti.
Inoltre il presente diventa un tempo non scontato che mi è dato come dono perchè in fondo, come è accaduto per molte persone che sono morte in questo periodo, potrei anche non esserci più, o potrebbero non esserci i miei cari.
Chiediamo al Signore la grazia di cogliere ogni momento, anche quello più scontato, come un tempo prezioso.
Chiediamo al Signore il dono della creatività, perchè non ci lasciamo vincere dalla noia e dallo scoraggiamento, ma sappiamo apprezzare il presente come tempo unico e irripetibile.