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Lectio divina Corpus Domini 2023

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 11 giugno 2023 - Corpus Domini

Eucaristia: la vita di Dio Padre agli uomini
Deuteronomio 8, 2-3.14b-16a . Salmo 147 . 1 Corinti 10, 16-17 . Giovanni 6, 51-58

Lettura
Il capitolo sesto di san Giovanni inizia presentando Gesù sulle rive del lago di Galilea. Si dice anche che era vicina la Pasqua ebraica. Dopo aver compiuto il "segno" della moltiplicazione dei pani ed essere andato incontro ai discepoli, camminando sul lago agitato, Gesù rivolge alla folla una lunga esortazione chiamata: "discorso sul pane di vita" (Gv 6, 25-59). La solennità del "Corpo e del Sangue di Cristo" ci invita a riflettere sull'ultima parte di tale discorso di Gesù.

Gv 6, 51-58
51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". 52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". 53Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".

Commento
Il brano si apre con una dichiarazione di Gesù: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo". Con questa immagine egli richiama la sua incarnazione, in quanto è Parola venuta dal Padre ed entrata nel mondo, e il suo essere dono per il nutrimento dell'umanità. Infatti come il pane anch'egli deve essere mangiato. Questa idea è esplicitata direttamente da Gesù quando dice: "se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Chi mangia il "pane vivo disceso dal cielo" partecipa all'eternità di Dio Padre. Gesù poi aggiunge che il pane da lui dato è la sua "carne per la vita del mondo". Poiché nel racconto giovanneo, a differenza dei sinottici, non sono riportate le parole del Signore sul pane e sul calice dell'ultima cena, sembra che in 6, 51 si ritrovi l'istituzione eucaristica secondo l'evangelista Giovanni. Le parole di Gesù non sono capite dai giudei, i quali restano stupiti davanti all'idea di mangiare la sua carne. A questo punto Gesù non fa nulla per eliminare la ripugnanza giudaica, al pensiero cannibalistico di mangiare la sua carne, ed accentua ulteriormente l'immagine aggiungendo anche la necessità di bere il suo sangue per avere la vita. Nella Bibbia, mangiare la carne di qualcuno è considerato metafora di azione ostile e bere il sangue è un'azione orrenda, proibita dalla Legge di Dio. I giudei, che ascoltano le parole di Gesù, si fermano nella loro interpretazione a questo livello. Esse hanno invece per il cristiano un significato positivo, che è colto soltanto se riferito all'Eucaristia istituita da Gesù. Nel v. 54 troviamo esplicitate le conseguenze nel credente che si nutre del pane di vita. Chi mangia la carne di Gesù ha la vita eterna adesso e riceve la promessa della resurrezione "nell'ultimo giorno". Questa diventa conseguenza della continua comunione con Gesù, espressa attraverso la categoria del dimorare: "chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui". La comunione con Gesù Cristo è realmente una partecipazione alla comunione intima che esiste tra Padre e Figlio: "come io vivo per il Padre, così colui che mangia di me vivrà per me". Chi vive in comunione con Gesù partecipa direttamente alla stessa vita di Dio Padre.

Conclusione. L'Eucaristia è il pane vivo donato da Gesù Cristo. Chi mangia l'Eucaristia si nutre di Gesù stesso: del suo corpo e del suo sangue. Attraverso questo alimento celeste si realizza la comunione col Figlio e, per mezzo di lui, col Padre. Infine la vita eterna, la vita di Dio Padre, e condivisa con gli uomini attraverso il sacramento eucaristico.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Il sacramento dell'Eucaristia, memoriale della Pasqua, unisce le letture della solennità. Al tema pasquale rimanda la prima lettura dal Deuteronomio, che offre una riflessione parenetica sul cammino del popolo liberato dall'Egitto attraverso il deserto, dove il Signore gli dona la manna. In un gioco di contrappunto con l'esperienza di Israele, Gesù si presenta ai suoi interlocutori di Cafarnao come "il pane vivo disceso dal cielo". I padri, che hanno mangiato la manna nel deserto, sono morti, cioè si sono allontanati ancora da Dio, ma "chi mangia di questo pane vivrà in eterno", nel senso che non si allontanerà più da Dio, dice Gesù. La condizione per avere questa vita piena è mangiare l'Eucaristia: la carne ed il sangue del Signore. Alla stessa esperienza fa riferimento Paolo nel brano della prima lettera ai Corinzi. Il testo usa un linguaggio più vicino alla tradizione sinottica e a quella liturgica della "cena del Signore". Qui l'accento è posto sulla comunione con il corpo ed il sangue di Cristo. Questa comunione sta alla base dell'unità profonda e vitale che si realizza tra i molti e diversi partecipanti all'unico pane che è Cristo.

La vita
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio divina Santissima Trinità - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 4 giugno 2023 - Santissima Trinità

Padre, Figlio e Spirito: mistero di salvezza per tutti
Esodo 34, 4b-6..8-9 . Daniele 3, 52-56 . 2 Corinzi 13, 11-13 . Giovanni 3, 16-18

Lettura
Il terzo capitolo del vangelo secondo san Giovanni si apre con la presentazione della visita notturna fatta da Nicodemo a Gesù. Il capo dei giudei era rimasto colpito dai segni compiuti dal Rabbì e, dialogando con lui, spera di conoscere meglio il "maestro venuto da Dio". Di questa lunga conversazione fa parte il brano della solennità odierna.

Gv 3, 16-18
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

Commento
Il testo inizia presentando il protagonista: Dio. È lui la causa prima dell'innalzamento del "Figlio dell'uomo" (v.14) ed è lui la fonte inesauribile di "vita eterna" (v.15) per chiunque crede in Gesù Cristo. Il posto di Dio Padre diventa a questo punto preminente. Il suo amore è la ragione sia del dono del Figlio, che salva dalla morte eterna ("perché chiunque crede in lui non vada perduto"), come del dono dello Spirito Santo, che genera alla vita eterna, la vita di Dio, tutti i suoi figli ("ma abbia la vita eterna"). La salvezza però non è soltanto per i credenti. Essa è offerta dal Padre anche al "mondo perché sia salvato per mezzo" del Figlio. La presenza del Figlio nel mondo non è una condanna del luogo in cui abitualmente domina il demonio, ma è un giudizio nel senso che provoca gli uomini a decidersi con urgenza a favore di Gesù Cristo o contro di lui: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo". Il brano si chiude affermando già presente nell'oggi la salvezza portata da Cristo a coloro che credono in lui. Mentre gli uomini che non credono nel Figlio e persistono nella loro scelta, anche se lui è venuto incontro a tutti, la condanna è già stata decretata da loro stessi. Il dono del Figlio è per il superamento della morte, causata dal peccato, e per ottenere la vita di Dio attraverso l'azione dello Spirito. I vv. 19-21 (che non fanno parte del nostro testo, ma che è bene considerare) presentano, con affermazioni di non immediata comprensione, l'idea che chi crede vive nella "luce" e "le sue opere sono state fatte in Dio". Al contrario colui che preferisce "le tenebre", fa di tutto "perché non siano svelate le sue opere" e questo diventa segno della sua mancanza di fede.

In conclusione, l'incontro con Gesù è decisivo per i singoli, per chi fa parte della Chiesa e per l'umanità intera presente in tutto il mondo. Egli è il dono del Padre per la vita eterna nello Spirito. Con Gesù si rianima la speranza nella misericordia e nel perdono di Dio. Lo stare con lui diventa allora discriminante in ordine al proprio comportamento etico. Le scelte concrete di ogni giorno dovrebbero di conseguenza essere illuminate dalla luce di vita che da Gesù scaturisce. La sequela di Gesù Cristo è pure condizione indispensabile per accedere alla vita dello Spirito, che introduce nella dimensione dell'eterno.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Le letture odierne presentano il mistero della fede cristiana, che oggi si celebra, e l'atteggiamento spirituale necessario per accostarsi ad esso. Il testo dell'Esodo riporta nei suoi tratti essenziali la scena dell'ultimo incontro di Dio con Mosé, dove egli scopre il volto nascosto di Dio "misericordioso e pietoso". A questa lettura del Primo testamento corrispondono quelle del Nuovo testamento, dove l'apertura al mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito diventa esplicita. L'espressione di questa fede cristiana si incontra nella breve formula di saluto che chiude la Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi". Il brano del Vangelo di Giovanni, che commenta il dialogo tra Gesù e Nicodemo, riflette sulla rivelazione dell'amore di Dio Padre. La realtà dell'amore di Dio si fa presente nel dono del Figlio unigenito per la salvezza eterna, nello Spirito, di chiunque crede. Dio, che era, è e sarà, abbraccia con la sua presenza e la sua azione il passato, il presente ed il futuro.

La vita
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Lectio Divina Pentecoste - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale - Madonna della Salute
Goito 28 maggio 2023 – Pentecoste

Lo Spirito Santo guarisce dal peccato
Atti 2, 1-11 . Salmo 103 . 1 Corinti 12, 3b-7.12-13 . Giovanni 20, 19-23

Lettura
Il brano del vangelo di san Giovanni della solennità di Pentecoste si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e di Giovanni e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambia per il giardiniere. Il testo fa parte di un testo più ampio in cui sono presentati anche la figura di Tommaso ed una seconda apparizione del Risorto ai discepoli, quando tutti erano radunati in casa.

Gv 20, 19-23
19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".

Commento
Il testo si apre con la manifestazione di Gesù risorto nel cenacolo il giorno stesso di Pasqua. Dopo essere entrato a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei", li saluta donando loro la pace: "Pace a voi!". Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono e riconoscono il Signore. L'accento posto sulle ferite di Gesù serve a stabilire continuità tra crocefissione e resurrezione. Gesù risorto, che sta davanti ai discepoli nel cenacolo, è lo stesso Gesù che morì sulla croce e da lui essi ricevono il frutto della resurrezione. Prendendo nuovamente la parola Gesù invia i suoi a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". I discepoli devono continuare l'opera del Figlio e per questo è necessaria la sua costante presenza tra loro. Ciò diventa possibile per mezzo del dono dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome di Gesù e che Gesù stesso manda ai suoi. Con un gesto simbolico, che si collega con la creazione primordiale ("soffiò e disse loro..."), Gesù rinnova l'essere umano col soffio vivificante di Dio. Ai discepoli Gesù conferisce anche l'autorità di perdonare i peccati nel suo nome: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". I discepoli possono perdonare o non assolvere i peccati degli uomini, perché adesso continuano nella storia quanto ha operato Gesù, mandato dal Padre. Egli, infatti, ha smascherato il peccato, in qualsiasi ambito si trovasse, ed ha indicato con decisione la via del bene, espressa dalla volontà del Padre. I discepoli poi, attraverso il dono dello Spirito Paraclito ricevuto, sanano l'umanità dai morsi del peccato e da esso gradualmente la liberano.

In conclusione Gesù risorto continua ad essere accanto ai suoi discepoli e non li abbandona sulle strade del mondo. Egli opera assiduamente in mezzo a loro i prodigi che scaturiscono dalla sua resurrezione. Ora però essi sono chiamati ad esporsi in prima persona e ad assumersi tutte le responsabilità necessarie, per continuare in ogni tempo la missione del Risorto. Il dono dello Spirito Santo, concesso abbondantemente alla comunità dei credenti, permette di realizzare la volontà del Padre, di lottare col male, vincendolo, e di sanare tutti gli uomini feriti dal peccato.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Il dono dello Spirito Santo, dato alla Chiesa, è il tema unificante le tre letture odierne. La Chiesa continuamente prega dicendo: "Vieni, Santo Spirito"; l'invocazione è sinonimo di "Vieni, Signore Gesù". Il dono che Gesù ha promesso a quelli che pregano il Padre nel suo nome è lo Spirito Santo. L'effusione dello Spirito fa nascere la Chiesa come santa convocazione dei credenti, capaci di proclamare nelle lingue e nelle culture dei popoli le "grandi opere di Dio". Lo Spirito Santo è il dono che Gesù ha promesso ai discepoli e che egli stesso comunica alla sera di Pasqua con un gesto simbolico. L'esperienza di Pentecoste accompagna la vita della comunità credente perché tutti sono immersi "in un solo Spirito per formare un solo corpo". La vitalità del corpo di Cristo, che è la Chiesa, si esprime nella varietà e molteplicità dei doni spirituali che sono dati a ciascuno per l'utilità comune. Le tre letture della solennità di Pentecoste offrono notevoli spunti per la contemplazione e la preghiera.

La vita
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
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- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 24

APOCALISSE
Ventiquattresima Lettura

L'Apocalisse si avvia ora verso il suo culmine, cioè la descrizione del giudizio divino sul male incarnato in una donna-metropoli, prostituta e chiamata Babilonia, alla quale subentrerà la rappresentazione della salvezza dei giusti nella città-sposa, la Gerusalemme celeste. Nei capp. 17 e 18 impera la figura di Babilonia la storica nemica d'Israele.

Lettura
Ap 17
1E uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe, venne e parlò con me: "Vieni, ti mostrerò la condanna della grande prostituta, che siede presso le grandi acque. 2Con lei si sono prostituiti i re della terra, e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione". 3L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di nomi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna. 4La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d'oro, colma degli orrori e delle immondezze della sua prostituzione. 5Sulla sua fronte stava scritto un nome misterioso: "Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli orrori della terra". 6E vidi quella donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore. 7Ma l'angelo mi disse: "Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, quella che ha sette teste e dieci corna. 8La bestia che hai visto era, ma non è più; salirà dall'abisso, ma per andare verso la rovina. E gli abitanti della terra il cui nome non è scritto nel libro della vita fino dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era, e non è più; ma riapparirà. 9Qui è necessaria una mente saggia. Le sette teste sono i sette monti sui quali è seduta la donna. E i re sono sette: 10i primi cinque sono caduti; uno è ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e, quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco. 11La bestia, che era e non è più, è l'ottavo re e anche uno dei sette, ma va verso la rovina. 12Le dieci corna che hai visto sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale per un'ora soltanto, insieme con la bestia. 13Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia. 14Essi combatteranno contro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re; quelli che stanno con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli".
15E l'angelo mi disse: "Le acque che hai visto, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, nazioni e lingue. 16Le dieci corna che hai visto e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco. 17Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si compiano le parole di Dio. 18La donna che hai visto simboleggia la città grande, che regna sui re della terra".

Commento
Babilonia è la città storica nemica di Israele (Is 13-14; Ger 50-51; Sal 137) che diventa simbolo personificato del male e del potere demoniaco. Molti però pensano che il riferimento sia a Roma e al suo impero che perseguitava i cristiani e che è vista come l'incarnazione della idolatria. Altri pensano che sia una raffigurazione generale del male e non identificabile con una città specifica. Con Ravasi ritengo che qui si intenda Babilonia come la Roma imperiale. Sicuramente in quell'immagine si possono vedere anche degli elementi di portata più generale che indicano lo scontro tra giudaismo ufficiale e cristianesimo delle origini. Gerusalemme che ha ucciso i profeti e crocifisso Cristo incarna il male e sarà giudicata da Dio. La distruzione della città ad opera dei romani nel 70 dC ne è la prova concreta. Ma dalle ceneri della città infedele (prostituta) Dio farà sorgere la nuova Gerusalemme abitata dai giusti di tutti i tempi (cfr. 21-22). Con il titolo di grande prostituta nei testi biblici si è soliti indicare le grandi potenze votate ad altri idoli (Tiro, Babilonia, Ninive). In queste città oltre ad adorare divinità pagane erano previsti riti della fertilità comprendenti apparati celebrativi orgiastici e sessuali. Anche Roma rientrava in questa descrizione. È il fascino del male e della perversione. L'autore si ispira a Ger 51,13 dove Babilonia è collocata su fiumi che sono anche simbolo del male e del caos. Poi Giovanni è condotto dall'angelo nel deserto, simbolo dell'intimità con Dio e della tentazione nello stesso tempo. Il deserto è anche simbolo della ribellione d'Israele a Dio. Nel deserto la prostituta è assisa sulla bestia, figura ben nota dai capitoli precedenti. Si sottolinea la connessione tra Babilonia e Satana. La donna è ammantata di porpora imperiale e adornata di gioielli, come il principe arrogante di Tito (cfr. Ez 28,13) e regge il calice contenente tutte le sue nefandezze, che fa ingurgitare ai suoi seguaci drogandoli. Il male è descritto in tutta la sua malvagità: potere (porpora), ricchezza (oro), lusso unito al piacere (pietre preziose e perle) che sono le grandi forze seduttrici. Al v.5 sulla fronte della donna appare la sua identificazione. Il nome scritto sulla fronte rimanda ad una usanza di Roma dove le prostitute avevano scritto il nome su un nastro avvolto attorno alla testa. Ma qui si può anche pensare al marchio satanico inciso sulla fronte opposto al sigillo divino che già abbiamo visto. Giovanni resta stupito di fronte ala potenza del male e alla sua arroganza. Ci sarà una risposta a questa meraviglia con l'indicazione del senso e dello scopo. Sarà l'angelo interprete a spiegare tutto, egli illuminerà il senso trascendente della storia umana così solcata dal sangue e così inquinata dal male (v.7). proprio perché abbiamo a che fare con il mistero la descrizione sarà enigmatica ed oscura. La bestia è una presenza incombente e potente nella storia, ma non è incrollabile ed eterna. I sette colli sarebbero i famosi sette colli di Roma? I sette re sarebbero i re di Roma succedutesi prima dell'autore dell'apocalisse e il settimo non ancora venuto perché contemporaneo all'autore sarebbe Nerone? C'è una certezza che l'ultima parola non sarà del male ma del bene. Il potere oppressivo ha la sua origine nella bestia satanica, ma si ramifica in tanti sovrani e potenti di questo mondo. Forse l'autore indirettamente afferma che il potere umano è sempre male? Si se non è purificato dall'Agnello. Le ore del male sono limitate e la sua fine è ormai imminente perché eterno è soltanto Dio. V. 15 Babilonia diventa simbolo di tutta l'umanità che fa il male. Ben presto sulla donna si scatenerà il giudizio e la condanna del Signore dei signori e del Re dei re, il vero e unico Onnipotente.

- Essere consapevoli che il male è tra noi e facilmente si può aderire ad esso anche in modo inconsapevole o subdolo.
- Nell'esercizio del potere si nasconde una grande tentazione satanica.
- Dio è il Signore e stare con lui attraverso l'Agnello si partecipa alla vittoria finale.

Lectio Divina Ascensione - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 maggio 2023 - Ascensione del Signore

Evangelizzando s'incontra il Risorto!
Atti 1, 1-11 . Salmo 46 . Efesini 1, 17-23 . Matteo 28, 16-20

Lettura
Siamo alla conclusione del vangelo secondo san Matteo. Le donne al sepolcro, trovato vuoto, hanno avuto l'annuncio della resurrezione di Gesù. Egli stesso per via va loro incontro e, dopo essere stato adorato, affida ad esse l'incarico di andare dagli altri fratelli ad annunciare di recarsi in Galilea, perché là lo avrebbero incontrato risorto.

Mt 28, 16-20
16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

Commento
I cinque versetti, che chiudono il primo vangelo, possono essere suddivisi in due sequenze. La prima (28, 16-17) presenta l'azione degli undici discepoli che, obbedendo alle parole di Gesù dette alle donne, si recano al luogo dell'appuntamento, "sul monte che Gesù aveva loro fissato". Troviamo anche descritta la loro reazione alla vista di Gesù: "gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano". Va sottolineato che i discepoli, pur nella solennità dell'avvenimento e nella prospettiva pasquale in cui si colloca, non sono esenti dal dubbio. La seconda sequenza (28, 18-20) ha Gesù per protagonista. Egli si avvicina ai discepoli e pronuncia le ultime parole, articolandole in tre sentenze. Dapprima incontriamo una dichiarazione sulla sua autorità universale: "mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra". Gesù, dopo la resurrezione, è costituito pienamente Signore e può esercitare la sua autorità dappertutto e per sempre. Al centro vi è il comando dato ai discepoli come conseguenza della sua piena e definitiva signoria: "andate dunque e fate discepoli tutti i popoli... ". Ora la missione dei discepoli non ha più limiti e tutti gli uomini possono diventare seguaci del Signore Gesù Cristo, attraverso l'azione potente del Risorto, che continua a chiamare persone per mezzo dei suoi. La fecondità della missione e l'abbondanza dei discepoli diventano prova concreta della veridicità dell'essere discepoli fedeli. L'appartenenza a Gesù risorto si attua attraverso il segno battesimale celebrato "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", e la piena accoglienza - attuazione del suo insegnamento. L'esplicito riferimento al battesimo sottolinea il rilievo dato alla dimensione ecclesiale nell'esperienza di discepolato, che nasce dalla pasqua del Signore. L'ultima parola di Gesù è una promessa che vale come garanzia di incoraggiamento e fiducia: "ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". La presenza permanente e definitiva di Gesù con la sua comunità si estende fino alla fine del mondo. Essa non dipende dalla qualità o dalla prestazione dei discepoli ma dalla fedeltà di Dio Padre.

Gesù risorto è sempre con i suoi! La fede dei discepoli nella sua presenza può essere incerta o assente. S'incontra Cristo Signore, si percepisce tangibilmente la sua presenza e si cresce nella fede se i credenti si impegnano tutti in una reale missione evangelizzatrice, proporzionata alle sensibilità e ai doni di ciascuno. Anche la partecipazione motivata, affettiva e fedele alla vita comunitaria e l'accoglienza nella vita degli insegnamenti lasciati da Gesù contribuiscono a rendere vivo ed autentico l'incontro con il Risorto.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
L'ascensione al cielo del Signore collega le tre letture odierne. L'evangelista san Matteo presenta Gesù risorto, costituito nella pienezza dei suoi poteri, che invia i discepoli a tutte le genti e promette di essere con loro tutti i giorni fino alla fine del mondo. Il momento culminante dell'esperienza pasquale dei discepoli di Gesù, coincide con la loro missione ai popoli per mezzo della quale la sua signoria si manifesta nella storia del mondo. La stessa esperienza viene espressa nella pagina che apre il libro degli Atti degli apostoli. L'ascensione di Gesù al cielo conclude la sua missione storica, quello che egli "fece e insegnò", e dà inizio alla missione futura dei discepoli. Essi, attraverso l'incarico ricevuto dal Risorto e confermato dal dono dello Spirito, diventano suoi delegati o apostoli nel mondo. Perciò l'ascensione di Gesù al cielo è preceduta da un periodo di preparazione dei discepoli alla missione futura. Il testo della Lettera agli Efesini offre l'opportunità di riscoprire la radice ed il fondamento della speranza. Essa è l'atteggiamento fondamentale dei discepoli dopo l'Ascensione. Questa festa rimanda alla signoria di Dio rivelata e attuata per mezzo di Gesù Cristo risorto, alla quale i cristiani sono chiamati ad aderire in pienezza.

La vita
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- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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