LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 luglio 2020 – XVI Domenica del Tempo Ordinario
Solo Dio può giudicare tra bene e maleSapienza 12, 13.16-19; Salmo 85; Romani 8, 26-27; Matteo 13, 24-43
LetturaLa liturgia continua a proporre la lettura del capitolo tredicesimo di san Matteo, denominato "discorso parabolico". Dopo la parabola del seminatore, letta domenica scorsa, e la sua spiegazione data da Gesù stesso, oggi accostiamo altre tre parabole: il grano e la zizzania seminati nello stesso campo, il seme di senapa ed il lievito.
Mt 13, 24-4324Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: "Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?". 28Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". 29"No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio"".31Espose loro un'altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami ".33Disse loro un'altra parabola: "Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata".34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo". 37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!CommentoLa prima parabola si sviluppa in tre tempi. Il primo è quello della semina del grano e della zizzania in mezzo al grano. Il secondo tempo è costituito dalla crescita. In mezzo al grano, che gradualmente va verso la maturazione, compare anche la zizzania. A questo punto nella narrazione si ha una parentesi, costituita dall'intervento dei servi che chiedono al padrone da dove venga la zizzania e quindi il male che convive col bene. Gesù risponde affermando che il male non viene dal padrone del campo ed è a lui completamente estraneo, esso deriva soltanto dall'avversario: "un nemico ha fatto questo". I servi propongono poi di togliere subito l'erba cattiva dal campo. Questa sembra la soluzione più naturale e corrispondente anche alle abitudini agricole dell'ambiente palestinese. Ma il padrone del campo ha un altro progetto. Egli rimanda la separazione del grano dalla zizzania al tempo della mietitura. La mietitura è il terzo momento del racconto parabolico. In questa fase decisiva non sono più i servi gli esecutori degli ordini del padrone, ma i mietitori ai quali il padrone dice: "raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio". È evidente che le immagini della parabola rimandano a Dio che agisce nella storia, dove anche il maligno è all'opera, impedendo alla Parola, gettata con abbondanza, di portare frutto. Prima di riportare la spiegazione della parabola fatta da Gesù ai discepoli in casa, l'evangelista inserisce due brevi parabole affini. La prima fa leva sul contrasto tra il piccolo seme di senapa posto nel terreno e l'arbusto relativamente grande che ne deriva. Anche la parabola del lievito ruota sulla sproporzione esistente tra la grande massa di pasta fermentata da un poco di lievito. L'azione di Dio nel mondo ed il suo regno non procedono con spettacolarità o trionfalismo, caratteristici delle opere dell'uomo, ma operano silenziosamente dal di dentro oppure con interventi che possono sembrare insignificanti, come la missione di Gesù. I risultati finali sono però inimmaginabili per l'uomo, perché soltanto Dio li conosce e ne è il garante. L'evangelista chiude la prima parte del discorso in parabole con un breve commento rivolto alla folla che rimane estranea alla cerchia dei discepoli. Questo succede non a causa delle parabole di Gesù, che corrispondono allo stile della comunicazione di Dio, ma dei destinatari che si chiudono alla parola di Dio proclamata da Gesù. Infatti, per cogliere nelle parabole il disegno di amore di Dio Padre, si deve stare con Gesù, "entrare in casa" e lasciarsi istruire da lui come fanno i discepoli.
Dio Padre continua ad operare con larghezza nella storia. Qui è presente ed opera anche il maligno in completa autonomia. I discepoli devono evitare il rischio della intolleranza o dell'indifferenza nei confronti del male, sicuri della presenza di Dio, lasciando a lui il compito del giudizio finale. Nel frattempo, la certezza che il regno di Dio è all'opera, anche se in modo nascosto e non appariscente, porta i cristiani a vivere con fiducia perseverante e con misericordia, in continua conversione guidata e stimolata dagli insegnamenti di Gesù.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 luglio 2020 – XV Domenica del Tempo Ordinario
La Parola produce sempre frutti abbondantiIsaia 55, 10-11 . Salmo 64 . Romani 8, 18-23 . Matteo 13, 1-23
LetturaNel capitolo dodicesimo l'evangelista san Matteo continua a presentare le posizioni assunte dalla gente davanti a Gesù e al suo ministero. Anche i discepoli, come il maestro, subiscono contestazioni e persecuzioni. Gesù però non si lascia condizionare e continua a compiere la sua missione. Egli si presenta con la stessa autorevolezza e dignità delle figure storiche e profetiche del passato. Qui l'evangelista inserisce il terzo grande discorso di Gesù, che raccoglie le parabole del regno.
Matteo 13, 1-23Mt 13, 1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti". 10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché a loro parli con parabole?". 11Egli rispose loro: "Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! 16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! 18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno".Commento.
La liturgia propone oggi la prima parte del discorso in parabole di Gesù. Il brano si suddivide in tre parti: la parabola del seminatore (13, 1-9), le motivazioni del discorso in parabole (13, 10-17) e la rilettura della parabola del seminatore (13, 18-23). Il testo si apre con una introduzione che presenta il protagonista. Gesù abbandonato la casa dove ha dato istruzioni ai discepoli, siede ora su una barca e dal mare si rivolge ad una folla numerosa, venuta per ascoltarlo. Per san Matteo la folla è composta da tutte quelle persone che non sono discepoli ed in particolare da coloro i quali ancora non hanno deciso di seguire il maestro e che spesso sono refrattari nei suoi riguardi. A questi destinatari Gesù parla in parabole, cioè con un linguaggio simbolico, il quale, se capito, ha la possibilità di svelare il mistero e mettere in comunicazione profonda con la rivelazione. La parabola è come una finestra che si apre sul mistero di Dio e dalla quale è possibile intravedere la grandezza della salvezza donata all'uomo. La prima parabola pronunciata da Gesù è quella del seminatore. Il racconto si ispira alle condizioni ambientali e alle tecniche agricole della Palestina al tempo di Gesù. Ma del racconto occorre sottolineare l'abbondanza della semente gettata, che rimanda all'azione di Dio sempre carica di speranza anche se le situazioni sono, dal punto di vista umano, difficili o segnate dalla crisi. Un altro punto che merita attenzione è il contrasto tra il fallimento di una maggioranza, che riceve il seme ma non da frutto, e una minoranza la quale accoglie il seme, produce frutti abbondanti e diventa segno e annuncio di speranza. Poi Gesù, stimolato da una domanda dei discepoli, spiega perché parla in parabole alle folle dei giudei ostili verso di lui. Costoro devono aprire gli orecchi e gli occhi per sentire e vedere, come fanno i discepoli e non comportarsi come i loro antenati che hanno vissuto col cuore indurito, cioè non disponibile all'azione di Dio. Se essi vogliono, le parabole di Gesù possono portare alla conversione. Infine Gesù spiega ai discepoli la parabola del seminatore. È questa l'occasione per indicare ancora una volta le caratteristiche del discepolo e del vero ascoltatore della parola evangelica.
Con la parabola del seminatore o meglio dei semi abbondanti gettati nel terreno, Gesù insegna che l'opposizione ed il rifiuto della maggioranza della gente nei confronti del Regno dei cieli è inconsistente davanti ai frutti abbondanti e significativi prodotti da un gruppo di discepoli che accolgono con entusiasmo e fiducia la sua parola. I discepoli sono coloro che cercano di superare le crisi che capitano nel cammino della vita e procedono con perseveranza, ascoltando veramente e comprendendo la parola di Gesù, cioè mettendola in pratica attivamente.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema dell'ascolto fruttuoso della parola di Dio collega le letture di questa domenica. Il brano del vangelo presenta le condizioni indispensabili per un ascolto adeguato della parola del Signore. Anche la prima lettura, tratta dal profeta Isaia, presenta il tema dell'efficacia della parola di Dio mediante la similitudine della pioggia e della neve che irrigano la terra. Così la parola che viene da Dio produce sicuramente effetti ed opera ciò che lui desidera, raggiungendo gli obiettivi desiderati: "la parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero, e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata". La seconda lettura, con altra immagine, indica la stessa realtà. Il seme della gloria futura, immesso nella creazione per mezzo della resurrezione di Cristo, come il seme della parola, prima o poi si rivelerà in pienezza ed il progetto di Dio si manifesterà in tutta la sua grandezza. Nel frattempo è necessario imparare a convivere con l'imperfezione ed i limiti costituiti dalla natura umana.
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APOCALISSE
Ventottesima Lettura
Vediamo ora gli ultimi due capitoli dell'Apocalisse. Pur restando come sottofondo la presenza del male ormai vinto, l'autore si sofferma sulle realtà nuove ed eterne che scaturiscono dalla salvezza portata da Dio per mezzo di Gesù Cristo. Egli viene invocato perché la sua presenza continui a sostenere la Chiesa.
LetturaAp 211E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: "Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. 4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate".5E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". E soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e vere". 6E mi disse: "Ecco, sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell'acqua della vita.7Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.8Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte".9Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: "Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello". 10L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.15Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono uguali. 17Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. 18Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. 19I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, 20il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.22In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. 23La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. 24Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. 25Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. 26E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni. 27Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.Ap 221E mi mostrò poi un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. 2In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall'altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni. 3E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello: i suoi servi lo adoreranno; 4vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. 5Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli.6E mi disse: "Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. 7Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le mostrava. 9Ma egli mi disse: "Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare". 10E aggiunse: "Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. 11Il malvagio continui pure a essere malvagio e l'impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.12Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. 13Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine. 14Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all'albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. 15Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! 16Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino". 17Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta, ripeta: "Vieni!". Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita.18A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; 19e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.20Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù. 21La grazia del Signore Gesù sia con tutti.CommentoIl testo inizia presentando tutta una realtà nuova: Cielo e terra. Scompare il mare, il luogo dove vive ed ha sede il male. L'aggettivo nuovo non indica qui una realtà cronologica, appena arrivato, o appena formato. Esso indica qualcosa di definitivo, di perfetto ed escatologico (che riguarda l'escaton cioè le realtà definitive ed eterne). Infatti si parla di "Novissimi" per designare le realtà ultime, l'eternità, la vita dopo la morte. Anche il vangelo lo chiamiamo Nuovo Testamento, in quanto compimento del Primo Testamento. Quante volte troviamo nel NT l'aggettivo "n uovo"! In Isaia 65,17 e 66,22 si presentano i cieli nuovi e la terra nuova. Poi una voce che proviene dal trono dichiara finito il vecchio mondo e l'inizio del nuovo. È un canto liturgico di lode e di speranza. La rappresentazione della Nuova Gerusalemme è la celebrazione di una meta, di un fine pieno e glorioso a noi destinato da Dio. Dio stesso interviene per ribadire con una dichiarazione solenne la sua opera di novità assoluta. In opposizione ai cittadini della Gerusalemme nuova e santa, coloro che hanno vinto il male, che partecipano della stessa vita di Dio, perché suoi figli ed eredi, sono presentati gli esclusi.
Nella descrizione della Nuova Gerusalemme l'autore si ispira a Ez 40-48, Is 60-66 e Zc 14. Prima viene presentata la città sposa che poi diventa la città santa ed è Dio che la rende sposa e santa. Tutta la descrizione della città è perfetta ed è un degno luogo dove abita Dio. Nella nuova Gerusalemme non ci sarà più bisogno di un tempio perché la "gloria" di Dio abiterà tutta la città. Ora nella città tempio tutto è consacrato; il male provocato dalla bestia è stato annientato; l'unica liturgia è quella di Dio e dell'Agnello. L'anagrafe della Gerusalemme nuova coincide con gli elenchi del "libro della vita".
Nella città santa scorre il fiume della vita che è costeggiato dall'albero della vita. L'autore si ispira sicuramente a Ez 47,1-12 che diventa il commento dei primi due versetti. Gli alberi miracolosamente fruttificano ogni mese e hanno potere terapeutico. Ritorna l'albero della vita già incontrato precedentemente (cfr. Gn 2,9 e 3,24). Entra ora in scena Gesù che ripete la frase: "ecco io vengo presto". È la venuta di Gesù nella celebrazione liturgica della comunità. È la venuta di Gesù a liberare i cristiani perseguitati e oppressi. È la venuta di Gesù a salvare i suoi amici. Ed è Giovanni che ha visto e udito, e che si prostra per adorare l'angelo; l'angelo però si rivolge a Giovanni e gli dice di alzarsi perché solo Dio occorre adorare e tutti gli altri esseri celesti o terrestri sono creature di Dio; solo Lui bisogna adorare. Gesù poi si presenta come l'autore della salvezza, dall'inizio fino alla fine della storia e anche all'interno del popolo ebraico. Per questo motivo lo si invita a "venire", come abbiamo detto sopra. Nel frattempo i cristiani hanno il mandato di custodire, conoscere e mettere in pratica la Scrittura, così come è stata consegnata. Gesù sicuramente viene e verrà per salvare i suoi amici.
Conclusione- Nel mondo esiste il male ed imperversa
- Chi lo accoglie ne è succube e perde la comunione con Dio
- Dio ha vinto il male per mezzo di Gesù Cristo
- Chi resta unito a lui nell'assemblea dei credenti non deve temere nulla
- La salvezza è donata a tutti coloro che seguono Gesù Cristo
- È una salvezza donata individualmente e comunitariamente e la dimensione comunitaria è fondamentale e costitutiva
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 9 luglio 2023 – XIV Domenica del Tempo Ordinario
Gesù è l'unico rivelatore autorizzatoZaccaria 9, 9-10 . Salmo 144 . Romani 8, 9.11-13 . Matteo 11, 25-30
LetturaDopo le parole relative al discepolato del capitolo decimo, abbiamo ora una sezione che presenta le posizioni assunte dalle persone davanti a Gesù e al suo ministero (Mt 11-12). All'inizio incontriamo la perplessità del Battista che, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, si chiede se lui sia veramente colui che deve venire oppure se si debba aspettare un altro inviato. Per questo invia una delegazione ad intervistare Gesù. Poi si ha il giudizio durissimo di Gesù sulle città, che hanno assistito e partecipato al suo ministero e non hanno risposto con la conversione. A questo punto abbiamo le parole di Gesù sui discepoli (Mt 11, 25-30), il brano di questa domenica.
Mt 11, 25-3025In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".CommentoIl testo può essere suddiviso in tre parti. Dapprima incontriamo la preghiera di Gesù diretta al Padre (vv. 25-26) attraverso la quale lo ringrazia e lo benedice con una formula presa dalla tradizione spirituale ebraica: "ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra". L'accento cade poi sulla motivazione della preghiera di lode. Il Padre ha scelto liberamente e gratuitamente "i piccoli" come destinatari privilegiati della rivelazione, escludendo "i sapienti e gli dotti". I piccoli sono coloro che Gesù chiama anche poveri e vanno identificati con i discepoli credenti, che accolgono con disponibilità e generosità la rivelazione del Padre offerta per mezzo di Gesù. I sapienti e i dotti invece sono coloro che non accolgono la rivelazione di Dio oppure dicono di accoglierla ma, attraverso comportamenti e scelte particolari, pongono invece al centro della vita se stessi e non la volontà del Padre. Nella seconda parte (v. 27) Gesù si presenta Figlio del Padre e suo unico rivelatore autorizzato. Egli infatti, in virtù della relazione col Padre e della sua conoscenza, può far conoscere Dio agli uomini: "tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Ne consegue che solo in una relazione vitale con la persona ed il messaggio di Gesù si può entrate nel cuore del cristianesimo ed incontrare veramente il mistero di Dio. Infine (vv. 28-30) Gesù invita tutti coloro che sono "stanchi ed oppressi" ad andare con lui. Queste categorie di persone sono da identificare immediatamente in coloro che sono oppressi, sovraccaricati e schiacciati dal regime farisaico della interpretazione della legge. Ma anche ogni persona di ogni tempo stanca e schiacciata può sentire rivolta a lei le parole di Gesù. A tutti costoro Gesù offre ristoro perché propone un modo nuovo di portare il "giogo" dell'alleanza, della legge del Signore e di vivere la prova. Queste non sono più un peso connotato legalisticamente, o che schiacciano soltanto, ma attraverso Gesù, che vive con amore il rapporto col Padre, i comandamenti di Dio e le prove della vita sono la possibilità unica e concreta di essere in comunione con lui. Egli, a differenza dei farisei, non solo fa conoscere la volontà di Dio, ma è il primo ad attuarla in modo pieno con amore generoso. Per questo Gesù può dire: "imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
In conclusione, Gesù rivolgendosi ai piccoli, ai discepoli del vangelo, dichiara che Dio Padre fa conoscere e fa vivere per mezzo di lui tutto il mistero della salvezza. È attraverso Gesù Cristo che si ha la sicurezza di entrare e partecipare alla relazione di amore col Padre. Imitando Gesù ed imparando da lui, gli insegnamenti evangelici non sono da vedere come imposizione autoritaria da sopportare, ma manifestazione dell'amore del Padre. Se il vangelo è accolto con amore e vissuto con generosità, diventa la possibilità concreta che oggi abbiamo di vivere la comunione diretta col mistero di Dio.
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APOCALISSE
Ventisettesima Lettura
L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re, dai mercanti e dai naviganti, a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo. Anche altre visioni vengono descritte (cfr. cap. 20).
LetturaAp 201E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. 2Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 3lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo. 4Poi vidi alcuni troni - a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare - e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; 5gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. 6Beati e santi quelli che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni. 7Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere 8e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg, e radunarle per la guerra: il loro numero è come la sabbia del mare. 9Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. 10E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.11E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. 12E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. 13Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. 14Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. 15E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.CommentoCome nella seconda parte del capitolo 19, anche nel ventesimo sono presentate delle visioni e precisamente tre, introdotte dal verbo "vedere": vv. 1. 4. 11. Queste visioni dobbiamo leggerle bene perché nel corso dei secoli hanno attirato molta attenzione con la cifra dei "mille anni". Nacque da questa indicazione la tesi del "millenarismo"[1] . Abbiamo davanti a noi un trittico ed il primo si apre con un angelo che ha in mano "la chiave dell'abisso". Questo simbolo rimanda al potere sull'area infernale (cfr. 1,18 e 9,1; Mt 16,18 "le chiavi del regno dei cieli"). Solo Cristo, attraverso il suo angelo, può disporre della città dell'Abisso, cioè del luogo del castigo. Il male pur essendo ancora vivo e terribile è però incatenato. È questo un messaggio di fiducia e speranza rivolto alla chiesa. Il fatto che il male sia lasciato libero forse allude alla passione e morte di Cristo e dei Cristiani. Con la presenza di Dio e di Cristo accanto a noi è possibile non temere più il male, anche quando apparentemente imperversa. Le sue armi non sono invincibili ma spuntate, la sua forza è reale ma incatenata e bloccata. Nella seconda visione si presenta una specie di corte celeste che forse viene ripresa da Dn 7. Al regno e al giudizio partecipano i testimoni di Gesù e della Parola, i martiri che non si sono piegati alla Bestia. Essi hanno perso la vita per ottenerla in pienezza (cfr. Mc 8,35). Si parla poi di "prima risurrezione". Con questa espressione si intende lo stato dei credenti che hanno già ricevuto il premio eterno e sono in attesa del giudizio definitivo. Loro continueranno a vivere in Cristo e gli altri subiranno la seconda morte. Forse si può anche intendere che i cristiani, prima che si concluda la vicenda umana, partecipano come sacerdoti alla gloriosa liturgia celeste, nel consesso della corte divina. Alla conclusione del tempo simbolico dei mille anni, il tempo della storia della salvezza, si ha lo scontro finale tra bene e male. Esso sfocia nel giudizio ultimo. Già si è parlato di ciò in 19,11 ma l'autore non fa un racconto consequenziale ma procede ad immagini che ritornano continuamente su se stesse. Terminato il millennio simbolico Satana sarà liberato dalla prigione in cui Cristo l'aveva rinchiuso e scatena il suo ultimo assalto (v. 7). Raduna da tutta la terra i suoi seguaci pronti a schierarsi con lui e li chiama con una coppia di nomi presi a Ezechiele: Gog e Magog (cfr. Ez 38-39). Che significato abbiano questi nomi è incerto, sicuramente incarnano le potenze storiche nemiche del popolo di Dio. Il male ha un numero di adepti sterminato e puntano sull'"accampamento dei santi". Vi è una allusione a Israele pellegrino nel deserto e alla Gerusalemme dei giusti: la città amata. Questa azione dei malvagi è ostacolata da un intervento del cielo che col fuoco li distrugge e confina il diavolo, la bestia ed il falso profeta (il potere ingiusto, il peccato e la devianza religiosa) nell'area infernale. Il male quindi soccombe e per lui non c'è via di scampo. Si passa ora al giudizio finale vero e proprio descritto nell'ultimo quadro. È l'ultimo atto che avviene nella storia che inaugura l'eternità. È Dio che giudica in base a quanto è scritto nei libri celesti, sui quali sono registrate le azioni ed i segreti di tutti gli uomini. Dio ribalterà tutte le falsità umane, le ipocrisie e giudicherà con rettitudine ogni persona. Dio è indicato dal trono bianco su cui egli siede. Tutta l'umanità passa davanti a Dio per essere giudicata secondo le opere compiute. Si parla ancora anche del libro della vita, dove saranno registrati i salvati. I morti che devono essere giudicati provengono da tre ambiti diversi: il mare, la morte e gli inferi. Il mare è simbolo del caos e del dominio del male; la morte rappresenta la realtà che tutto divora; gli inferi (lo sheol) indica la realtà dove sono i morti in attesa del giudizio, Ade per i greci. Chi non è scritto nel libro della vita è destinato allo "stagno di fuoco". È una raffigurazione simbolica per raffigurare l'allontanamento definitivo da Dio, la "seconda morte".
- Che idea abbiamo di Dio? È un distruttore che penalizza o è amore che salva?
- Il male è stato vinto per sempre però occorre vigilare per non esserne condizionati.
- Il mondo è stato bonificato dal male, però è necessario che sia continuamente rinnovato.
[1] Già nel mondo giudaico alcune tradizioni religiose apocalittiche ritenevano che dopo settemila anni del mondo ci sarebbe stato l'avvento del Messia con un regno da lui fondato. Questo regno era spesso indicato con un periodo di mille anni. Nei primi secoli del cristianesimo molti pensavano che l'Apocalisse proponesse, prima della venuta definitiva del Regno di Dio, un tempo del Messia di mille anni. Questa teoria dei mille anni del Messia, prima della fine della storia, fu condannata dal Concilio di Efeso del 431, ma non si spense ed emerse con alcuni movimenti radicali del Medioevo ed è presente anche ai nostri giorni nei gruppi religiosi e nelle sette apocalittico-fondamentalistiche. I Padri della Chiesa in particolare Origene ed Agostino proposero fondamentalmente una interpretazione simbolica del millennio, cioè i mille anni sono un simbolo di una fine che ci sarà ma non si sa quando. Sostanzialmente si possono individuare due interpretazioni. La prima vede in questi mille anni, che accompagnano la prima vittoria sulla bestia, l'antica Alleanza, cioè la storia della salvezza rappresentata dall'Antico Testamento, alla quale poi subentra la piena vittoria di Cristo, che ha il suo culmine nella nuova Gerusalemme. L'altra interpretazione vede in questi mille anni la definizione simbolica del tempo della chiesa, che va dalla Pasqua di Cristo alla pienezza finale. In questo arco il male non è annientato, ma è incatenato e lo si vince con la lotta quotidiana della comunità dei giusti che è unita a Cristo.