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Lectio Divina XIII Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 2 luglio 2023 – XIII Domenica del Tempo Ordinario

Nell'accoglienza si gioca la missione

2 Re 4, 8-11.14-16° . Salmo 88 . Romani 6, 3-4.8-11 . Matteo 10, 37-42

Lettura
Continua la lettura del capitolo decimo di san Matteo in cui si raccolgono le istruzioni date da Gesù ai suoi discepoli. Dopo il passo di domenica scorsa, troviamo una serie di sentenze pronunciate da Gesù (10, 34-42). Le prime (vv. 34-36) riguardano l'ostilità familiare incontrata dal discepolo. Le altre (vv. 37-42) toccano il tema della sequela del discepolo, che ha accettato di seguire il maestro.

Matteo 10, 37-42
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".

Commento
Il brano di questa domenica si apre con una affermazione di Gesù sulla sequela, utilizzando l'immagine della relazione familiare e filiale. Nella vita del discepolo è prioritaria la fedeltà a Cristo e tutto dipende da questa scelta di fondo: "chi ama padre o madre più di me non è degno di me". A questa prima indicazione di Gesù è strettamente correlato l'invito a prendere e portare la croce con lui. Non esiste discepolato evangelico autentico senza che vi sia condivisione con la croce del maestro: "chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me". Ciò significa che per essere discepoli occorre lottare e soffrire per essere fedeli al vangelo e nello stesso tempo si è provati a causa delle difficoltà che il regno incontra nell'impatto col mondo. Seguono due sentenze imperniate sull'antitesi trovare e perdere la vita: "chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà". Chi cerca di possedere la vita, diventando lui il protagonista assoluto attraverso prospettive e scelte egoistiche, l'annulla e la rende inutile. Il discepolo invece, che è invitato a donare la vita gratuitamente agli altri, percorrendo le infinite strade indicate dall'amore, sull'esempio di Cristo Signore, dà ad essa senso e non la spreca inutilmente. Le ultime sentenze sono accomunate dal verbo accogliere, che sottolinea la prospettiva missionaria a cui è chiamato il discepolo. Tutta l'evangelizzazione si gioca nella dinamica dell'accoglienza di Dio e delle persone. Se da un alto i discepoli sono uguali al Figlio, perché hanno accettato di seguirlo, e chi accoglie loro accoglie il Figlio ed il Padre che lo ha mandato, dall'altro gli inviati, consapevoli della loro identità acquisita e della missione ricevuta, devono usare tutte le strategie per essere accolti e per accogliere. L'evangelizzazione non è uno sportello pubblico a disposizione di chi ne ha bisogno, ma un dono indispensabile da offrire alle persone, partendo dai bisogni concreti di tutti ai quali i discepoli cercano di venire incontro con vero amore disinteressato. Chi accoglie i discepoli, che sono i bambini del regno ed i piccoli delle beatitudini, i quali si sforzano di modellare la loro vita sugli insegnamenti del Signore, riceve ricompensa sicura, cioè partecipa direttamente e subito alla comunione ecclesiale e alla vita trinitaria col Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

In conclusione, le coordinate che orientano l'esistenza del discepolo sono la fede radicale in Dio, il Padre, e la solidarietà irreversibile di destino con il Cristo crocefisso. Da questa relazione vitale deriva l'identità del discepolo e l'impegno incondizionato per l'annuncio del vangelo. Questo è da portare a tutti, offrendolo come dono che sgorga da amore solidale.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio Divina XII Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 25 giugno 2023 – XII Domenica del Tempo Ordinario

Tu vali molto davanti a Dio!
Geremia 20, 10-13 . Salmo 68 . Romani 5, 12-15 . Matteo, 10, 26-33

Lettura
Siamo ancora nel secondo grande discorso di Gesù, presentato dall'evangelista san Matteo, in cui si indicano le regole per essere suoi discepoli. Dopo il brano della domenica precedente, sulle coordinate della missione, troviamo un passo decisivo riguardante la persecuzione e la sofferenza dei discepoli. Queste sono caratteristiche intrinseche alla vita e alla missione evangelica. A questo punto è inserito il brano di oggi.

Mt 10, 26-33
26Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

Commento
Il testo inizia con un invito esplicito rivolto ai discepoli: "non abbiate paura". Poco prima Gesù aveva infatti parlato della persecuzione dei discepoli e della loro solidarietà col maestro crocefisso: "sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia... è sufficiente per un discepolo essere come il suo maestro" (Mt 10, 16-25). Ora sostiene i suoi con una accorata esortazione, prevedendo le persecuzioni, che nel corso dei secoli avrebbero incontrato a causa del vangelo. L'invito a non temere ritorna poi in altri due punti del brano. "Non abbiate paura..." si legge all'inizio del v. 28 e al v. 31: "non abbiate dunque paura". Gesù, dicendo di non temere gli uomini, intende suggerire ai suoi di non lasciarsi condizionare dalle persone che seguono il male. Infatti, prima o poi tutto diventerà palese e ogni segreto sarà svelato. Cioè il male sarà smascherato ed annientato ed il bene si affermerà definitivamente. Per questo il vangelo va proclamato anche se procura sofferenza, persecuzioni ed insuccessi. È necessario però una precauzione. Non bisogna lasciarsi irretire dal maligno, che lavora subdolamente permeando gradualmente la vita dei cristiani con ragionamenti, scelte ed atteggiamenti che svuotano dal di dentro la forza del vangelo. Il maligno va combattuto perché "ha il potere di far perire e l'anima e il corpo". La motivazione di tale comportamento complessivo dei cristiani, animato dalla speranza e dalla fiducia nel Signore, sta nella consapevolezza che il Padre si prende cura direttamente di ciascuno. Come infatti Dio si interessa personalmente dei passeri e dei capelli del capo dell'uomo, così egli guarda con più attenzione alle persone, le quali valgono molto più dei passeri, in quanto create a sua immagine. Il brano si conclude con due sentenze che ruotano attorno ai verbi riconoscere e rinnegare. Chi testimonia il vangelo con coerenza, senza lasciarsi condizionare da paure o da giudizi che vengono dal maligno, sarà accolto ed approvato da Gesù e dal Padre. Chi invece si sottrarrà, per qualsiasi ragione, alle sue responsabilità di credente, non riceverà giustificazioni da Dio.
In conclusione, chi accetta di seguire Gesù Cristo non può lasciarsi condizionare dalla paura che nasce dal confronto o dallo scontro con gli uomini. La forza del vangelo ha sempre la meglio anche se immediatamente può sembrare una scelta debole e perdente. La paura è una tentazione del maligno. Per superarla occorre rafforzare la consapevolezza e l'esperienza diretta della vicinanza di Dio Padre. Egli, infatti, si interessa realmente e personalmente di ciascuno.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Il tema che unisce le letture di questa domenica è espresso dall'invito di Gesù a "non temere". Si tratta di ritrovare le ragioni profonde della fiducia e della speranza, da mantenere e consolidare anche in mezzo alle prove che nascono dall'annuncio e dalla testimonianza del vangelo. Questa scelta di fiducia coraggiosa e serena è suggerita dalla prima lettura di Geremia. Egli viveva in un ambiente che gli era ostile in quanto sosteneva la riforma religiosa messa in atto dal re Giosia. Infatti sono stati soppressi i santuari locali per favorire il culto centralizzato a Gerusalemme. Questa operazione tocca gli interessi di molte persone e quindi nella regione di Ananot, dove vive Geremia, si arriva al punto di minacciarlo di morte. Le posizioni del profeta contro la corruzione del suo ambiente non solo gli alienano gli amici e conoscenti, ma gli attirano addosso scherni ed insulti. Egli però si fida del Signore ed a lui affida la sua causa. Per questo la situazione si capovolge. Non è il profeta a cadere, ma i suoi persecutori. La vittoria finale è attribuita al Signore che ha liberato "la vita del povero dalle mani dei malfattori". La seconda lettura invita a non temere soltanto gli avversari, ma anche il peccato. Se questo sembra a volte dominare l'umanità, il credente è invitato ad essere certo che dopo "il dono di grazia", che è Gesù Cristo, la salvezza di Dio è riversata "in abbondanza su tutti gli uomini".

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio Divina XI Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 18 giugno 2023 - XI Domenica T.O.

Tutti missionari con le parole e con i fatti
Esodo 19, 2-6 . Salmo 99 . Romani 5, 6-11 . Matteo 9, 36 - 10, 8

Lettura
Dopo il "discorso della montagna" (cc. 5-7), l'evangelista raccoglie in due capitoli (cc. 8-9) materiali che presentano le opere potenti compiute dal Messia. Egli non solo proclama la parola di salvezza, ma la realizza concretamente nella vita delle persone. Un segno di cui Gesù si serve per testimoniare la sua opera è il miracolo. La liturgia odierna ci riporta gli ultimi versetti di questa parte del vangelo ed i primi del secondo grande discorso di Gesù: le istruzioni date ai discepoli (c. 10).

Mt 9, 36-10,8
36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore . 37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!".
10, 1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.
5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

Contenuto
Il brano odierno inizia con una nota redazionale contenente la reazione emotiva di Gesù nei confronti del popolo ("Gesù, vedendo le folle, sentì compassione... ") ed una sua sentenza riguardante i discepoli: "la messe è molta, ma gli operai sono pochi". Alla condizione miserevole del popolo corrisponde la compassione di Gesù, che è all'origine della missione allargata poi ai discepoli. Poiché vi è contrasto tra l'abbondanza della messe e la scarsità degli operai addetti alla mietitura, Gesù chiede ai discepoli di pregare perché molti operai possano continuare la sua missione. Inizia poi il cosiddetto "discorso di missione", che si divide in due parti: la chiamata dei discepoli-apostoli (10, 1-4) e il loro invio in missione con le relative istruzioni (10, 5-15). Nel testo liturgico quest'ultima parte non è riportata per intero; abbiamo soltanto l'indicazione dei destinatari della missione ed il programma consegnato ai discepoli. Matteo inizia il capitolo presentando Gesù che chiama a sé i dodici discepoli per affidare loro la sua stessa autorità. Questa autorità messianica, donata da Gesù ai suoi, li abilita all'annuncio autorevole del vangelo accompagnato da segni, che rendono credibile la loro predicazione. Il numero dodici si collega alle dodici tribù d'Israele, che rappresentano il popolo di Dio. Nel gruppo dei dodici, di cui sono riportati i nomi ed alcune caratteristiche personali, è da sottolineare il posto preminente occupato da Pietro. Nel gruppo poi, passano in secondo piano l'appartenenza alle antiche tribù d'Israele e la militanza religiosa degli individui. Infatti convivono ebrei osservanti, un "pubblicano", considerato collaborazionista col potere dominante, e un nazionalista ("Simone il cananeo", che significa zelota o nazionalista) che si era impegnato a combattere gli stranieri dominatori. Dopo la presentazione dei dodici abbiamo le istruzioni affidate da Gesù agli inviati. Colpisce la delimitazione del loro ambito d'azione: "non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele". Come Gesù, anche gli apostoli, collaboratori diretti del maestro, sono mandati ad annunciare il regno prima di tutto agli ebrei. Solo dopo la sua passione, morte e resurrezione di Gesù la loro missione si aprirà a tutte le genti. Infine troviamo indicato il programma missionario scandito in due momenti: l'annuncio del regno ("strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino") ed il suo compimento nei segni autorevoli e credibili ("guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni").

Senza preconcetti Gesù chiama i discepoli a collaborare con la sua missione e a prolungarla dopo la sua Pasqua. A fondamento dell'incarico ricevuto i discepoli sanno che vi é la condivisione, da parte del Signore, delle necessità dell'umanità. Per questo ogni servizio, ispirato al vangelo, deve proclamare in modo forte la presenza di Dio nella storia e dichiarare con le opere che il Signore, attraverso la Chiesa, continua a risollevare le miserie dell'umanità. È allora conseguenza irrinunciabile la preghiera incessante, perché sempre ci siano operai per il vangelo.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
L'immagine biblica del "popolo di Dio" dà unità alle tre letture. Nella prima lettura troviamo le radici del popolo di Dio, quando il Signore promette ai figli d'Israele di costituirli come suo popolo, "un regno di sacerdoti e una nazione santa". Per mezzo di Mosé il Signore presenta la condizione fondamentale per entrare e vivere nell'alleanza: "ora, se voi vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza". Questa proposta è preceduta dall'azione gratuita ed efficace di Dio che ha fatto uscire il popolo dalla condizione di schiavitù in Egitto e lo ha condotto fino alla montagna dell'alleanza. L'immagine del nuovo popolo di Dio si ritrova anche nel vangelo, quando Gesù associa alla sua missione di pastore messianico il gruppo dei dodici, inviato alle "pecore perdute della casa di Israele". Essi dovranno guidare, nel nome del Signore, il gregge che vaga senza pastore. La seconda lettura manifesta il criterio di fondo attraverso il quale si partecipa al popolo di Dio: "Dio dimostra il suo amore per noi perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". La vita piena, donata da Gesù Cristo, è anche la meta del cammino del popolo di Dio.

PER ATTUALIZZARE
- I discepoli del Signore condividono con lui la missione di portare il vangelo a tutti.
- L'umanità è da guardare con comprensione, così come ha fatto Gesù, condividendone le ansie e le sofferenze ed offrendo percorsi di ripresa e di speranza.
- Necessità persistente di pregare perché nella comunità non manchino mai gli "operai" necessari per il vangelo.

PER APPROFONDIRE
CdA nn. 432-435: La Chiesa definitivo popolo di Dio; nn. 560-561: La missione di ogni cristiano

Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 26

APOCALISSE
Ventiseiesima Lettura

L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re mercanti e naviganti a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo.

Lettura
Ap 19
1Dopo questo, udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva: "Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio, 2perché veri e giusti sono i suoi giudizi. Egli ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi!". 3E per la seconda volta dissero: "Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!". 4Allora i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: "Amen, alleluia".
5Dal trono venne una voce che diceva: "Lodate il nostro Dio, voi tutti, suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi!". 6Udii poi come una voce di una folla immensa, simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: "Alleluia! Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente. 7Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta: 8le fu data una veste di lino puro e splendente". La veste di lino sono le opere giuste dei santi. 9Allora l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello!". Poi aggiunse: "Queste parole di Dio sono vere". 10Allora mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo, ma egli mi disse: "Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo con te e i tuoi fratelli, che custodiscono la testimonianza di Gesù. È Dio che devi adorare. Infatti la testimonianza di Gesù è lo Spirito di profezia". 11Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia. 12I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. 13È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio. 14Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. 15Dalla bocca gli esce una spada affilata, per colpire con essa le nazioni. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa di Dio, l'Onnipotente. 16Sul mantello e sul femore porta scritto un nome: Re dei re e Signore dei signori.
17Vidi poi un angelo, in piedi di fronte al sole, nell'alto del cielo, e gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano: 18"Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei comandanti, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi". 19Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti, radunati per muovere guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. 20Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta, che alla sua presenza aveva operato i prodigi con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. 21Gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca del cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni.

Commento
In antitesi al silenzio che era sceso sulla città punita ora si scatenano canti e musiche di lode e ringraziamento. Si inizia con "Alleluia", formula innica ebraica che significa "lodate il Signore"[1]. C'è un coro potente d'apertura (vv. 1-2) composto dagli angeli e dai santi. È un canto di lode [2]che ha come tema fondamentale il giudizio di Dio su Babilonia, la grande corruttrice dell'umanità con la sua idolatria (prostituzione), l'assassina di martiri. L'inno ha per oggetto l'opera di Dio, la sua salvezza (vittoria) sul male, il suo rendersi presente nella storia schierandosi dalla parte dei giusti e delle vittime (cfr. Sal 146,6-9). Il secondo coro v.3 evoca il crollo di Babilonia in modo lapidario. A questo punto si innalza la voce di coloro che formano la liturgia celeste ed innalzano inni di adorazione. Le loro sono parole essenziali bibliche di lode e ringraziamento: Amen e Alleluia. Anche Amen deriva dall'ebraico e risuonava nella liturgia templare. Nel v. 5 una voce solista traduce il termine alleluia e coinvolge nel canto l'assemblea dei giusti. Questo solista viene dall'area più sacra, il trono divino. È uno degli assistenti del trono e dietro a lui parte tutto il coro possente che innalza a Dio un inno di lode (cfr. Sal 47; 93; 96-99). Nel canto c'è la celebrazione del Regno di Dio che ha un progetto ben diverso da quello di Babilonia e lo porta a compimento. Questo regno sarà ora instaurato da Cristo. Nel canto troviamo anche il tema delle "Nozze dell'Agnello", che sarà il filo conduttore degli ultimi capitoli. Le nozze che Cristo l'Agnello celebrerà con la sua sposa, la Gerusalemme celeste perfetta e pacifica abitata dai santi e dai giusti (vv.7-8). Il linguaggio ed il simbolismo biblico spesso ricorrono a simboli nuziali per esprimere il legame intenso e d'amore che lega il Signore al suo popolo (Os 2,16-18; Is 54,5-6; Ez 16; Cantico). Nel Primo Testamento Dio si presenta come sposo di Israele e la sposa è infedele. Nell'Apocalisse lo sposo è Cristo – Agnello e la sposa è la Chiesa – Gerusalemme celeste, nuova e fedele. Nei vv. 9-10 si parla di pranzo di nozze e il pensiero corre ai racconti parabolici narrati da Matteo e Luca e annunciati da Gesù (Mt 22,2-14; Lc 14,16-24). La scena ha però una novità. Giovanni vuole prostrarsi davanti all'angelo ma lui lo impedisce e proclama che solo davanti a Dio ci si deve prostrare (forse si accenna ad una eresia presente in Asia Minore che considerava gli angeli come mediatori della salvezza). Nello stesso tempo qui si dichiara la grandezza dei cristiani che sono alla pari degli angeli. Col v. 11 siamo di fronte all'ultimo duello tra Bene e Male, tra Logos e la Bestia. Si inizia con la presentazione di un profilo glorioso di un cavaliere che siede su un cavallo bianco che rimanda alla gloria divina. Il cielo è spalancato davanti a Giovanni come al battesimo di Gesù al Giordano (Mt 3,16). Il nome nella Bibbia è la definizione della persona, il suo progetto di vita. Fedele e Veritiero indicano il perfetto rivelatore dei misteri divini. Allora si deve pensare che questo cavaliere sia Gesù Cisto "La Parola fatta carne". Vi è poi un'altra visione di un angelo che sta davanti a Cristo. La presenza di uccelli e rapaci è un rimando apocalittico che banchettano su morti di ogni genere. La Bestia col suo corteo, opposti al cavaliere divino, cadono catturati e distrutti. Il falso profeta incarna la degenerazione spirituale le deviazioni religiose che sono opera di satana. Satana opera anche nel fanatismo spirituale, nell'inganno spirituale e nella superstizione magica.
- Quanto è importante nella vita la lode al Signore. La liturgia di lode è una vera esperienza di comunione con Dio.
- Solo davanti a Dio e a Cristo occorre prostrarsi.
- Vi è un invito ad esaminare le nostre pratiche religiose.

[1] Composto di due voci ebraiche, hallelū (\ebraico\) "lodate" e Yāh (\ebraico\), forma breve del nome divino Jahvè. Si trova scritto in numerosi salmi, come formula dossologica, al principio, e in qualche caso alla fine.
[2] Deriva dalla radice semitica 'mn col senso "sostenere, esser saldo", quindi "esser sicuro, certo, veritiero", ecc. Nella Bibbia è usato per lo più avverbialmente, sia per confermare ciò che altri ha detto ("sicuro! certo!"), sia per dare enfasi alla propria asserzione ("in verità!). deriva il termine dalla radice 'aman da cui derivano 'emunah (fede) e 'emet (fedeltà).

Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 25

APOCALISSE
Venticinquesima Lettura

L'Apocalisse si avvia ora verso il suo culmine, cioè la descrizione del giudizio divino sul male incarnato in una donna-metropoli, prostituta e chiamata Babilonia, alla quale subentrerà la rappresentazione della salvezza dei giusti nella città-sposa, la Gerusalemme celeste. Nei capp. 17 e 18 impera la figura di Babilonia la storica nemica d'Israele.

Lettura
AP 18

18 1Dopo questo, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore. 2Gridò a gran voce: "È caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata covo di demòni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro e rifugio di ogni bestia impura e orrenda. 3Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua sfrenata prostituzione, i re della terra si sono prostituiti con essa e i mercanti della terra si sono arricchiti del suo lusso sfrenato". 4E udii un'altra voce dal cielo: "Uscite, popolo mio, da essa, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli. 5Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità. 6Ripagàtela con la sua stessa moneta, retribuitela con il doppio dei suoi misfatti. Versàtele doppia misura nella coppa in cui beveva. 7Quanto ha speso per la sua gloria e il suo lusso, tanto restituitele in tormento e afflizione. Poiché diceva in cuor suo: "Seggo come regina, vedova non sono e lutto non vedrò". 8Per questo, in un solo giorno, verranno i suoi flagelli: morte, lutto e fame. Sarà bruciata dal fuoco, perché potente Signore è Dio che l'ha condannata". 9I re della terra, che con essa si sono prostituiti e hanno vissuto nel lusso, piangeranno e si lamenteranno a causa sua, quando vedranno il fumo del suo incendio, 10tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti, e diranno: "Guai, guai, città immensa, Babilonia, città possente, in un'ora sola è giunta la tua condanna!". 11Anche i mercanti della terra piangono e si lamentano su di essa, perché nessuno compera più le loro merci: 12i loro carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo; 13cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, carri, schiavi e vite umane. 14"I frutti che ti piacevano tanto si sono allontanati da te; tutto quel lusso e quello splendore per te sono perduti e mai più potranno trovarli". 15I mercanti, divenuti ricchi grazie a essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e lamentandosi, diranno: 16"Guai, guai, la grande città, tutta ammantata di lino puro, di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle! 17In un'ora sola tanta ricchezza è andata perduta!". Tutti i comandanti di navi, tutti gli equipaggi, i naviganti e quanti commerciano per mare si tenevano a distanza 18e gridavano, guardando il fumo del suo incendio: "Quale città fu mai simile all'immensa città?". 19Si gettarono la polvere sul capo, e fra pianti e lamenti gridavano: "Guai, guai, città immensa, di cui si arricchirono quanti avevano navi sul mare: in un'ora sola fu ridotta a un deserto! 20Esulta su di essa, o cielo, e voi, santi, apostoli, profeti, perché, condannandola, Dio vi ha reso giustizia!".
21Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una màcina, e la gettò nel mare esclamando: "Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città, e nessuno più la troverà. 22Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; il rumore della màcina non si udrà più in te; 23la luce della lampada non brillerà più in te; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te. Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte. 24In essa fu trovato il sangue di profeti e di santi e di quanti furono uccisi sulla terra".

Commento
Con una grandiosa manifestazione angelica, con toni ed immagini grandiosi, Giovanni disegna in visione il giudizio su Babilonia, il cui crollo è descritto solo attraverso gli echi che esso provoca. Babilonia è caduta perché è diventata sede di ogni forma di impurità, cioè di idolatria. La Babilonia fiorente a causa del demoniaco è stata ingannata e tutto è dominato dal male (cfr. Is 13,21-22). La città ha influenzato col male le nazioni perché questo sistema fondato nel male ha una forte capacità di presa su tutte le nazioni. Una seconda voce invita il popolo di Dio a separarsi radicalmente dal male incarnato da Babilonia. Anche in questo caso ci si riferisce ad un testo di Is 48,20; 52,11. Il secondo invito consiste nel punire la città con "la legge del taglione"[2] che qui è descritta in modo molto severo. Dio non resta indifferente di fronte al potere blasfemo, violento e peccaminoso. La prima lamentazione su Babilonia la troviamo nei vv. 9-10. La distruzione di Babilonia non è descritta direttamente ma attraverso le reazioni di tre categorie di persone: i re, i mercanti e i comandanti. I re indicano il potere statale che ha perso la sua fonte di piacere e di male. La seconda lamentazione (vv. 11-17a) è molto più ampia ed è aperta dai gestori del sistema commerciale che ruotava attorno all'impero. I mercanti indicano tutti coloro che ne hanno approfittato per i loro interessi e si sono arricchiti in questa situazione di male e di peccato. Oggi potrebbero essere identificate con le strutture di peccato che sfruttano i popoli per i loro guadagni iniqui. Crollando il perno che sorreggeva l'economia, i prodotti di lusso crollano e non trovano più sbocco nel mercato. La grande idolatria delle ricchezze, del lusso sfrenato, del consumismo acceca il cuore dell'uomo ma anche lo delude profondamente viene meno e si rivela fragile ed impotente (cfr. Mt 6,19 "non accumulate tesori...). Infine i comandanti ed i lavoratori del mare rappresentano quelli che noi oggi chiamiamo "servizi" o "terziario". Il riferimento è a Ez 26-28. La fragilità del successo iniquo, dei trionfi e della gloria frutti del male non durano e in un'ora scompaiono. Una voce esterna si rivolge ai giusti e dichiara che per loro è finito un incubo e inizia un nuovo orizzonte di luce e di pace (v.20). Condannando il male Dio rende giustizia al bene. Il giudizio di Dio sui peccatori ha come rovescio della medaglia la gloria dei santi. Nell'ultima parte un angelo possente getta in mare una macina e se si pensa a Roma essa sprofonda nel Mediterraneo con tutti i sui vizi (cfr. Mt 18,6). C'è un panorama estremo di desolazione, un sudario di silenzio e di morte si stende su tutta la vita civile. Il destino della città del male, che ha ucciso profeti, santi ed innocenti, è di restare senza musica . La musica può coprire il male ma diventa anche il segno del bene e dei santi che vivono nella comunità.

- C'è un invito a verificare le contaminazioni inebrianti che abbiamo col male che è presente attorno a noi.
- Il lusso ed i beni di consumo inutili forse rendono schiavi anche noi.
- Tutto scomparirà ciò che è male solo il canto è un messaggio di speranza e di luce.

[2] La legge del taglione consiste in una regola presente nella civiltà ebraica antica, che se una persona faceva un danno ad un'altra persona colui che ha provocato il danno riceveva la stessa pena, anche semplificabile in "occhio per occhio dente per dente". Non era soltanto una regola ebraica ma era presente in molto paesi orientali, si trova per la prima volta nel codice di Hammurabi, la più antica raccolta di leggi dell'umanità: stilata durante il regno del re babilonese Hammurabi (sul trono tra il 1792 al 1750 a.C.), rimase per secoli il primo codice con cui gli esseri umani regolavano la loro vita sociale. Nella Bibbia Dt 19,21 e Gesù cambia radicalmente la legge: Mt 5, 38-41.

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