LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 9 luglio 2023 – XIV Domenica del Tempo Ordinario
Gesù è l'unico rivelatore autorizzatoZaccaria 9, 9-10 . Salmo 144 . Romani 8, 9.11-13 . Matteo 11, 25-30
LetturaDopo le parole relative al discepolato del capitolo decimo, abbiamo ora una sezione che presenta le posizioni assunte dalle persone davanti a Gesù e al suo ministero (Mt 11-12). All'inizio incontriamo la perplessità del Battista che, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, si chiede se lui sia veramente colui che deve venire oppure se si debba aspettare un altro inviato. Per questo invia una delegazione ad intervistare Gesù. Poi si ha il giudizio durissimo di Gesù sulle città, che hanno assistito e partecipato al suo ministero e non hanno risposto con la conversione. A questo punto abbiamo le parole di Gesù sui discepoli (Mt 11, 25-30), il brano di questa domenica.
Mt 11, 25-3025In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".CommentoIl testo può essere suddiviso in tre parti. Dapprima incontriamo la preghiera di Gesù diretta al Padre (vv. 25-26) attraverso la quale lo ringrazia e lo benedice con una formula presa dalla tradizione spirituale ebraica: "ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra". L'accento cade poi sulla motivazione della preghiera di lode. Il Padre ha scelto liberamente e gratuitamente "i piccoli" come destinatari privilegiati della rivelazione, escludendo "i sapienti e gli dotti". I piccoli sono coloro che Gesù chiama anche poveri e vanno identificati con i discepoli credenti, che accolgono con disponibilità e generosità la rivelazione del Padre offerta per mezzo di Gesù. I sapienti e i dotti invece sono coloro che non accolgono la rivelazione di Dio oppure dicono di accoglierla ma, attraverso comportamenti e scelte particolari, pongono invece al centro della vita se stessi e non la volontà del Padre. Nella seconda parte (v. 27) Gesù si presenta Figlio del Padre e suo unico rivelatore autorizzato. Egli infatti, in virtù della relazione col Padre e della sua conoscenza, può far conoscere Dio agli uomini: "tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Ne consegue che solo in una relazione vitale con la persona ed il messaggio di Gesù si può entrate nel cuore del cristianesimo ed incontrare veramente il mistero di Dio. Infine (vv. 28-30) Gesù invita tutti coloro che sono "stanchi ed oppressi" ad andare con lui. Queste categorie di persone sono da identificare immediatamente in coloro che sono oppressi, sovraccaricati e schiacciati dal regime farisaico della interpretazione della legge. Ma anche ogni persona di ogni tempo stanca e schiacciata può sentire rivolta a lei le parole di Gesù. A tutti costoro Gesù offre ristoro perché propone un modo nuovo di portare il "giogo" dell'alleanza, della legge del Signore e di vivere la prova. Queste non sono più un peso connotato legalisticamente, o che schiacciano soltanto, ma attraverso Gesù, che vive con amore il rapporto col Padre, i comandamenti di Dio e le prove della vita sono la possibilità unica e concreta di essere in comunione con lui. Egli, a differenza dei farisei, non solo fa conoscere la volontà di Dio, ma è il primo ad attuarla in modo pieno con amore generoso. Per questo Gesù può dire: "imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
In conclusione, Gesù rivolgendosi ai piccoli, ai discepoli del vangelo, dichiara che Dio Padre fa conoscere e fa vivere per mezzo di lui tutto il mistero della salvezza. È attraverso Gesù Cristo che si ha la sicurezza di entrare e partecipare alla relazione di amore col Padre. Imitando Gesù ed imparando da lui, gli insegnamenti evangelici non sono da vedere come imposizione autoritaria da sopportare, ma manifestazione dell'amore del Padre. Se il vangelo è accolto con amore e vissuto con generosità, diventa la possibilità concreta che oggi abbiamo di vivere la comunione diretta col mistero di Dio.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
APOCALISSE
Ventisettesima Lettura
L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re, dai mercanti e dai naviganti, a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo. Anche altre visioni vengono descritte (cfr. cap. 20).
LetturaAp 201E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. 2Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 3lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo. 4Poi vidi alcuni troni - a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare - e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; 5gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. 6Beati e santi quelli che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni. 7Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere 8e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg, e radunarle per la guerra: il loro numero è come la sabbia del mare. 9Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. 10E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.11E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. 12E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. 13Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. 14Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. 15E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.CommentoCome nella seconda parte del capitolo 19, anche nel ventesimo sono presentate delle visioni e precisamente tre, introdotte dal verbo "vedere": vv. 1. 4. 11. Queste visioni dobbiamo leggerle bene perché nel corso dei secoli hanno attirato molta attenzione con la cifra dei "mille anni". Nacque da questa indicazione la tesi del "millenarismo"[1] . Abbiamo davanti a noi un trittico ed il primo si apre con un angelo che ha in mano "la chiave dell'abisso". Questo simbolo rimanda al potere sull'area infernale (cfr. 1,18 e 9,1; Mt 16,18 "le chiavi del regno dei cieli"). Solo Cristo, attraverso il suo angelo, può disporre della città dell'Abisso, cioè del luogo del castigo. Il male pur essendo ancora vivo e terribile è però incatenato. È questo un messaggio di fiducia e speranza rivolto alla chiesa. Il fatto che il male sia lasciato libero forse allude alla passione e morte di Cristo e dei Cristiani. Con la presenza di Dio e di Cristo accanto a noi è possibile non temere più il male, anche quando apparentemente imperversa. Le sue armi non sono invincibili ma spuntate, la sua forza è reale ma incatenata e bloccata. Nella seconda visione si presenta una specie di corte celeste che forse viene ripresa da Dn 7. Al regno e al giudizio partecipano i testimoni di Gesù e della Parola, i martiri che non si sono piegati alla Bestia. Essi hanno perso la vita per ottenerla in pienezza (cfr. Mc 8,35). Si parla poi di "prima risurrezione". Con questa espressione si intende lo stato dei credenti che hanno già ricevuto il premio eterno e sono in attesa del giudizio definitivo. Loro continueranno a vivere in Cristo e gli altri subiranno la seconda morte. Forse si può anche intendere che i cristiani, prima che si concluda la vicenda umana, partecipano come sacerdoti alla gloriosa liturgia celeste, nel consesso della corte divina. Alla conclusione del tempo simbolico dei mille anni, il tempo della storia della salvezza, si ha lo scontro finale tra bene e male. Esso sfocia nel giudizio ultimo. Già si è parlato di ciò in 19,11 ma l'autore non fa un racconto consequenziale ma procede ad immagini che ritornano continuamente su se stesse. Terminato il millennio simbolico Satana sarà liberato dalla prigione in cui Cristo l'aveva rinchiuso e scatena il suo ultimo assalto (v. 7). Raduna da tutta la terra i suoi seguaci pronti a schierarsi con lui e li chiama con una coppia di nomi presi a Ezechiele: Gog e Magog (cfr. Ez 38-39). Che significato abbiano questi nomi è incerto, sicuramente incarnano le potenze storiche nemiche del popolo di Dio. Il male ha un numero di adepti sterminato e puntano sull'"accampamento dei santi". Vi è una allusione a Israele pellegrino nel deserto e alla Gerusalemme dei giusti: la città amata. Questa azione dei malvagi è ostacolata da un intervento del cielo che col fuoco li distrugge e confina il diavolo, la bestia ed il falso profeta (il potere ingiusto, il peccato e la devianza religiosa) nell'area infernale. Il male quindi soccombe e per lui non c'è via di scampo. Si passa ora al giudizio finale vero e proprio descritto nell'ultimo quadro. È l'ultimo atto che avviene nella storia che inaugura l'eternità. È Dio che giudica in base a quanto è scritto nei libri celesti, sui quali sono registrate le azioni ed i segreti di tutti gli uomini. Dio ribalterà tutte le falsità umane, le ipocrisie e giudicherà con rettitudine ogni persona. Dio è indicato dal trono bianco su cui egli siede. Tutta l'umanità passa davanti a Dio per essere giudicata secondo le opere compiute. Si parla ancora anche del libro della vita, dove saranno registrati i salvati. I morti che devono essere giudicati provengono da tre ambiti diversi: il mare, la morte e gli inferi. Il mare è simbolo del caos e del dominio del male; la morte rappresenta la realtà che tutto divora; gli inferi (lo sheol) indica la realtà dove sono i morti in attesa del giudizio, Ade per i greci. Chi non è scritto nel libro della vita è destinato allo "stagno di fuoco". È una raffigurazione simbolica per raffigurare l'allontanamento definitivo da Dio, la "seconda morte".
- Che idea abbiamo di Dio? È un distruttore che penalizza o è amore che salva?
- Il male è stato vinto per sempre però occorre vigilare per non esserne condizionati.
- Il mondo è stato bonificato dal male, però è necessario che sia continuamente rinnovato.
[1] Già nel mondo giudaico alcune tradizioni religiose apocalittiche ritenevano che dopo settemila anni del mondo ci sarebbe stato l'avvento del Messia con un regno da lui fondato. Questo regno era spesso indicato con un periodo di mille anni. Nei primi secoli del cristianesimo molti pensavano che l'Apocalisse proponesse, prima della venuta definitiva del Regno di Dio, un tempo del Messia di mille anni. Questa teoria dei mille anni del Messia, prima della fine della storia, fu condannata dal Concilio di Efeso del 431, ma non si spense ed emerse con alcuni movimenti radicali del Medioevo ed è presente anche ai nostri giorni nei gruppi religiosi e nelle sette apocalittico-fondamentalistiche. I Padri della Chiesa in particolare Origene ed Agostino proposero fondamentalmente una interpretazione simbolica del millennio, cioè i mille anni sono un simbolo di una fine che ci sarà ma non si sa quando. Sostanzialmente si possono individuare due interpretazioni. La prima vede in questi mille anni, che accompagnano la prima vittoria sulla bestia, l'antica Alleanza, cioè la storia della salvezza rappresentata dall'Antico Testamento, alla quale poi subentra la piena vittoria di Cristo, che ha il suo culmine nella nuova Gerusalemme. L'altra interpretazione vede in questi mille anni la definizione simbolica del tempo della chiesa, che va dalla Pasqua di Cristo alla pienezza finale. In questo arco il male non è annientato, ma è incatenato e lo si vince con la lotta quotidiana della comunità dei giusti che è unita a Cristo.
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Goito 2 luglio 2023 – XIII Domenica del Tempo Ordinario
Nell'accoglienza si gioca la missione2 Re 4, 8-11.14-16° . Salmo 88 . Romani 6, 3-4.8-11 . Matteo 10, 37-42
LetturaContinua la lettura del capitolo decimo di san Matteo in cui si raccolgono le istruzioni date da Gesù ai suoi discepoli. Dopo il passo di domenica scorsa, troviamo una serie di sentenze pronunciate da Gesù (10, 34-42). Le prime (vv. 34-36) riguardano l'ostilità familiare incontrata dal discepolo. Le altre (vv. 37-42) toccano il tema della sequela del discepolo, che ha accettato di seguire il maestro.
Matteo 10, 37-42In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".CommentoIl brano di questa domenica si apre con una affermazione di Gesù sulla sequela, utilizzando l'immagine della relazione familiare e filiale. Nella vita del discepolo è prioritaria la fedeltà a Cristo e tutto dipende da questa scelta di fondo: "chi ama padre o madre più di me non è degno di me". A questa prima indicazione di Gesù è strettamente correlato l'invito a prendere e portare la croce con lui. Non esiste discepolato evangelico autentico senza che vi sia condivisione con la croce del maestro: "chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me". Ciò significa che per essere discepoli occorre lottare e soffrire per essere fedeli al vangelo e nello stesso tempo si è provati a causa delle difficoltà che il regno incontra nell'impatto col mondo. Seguono due sentenze imperniate sull'antitesi trovare e perdere la vita: "chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà". Chi cerca di possedere la vita, diventando lui il protagonista assoluto attraverso prospettive e scelte egoistiche, l'annulla e la rende inutile. Il discepolo invece, che è invitato a donare la vita gratuitamente agli altri, percorrendo le infinite strade indicate dall'amore, sull'esempio di Cristo Signore, dà ad essa senso e non la spreca inutilmente. Le ultime sentenze sono accomunate dal verbo accogliere, che sottolinea la prospettiva missionaria a cui è chiamato il discepolo. Tutta l'evangelizzazione si gioca nella dinamica dell'accoglienza di Dio e delle persone. Se da un alto i discepoli sono uguali al Figlio, perché hanno accettato di seguirlo, e chi accoglie loro accoglie il Figlio ed il Padre che lo ha mandato, dall'altro gli inviati, consapevoli della loro identità acquisita e della missione ricevuta, devono usare tutte le strategie per essere accolti e per accogliere. L'evangelizzazione non è uno sportello pubblico a disposizione di chi ne ha bisogno, ma un dono indispensabile da offrire alle persone, partendo dai bisogni concreti di tutti ai quali i discepoli cercano di venire incontro con vero amore disinteressato. Chi accoglie i discepoli, che sono i bambini del regno ed i piccoli delle beatitudini, i quali si sforzano di modellare la loro vita sugli insegnamenti del Signore, riceve ricompensa sicura, cioè partecipa direttamente e subito alla comunione ecclesiale e alla vita trinitaria col Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
In conclusione, le coordinate che orientano l'esistenza del discepolo sono la fede radicale in Dio, il Padre, e la solidarietà irreversibile di destino con il Cristo crocefisso. Da questa relazione vitale deriva l'identità del discepolo e l'impegno incondizionato per l'annuncio del vangelo. Questo è da portare a tutti, offrendolo come dono che sgorga da amore solidale.
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Goito 25 giugno 2023 – XII Domenica del Tempo Ordinario
Tu vali molto davanti a Dio!Geremia 20, 10-13 . Salmo 68 . Romani 5, 12-15 . Matteo, 10, 26-33
LetturaSiamo ancora nel secondo grande discorso di Gesù, presentato dall'evangelista san Matteo, in cui si indicano le regole per essere suoi discepoli. Dopo il brano della domenica precedente, sulle coordinate della missione, troviamo un passo decisivo riguardante la persecuzione e la sofferenza dei discepoli. Queste sono caratteristiche intrinseche alla vita e alla missione evangelica. A questo punto è inserito il brano di oggi.
Mt 10, 26-3326Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.CommentoIl testo inizia con un invito esplicito rivolto ai discepoli: "non abbiate paura". Poco prima Gesù aveva infatti parlato della persecuzione dei discepoli e della loro solidarietà col maestro crocefisso: "sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia... è sufficiente per un discepolo essere come il suo maestro" (Mt 10, 16-25). Ora sostiene i suoi con una accorata esortazione, prevedendo le persecuzioni, che nel corso dei secoli avrebbero incontrato a causa del vangelo. L'invito a non temere ritorna poi in altri due punti del brano. "Non abbiate paura..." si legge all'inizio del v. 28 e al v. 31: "non abbiate dunque paura". Gesù, dicendo di non temere gli uomini, intende suggerire ai suoi di non lasciarsi condizionare dalle persone che seguono il male. Infatti, prima o poi tutto diventerà palese e ogni segreto sarà svelato. Cioè il male sarà smascherato ed annientato ed il bene si affermerà definitivamente. Per questo il vangelo va proclamato anche se procura sofferenza, persecuzioni ed insuccessi. È necessario però una precauzione. Non bisogna lasciarsi irretire dal maligno, che lavora subdolamente permeando gradualmente la vita dei cristiani con ragionamenti, scelte ed atteggiamenti che svuotano dal di dentro la forza del vangelo. Il maligno va combattuto perché "ha il potere di far perire e l'anima e il corpo". La motivazione di tale comportamento complessivo dei cristiani, animato dalla speranza e dalla fiducia nel Signore, sta nella consapevolezza che il Padre si prende cura direttamente di ciascuno. Come infatti Dio si interessa personalmente dei passeri e dei capelli del capo dell'uomo, così egli guarda con più attenzione alle persone, le quali valgono molto più dei passeri, in quanto create a sua immagine. Il brano si conclude con due sentenze che ruotano attorno ai verbi riconoscere e rinnegare. Chi testimonia il vangelo con coerenza, senza lasciarsi condizionare da paure o da giudizi che vengono dal maligno, sarà accolto ed approvato da Gesù e dal Padre. Chi invece si sottrarrà, per qualsiasi ragione, alle sue responsabilità di credente, non riceverà giustificazioni da Dio.
In conclusione, chi accetta di seguire Gesù Cristo non può lasciarsi condizionare dalla paura che nasce dal confronto o dallo scontro con gli uomini. La forza del vangelo ha sempre la meglio anche se immediatamente può sembrare una scelta debole e perdente. La paura è una tentazione del maligno. Per superarla occorre rafforzare la consapevolezza e l'esperienza diretta della vicinanza di Dio Padre. Egli, infatti, si interessa realmente e personalmente di ciascuno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema che unisce le letture di questa domenica è espresso dall'invito di Gesù a "non temere". Si tratta di ritrovare le ragioni profonde della fiducia e della speranza, da mantenere e consolidare anche in mezzo alle prove che nascono dall'annuncio e dalla testimonianza del vangelo. Questa scelta di fiducia coraggiosa e serena è suggerita dalla prima lettura di Geremia. Egli viveva in un ambiente che gli era ostile in quanto sosteneva la riforma religiosa messa in atto dal re Giosia. Infatti sono stati soppressi i santuari locali per favorire il culto centralizzato a Gerusalemme. Questa operazione tocca gli interessi di molte persone e quindi nella regione di Ananot, dove vive Geremia, si arriva al punto di minacciarlo di morte. Le posizioni del profeta contro la corruzione del suo ambiente non solo gli alienano gli amici e conoscenti, ma gli attirano addosso scherni ed insulti. Egli però si fida del Signore ed a lui affida la sua causa. Per questo la situazione si capovolge. Non è il profeta a cadere, ma i suoi persecutori. La vittoria finale è attribuita al Signore che ha liberato "la vita del povero dalle mani dei malfattori". La seconda lettura invita a non temere soltanto gli avversari, ma anche il peccato. Se questo sembra a volte dominare l'umanità, il credente è invitato ad essere certo che dopo "il dono di grazia", che è Gesù Cristo, la salvezza di Dio è riversata "in abbondanza su tutti gli uomini".
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Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 18 giugno 2023 - XI Domenica T.O.
Tutti missionari con le parole e con i fattiEsodo 19, 2-6 . Salmo 99 . Romani 5, 6-11 . Matteo 9, 36 - 10, 8
LetturaDopo il "discorso della montagna" (cc. 5-7), l'evangelista raccoglie in due capitoli (cc. 8-9) materiali che presentano le opere potenti compiute dal Messia. Egli non solo proclama la parola di salvezza, ma la realizza concretamente nella vita delle persone. Un segno di cui Gesù si serve per testimoniare la sua opera è il miracolo. La liturgia odierna ci riporta gli ultimi versetti di questa parte del vangelo ed i primi del secondo grande discorso di Gesù: le istruzioni date ai discepoli (c. 10).
Mt 9, 36-10,836Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore . 37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!".10, 1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.ContenutoIl brano odierno inizia con una nota redazionale contenente la reazione emotiva di Gesù nei confronti del popolo ("Gesù, vedendo le folle, sentì compassione... ") ed una sua sentenza riguardante i discepoli: "la messe è molta, ma gli operai sono pochi". Alla condizione miserevole del popolo corrisponde la compassione di Gesù, che è all'origine della missione allargata poi ai discepoli. Poiché vi è contrasto tra l'abbondanza della messe e la scarsità degli operai addetti alla mietitura, Gesù chiede ai discepoli di pregare perché molti operai possano continuare la sua missione. Inizia poi il cosiddetto "discorso di missione", che si divide in due parti: la chiamata dei discepoli-apostoli (10, 1-4) e il loro invio in missione con le relative istruzioni (10, 5-15). Nel testo liturgico quest'ultima parte non è riportata per intero; abbiamo soltanto l'indicazione dei destinatari della missione ed il programma consegnato ai discepoli. Matteo inizia il capitolo presentando Gesù che chiama a sé i dodici discepoli per affidare loro la sua stessa autorità. Questa autorità messianica, donata da Gesù ai suoi, li abilita all'annuncio autorevole del vangelo accompagnato da segni, che rendono credibile la loro predicazione. Il numero dodici si collega alle dodici tribù d'Israele, che rappresentano il popolo di Dio. Nel gruppo dei dodici, di cui sono riportati i nomi ed alcune caratteristiche personali, è da sottolineare il posto preminente occupato da Pietro. Nel gruppo poi, passano in secondo piano l'appartenenza alle antiche tribù d'Israele e la militanza religiosa degli individui. Infatti convivono ebrei osservanti, un "pubblicano", considerato collaborazionista col potere dominante, e un nazionalista ("Simone il cananeo", che significa zelota o nazionalista) che si era impegnato a combattere gli stranieri dominatori. Dopo la presentazione dei dodici abbiamo le istruzioni affidate da Gesù agli inviati. Colpisce la delimitazione del loro ambito d'azione: "non andate tra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele". Come Gesù, anche gli apostoli, collaboratori diretti del maestro, sono mandati ad annunciare il regno prima di tutto agli ebrei. Solo dopo la sua passione, morte e resurrezione di Gesù la loro missione si aprirà a tutte le genti. Infine troviamo indicato il programma missionario scandito in due momenti: l'annuncio del regno ("strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino") ed il suo compimento nei segni autorevoli e credibili ("guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni").
Senza preconcetti Gesù chiama i discepoli a collaborare con la sua missione e a prolungarla dopo la sua Pasqua. A fondamento dell'incarico ricevuto i discepoli sanno che vi é la condivisione, da parte del Signore, delle necessità dell'umanità. Per questo ogni servizio, ispirato al vangelo, deve proclamare in modo forte la presenza di Dio nella storia e dichiarare con le opere che il Signore, attraverso la Chiesa, continua a risollevare le miserie dell'umanità. È allora conseguenza irrinunciabile la preghiera incessante, perché sempre ci siano operai per il vangelo.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'immagine biblica del "popolo di Dio" dà unità alle tre letture. Nella prima lettura troviamo le radici del popolo di Dio, quando il Signore promette ai figli d'Israele di costituirli come suo popolo, "un regno di sacerdoti e una nazione santa". Per mezzo di Mosé il Signore presenta la condizione fondamentale per entrare e vivere nell'alleanza: "ora, se voi vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza". Questa proposta è preceduta dall'azione gratuita ed efficace di Dio che ha fatto uscire il popolo dalla condizione di schiavitù in Egitto e lo ha condotto fino alla montagna dell'alleanza. L'immagine del nuovo popolo di Dio si ritrova anche nel vangelo, quando Gesù associa alla sua missione di pastore messianico il gruppo dei dodici, inviato alle "pecore perdute della casa di Israele". Essi dovranno guidare, nel nome del Signore, il gregge che vaga senza pastore. La seconda lettura manifesta il criterio di fondo attraverso il quale si partecipa al popolo di Dio: "Dio dimostra il suo amore per noi perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". La vita piena, donata da Gesù Cristo, è anche la meta del cammino del popolo di Dio.
PER ATTUALIZZARE- I discepoli del Signore condividono con lui la missione di portare il vangelo a tutti.
- L'umanità è da guardare con comprensione, così come ha fatto Gesù, condividendone le ansie e le sofferenze ed offrendo percorsi di ripresa e di speranza.
- Necessità persistente di pregare perché nella comunità non manchino mai gli "operai" necessari per il vangelo.
PER APPROFONDIRECdA nn. 432-435: La Chiesa definitivo popolo di Dio; nn. 560-561: La missione di ogni cristiano