APOCALISSE
Ventiseiesima Lettura
L'Apocalisse dopo aver descritto i lamenti innalzati sulla terra dai re mercanti e naviganti a causa della caduta di Babilonia, la città del male, ora si descrivono i canti di festa che si spiegano in cielo.
LetturaAp 191Dopo questo, udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva: "Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio, 2perché veri e giusti sono i suoi giudizi. Egli ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi!". 3E per la seconda volta dissero: "Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!". 4Allora i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: "Amen, alleluia".5Dal trono venne una voce che diceva: "Lodate il nostro Dio, voi tutti, suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi!". 6Udii poi come una voce di una folla immensa, simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: "Alleluia! Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente. 7Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta: 8le fu data una veste di lino puro e splendente". La veste di lino sono le opere giuste dei santi. 9Allora l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello!". Poi aggiunse: "Queste parole di Dio sono vere". 10Allora mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo, ma egli mi disse: "Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo con te e i tuoi fratelli, che custodiscono la testimonianza di Gesù. È Dio che devi adorare. Infatti la testimonianza di Gesù è lo Spirito di profezia". 11Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia. 12I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. 13È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio. 14Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. 15Dalla bocca gli esce una spada affilata, per colpire con essa le nazioni. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa di Dio, l'Onnipotente. 16Sul mantello e sul femore porta scritto un nome: Re dei re e Signore dei signori.17Vidi poi un angelo, in piedi di fronte al sole, nell'alto del cielo, e gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano: 18"Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei comandanti, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi". 19Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti, radunati per muovere guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. 20Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta, che alla sua presenza aveva operato i prodigi con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. 21Gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca del cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni.CommentoIn antitesi al silenzio che era sceso sulla città punita ora si scatenano canti e musiche di lode e ringraziamento. Si inizia con "Alleluia", formula innica ebraica che significa "lodate il Signore"[1]. C'è un coro potente d'apertura (vv. 1-2) composto dagli angeli e dai santi. È un canto di lode [2]che ha come tema fondamentale il giudizio di Dio su Babilonia, la grande corruttrice dell'umanità con la sua idolatria (prostituzione), l'assassina di martiri. L'inno ha per oggetto l'opera di Dio, la sua salvezza (vittoria) sul male, il suo rendersi presente nella storia schierandosi dalla parte dei giusti e delle vittime (cfr. Sal 146,6-9). Il secondo coro v.3 evoca il crollo di Babilonia in modo lapidario. A questo punto si innalza la voce di coloro che formano la liturgia celeste ed innalzano inni di adorazione. Le loro sono parole essenziali bibliche di lode e ringraziamento: Amen e Alleluia. Anche Amen deriva dall'ebraico e risuonava nella liturgia templare. Nel v. 5 una voce solista traduce il termine alleluia e coinvolge nel canto l'assemblea dei giusti. Questo solista viene dall'area più sacra, il trono divino. È uno degli assistenti del trono e dietro a lui parte tutto il coro possente che innalza a Dio un inno di lode (cfr. Sal 47; 93; 96-99). Nel canto c'è la celebrazione del Regno di Dio che ha un progetto ben diverso da quello di Babilonia e lo porta a compimento. Questo regno sarà ora instaurato da Cristo. Nel canto troviamo anche il tema delle "Nozze dell'Agnello", che sarà il filo conduttore degli ultimi capitoli. Le nozze che Cristo l'Agnello celebrerà con la sua sposa, la Gerusalemme celeste perfetta e pacifica abitata dai santi e dai giusti (vv.7-8). Il linguaggio ed il simbolismo biblico spesso ricorrono a simboli nuziali per esprimere il legame intenso e d'amore che lega il Signore al suo popolo (Os 2,16-18; Is 54,5-6; Ez 16; Cantico). Nel Primo Testamento Dio si presenta come sposo di Israele e la sposa è infedele. Nell'Apocalisse lo sposo è Cristo – Agnello e la sposa è la Chiesa – Gerusalemme celeste, nuova e fedele. Nei vv. 9-10 si parla di pranzo di nozze e il pensiero corre ai racconti parabolici narrati da Matteo e Luca e annunciati da Gesù (Mt 22,2-14; Lc 14,16-24). La scena ha però una novità. Giovanni vuole prostrarsi davanti all'angelo ma lui lo impedisce e proclama che solo davanti a Dio ci si deve prostrare (forse si accenna ad una eresia presente in Asia Minore che considerava gli angeli come mediatori della salvezza). Nello stesso tempo qui si dichiara la grandezza dei cristiani che sono alla pari degli angeli. Col v. 11 siamo di fronte all'ultimo duello tra Bene e Male, tra Logos e la Bestia. Si inizia con la presentazione di un profilo glorioso di un cavaliere che siede su un cavallo bianco che rimanda alla gloria divina. Il cielo è spalancato davanti a Giovanni come al battesimo di Gesù al Giordano (Mt 3,16). Il nome nella Bibbia è la definizione della persona, il suo progetto di vita. Fedele e Veritiero indicano il perfetto rivelatore dei misteri divini. Allora si deve pensare che questo cavaliere sia Gesù Cisto "La Parola fatta carne". Vi è poi un'altra visione di un angelo che sta davanti a Cristo. La presenza di uccelli e rapaci è un rimando apocalittico che banchettano su morti di ogni genere. La Bestia col suo corteo, opposti al cavaliere divino, cadono catturati e distrutti. Il falso profeta incarna la degenerazione spirituale le deviazioni religiose che sono opera di satana. Satana opera anche nel fanatismo spirituale, nell'inganno spirituale e nella superstizione magica.
- Quanto è importante nella vita la lode al Signore. La liturgia di lode è una vera esperienza di comunione con Dio.
- Solo davanti a Dio e a Cristo occorre prostrarsi.
- Vi è un invito ad esaminare le nostre pratiche religiose.
[1] Composto di due voci ebraiche, hallelū (\ebraico\) "lodate" e Yāh (\ebraico\), forma breve del nome divino Jahvè. Si trova scritto in numerosi salmi, come formula dossologica, al principio, e in qualche caso alla fine.
[2] Deriva dalla radice semitica 'mn col senso "sostenere, esser saldo", quindi "esser sicuro, certo, veritiero", ecc. Nella Bibbia è usato per lo più avverbialmente, sia per confermare ciò che altri ha detto ("sicuro! certo!"), sia per dare enfasi alla propria asserzione ("in verità!). deriva il termine dalla radice 'aman da cui derivano 'emunah (fede) e 'emet (fedeltà).
APOCALISSE
Venticinquesima Lettura
L'Apocalisse si avvia ora verso il suo culmine, cioè la descrizione del giudizio divino sul male incarnato in una donna-metropoli, prostituta e chiamata Babilonia, alla quale subentrerà la rappresentazione della salvezza dei giusti nella città-sposa, la Gerusalemme celeste. Nei capp. 17 e 18 impera la figura di Babilonia la storica nemica d'Israele.
Lettura
AP 1818 1Dopo questo, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore. 2Gridò a gran voce: "È caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata covo di demòni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro e rifugio di ogni bestia impura e orrenda. 3Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua sfrenata prostituzione, i re della terra si sono prostituiti con essa e i mercanti della terra si sono arricchiti del suo lusso sfrenato". 4E udii un'altra voce dal cielo: "Uscite, popolo mio, da essa, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli. 5Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità. 6Ripagàtela con la sua stessa moneta, retribuitela con il doppio dei suoi misfatti. Versàtele doppia misura nella coppa in cui beveva. 7Quanto ha speso per la sua gloria e il suo lusso, tanto restituitele in tormento e afflizione. Poiché diceva in cuor suo: "Seggo come regina, vedova non sono e lutto non vedrò". 8Per questo, in un solo giorno, verranno i suoi flagelli: morte, lutto e fame. Sarà bruciata dal fuoco, perché potente Signore è Dio che l'ha condannata". 9I re della terra, che con essa si sono prostituiti e hanno vissuto nel lusso, piangeranno e si lamenteranno a causa sua, quando vedranno il fumo del suo incendio, 10tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti, e diranno: "Guai, guai, città immensa, Babilonia, città possente, in un'ora sola è giunta la tua condanna!". 11Anche i mercanti della terra piangono e si lamentano su di essa, perché nessuno compera più le loro merci: 12i loro carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo; 13cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, carri, schiavi e vite umane. 14"I frutti che ti piacevano tanto si sono allontanati da te; tutto quel lusso e quello splendore per te sono perduti e mai più potranno trovarli". 15I mercanti, divenuti ricchi grazie a essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e lamentandosi, diranno: 16"Guai, guai, la grande città, tutta ammantata di lino puro, di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle! 17In un'ora sola tanta ricchezza è andata perduta!". Tutti i comandanti di navi, tutti gli equipaggi, i naviganti e quanti commerciano per mare si tenevano a distanza 18e gridavano, guardando il fumo del suo incendio: "Quale città fu mai simile all'immensa città?". 19Si gettarono la polvere sul capo, e fra pianti e lamenti gridavano: "Guai, guai, città immensa, di cui si arricchirono quanti avevano navi sul mare: in un'ora sola fu ridotta a un deserto! 20Esulta su di essa, o cielo, e voi, santi, apostoli, profeti, perché, condannandola, Dio vi ha reso giustizia!".21Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una màcina, e la gettò nel mare esclamando: "Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città, e nessuno più la troverà. 22Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; il rumore della màcina non si udrà più in te; 23la luce della lampada non brillerà più in te; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te. Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte. 24In essa fu trovato il sangue di profeti e di santi e di quanti furono uccisi sulla terra".CommentoCon una grandiosa manifestazione angelica, con toni ed immagini grandiosi, Giovanni disegna in visione il giudizio su Babilonia, il cui crollo è descritto solo attraverso gli echi che esso provoca. Babilonia è caduta perché è diventata sede di ogni forma di impurità, cioè di idolatria. La Babilonia fiorente a causa del demoniaco è stata ingannata e tutto è dominato dal male (cfr. Is 13,21-22). La città ha influenzato col male le nazioni perché questo sistema fondato nel male ha una forte capacità di presa su tutte le nazioni. Una seconda voce invita il popolo di Dio a separarsi radicalmente dal male incarnato da Babilonia. Anche in questo caso ci si riferisce ad un testo di Is 48,20; 52,11. Il secondo invito consiste nel punire la città con "la legge del taglione"[2] che qui è descritta in modo molto severo. Dio non resta indifferente di fronte al potere blasfemo, violento e peccaminoso. La prima lamentazione su Babilonia la troviamo nei vv. 9-10. La distruzione di Babilonia non è descritta direttamente ma attraverso le reazioni di tre categorie di persone: i re, i mercanti e i comandanti. I re indicano il potere statale che ha perso la sua fonte di piacere e di male. La seconda lamentazione (vv. 11-17a) è molto più ampia ed è aperta dai gestori del sistema commerciale che ruotava attorno all'impero. I mercanti indicano tutti coloro che ne hanno approfittato per i loro interessi e si sono arricchiti in questa situazione di male e di peccato. Oggi potrebbero essere identificate con le strutture di peccato che sfruttano i popoli per i loro guadagni iniqui. Crollando il perno che sorreggeva l'economia, i prodotti di lusso crollano e non trovano più sbocco nel mercato. La grande idolatria delle ricchezze, del lusso sfrenato, del consumismo acceca il cuore dell'uomo ma anche lo delude profondamente viene meno e si rivela fragile ed impotente (cfr. Mt 6,19 "non accumulate tesori...). Infine i comandanti ed i lavoratori del mare rappresentano quelli che noi oggi chiamiamo "servizi" o "terziario". Il riferimento è a Ez 26-28. La fragilità del successo iniquo, dei trionfi e della gloria frutti del male non durano e in un'ora scompaiono. Una voce esterna si rivolge ai giusti e dichiara che per loro è finito un incubo e inizia un nuovo orizzonte di luce e di pace (v.20). Condannando il male Dio rende giustizia al bene. Il giudizio di Dio sui peccatori ha come rovescio della medaglia la gloria dei santi. Nell'ultima parte un angelo possente getta in mare una macina e se si pensa a Roma essa sprofonda nel Mediterraneo con tutti i sui vizi (cfr. Mt 18,6). C'è un panorama estremo di desolazione, un sudario di silenzio e di morte si stende su tutta la vita civile. Il destino della città del male, che ha ucciso profeti, santi ed innocenti, è di restare senza musica . La musica può coprire il male ma diventa anche il segno del bene e dei santi che vivono nella comunità.
- C'è un invito a verificare le contaminazioni inebrianti che abbiamo col male che è presente attorno a noi.
- Il lusso ed i beni di consumo inutili forse rendono schiavi anche noi.
- Tutto scomparirà ciò che è male solo il canto è un messaggio di speranza e di luce.
[2] La legge del taglione consiste in una regola presente nella civiltà ebraica antica, che se una persona faceva un danno ad un'altra persona colui che ha provocato il danno riceveva la stessa pena, anche semplificabile in "occhio per occhio dente per dente". Non era soltanto una regola ebraica ma era presente in molto paesi orientali, si trova per la prima volta nel codice di Hammurabi, la più antica raccolta di leggi dell'umanità: stilata durante il regno del re babilonese Hammurabi (sul trono tra il 1792 al 1750 a.C.), rimase per secoli il primo codice con cui gli esseri umani regolavano la loro vita sociale. Nella Bibbia Dt 19,21 e Gesù cambia radicalmente la legge: Mt 5, 38-41.
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 11 giugno 2023 - Corpus Domini
Eucaristia: la vita di Dio Padre agli uominiDeuteronomio 8, 2-3.14b-16a . Salmo 147 . 1 Corinti 10, 16-17 . Giovanni 6, 51-58
LetturaIl capitolo sesto di san Giovanni inizia presentando Gesù sulle rive del lago di Galilea. Si dice anche che era vicina la Pasqua ebraica. Dopo aver compiuto il "segno" della moltiplicazione dei pani ed essere andato incontro ai discepoli, camminando sul lago agitato, Gesù rivolge alla folla una lunga esortazione chiamata: "discorso sul pane di vita" (Gv 6, 25-59). La solennità del "Corpo e del Sangue di Cristo" ci invita a riflettere sull'ultima parte di tale discorso di Gesù.
Gv 6, 51-5851Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". 52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". 53Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".CommentoIl brano si apre con una dichiarazione di Gesù: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo". Con questa immagine egli richiama la sua incarnazione, in quanto è Parola venuta dal Padre ed entrata nel mondo, e il suo essere dono per il nutrimento dell'umanità. Infatti come il pane anch'egli deve essere mangiato. Questa idea è esplicitata direttamente da Gesù quando dice: "se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Chi mangia il "pane vivo disceso dal cielo" partecipa all'eternità di Dio Padre. Gesù poi aggiunge che il pane da lui dato è la sua "carne per la vita del mondo". Poiché nel racconto giovanneo, a differenza dei sinottici, non sono riportate le parole del Signore sul pane e sul calice dell'ultima cena, sembra che in 6, 51 si ritrovi l'istituzione eucaristica secondo l'evangelista Giovanni. Le parole di Gesù non sono capite dai giudei, i quali restano stupiti davanti all'idea di mangiare la sua carne. A questo punto Gesù non fa nulla per eliminare la ripugnanza giudaica, al pensiero cannibalistico di mangiare la sua carne, ed accentua ulteriormente l'immagine aggiungendo anche la necessità di bere il suo sangue per avere la vita. Nella Bibbia, mangiare la carne di qualcuno è considerato metafora di azione ostile e bere il sangue è un'azione orrenda, proibita dalla Legge di Dio. I giudei, che ascoltano le parole di Gesù, si fermano nella loro interpretazione a questo livello. Esse hanno invece per il cristiano un significato positivo, che è colto soltanto se riferito all'Eucaristia istituita da Gesù. Nel v. 54 troviamo esplicitate le conseguenze nel credente che si nutre del pane di vita. Chi mangia la carne di Gesù ha la vita eterna adesso e riceve la promessa della resurrezione "nell'ultimo giorno". Questa diventa conseguenza della continua comunione con Gesù, espressa attraverso la categoria del dimorare: "chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui". La comunione con Gesù Cristo è realmente una partecipazione alla comunione intima che esiste tra Padre e Figlio: "come io vivo per il Padre, così colui che mangia di me vivrà per me". Chi vive in comunione con Gesù partecipa direttamente alla stessa vita di Dio Padre.
Conclusione. L'Eucaristia è il pane vivo donato da Gesù Cristo. Chi mangia l'Eucaristia si nutre di Gesù stesso: del suo corpo e del suo sangue. Attraverso questo alimento celeste si realizza la comunione col Figlio e, per mezzo di lui, col Padre. Infine la vita eterna, la vita di Dio Padre, e condivisa con gli uomini attraverso il sacramento eucaristico.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl sacramento dell'Eucaristia, memoriale della Pasqua, unisce le letture della solennità. Al tema pasquale rimanda la prima lettura dal Deuteronomio, che offre una riflessione parenetica sul cammino del popolo liberato dall'Egitto attraverso il deserto, dove il Signore gli dona la manna. In un gioco di contrappunto con l'esperienza di Israele, Gesù si presenta ai suoi interlocutori di Cafarnao come "il pane vivo disceso dal cielo". I padri, che hanno mangiato la manna nel deserto, sono morti, cioè si sono allontanati ancora da Dio, ma "chi mangia di questo pane vivrà in eterno", nel senso che non si allontanerà più da Dio, dice Gesù. La condizione per avere questa vita piena è mangiare l'Eucaristia: la carne ed il sangue del Signore. Alla stessa esperienza fa riferimento Paolo nel brano della prima lettera ai Corinzi. Il testo usa un linguaggio più vicino alla tradizione sinottica e a quella liturgica della "cena del Signore". Qui l'accento è posto sulla comunione con il corpo ed il sangue di Cristo. Questa comunione sta alla base dell'unità profonda e vitale che si realizza tra i molti e diversi partecipanti all'unico pane che è Cristo.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 4 giugno 2023 - Santissima Trinità
Padre, Figlio e Spirito: mistero di salvezza per tuttiEsodo 34, 4b-6..8-9 . Daniele 3, 52-56 . 2 Corinzi 13, 11-13 . Giovanni 3, 16-18
LetturaIl terzo capitolo del vangelo secondo san Giovanni si apre con la presentazione della visita notturna fatta da Nicodemo a Gesù. Il capo dei giudei era rimasto colpito dai segni compiuti dal Rabbì e, dialogando con lui, spera di conoscere meglio il "maestro venuto da Dio". Di questa lunga conversazione fa parte il brano della solennità odierna.
Gv 3, 16-1816 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.CommentoIl testo inizia presentando il protagonista: Dio. È lui la causa prima dell'innalzamento del "Figlio dell'uomo" (v.14) ed è lui la fonte inesauribile di "vita eterna" (v.15) per chiunque crede in Gesù Cristo. Il posto di Dio Padre diventa a questo punto preminente. Il suo amore è la ragione sia del dono del Figlio, che salva dalla morte eterna ("perché chiunque crede in lui non vada perduto"), come del dono dello Spirito Santo, che genera alla vita eterna, la vita di Dio, tutti i suoi figli ("ma abbia la vita eterna"). La salvezza però non è soltanto per i credenti. Essa è offerta dal Padre anche al "mondo perché sia salvato per mezzo" del Figlio. La presenza del Figlio nel mondo non è una condanna del luogo in cui abitualmente domina il demonio, ma è un giudizio nel senso che provoca gli uomini a decidersi con urgenza a favore di Gesù Cristo o contro di lui: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo". Il brano si chiude affermando già presente nell'oggi la salvezza portata da Cristo a coloro che credono in lui. Mentre gli uomini che non credono nel Figlio e persistono nella loro scelta, anche se lui è venuto incontro a tutti, la condanna è già stata decretata da loro stessi. Il dono del Figlio è per il superamento della morte, causata dal peccato, e per ottenere la vita di Dio attraverso l'azione dello Spirito. I vv. 19-21 (che non fanno parte del nostro testo, ma che è bene considerare) presentano, con affermazioni di non immediata comprensione, l'idea che chi crede vive nella "luce" e "le sue opere sono state fatte in Dio". Al contrario colui che preferisce "le tenebre", fa di tutto "perché non siano svelate le sue opere" e questo diventa segno della sua mancanza di fede.
In conclusione, l'incontro con Gesù è decisivo per i singoli, per chi fa parte della Chiesa e per l'umanità intera presente in tutto il mondo. Egli è il dono del Padre per la vita eterna nello Spirito. Con Gesù si rianima la speranza nella misericordia e nel perdono di Dio. Lo stare con lui diventa allora discriminante in ordine al proprio comportamento etico. Le scelte concrete di ogni giorno dovrebbero di conseguenza essere illuminate dalla luce di vita che da Gesù scaturisce. La sequela di Gesù Cristo è pure condizione indispensabile per accedere alla vita dello Spirito, che introduce nella dimensione dell'eterno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe letture odierne presentano il mistero della fede cristiana, che oggi si celebra, e l'atteggiamento spirituale necessario per accostarsi ad esso. Il testo dell'Esodo riporta nei suoi tratti essenziali la scena dell'ultimo incontro di Dio con Mosé, dove egli scopre il volto nascosto di Dio "misericordioso e pietoso". A questa lettura del Primo testamento corrispondono quelle del Nuovo testamento, dove l'apertura al mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito diventa esplicita. L'espressione di questa fede cristiana si incontra nella breve formula di saluto che chiude la Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi". Il brano del Vangelo di Giovanni, che commenta il dialogo tra Gesù e Nicodemo, riflette sulla rivelazione dell'amore di Dio Padre. La realtà dell'amore di Dio si fa presente nel dono del Figlio unigenito per la salvezza eterna, nello Spirito, di chiunque crede. Dio, che era, è e sarà, abbraccia con la sua presenza e la sua azione il passato, il presente ed il futuro.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale - Madonna della Salute
Goito 28 maggio 2023 – Pentecoste
Lo Spirito Santo guarisce dal peccatoAtti 2, 1-11 . Salmo 103 . 1 Corinti 12, 3b-7.12-13 . Giovanni 20, 19-23
Lettura
Il brano del vangelo di san Giovanni della solennità di Pentecoste si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e di Giovanni e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambia per il giardiniere. Il testo fa parte di un testo più ampio in cui sono presentati anche la figura di Tommaso ed una seconda apparizione del Risorto ai discepoli, quando tutti erano radunati in casa.
Gv 20, 19-2319La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".CommentoIl testo si apre con la manifestazione di Gesù risorto nel cenacolo il giorno stesso di Pasqua. Dopo essere entrato a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei", li saluta donando loro la pace: "Pace a voi!". Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono e riconoscono il Signore. L'accento posto sulle ferite di Gesù serve a stabilire continuità tra crocefissione e resurrezione. Gesù risorto, che sta davanti ai discepoli nel cenacolo, è lo stesso Gesù che morì sulla croce e da lui essi ricevono il frutto della resurrezione. Prendendo nuovamente la parola Gesù invia i suoi a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". I discepoli devono continuare l'opera del Figlio e per questo è necessaria la sua costante presenza tra loro. Ciò diventa possibile per mezzo del dono dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome di Gesù e che Gesù stesso manda ai suoi. Con un gesto simbolico, che si collega con la creazione primordiale ("soffiò e disse loro..."), Gesù rinnova l'essere umano col soffio vivificante di Dio. Ai discepoli Gesù conferisce anche l'autorità di perdonare i peccati nel suo nome: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". I discepoli possono perdonare o non assolvere i peccati degli uomini, perché adesso continuano nella storia quanto ha operato Gesù, mandato dal Padre. Egli, infatti, ha smascherato il peccato, in qualsiasi ambito si trovasse, ed ha indicato con decisione la via del bene, espressa dalla volontà del Padre. I discepoli poi, attraverso il dono dello Spirito Paraclito ricevuto, sanano l'umanità dai morsi del peccato e da esso gradualmente la liberano.
In conclusione Gesù risorto continua ad essere accanto ai suoi discepoli e non li abbandona sulle strade del mondo. Egli opera assiduamente in mezzo a loro i prodigi che scaturiscono dalla sua resurrezione. Ora però essi sono chiamati ad esporsi in prima persona e ad assumersi tutte le responsabilità necessarie, per continuare in ogni tempo la missione del Risorto. Il dono dello Spirito Santo, concesso abbondantemente alla comunità dei credenti, permette di realizzare la volontà del Padre, di lottare col male, vincendolo, e di sanare tutti gli uomini feriti dal peccato.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl dono dello Spirito Santo, dato alla Chiesa, è il tema unificante le tre letture odierne. La Chiesa continuamente prega dicendo: "Vieni, Santo Spirito"; l'invocazione è sinonimo di "Vieni, Signore Gesù". Il dono che Gesù ha promesso a quelli che pregano il Padre nel suo nome è lo Spirito Santo. L'effusione dello Spirito fa nascere la Chiesa come santa convocazione dei credenti, capaci di proclamare nelle lingue e nelle culture dei popoli le "grandi opere di Dio". Lo Spirito Santo è il dono che Gesù ha promesso ai discepoli e che egli stesso comunica alla sera di Pasqua con un gesto simbolico. L'esperienza di Pentecoste accompagna la vita della comunità credente perché tutti sono immersi "in un solo Spirito per formare un solo corpo". La vitalità del corpo di Cristo, che è la Chiesa, si esprime nella varietà e molteplicità dei doni spirituali che sono dati a ciascuno per l'utilità comune. Le tre letture della solennità di Pentecoste offrono notevoli spunti per la contemplazione e la preghiera.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)