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Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 19

APOCALISSE
Diciannovesima Lettura

Dopo la lunga serie di eventi che erano seguiti allo squillo della sesta tromba (9,13-21) ora assistiamo al completamento degli eventi che sono seguiti al suono della settima ed ultima tromba.

Lettura
Ap 12, 7-18
7 Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, 8 ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. 9 Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. 10 Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. 11 Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire. 12 Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo». 13 Quando il drago si vide precipitato sulla terra, si mise a perseguitare la donna che aveva partorito il figlio maschio. 14 Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. 15 Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. 16 Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. 17 Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a fare guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. 18 E si fermò sulla spiaggia del mare.

Commento
Nel confronto tra la donna e il drago entra in scena un nuovo attore: l'angelo Michele che nel libro di Daniele (10,13.21;12,1) [2] era stato presentato come l'angelo custode d'Israele. Egli è l'avversario dichiarato del drago, di Satana. Nello scontro tra bene e male ora annunciato l'espulsione degli angeli ribelli dal cielo è qui descritta [3]. La comunità cristiana è serena e si schiera con le milizie angeliche fedeli che le assicurano una protezione invincibile. Il nome stesso Michele in ebraico significa "chi è come Dio?", cioè nessuno sarà mai come Dio e questo è un auspicio di sicurezza e di vittoria. Nessuno infatti potrà mai schiacciare chi è sotto la protezione di Dio. Il drago invece viene gradualmente scaraventato sulla terra con gli angeli ribelli (vv.7-9). Chi sia il drago è descritto apertamente dall'autore (v.9-10). Vengono offerte 5 definizioni. È il "serpente antico" ed il riferimento a Gen 3,15 è evidente. "Diavolo" termine greco che significa separatore "colui che divide". "Satana" parola ebraica che significa "accusatore" che ha assunto anche il significato di "avversario". Il drago è detto in greco ho planòn cioè colui che seduce ed inganna di conseguenza "tentatore". In greco è definito anche ho kategoròn cioè l' "accusatore", una ulteriore esplicitazione del vocabolo satana. Ormai è chiaro che il duello si svolge tra la presenza demoniaca nella storia e la comunità dei giusti. Il destino di satana non è celeste; pur avendo una dimensione soprannaturale egli non è Dio e non appartiene all'orizzonte divino. Per questo è precipitato sulla terra e nella storia ove può agire tentando la libertà dell'uomo e proponendo il peccato, che è la scelta volontaria e definitiva di andare contro Dio. Contro una certa visione morbosa di timore e di esaltazione di satana, l'autore dell'Apocalisse riafferma la centralità e la superiorità di Dio, di Cristo e dell'uomo unito a Cristo rispetto al diavolo. Resta la pericolosità di quella presenza nel mondo. Egli provoca dall'esterno la nostra libertà facendone sprigionare la negatività de orientandola verso il male e l'ingiustizia. Una voce anonima celeste mette un primo punto fermo circa la vicenda del drago e della donna: il male e il drago sono stati vinti. Cfr. mt28,18-20 il regno di Dio e di Cristo hanno la meglio sul male (v.10). Alla radice della vittoria sul drago satanico c'è innanzitutto la passione, la morte e la risurrezione di Cristo, sorgente di ogni redenzione (v.11 "il sangue dell'Agnello"). Ad essa è associata anche la testimonianza dei cristiani: martirio e predicazione. C'è un'intima partecipazione all'opera redentrice dell'Agnello da parte della comunità cristiana attraverso la testimonianza dei discepoli del signore; testimonianza della duplice dimensione di martirio e annuncio. Forse qui vi è addirittura un collegamento con tutti i testimoni dell'antica alleanza di Israele fedele. Sempre nel v.11 si parla di fedeli che non amarono la vita fino ad arrivare alla morte per rimanere fedeli. È chiaro il riferimento alle parole di Gesù riportate in Gv 12,25 "chi ama la sua vita la perde..." anche se sconfitto il male è ancora presente nel mondo. Il drago si dibatte con ferocia furibonda e l'umanità continua ad essere oggetto dell'invidia del diavolo ed il luogo dove lui mette alla prova i credenti. Tuttavia l'Apocalisse invita alla speranza perché satana sa che ha poco tempo a disposizione ed il trionfo definitivo non è suo ma di Dio e dei suoi eletti per mezzo di Cristo (vv. 13-14). La potenza del male non prevarrà anche se l'assalto satanico non dà tregua. I flutti delle tempeste minacciano i giusti, gli attacchi dei perversi si scatenano contro i fedeli, le persecuzioni degli ingiusti incombono sugli onesti. Ma l'ultima parola efficace e decisiva è quella di Dio e della sua potenza protettrice. Il drago torna all'assalto non solo contro il figlio ma anche contro i cristiani. Essi sono coloro che osservano i comandamenti di Dio, da non intendere solo coi 10 comandamenti, ma tutto l'insegnamento contenuto nelle Scritture sante, i fedeli custodi della Parola di Dio e testimoniano Gesù Cristo crocifisso e risorto. Contro costoro il diavolo non potrà prevalere e a quello allude il versetto 18 che presenta il drago fermo sulla spiaggia in quanto non può fare più nulla di male.

- Si ribadisce la presenza del male nel mondo e che tenta i cristiani.
- Il male non prevarrà mai se si resta uniti a Gesù Cristo, se si cerca di mettere in pratica la sua Parola, se si dà testimonianza evangelica.
- Nutrire un vero senso di speranza e di ottimismo senza lasciarsi abbattere e disperare.

[2] Questo libro del Primo Testamento è una delle fonti alle quali l'autore dell'Apocalisse attinge.

[3] Questo tema avrà molto spazio nella tradizione popolare e negli apocrifi. Che cosa sono gli apocrifi? La parola "apocrifo" deriva dal greco e indica qualcosa di tenuto nascosto e lontano dall'uso. In contesto cristiano viene usata per testi che non fanno parte dei quattro vangeli canonici e non sono riconosciuti come parte del Nuovo Testamento. Essi non sono indispensabili per la fede della Chiesa e dei cristiani.

Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 20

APOCALISSE
Ventesima Lettura

Siamo all'interno dell'arco narrativo costituito da quattro capitoli (12-15) molto densi di significati. Sembra che si possa affermare che in questi capitoli la narrazione ruoti attorno a 3 segni: la donna, il drago e gli angeli. Stiamo vedendo il segno del drago che si è accovacciato sulla spiaggia del mare. Ora si aprono due grandiose scene dominate da due bestie.

Lettura
Ap 13, 1-18
1E vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. 2La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e il suo grande potere. 3Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita.
Allora la terra intera, presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia 4e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia, e adorarono la bestia dicendo: "Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?".
5Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. 6Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. 7Le fu concesso di fare guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione. 8La adoreranno tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita dell'Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo. 9Chi ha orecchi, ascolti: 10Colui che deve andare in prigionia, vada in prigionia;
colui che deve essere ucciso di spada, di spada sia ucciso. In questo sta la perseveranza e la fede dei santi.
11E vidi salire dalla terra un'altra bestia che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, ma parlava come un drago. 12Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. 13Opera grandi prodigi, fino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. 14Per mezzo di questi prodigi, che le fu concesso di compiere in presenza della bestia, seduce gli abitanti della terra, dicendo loro di erigere una statua alla bestia, che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. 15E le fu anche concesso di animare la statua della bestia, in modo che quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non avessero adorato la statua della bestia. 16Essa fa sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte, 17e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. 18Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: è infatti un numero di uomo, e il suo numero è seicentosessantasei.

Commento
La prima bestia emerge dal mare, il luogo oscuro dove alberga il male, secondo l'idea orientale e testimoniata dalla Bibbia (cfr. Sal 74,13). Il suo profilo è descritto ispirandosi alle bestie descritte nel cap. 7 del libro di Daniele. La le bestie raffiguravano i regni di questo mondo, considerati emanazione del male. A che allude il nostro autore con questa bestia? Una posizione di primato ce l'ha l'impero romano persecutore dei cristiani, ma nella bestia vengono raffigurati tutti i regni oppressivi della storia, tutti i potenti (le corna) sovrani (diademi) sui popoli e blasfemi cioè ribelli a Dio, che con i loro programmi arroganti e violenti manifestano la loro superbia idolatrica. L'interpretazione delle sette teste e delle dieci corna sarà puntualizzata più avanti (cfr. Ap 17,9-14). I nomi blasfemi alludono polemicamente ai titoli divini che spesso i regnanti si attribuivano (v.1). Il ritratto della bestia è ulteriormente precisato al v.2 con una miscela di bestie, ispirandosi a Daniele 7. Ma è dal drago, cioè satana, che la bestia riceve il suo potere. In una visione pessimistica della politica l'autore vede le superpotenze vassalli di satana ed ispirate dal male (visione diversa da quella presentata da Atti e Rm 13,1-7. C'è evidente l'invito a stare in guardia contro la terribile tentazione del potere (cfr. Lc 22,25-26). Nella bestia si introduce uno sconvolgimento, una delle teste della bestia è colpita mortalmente, però quasi miracolosamente riesce a guarire. Così si creano degli adoratori della bestia (v.4). forse qui si allude a Nerone che sarebbe prodigiosamente scampato al rogo di Roma e al suo suicidio (68 d.C.). Giovanni vuole ammonire i suoi ascoltatori che il potere perverso e arrogante ha risorse sorprendenti ed è facile lasciarsi sedurre dalla forza del male. La bestia si scatena poi contro Dio e i cristiani. Questo anti-Dio ha da tenere presenti due elementi fondamentali: tutto avviene per permissione divina ("le fu concesso..." v 7) e il potere della bestia è presentato limitato. La bestia da un lato moltiplica i martiri santi e dall'altro gli apostati (v.8). Questi ultimi non saranno mai iscritti nel libro della vita che è affidato all'Agnello. Il v.10 è una esortazione di speranza. Come l'Agnello ha vinto nella Pasqua così anche i cristiani alla fine vinceranno.
L'altra bestia esercita lo stesso potere della prima e costringe la terra ed i suoi abitanti ad adorare la prima bestia che era guarita. È una bestia meno potente della prima in quanto ha solo due corna. Essa è al servizio della bestia marina e si camuffa da agnello mentre la sua voce è quella del drago. Siamo davanti ad un simbolo che rimanda al potere ideologico e religioso corrotto. Sono i falsi profeti che si comportano così (cfr. Mt 7,15). È la falsa religione col suo corteo di falsi profeti che conquistano le masse. Si allude qui all'idolatria imperiale, che è male e riesce ad escogitare comportamenti inimmaginabili in quanto la sua perversione non ha limiti. Il male rende tutti schiavi e le sue spire avvolgono e soffoca tutto. Tutto però non sfugge mai al supremo controllo di Dio. La bestia ha un nome ed un numero che indicano imperfezione e limite. È un numero umano non divino quindi limitato ed imperfetto. La cifra bestiale evidenzia il limite ed il senso negativo del male.

- Che cosa pensiamo del potere politico? Noi esercitiamo qualche forma di potere e come ci comportiamo?
- Che tipo di speranza nel futuro viviamo? Siamo pieni di fiducia o ci abbattiamo e siamo pessimisti?
- La prospettiva di una vittoria eterna, anche se non adesso ci dà consolazione?

Lectio Divina V Domenica di Pasqua - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 14 maggio 2023 - V domenica di Pasqua

Gesù via, verità e vita
Atti 6, 1-7 . Salmo 32 . 1 Pietro 2, 4-9 . Giovanni 14, 1-12

Lettura
Siamo nella seconda parte del vangelo di Giovanni chiamata "Libro della gloria". Qui è presentata la glorificazione di Gesù, che si realizza nel compimento dell'"ora" della passione, crocefissione, risurrezione e ascensione. Gesù ha preannunciato ai suoi la sua partenza imminente (Gv 13, 31-38). Davanti a tale prospettiva i discepoli rimangono sconcertati e tanti problemi sorgono in loro. L'ultimo discorso di Gesù, iniziato nel capitolo precedente, vuole essere una risposta alle difficoltà che i discepoli incontrano dopo la sua partenza.

Gv 14, 1-12
1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via".
5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?". 6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto".
8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". 9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Commento
Il brano inizia con una nota rassicurante di Gesù: "non sia turbato il vostro cuore". Il turbamento del cuore - cioè il disagio e la sofferenza di tutta l'interiorità dell'uomo nella complessità delle sue dimensioni - a causa dell'apparente lontananza di Gesù, è una caratteristica che i discepoli sempre sperimentano nel sostenere la lotta col principe di questo mondo. Il mondo, nella concezione giovannea, è da intendersi come l'ambito nel quale il demonio esercita la sua signoria. Essi superano il turbamento attraverso la fede: "abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". La fede dei discepoli vince il principe di questo mondo perché essi, consegnandosi a Gesù Cristo, partecipano della vittoria del Padre realizzata per mezzo del Figlio. Gesù annuncia anche che nella casa del Padre "vi sono molti posti" e che egli tornerà a prendere i suoi per portarli con lui. Con un'immagine molto plastica Gesù cerca ancora di rincuorare i suoi, affinché non disperino per la sua assenza e abbiano la certezza di arrivare tutti nella casa del Padre. La prima parte del brano si chiude indicando come si fa ad arrivare al Padre: "e del luogo dove io vado voi conoscete la via" cioè seguire Gesù Cristo. La domanda di Tommaso - "Signore, mostraci il Padre e ci basta" - serve a Gesù per spiegare ulteriormente ai discepoli che lui è l'unica strada che porta sicuramente al Padre: "nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". Di conseguenza un rapporto intenso vissuto con Gesù Cristo diventa anche relazione profonda col Padre. I discepoli non riescono a cogliere gli insegnamenti di Gesù e facilmente li fraintendono. Così egli è costretto a riprendere il discorso. Chi incontra Gesù, e con lui stabilisce una relazione vera e profonda, è in comunione col Padre: "chi ha visto me ha visto il Padre". Anche le parole e le opere di Gesù sono testimonianza della sua unione col Padre. Il brano si chiude con una solenne dichiarazione: "chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi". Il discepolo, dopo che Gesù è tornato al Padre, continua a lottare col male, lo vince e con la sua testimonianza permette a tutti di conoscere Gesù Cristo, fonte della vita e della comunione col Padre.

Concludendo, Gesù prevede lo sconcerto in cui si sarebbero trovati i suoi quando, dopo la sua partenza, avrebbero dovuto continuare nella storia la lotta col male da lui intrapresa. Per questo li incoraggia, li invita ad avere fede, li istruisce pazientemente e garantisce loro la piena partecipazione alla comunione col Padre. La sofferenza sperimentata dai credenti nella lotta col male non è vana. Essa diventa la linfa che irrobustisce la fede e rende la comunità segno efficace di Gesù Cristo via, verità e vita.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
La partenza di Gesù da questo mondo verso la casa del Padre è il tema che unifica le letture. Questa partenza è la condizione per rendere possibile l'incontro definitivo e la comunione piena dei credenti con Dio Padre. Nello stesso contesto spirituale si colloca anche la lettera di Pietro che fa leva sulla "costruzione spirituale", fondata sulla pietra angolare. È la comunità dei credenti, che ha il suo fondamento in Gesù Cristo, la pietra scartata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio. I cristiani costituiscono una comunità consacrata a Dio per il culto spirituale. Anche gli Atti degli apostoli raccontano un momento del progresso di crescita della comunità dei discepoli di Gesù. La chiesa di Gerusalemme, in un clima di preghiera e di fraterna partecipazione, supera le tensioni interne e ritrova l'unità nel riconoscimento della diversità dei doni e dei ministeri.

La vita
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?

Lectio divina sul Libro dell'Apocalisse - 21

APOCALISSE
Ventunesima Lettura

Lettura
Siamo davanti ad una narrazione scandita da una frase che ricorre continuamente: "e vidi". Siamo in presenza di una sequenza di visioni che vengono offerte secondo un flusso narrativo quasi impressionistico. La visione che ora viene delineata lascia alle spalle l'orizzonte cupo e tetro che fino ad ora abbiamo incontrato, pieno di draghi, bestie, bestemmie, idolatrie e seduzioni maligne.


Ap 14, 1-20
1E vidi: ecco l'Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. 2E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. 3Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. 4Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono l'Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello. 5Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.
6E vidi un altro angelo che, volando nell'alto del cielo, recava un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. 7Egli diceva a gran voce: "Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque". 8E un altro angelo, il secondo, lo seguì dicendo: "È caduta, è caduta Babilonia la grande, quella che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino della sua sfrenata prostituzione".
9E un altro angelo, il terzo, li seguì dicendo a gran voce: "Chiunque adora la bestia e la sua statua, e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, 10anch'egli berrà il vino dell'ira di Dio, che è versato puro nella coppa della sua ira, e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello. 11Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome". 12Qui sta la perseveranza dei santi, che custodiscono i comandamenti di Dio e la fede in Gesù. 13E udii una voce dal cielo che diceva: "Scrivi: d'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì - dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono". 14E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d'uomo: aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. 15Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura". 16Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. 17Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch'egli una falce affilata. 18Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature". 19L'angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. 20Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.

Commento
La narrazione si apre con una scena che si realizza sul monte Sion, il monte sul quale sorgeva il tempio di Gerusalemme. Su di esso si regge in piedi, solenne e glorioso l'Agnello Cristo. Il simbolismo dell'agnello esprime docilità ed indica un destino sacrificale pasquale. È il simbolo adatto per Cristo in quanto indica la sua mansuetudine, la sua morte in croce (è immolato) e la sua gloria pasquale. Lo stare ritto in piedi è segno di vittoria e di gloria. Il monte Sion diventa il punto di convergenza di tutta la comunità redenta dal sangue dell'Agnello (12+12=24 le tribù e gli apostoli). Tutti vanno su questo colle, una processione innumerevole degli eletti, dei giusti, dei martiri. Questa folla è opposta a coloro che seguivano la bestia. Quelli avevano impresso il marchio della schiavitù e della violenza questi invece recano il sigillo di Dio e di Cristo. È un popolo numerosissimo (cfr. cap 7) che sembra uscire dalle catacombe per testimoniare la sua fede sostenuto e guidato dalla Risurrezione e dalla luce della Pasqua. Questo popolo non teme la bestia perché sa di avere con sé il nome del Signore e la sua forza che vince la morte ed il male. Alla visione del 1° versetto segue l'ascolto della voce. E' un coro possente come tanti altri che costellano le scene celesti dell'Apocalisse. Il canto nuovo indica pienezza estrema (cfr. Is 42,10 e Sal 96,1). È l'inno della liturgia perfetta ed eterna e può essere compreso e cantato solo dagli eletti che sono in comunione piena con l'Agnello, dopo essere stati da lui redenti. Costoro sono definiti: redenti; cioè riscattati, acquistati secondo l'istituzione del "goèl"[2], il riscattatore; vergini, il termine greco, oltre ad indicare la non contaminazione con le donne, indica anche il senso biblico classico di essere liberi dall'idolatria. Da ultimo sono definiti primizia, cioè la realtà più preziosa e più cara agli occhi del Padre e di Cristo. Gli eletti che partecipano al culto celeste dell'Agnello sono i fedeli ascoltatori e attuatori (operatori) della Parola di Cristo e non vengono meno alla sua sequela. Si apre ora nella visione di Giovanni un dittico angelico: sull'immensa processione dei santi volano degli angeli. Sono tre angeli per visione: 6-13 e 14-20. Al centro del dittico si erge glorioso il Figlio dell'uomo, presentato come Signore e Giudice 14,14. Il primo angelo è l'angelo del Vangelo, cioè colui che porta il messaggio supremo di Dio da comunicare all'umanità: il lieto annuncio. È un annuncio eterno che porta a compimento tutto il progetto di Dio rigurdante la storia. Ed è un annuncio universale per tutti. Il giudizio divino da senso e ordine alla storia, a tutti e a tutto. La traiettoria della stria è un cammino che punta verso il Signore ed il suo regno e non piomberà mai nel baratro del nulla perché il Creatore di tutto regge quella linea fino alla fine. Il secondo angelo annuncia il crollo della Babilonia attraverso le parole di Is 21,9 e Gr 51,8 (È caduta, è caduta Babilonia la grande). Questa città nella Bibbia era il simbolo del potere ostile a Dio e dell'idolatria, forse da identificare con Roma e col suo potere. Il terzo angelo è messaggero di giudizio e descrive l'ubriacatura che provoca la bestia e le conseguenze del giudizio di Dio su coloro che la seguono. Ma per i santi, coloro che hanno avuto il coraggio di resistere davanti alla bestia idolatrica e hanno continuato a credere e a osservare la legge di Dio è riservato un messaggio finale di gioia che Giovanni è invitato a mettere per iscritto come attestazione ufficiale. Il simbolo del riposo che indica lo stato finale dei fedeli si ricollega con l'immagine della terra promessa che indica la comunione eterna con Dio anche oltre la morte. In quel riposo si entra solo attraverso la porta spalancata dell'amore. Al centro della duplice serie di angeli c'è solenne la figura di Cristo, presentato con la visione di Daniele (Dn 7,13) col Figlio dell'uomo misterioso che avanza sul trono costituito dalla nube bianca, segno della gloria di Dio. Egli entra come re e vincitore però c'è un nuovo elemento: la face a cui si aggiunge dopo la vendemmia. Ci si ispira con queste immagini a Gioele 4,13. Alcuni interpretano l3 immagini in senso negativo, in quanto incarnano il giudizio di Dio e la sua punizione. Altri interpretano la raccolta del grano e la vendemmia come la raccolta dei giusti che entrano nel Regno. Una terza interpretazione considera la vendemmia e la pigiatura come la condanna degli empi e la mietitura come la glorificazione dei fedeli che hanno portato buoni frutti. Gesù usa queste immagini in senso positivo Mc 4,29. Questo gesto attuato dal Figlio dell'uomo è l'inizio del giudizio di Dio sul male attraverso Gesù.

[2] "goèl" era un'istituzione ebraica antica che prevedeva, all'interno del clan, la presenza di una persona che vendicasse le offese ricevute, che riscattasse coloro che si erano indebitati ed erano diventati schiavi o erano finiti in carcere, che difendesse i componenti del clan. Avvocato, difensore, liberatore.

Lectio Divina IV Domenica di Pasqua - A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 30 aprile 2023 - IV domenica di Pasqua

Gesù Cristo è il buon pastore
Atti 2, 14a.36-41 . Salmo 22 . 1 Pietro 2, 20b-25 . Giovanni 10, 1-10

Lettura
L'evangelista san Giovanni ci porta ancora una volta a Gerusalemme, nell'ultimo giorno della festa delle Capanne, dopo la guarigione dell'uomo cieco dalla nascita. Gesù, recatosi al Tempio, insegna cercando di far conoscere la sua completa identità. I contasti sorti con i giudei e con le folle lo costringono a parlare non apertamente, ma attraverso immagini simboliche. Tra queste emerge la figura del pastore di Gv 10,1-18. Nella prima parte del capitolo (vv. 1-5) Gesù si rivela misteriosamente ai suoi uditori. Nel v. 6 l'evangelista annota che i farisei non capivano il senso delle parole di Gesù. Nei vv. 7-18 Gesù si fa conoscere chiaramente, collegando a sé i temi presentati nella prima parte. Il quadro si chiude con la reazione dei giudei (vv. 19-21).

Gv 10, 1-10
1"In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.

Commento
Il brano inizia con una similitudine o parabola (vv. 1-5) raccontata da Gesù e tratta dalla vita comune dei suoi ascoltatori: il rapporto tra il pastore e le pecore. Il vero pastore delle pecore entra dalla porta del recinto mentre chi non è pastore cerca di accedere da un'altra parte. È l'entrare attraverso la porta che distingue il pastore dal ladro e dal brigante. Poi la parabola si chiude descrivendo lo stretto rapporto esistente tra il pastore e le sue pecore: "conoscono la sua voce - chiama le sue pecore - le conduce fuori - cammina davanti ad esse". I destinatari della parabola reagiscono con una generale incomprensione del significato del discorso di Gesù (v. 6). Per questo egli riprende la parola e spiega quanto detto prima (vv. 7-10). Innanzitutto Gesù si presenta come: "la porta delle pecore". All'immagine si può dare due significati. Chiunque è rivestito di autorità, in un ambito del vivere umano (famiglia, lavoro, scuola, ecc.), può esercitarla correttamente soltanto riferendosi a Gesù Cristo e imitando il suo modo di servire ("chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore"). Gesù poi allarga l'orizzonte e si presenta anche come unica porta attraverso la quale le pecore devono passare per trovare salvezza: "io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo". Pastori e pecore devono passare attraverso Gesù Cristo per avere la vita e la salvezza. Per questo egli afferma che tutti coloro i quali sono venuti prima di lui sono stati ladri e briganti, perché non in grado di dare vera salvezza. Solo Gesù Cristo è "venuto perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza", senza ricercare interessi personali.

In conclusione, con una parabola, Gesù cerca di far comprendere ai suoi interlocutori che si comportano da briganti e non da pastori nella società se non cercano il bene della gente e non hanno un rapporto autentico con le persone. Solo chi passa attraverso Gesù Cristo e lo imita in tutte le sue dimensioni del vivere può creare rapporti interpersonali veri e guidare così altre persone. Gesù Cristo è l'unico che può offrire a tutti la salvezza e la vita di Dio.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
L'immagine di Gesù, il «buon pastore», che dà la vita per le sue pecore, caratterizza la quarta domenica di Pasqua. La similitudine del quarto vangelo affonda le sue radici nella tradizione biblica, dove l'azione di Dio e dei suoi inviati è trascritta nel linguaggio pastorale. Gesù si presenta come l'unico e definitivo mediatore dell'iniziativa di Dio che guida alla salvezza i credenti. Questo tema viene anticipato nella lettera di Pietro che propone ai cristiani di seguire le orme di Cristo, il pastore che si prende cura e custodisce le loro anime. Egli che li ha guariti con le sue piaghe, dopo averli raccolti dal loro vagare errante, li guida come vero pastore. Nel testo di Atti si traccia il percorso dell'iniziazione cristiana che va dall'ascolto della Parola, proclamata dall'apostolo Pietro, fino all'immersione battesimale nel nome di Gesù Cristo. Questo itinerario permette di far parte adeguatamente del gregge del Signore. La celebrazione liturgica odierna diventa l'occasione per rinvigorire l'esperienza cristiana, perché si riascolta la voce del pastore e si partecipa direttamente al dono della vita da lui offerta.

La vita
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

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