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Lectio Divina XXX Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 29 ottobre 2023 – XXX Domenica del Tempo Ordinario A

Amare Dio ed il prossimo

Esodo 22, 20-26 . Salmo 17 . 1 Tessalonicesi 1, 5c-10 . Matteo 22, 34-40

Lettura
Continua il confronto - scontro tra Gesù ed alcuni esponenti significativi della comunità ebraica su due questioni nodali. Dapprima il dibattito si focalizza sul problema della resurrezione dei morti (22, 23-33). Poiché i sadducei non credevano nella resurrezione dei morti, cercano di incastrare Gesù su questa tematica. Gesù risponde dicendo che la questione della resurrezione non va trattata secondo le categorie umane, essa è qualcosa di diverso. La stessa identità di Dio porta a credere alla vita eterna. La seconda questione riguarda il comandamento più importante (22, 34-40).

Mt 22, 34-40
34 Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36 "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?". 37 Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38 Questo è il grande e primo comandamento. 39 Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".

Commento
Il testo si apre presentando ancora il contesto di controversia all'interno della quale si colloca la vicenda. Questa volta sono di scena i farisei. Costoro, "udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono... per metterlo alla prova". Un dottore della legge, un giurista, pone a Gesù una domanda con intenzione insidiosa: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?". Egli, partendo dall'usanza diffusa a quel tempo di sintetizzare in una frase il principio unificatore della spiritualità ebraica, cerca di trovare nelle parole di Gesù motivi per condannarlo. La risposta di Gesù si colloca su un altro piano e diventa un insegnamento autorevole. Dapprima Gesù ripropone un precetto basilare della vita ebraica: "amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Dio va amato in modo integro e totale dall'uomo, per questo vengono indicate le sue facoltà fondamentali: cuore, anima e mente. Ciò significa che è necessario conoscere Dio (mente) in ogni aspetto della sua identità, del suo insegnamento e delle sue opere. Con Dio occorre anche costruire una relazione di affetto, che lo collochi al centro della vita della persona (cuore). Dio deve anche ispirare tutta la vita, le scelte e i comportamenti umani (anima). Anche l'amore al prossimo, indicato come secondo comandamento, è presentato da Gesù con le stesse esigenze dell'amore a Dio. Le parole di Gesù si chiudono dichiarando i due comandamenti sull'amore come cardini di tutta la rivelazione biblica: "da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge ed i Profeti".

Gesù non si lascia invischiare nella polemica provocatoria messa in atto dai suoi avversari. Egli, riprendendo due testi fondamentali della tradizione ebraica, contenuti nella Torà, dà un nuovo insegnamento ai suoi uditori. L'amore a Dio e al prossimo vanno espressi nella vita in modo totale ed integrale, sviluppando tutte le loro dimensioni. Solo così si evita il formalismo religioso e si realizza pienamente la volontà di Dio Padre.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
La novità, introdotta da Gesù nel vangelo, di amare in modo totalitario Dio ed il prossimo, collega le letture di questa domenica. Nella prima lettura, li libro dell'Esodo presenta prescrizioni a tutela delle figure più deboli della società: il forestiero, la vedova, l'orfano, l'indigente ed il prossimo povero. Queste persone non occorre molestarle, né opprimerle, né maltrattale; ad esse non bisogna imporre alcun interesse o sottrarre il mantello, perché la collera di Dio si accenderà sugli oppressori in quanto ascolta sempre il grido di aiuto del povero. Anche la seconda lettura, presentando la testimonianza di Paolo ai tessalonicesi, sottolinea la loro decisione nel seguire Dio. Essi infatti si sono convertiti a Dio, allontanandosi dagli idoli, "per servire il Dio vivo e vero". Chi accoglie la parola di Gesù "con la gioia dello Spirito Santo, anche in mezzo a tribolazioni", ha la possibilità reale di amare Dio ed il prossimo, diventa modello a tutti i credenti e attende la venuta del Figlio di Dio, "che egli ha risuscitato dai morti e che ci libera dall'ira ventura".

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio Divina XXIX Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 22 ottobre 2023 – XXIX Domenica del Tempo Ordinario A

Nel mondo con lo sguardo rivolto a Dio

Isaia 45, 1.4-6 . Salmo 95 . 1 Tessalonicesi 1, 1-5b . Matteo 22, 15-21

Lettura
Il brano odierno si colloca in san Matteo in una controversia tra Gesù ed alcuni gruppi rappresentativi del giudaismo: i sadducei, i farisei e gli erodiani. I farisei erano laici ed esigevano in tutti i campi un'osservanza assolutamente stretta della Legge ed anche della tradizione orale degli antichi. Essi credevano alla resurrezione ed in una retribuzione futura. Questi aspetti di fede non erano invece accolti dai sadducei, gruppo a cui appartenevano tutti i discendenti di stirpe sacerdotale. I sadducei erano anche conservatori nel senso più stretto. Il gruppo degli erodiani era formato da ebrei che si erano associati in una specie di partito a sostegno di Erode il grande e dei suoi discendenti.

Mt 22, 15-21
15 Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17 Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?". 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19 Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". 21 Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". 22 A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono.

Commento
Nei primi versetti vengono presentati i personaggi della scena che si apre e lo scopo della vicenda: "tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi". Al centro del racconto abbiamo Gesù, che viene coinvolto con una domanda sul problema della liceità di pagare o no il tributo a Cesare. La domanda è subdola e Gesù smaschera subito l'intenzione dei suoi interlocutori: "ipocriti, perché mi tentate?". Infatti la questione posta vuole coinvolgere Gesù in uno schieramento politico o a favore o contro il potere di occupazione romano. Per i giudei pagare il tributo a Cesare era segno di sottomissione ad un potere straniero e nello stesso tempo era considerato una forma di idolatria, perché l'imperatore romano attribuiva a sé anche un culto esterno. Questo non poteva essere esercitato dagli ebrei, che dovevano adorare solo Dio e soltanto a lui rendere culto. Gesù risolve il problema chiedendo di vedere la moneta del tributo. Poiché essa portava l'immagine e l'iscrizione di Cesare, egli sentenzia dicendo: "rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Così Gesù non si schiera da alcuna parte. Egli introduce il principio che la correttezza nel pagare le tasse può coesistere con la scelta religiosa di fedeltà a Dio. Il brano si chiude col v. 22, non riportato dal testo liturgico, dove si dice che gli interlocutori di Gesù rimangono meravigliati delle sue parole e tutti se ne vanno.

È un falso problema ritenere inconciliabili la scelta di seguire Dio e l'impegno nelle realtà terrene! Il credente è invitato ad essere consapevole che Dio non s'identifica in esse ed è infinitamente superiore. Nello stesso tempo Gesù invita i suoi a svolgere con responsabilità i propri compiti nel "mondo", e chiede anche con decisione di qualificare notevolmente la loro relazione con Dio Padre.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
La scelta decisiva, di essere fedeli a Dio da parte dei credenti, collega le letture di questa domenica. Nel testo di Isaia il profeta, a nome di Dio, presenta il ruolo di Ciro, re dei persiani, nel rientro dei deportati e nella ricostruzione di Gerusalemme: "io l'ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni... e nessun portone rimarrà chiuso". Dio si serve di Ciro per realizzare il bene del suo popolo. Infatti egli dichiara: "Io sono il Signore e non v'è alcun altro; fuori di me non c'è dio". Chi si fida di questo Dio e lo colloca all'apice dei suoi obiettivi non resta deluso: "Io sono il Signore e non v'è alcun altro". Non è il tributo pagato a Cesare che ha la capacità di incrinare il rapporto profondo che gli individui hanno creato col loro Dio, dice Gesù nel testo di Matteo. Dio non entra in concorrenza col potere di Cesare, in quanto si colloca su di un piano superiore. Gesù chiede ai sui discepoli di schierarsi dalla parte di Dio Padre e di relativizzare poi tutte le realtà terrene. Per questo allora con Paolo anche noi dobbiamo "ringraziare sempre Dio", per i doni avuti, per l'impegno nella fede e per aver ricevuto "la costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo".

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Lectio Divina XXVIII Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 15 ottobre 2023 – XXVIII Domenica del Tempo Ordinario A

Tutti chiamati alla comunione con Dio

Isaia 25, 6-10a . Salmo 22 . Filippesi 4, 12-14.19-20 . Matteo 22, 1-14

Lettura
Continua il confronto polemico tra Gesù ed i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo. Con loro Gesù cerca di comunicare con la parabola. La parabola è un racconto inventato, tratto dall'esperienza comune delle persone, che ha la possibilità, per chi comprende, di fa conoscere qualcosa di importante o di Gesù o del Regno di Dio. Analizziamo il racconto odierno.

Mt 22, 1-14
1 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2 "Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4 Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5 Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10 Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12 Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".

Commento
Dopo il versetto introduttivo abbiamo la parabola, che si divide in due parti. La prima contiene l'identificazione del regno dei cieli come "un re che fece una festa di nozze per suo figlio", un duplice invio di servi "a chiamare gli invitati alle nozze" e il persistente rifiuto degli invitati a partecipare al banchetto preparato dal re. La scena si chiude con la reazione del re e la punizione degli invitati, i quali arrivano addirittura ad uccidere i servi a loro mandati. La seconda parte si apre con un nuovo invio dei servi a radunare dalle piazze e dalle strade nuovi invitati al banchetto di nozze. I servi eseguono il comando del re e "la sala delle nozze si riempì di commensali", secondo il progetto originario. Infine è narrata l'ispezione compiuta dal re nella sala, dove erano raccolti i commensali. Colpisce a questo punto la condanna inflitta all'invitato che non indossa l'abito bianco. La scena è simbolica, anche se si radica in una tradizione ebraica. Si vuole così sottolineare che al banchetto preparato dal re non si può partecipare con superficialità, senza preparazione e adeguate attrezzature. Molto probabilmente la veste allude alla coerenza tra fede e vita, richiesta per partecipare alla comunità dei credenti e al banchetto definitivo preparato dal Signore. Chi non indossa tale veste riceve la condanna eterna: "legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Una sentenza chiude il brano: "perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti". Dio chiama tutti al suo banchetto; dipende poi dai singoli aderire pienamente all'elezione.

Dio chiama incessantemente le persone a partecipare alla comunione e all'amicizia con lui. Egli usa strategie impensabili per creare tale relazione. Purtroppo l'uomo sovente disattende l'opera di Dio perché travolto dalle cose e dalle vicende, perché incapace di coniugare assieme fede e vita, perché lento e superficiale nella risposta.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Il banchetto preparato dal Signore e l'insistenza con cui chiama tutti a parteciparvi connota particolarmente la Liturgia della Parola di oggi. Nella prima lettura, dopo l'esilio, i credenti rinnovano la loro fede in Dio e dicono: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse". Ritornati in patria, immaginano la convocazione operata da Dio sul monte Sion come "un banchetto di grasse vivande, ... un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati". A questo appuntamento egli attende tutti i popoli per incontrarsi con loro. Anche nel vangelo, oltre al banchetto preparato emerge l'insistenza con cui il re manda i servi per riempire la sala da pranzo. La lettera di Paolo potrebbe indicare l'atteggiamento che il credente dovrebbe assumere nei confronti delle realtà materiali, dopo aver fatto esperienza di comunione con Dio per mezzo di Gesù Cristo. Egli infatti colma ogni "bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza in Cristo Gesù". Chi ha partecipato al banchetto preparato da Dio e ad esso aderisce continuamente, non si lascia più condizionare dalla povertà o dalla ricchezza ed è "iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza".

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Lectio Divina XXVI Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 1 ottobre 2023 – XXVI Domenica del Tempo Ordinario - A

Nella volontà del Padre si è figli e fratelli
Ezechiele 18, 25-28 . Salmo 24 . Filippesi 2, 1-11 . Matteo 21, 28-32

Lettura
Il capitolo ventunesimo di san Matteo ci presenta Gesù a Gerusalemme. Dopo aver lasciato Gerico giunge a Betfage. Da qui inizia l'ingresso messianico nella città santa, cavalcando un'asina, mentre la gente lo acclama e stende mantelli sulla strada. Entrato nel tempio, scaccia coloro che vendono e comprano, perché la sua casa è di preghiera e non un covo di ladri. È proprio qui che si acutizza il contrasto con i capi dei sacerdoti ed i notabili del tempio. Questo è il contesto immediato del brano odierno.

Mt 21, 28-32
28"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". 29Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Risposero: "Il primo". E Gesù disse loro: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Commento
Il brano si apre con la parabola dei due figli, incorniciata da due domande rivolte agli ascoltatori. "Che ve ne pare?" dice Gesù, chiedendo così un parere esplicito ai suoi interlocutori. Egli presenta poi il caso di un padre con due figli. Al primo figlio comanda di andare a lavorare nella vigna di famiglia e subito egli reagisce dichiarando di non voler andare perché non ha voglia. Poi ritorna sulla sua decisione, si pente della risposta data e va al lavoro nella vigna. Il secondo davanti alla proposta del padre sembra aderire con entusiasmo all'invito e dice: "si, Signore". Ma il racconto prosegue annotando che invece non andò. La seconda domanda chiude la parabola di Gesù: "chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". La risposta corale degli uditori di ieri e di oggi è a favore del primo figlio e "tutti dicono il primo". Questa risposta non è soltanto un'affermazione verbale, ma nell'intenzione di Gesù, coinvolge esistenzialmente tutti i suoi ascoltatori e diventa giudizio per la vita di ciascuno. Infatti le parole di Gesù che seguono diventano estremamente chiarificatrici. I pubblicani (cioè gli imbroglioni ed i ladri istituzionalizzati) e le prostitute, che sembrano aver detto di no al regno di Dio e alle sue regole, di fatto precedono in esso i notabili del tempio ed i capi dei sacerdoti, perché queste categorie di persone rispecchiano i due atteggiamenti dei due figli presentati dalla parabola. La prova concreta di quanto Gesù sta affermando è data dall'atteggiamento che le persone hanno avuto nei confronti di Giovanni il battista. Egli, il profeta del deserto, ha invitato alla conversione, ma nessuno lo ha preso sul serio se non i pubblicani e le prostitute. La stessa cosa capita anche a Gesù che è accolto, seguito e amato da coloro che erano messi al bando nella società del tempo. La conclusione del brano è molto realistica e segnata da un velo di amarezza: "voi (che siete i prediletti) pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti così da credergli".

Non sono le strutture religiose e nemmeno i comportamenti esteriori e formali che salvano, ma la logica del Padre celeste insegnata da Gesù. Egli infatti invita i suoi a non accontentarsi di una fede verbale e teorica. I veri discepoli, quelli che costituiscono la nuova comunità dei figli e dei fratelli, sono quelli che fanno la volontà del Padre che è nei cieli.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
Il tema della volontà di Dio Padre collega la liturgia della Parola di questa domenica. È la volontà del Padre, rivelata da Gesù e accolta nella vita di ciascuno, che rende figli fedeli. Non contano le strutture e nemmeno i comportamenti esteriori. Dio guarda soprattutto la fedeltà di ciascuno agli insegnamenti da lui lasciati. In questa prospettiva va letta la prima lettura. Non è la condotta di Dio che va messa in discussione, ma quella degli uomini. "Se il giusto si allontana dalla giustizia (dalla salvezza portata da Dio) ... egli muore appunto per l'iniquità che ha commesso". Per questo è necessario vigilare per non allontanarsi dalla fonte della giustizia, per evitare le colpe e così vivere in Dio. La lettera ai Filippesi di san Paolo indica il criterio di fondo per fare sempre la volontà di Dio Padre: "abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù". Solo così si può essere obbedienti al Padre, non si fa nulla per spirito di vanagloria, si considerano gli altri superiori a se stesso, non si cerca il proprio interessa ma quello degli altri.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Lectio Divina XXVII Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 8 ottobre 2023 – XXVII Domenica del Tempo Ordinario

L'amore produce frutti di salvezza
Isaia 5, 1-7 . Salmo 79 . Filippesi 4, 6-9 . Matteo 21, 33-43

Lettura
Continua la lettura del capitolo ventunesimo di san Matteo. Gesù è entrato solennemente a Gerusalemme ed ora si trova nel tempio dove, nei cortili antistanti il santuario, il confronto polemico con i capi si fa sempre più vivo.

Mt 21,33-43
33Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!". 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!". 39 Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?". 41Gli risposero: "Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo".
42 E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d'angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi?
43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Commento
Dopo la parabola letta domenica scorsa, troviamo l'invito rivolto da Gesù ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo perché ascoltino un'altra parabola. Il testo si articola in due parti: il racconto parabolico dei vignaioli ribelli e omicidi (21, 33b-39) e la sua applicazione mediante un dialogo tra Gesù ed i suoi interlocutori (21, 40-43). Il testo liturgico lascia cadere i versetti 44-46 che presentano una sentenza di Gesù e la reazione dei capi e dei farisei, i quali capiscono che Gesù si riferisce a loro. La parabola si apre presentando un padrone che con somma cura pianta una vigna in un podere, attrezzandola di tutte le strutture necessarie, e poi l'affida in affitto a dei vignaioli perché la coltivino con impegno e raccolgano di conseguenza frutti abbondanti. Segue l'altra parte della parabola tutta dedicata alle iniziative intraprese dal padrone per avere dai vignaioli i frutti della vigna. Dapprima manda i servi "da quei vignaioli a ritirare il raccolto", ma questi vengono uccisi. Poi invia altri servi che subiscono la stessa sorte dei primi. Infine manda il figlio, perché risolva definitivamente la questione, ma il dramma si acutizza. I vignaioli, vedendo a portata di mano la possibilità di impossessarsi dell'eredità, prendono il figlio, "lo cacciano fuori della vigna e lo uccisero". Con la domanda: "quando dunque verrà il padrone della vigna che cosa farà a quei contadini?", Gesù inizia ad applicare la parabola ai suoi ascoltatori. Infatti la risposta data dagli ascoltatori diventa una sentenza che ricade su loro stessi. Le parole di Gesù poi riprendono il tema della risposta data e lo definiscono: "perciò io vi dico: a voi vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un altro popolo che ne produca frutti". Nel versetto precedente Gesù ha indicato anche quale deve essere l'innesto sicuro per portare frutti: "la pietra che i costruttori hanno scarta è diventata la pietra d'angolo".

Attraverso Gesù Cristo, la pietra angolare, Dio Padre cura i rapporti col suo popolo. Questo, di conseguenza, deve dare frutti come segno di comunicazione efficace col suo Dio. I frutti da produrre si collocano nell'ambito della salvezza che viene dal Signore e che si realizza nel seguire fedelmente i suoi insegnamenti. L'amore a Dio Padre e alla sua volontà, per mezzo di Gesù Cristo, garantisce una messe abbondante di frutti di salvezza.

COLLEGAMENTO FRA LE LETTURE
L'immagine della vigna ritorna nelle letture di questa domenica. Essa diventa immagine del popolo eletto e rimanda al rapporto di salvezza e all'alleanza che Dio ha realizzato col suo popolo. Nella prima lettura abbiamo il noto "canto della vigna" di Isaia. L'autore si presenta amico dello sposo che canta per lui "un cantico d'amore per la sua vigna". Il canto di Isaia si articola in tre momenti. Dapprima si presentano le cure particolareggiate riservate dal viticoltore alla sua vigna e la delusione finale per i frutti non avuti: "egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica". Poi c'è la decisione di abbandonare la vigna sterile perché diventi pascolo per gli animali: "toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo". Infine il profeta applica tutto il discorso precedente alla casa d'Israele: "la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita". Dal suo popolo Dio "si aspettava giustizia, ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudini ed ecco grida di oppressi". Anche il brano evangelico, partendo dalla parabola della vigna, focalizza il discorso sui suoi frutti, che il padrone vuole raccogliere. La seconda lettura si collega con le altre in quanto indica atteggiamenti e scelte pratiche che permettono di essere vigna del Signore e di portare frutti per il Signore, seguendo l'esempio di Paolo.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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