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Lectio divina sul Libro di Qoelet - 10

10 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

I primi 12 versetti contengono una serie di proverbi che costituiscono un confronto tra situazioni diverse. I vv. 13-15 contengono sentenze relative a Dio e ai beni materiali. Alla fine l'autore riprende il tema del valore della sapienza.

7, 1Un buon nome è preferibile all'unguento profumato e il giorno della morte al giorno della nascita.
2È meglio visitare una casa dove c'è lutto che visitare una casa dove si banchetta,
perché quella è la fine d'ogni uomo e chi vive ci deve riflettere.
3È preferibile la mestizia al riso, perché con un volto triste il cuore diventa migliore.
4Il cuore dei saggi è in una casa in lutto e il cuore degli stolti in una casa in festa.
5Meglio ascoltare il rimprovero di un saggio che ascoltare la lode degli stolti:
6perché quale il crepitìo dei pruni sotto la pentola tale è il riso degli stolti. Ma anche questo è vanità.
7L'estorsione rende stolto il saggio e i regali corrompono il cuore.
8Meglio la fine di una cosa che il suo principio; è meglio un uomo paziente che uno presuntuoso.
9Non essere facile a irritarti in cuor tuo, perché la collera dimora in seno agli stolti. 10Non dire: "Come mai i tempi antichi erano migliori del presente?", perché una domanda simile non è ispirata a saggezza. 11Buona cosa è la saggezza unita a un patrimonio ed è utile per coloro che vedono il sole. 12Perché si sta all'ombra della saggezza come si sta all'ombra del denaro; ma vale di più il sapere, perché la saggezza fa vivere chi la possiede.
13Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? 14Nel giorno lieto sta' allegro e nel giorno triste rifletti: Dio ha fatto tanto l'uno quanto l'altro, cosicché l'uomo non riesce a scoprire ciò che verrà dopo di lui.
15Nei miei giorni vani ho visto di tutto: un giusto che va in rovina nonostante la sua giustizia, un malvagio che vive a lungo nonostante la sua iniquità.
16Non essere troppo giusto e non mostrarti saggio oltre misura: perché vuoi rovinarti?
17Non essere troppo malvagio e non essere stolto. Perché vuoi morire prima del tempo?
18È bene che tu prenda una cosa senza lasciare l'altra: in verità chi teme Dio riesce bene in tutto.
19La sapienza rende il saggio più forte di dieci potenti che sono nella città. 20Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non sbagli mai. 21Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, così non sentirai che il tuo servo ha detto male di te; 22infatti il tuo cuore sa che anche tu tante volte hai detto male degli altri.
23Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: "Voglio diventare saggio!", ma la sapienza resta lontana da me! 24Rimane lontano ciò che accade: profondo, profondo! Chi può comprenderlo?
25Mi sono applicato a conoscere e indagare e cercare la sapienza e giungere a una conclusione, e a riconoscere che la malvagità è stoltezza e la stoltezza è follia. 26Trovo che amara più della morte è la donna: essa è tutta lacci, una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge, ma chi fallisce (peccatore?) ne resta preso.
27Vedi, questo ho scoperto, dice Qoèlet, confrontando a una a una le cose, per arrivare a una conclusione certa. 28Quello che io ancora sto cercando e non ho trovato è questo:
un uomo fra mille l'ho trovato, ma una donna fra tutte non l'ho trovata.
29Vedi, solo questo ho trovato: Dio ha creato gli esseri umani retti,
ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni.

v. 1 Un nome buono o utile o autorevole è preferibile ad un profumo. Il profumo svanisce rapidamente il nome buono resta per sempre. La contrapposizione di nascita e morte è un tema caro a Qoelet (cfr. 4, 2-3). Molto probabilmente l'autore vuole sottolineare che è più utile riflettere sulla morte che sulla nascita. Infatti la riflessione sulla fine comporta delle scelte di sapienza adeguate.
v. 2 E' un proverbio simile al primo. La morte porta il vivo a riflettere sulla sua fine (questa è la sorte di tuti) mentre la baldoria non educa alla riflessione. Per Qoelet la riflessione sulla morte è l'inizio di ogni sapienza.
I versetti seguenti riprendono ed articolano lo stesso tema.
v.8 la riflessione sulla fine porta a non irritarsi e ad essere longanimi e pazienti. L'uomo altezzoso e impaziente di fatto è uno stolto.
v. 10 Si indica la non sapienza nel pensare al passato come tempo migliore.
v. 11 La saggezza con il patrimonio sono molto utili all'uomo. La saggezza fa vivere l'uomo nel senso che lo rende consapevole di ciò che ha e di ciò che accade attorno a lui.
v. 13 Qui abbiamo un pensiero nuovo di Qoelet: guarda l'opera di Dio e cerca di capirla. Anche se non si comprende l'operato di Dio resta sempre vantaggioso accettarlo e adeguarsi.
v. 15 Nel versetto l'autore descrive ciò che a lui sembra curvo.
vv. 16-18 L'autore consiglia una via di mezzo e quindi non esagerare mai da una parte e dall'altra. È bene vivere equilibratamente e poi chi teme Dio, cioè chi si relaziona con Dio vive bene e fa bene ogni cosa. Il timor di Dio porta a capire l'opera di Dio.
vv. 19-22 Si afferma ancora la forza e la positività della sapienza paragonata alla forza fisica? Economica? Politica? La sapienza però in questo mondo non esiste. Infatti non esiste un giusto che on sbagli mai. L'autore conclude invitando a non dare spazio alle chiacchere perché rattristano e tutti si è coinvolti in questa esperienza. Tutti siamo peccatori.
vv. 23-24 La sapienza come non è in grado di formare un vero giusto, così non è in grado di spiegare tutto ciò che è presente nel mondo e nell'universo.
vv. 25-26 Qui Qoelet parla della donna. L'autore dice di essersi dedicato a "riflettere nel cuore". Qui forse ci si riferisce all'amore coniugale. La passione è un altro mistero nella vita. Essa lega l'uomo e ne fa uno schiavo (laccio, rete, catene) e poi disgusto di ciò che prima sembrava dolcissimo (amara più della morte). Non dobbiamo intendere che la relazione amorosa sia male, ma dietro l'influsso della filosofia ellenistica, era necessario liberarsi dalle passioni per raggiungere una dimensione metafisica, non più condizionata dalla realtà e dalle passioni.
v. 28 Anche in questo versetto si sente l'influsso dell'ellenismo e di certi gruppi religiosi ebraici tipo gli esseni. Si conclude che non riesce a trovare quello che vuole.
v. 29 La conclusione è lapidaria: Dio ha creato tutto in modo corretto e semplice. È l'uomo che si complica la vita con le sue scelte ed i suoi comportamenti. Ritornare a Dio è forse la forma di sapienza più significativa.

- Il testo invita a fondare l'esistenza sulla solidità dei valori e non sull'effimero.
- È utile ed importante riflettere sulle realtà ultime.
- Conoscere Dio e la sua volontà rende sapienti.

Lectio divina II Domenica T.O. 2024

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 14 gennaio 2024– II Domenica del Tempo Ordinario B

Andarono, videro e si fermarono da lui

1 Samuele 3,3b-10.19 • Salmo 29 • 1Corinzi 6,13c-15a.17-20 • Giovanni 1,35-42

Lettura
Già accennammo al passo odierno del vangelo di Giovanni commentando le letture della terza domenica d'avvento. Siamo all'inizio del libro dei segni e l'evangelista presenta il Battista come colui che non è il Cristo, ma il detentore di una missione finalizzata a farlo conoscere.

Gv 1, 35-42
35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". Gli risposero: "Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?". 39Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia" - che si traduce Cristo - 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro.

Commento
Il racconto giovanneo può essere suddiviso in tre scene aventi ciascuna soggetti diversi. La prima ha come protagonista Giovanni Battista che indica Gesù a due dei suoi discepoli: "Ecco l'agnello di Dio" (vv.35-36). I due, sentendo la testimonianza autorevole del maestro, seguono Gesù. In questo modo si compie la missione del Battista, che era venuto "come testimone perché tutti credessero per mezzo di lui" (1,7). Nella seconda scena (vv.38-39) Gesù prende l'iniziativa nei riguardi di coloro "che lo seguivano". Egli, dopo una prima domanda che serve a focalizzare meglio il loro desiderio ("che cercate!"), rivolge ad essi l'invito decisivo: "venite e vedrete". Le parole di Gesù sono finalizzate a continuare e ad approfondire la conoscenza ed il rapporto con lui. A questo punto della narrazione troviamo anche presentata l'esperienza caratteristica dei discepoli, che viene espressa con tre verbi decisivi: "andarono", "videro", "si fermarono presso di lui". La terza scena mette in primo piano uno dei discepoli, fino a questo punto rimasti anonimi, che avevano seguito Gesù: Andrea. Costui ripete, verso il fratello Simone la propria esperienza vissuta per mezzo Battista. Egli con la testimonianza fatta di parole e di convincimenti autorevoli derivanti dalla vita lo porta al maestro. Infine Gesù stesso, incontrando Simone, attraverso lo sguardo e le parole lega a sé definitivamente il nuovo discepolo, cambiandogli il nome e chiamandolo Pietro.
Sia il Battista come i nuovi discepoli di Gesù hanno per obiettivo la chiamata alla fede in Cristo e la trasmissione della stessa, mediante la testimonianza autorevole fatta di parole e di gesti. Il seguire Gesù, Cristo e Messia, il vederlo ed il fermarsi con lui, per essere trasformati in profondità dal suo intervento diretto, come accadde a Simon Pietro, sono le caratteristiche della vocazione e dell'autentico discepolato cristiano.

Collegamento fra le letture
Nella prima lettura è presentata la vocazione di Samuele. Il suo essere al servizio del Tempio fin dalla giovinezza non corrispondeva ad una reale conoscenza di Dio. Questa si realizzerà quando il ragazzo, udendo la chiamata del Signore, sarà anche in grado di essere disponibile per mettersi realmente in ascolto: "parla perché il tuo servo ti ascolta". Solo dopo questa esperienza egli sarà capace di parole autorevoli. Nel brano di Giovanni ritorna il tema della vocazione. Anche qui la chiamata di Dio arriva alle persone mediante degli intermediari umani. C'è però un elemento di novità da sottolineare: sono discepoli veri coloro che dimorano con Gesù e si lasciano cambiare da lui. Il cambiamento, come dice Paolo nella seconda lettura, non tocca soltanto la dimensione spirituale, ma coinvolge anche il corpo del credente e tutta la sua vita concreta. Tutta la persona, con le sue dimensioni, è coinvolta nella testimonianza feconda della fede.

Per attualizzare
• Si è invitati ad una verifica seria dell'essere discepoli di Gesù. Questa esperienza si qualifica anche nel seguirlo, nello stare con lui e nel lasciarsi trasformare radicalmente.
• Le nostre parrocchie hanno come obiettivo prioritario della loro programmazione, la sequela di Cristo e il suo annuncio a tutti, attraverso una coerente, incisiva e significativa testimonianza di vita, oppure sono diventate delle fredde ed impersonali istituzioni, dei centri di potere e di burocrazia, che nascondono la forza e la novità del mistero di Cristo?
• In un'epoca di relativismo etico la testimonianza coerente del credente viene affermata come fondamentale.

Per approfondire
CdA nn. 200-206: La comunità dei discepoli; nn. 450-459: Una Chiesa in molte Chiese.

Lectio divina Battesimo del Signore B - 2024

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 7 gennaio 2024– Battesimo del Signore B

Il Figlio prediletto che apre i cieli

Isaia 55, 1-11 • Is 12, 2-6 •1 Giovanni 5, 1-9 • Marco 1, 7-11

Lettura
Il brano odierno del vangelo di Marco fa parte del "prologo" con cui l'evangelista apre la sua opera (1,1-13). In esso, oltre al titolo del vangelo (1,1), è presentato il ministero di Giovanni Battista (1,2-8) come premessa al battesimo di Gesù (1,9-13) e preparazione all'inizio del ministero in Galilea (1,14ss).

Mc 1, 7-11
7 Giovanni proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo".
9 Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10 E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11 E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento".

Commento
Il testo contiene due elementi: un aspetto della predicazione del Battista, che rimanda a "uno che è più forte" di lui ed il quale "battezzerà con lo Spirito Santo" (vv.7-8), ed il racconto sintetico del battesimo di Gesù al Giordano (vv.9-11). Dopo la sobria indicazione dell'arrivo di Gesù, che per la prima volta è presentato nell'opera di Marco, velocemente si accenna al battesimo da lui ricevuto (v.9). Grande sottolineatura è data dall'evangelista ai due avvenimenti collegati con l'uscita di Gesù dall'acqua (vv.10-11). Egli vede "squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso lui come una colomba" e " venne una voce dal cielo ...". I due versetti sono densissimi di significati che, per lo spazio disponibile, non è possibile approfondire, ma soltanto accennare.
La prima esperienza fatta da Gesù è la visione dei cieli "aperti - squarciati". Marco usa lo stesso verbo, che ricorrerà poi per indicare la rottura irreparabile del Velo del Tempio (la tenda che nel Santuario del Tempio divideva il Santo dal Santo dei Santi) alla morte di Gesù (15,38). Per interpretare l'immagine si può trovare aiuto dal testo del lamento di Isaia 63,19, scritto per la lontananza di Dio a causa del peccato del popolo: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!". Con Gesù, allora, dall'inizio della vita pubblica fino alla sua morte in croce, si riapre la comunicazione con Dio, che prima era stata interrotta a causa del peccato del popolo.
In forza di tale rinnovata comunicazione tra Dio ed il suo popolo, che può essere anche chiamata alleanza, lo Spirito di Dio discende su Gesù, rendendo possibile così il compimento delle attese messianiche annunciate e suscitate dalle antiche profezie. Infine "una voce dal cielo", cioè la voce di Dio sentita da Gesù, esplicita il suo rapporto col Padre, collocandolo nella tradizione biblica.

La venuta di Gesù ricostruisce in modo definitivo e duraturo il rapporto con Dio, che precedentemente sembrava interrotto a causa dell'infedeltà del popolo. Il dono dello Spirito Santo e della Parola abilitano i battezzati, nel nome di Gesù Cristo, alla comunione eterna col Padre.

Collegamento fra le letture
Le letture di questa domenica sono percorse da tre temi unificanti. Il primo è costituito dal desiderio divino di condividere i suoi doni col popolo eletto. L'idea viene dapprima espressa esortativamente dal profeta Isaia ("Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino.) e trova poi la piena realizzazione nella venuta di Gesù, il figlio prediletto, secondo la narrazione marciana. Giovanni, nella lettera, aggiunge infine che la fede in Gesù Cristo fa partecipare pienamente all'amore di Dio: "chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato".
Il secondo tema è lo Spirito Santo. Egli è disceso in Gesù al Giordano, e nell'esperienza cristiana diventa col battesimo, per mezzo di Cristo, la "forza" che "rende testimonianza" e che introduce nella comunione trinitaria.
Il terzo tema è la Parola. Donata con sovrabbondanza, "come pioggia e neve", si è fatta persona nel figlio di Dio. Ella non solo "non ritornerà senza effetto... senza aver compiuto ciò per cui è stata mandata", ma diventerà nella comunità cristiana segno concreto dell'amore verso Dio: "perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti".

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio divina sul Libro di Qoelet - 9

9 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Alla fine dei capitoli 4,17-5 l'autore concludeva affermando che si riceve tutto da Dio. Di conseguenza ciascuno vive ogni giorno ciò deve attuare ed è tutto questo fonte di gioia che viene anch'essa da Dio.

6, 1Un altro male ho visto sotto il sole, che grava molto sugli uomini. 2A uno Dio ha concesso beni, ricchezze, onori e non gli manca niente di quanto desidera; ma Dio non gli concede di poterne godere, anzi sarà un estraneo a divorarli. Ciò è vanità e grave malanno.
3Se uno avesse cento figli e vivesse molti anni e molti fossero i giorni della sua vita, se egli non gode a sazietà dei suoi beni e non ha neppure una tomba, allora io dico che l'aborto è meglio di lui. 4Questi infatti viene come un soffio, se ne va nella tenebra e l'oscurità copre il suo nome, 5non vede neppure il sole, non sa niente; così è nella quiete, a differenza dell'altro! 6Se quell'uomo vivesse anche due volte mille anni, senza godere dei suoi beni, non dovranno forse andare tutti e due nel medesimo luogo?
7Tutta la fatica dell'uomo è per la bocca, ma la sua fame non è mai sazia. 8Quale vantaggio ha il saggio sullo stolto? Qual è il vantaggio del povero nel sapersi destreggiare nella vita?
9Meglio vedere con gli occhi che vagare con il desiderio. Anche questo è vanità e un correre dietro al vento. 10Ciò che esiste, da tempo ha avuto un nome, e si sa che cos'è un uomo: egli non può contendere in giudizio con chi è più forte di lui. 11Più aumentano le parole, più cresce il vuoto, e quale utilità c'è per l'uomo? 12Chi sa quel che è bene per l'uomo durante la sua vita, nei pochi giorni della sua vana esistenza, che passa via come un'ombra? Chi può indicare all'uomo che cosa avverrà dopo di lui sotto il sole?

v. 1 Dopo aver affermato che la gioia della vita è l'unica cosa importante per l'uomo, riprende ad analizzare che uno dei beni principali, la ricchezza, possono non produrre gioia.

v. 2 La ricchezza e tutto ciò che l'uomo possiede, donato da Dio, non può goderne. Il testo afferma perché Dio non glielo concede. Come interpretare questo? Non dobbiamo pensare che sia Dio che non vuole questo, ma piuttosto è una riflessione generale sul fatto che tutto è nelle mani di Dio. Come tutto ciò che si possiede è dono di Dio, così tutta la vicenda umana è guidata e letta nel progetto universale di Dio. A volte sono le scelte umane a mandare in fumo i doni di Dio, quindi è necessario riflette sull'opera di Dio e cercare di adattarvisi nel miglior modo possibile.

v. 3 Può succedere che uno abbia tutto il necessario per vivere in abbondanza, ma non sia felice e continui a lamentarsi di tutto. È assurdo ma è spesso così. Morire senza tomba è il colmo delle sventure e quindi la scomparsa del ricordo. Si ribadisce nuovamente che non sono i beni che danno la gioia. Di conseguenza è inutile attaccarsi ad essi.

v. 4 Soffio come qualcosa di inconsistente che si dissolve come la nebbia. Di conseguenza anche la sua identità (nome) scompare. Quindi attaccarsi ai beni materiali porta a perdere il proprio nome la propria identità.

v. 5 Il sole è simbolo della bellezza che circonda l'uomo. Godere della bellezza è un valore anche se si sa che tutto finirà con la morte. L'attaccamento alle cose materiali e ai beni impedisce anche questa gioia.

vv. 7-8 L'uomo lavora ed è intraprendente per saziare ogni sua fame, ogni suo bisogno. Però non si sazia mai. In questo caso il sapiente e lo stolto sono uguali. L'uomo è stato fatto così da Dio e quindi non deve cambiare il progetto di Dio, ma capirlo per trovare quegli spazi di gioia che gli sono possibili. Questo avviene nel valorizzare e vedere le piccole gioie della vita.

v. 9 Continua l'insistenza di Qoelet sulla concretezza della realtà e sull'assurdità dei sogni e dei desideri. Perdere tempo rincorrendo sogni è inutile. È invece sensato godere delle piccole esperienze concrete di ogni giorno.

vv. 10-12 Ancora Qoelet è attento alla realtà concreta e si pone la domanda che cosa è bene per l'uomo concreto, non astratto o in generale. Ciò che esiste è concreto ed ha un nome ed i sogni invece non sono nulla. Di conseguenza è bene non fantasticare troppo per non trovarsi a lottare con Dio e col suo progetto (chi è più forte di lui). Se l'uomo non sa che cosa sia bene per lui concretamente figurarsi se conosce ciò che avverrà dopo di lui.

- Sappiamo godere delle piccole gioie che la vita ci dona o non siamo mai soddisfatti lamentandoci sempre?

- Siamo concreti ed agiamo consapevoli che questa è la realtà dentro la quale siamo o viviamo in sogni irrealizzabili?

- Cerchiamo di vedere il bene concreto più che lamentarci sempre?

IV Domenica di Avvento anno B 2023

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 24 dicembre 2023 – IV Domenica di Avvento anno B

Eccomi, avvenga ciò che hai detto

2 Samuele 7, 1-5.8b-12.14.16 • Salmo 88 • Romani 16, 25-27 • Luca 1, 26-38

Lettura
Nel primo capitolo del vangelo di Luca, dopo il prologo, troviamo subito due narrazioni che si strutturano a forma di dittico. In un pannello abbiamo la presentazione dell'inizio dell'esistenza di Giovanni e nell'altro incontriamo il racconto dell'annuncio della nascita di Gesù. Su questo secondo brano fermiamo ora la nostra attenzione.

Lc 1, 26-38
26 Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: "Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te".
29 A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30 L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
34 Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?". 35 Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36 Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37 nulla è impossibile a Dio". 38 Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei.

Commento
Il vangelo della quarta domenica d'avvento si apre indicando con solennità le coordinate della storia della salvezza: l'invio dell'angelo Gabriele, la decisione dichiarata ed esplicita di Dio, il coinvolgimento della casa di Davide e dell'umanità attraverso la figura di Maria ("l'angelo Gabriele fu mandato da Dio ..., a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria." vv. 26-27).
Segue la prima scena costituita dal saluto dell'angelo e dalla reazione di stupore di Maria (vv. 28-29). Molte ipotesi interpretative sono state proposte su questo punto, che realisticamente risulta difficile da spiegare. Sembra interessante una tesi che vede nell'annuncio dell'angelo l'intervento di Dio il quale trasforma radicalmente e realmente la natura di Maria. Così il "piena di grazie" andrebbe compreso con un significato più allargato: "colei che la grazia ha fatto diventare permanentemente grazia". Di conseguenza, la reazione pensosa di Maria ("ella fu turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto") evidenzierebbe l'atteggiamento della persona spiritualmente intelligente, che riflette su quanto avviene e cerca di capire. Ella ha percepito qualcosa della grandezza della comunicazione ricevuta e procede senza ritrosia, ma con prudenza, nel conoscere tutti i significati in essa contenuti.
Al centro del brano troviamo l'annuncio dell'angelo ed una nuova reazione di Maria (vv. 30-34). Gabriele comunica il concepimento del bambino, ne anticipa già il nome ("Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù"), che significa salvezza di Dio, indicando il tutto come compimento delle profezie sul Messia. Di fronte alla serietà della proposta evangelica Maria riscontra le difficoltà oggettive esistenti: "Come è possibile? Non conosco uomo".
L'ultima parte della narrazione scioglie le difficoltà (vv. 35-38). Il concepimento è possibile perché interviene lo Spirito Santo di Dio. Egli opererà in Maria con la sua potenza creatrice: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra". Di conseguenza, "Colui che nascerà" potrà essere chiamato santo e Figlio di Dio. A sostegno di Maria l'angelo offre il segno della cugina Elisabetta. Ella, considerata sterile, ormai da sei mesi, per intervento del Signore, sta attendendo un figlio. Il testo si chiude con l'assenso razionale e credente di Maria: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola".
La fede intelligente di Maria la rende capace di cogliere lo spessore del messaggio evangelico, di procedere con perseveranza in quel progetto che, pur con difficoltà, diventa realizzabile per intervento dello Spirito di Dio, e di aderire con completa disponibilità alla volontà divina.

Collegamento fra le letture
Il Signore vuole abitare in mezzo agli uomini! Nella prima lettura si proclama che la presenza di Dio nel suo popolo è fonte di benedizione, di prosperità e di stabilità: "Il Signore ti annuncia che farà a te una casa... Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio". Il Tempio è per Israele il segno della presenza di Dio. Ma la promessa fatta dal Signore a Davide, per mezzo del profeta Natan, rimanda ad un nuovo Tempio, non fatto da mani umane. È Gesù il nuovo Tempio che, nascendo da Maria, la vergine di Galilea, porta a compimento tutte le promesse di Dio. Paolo però, scrivendo ai romani, nella seconda lettura, ricorda che il mistero di Dio si è compiuto sì in Gesù, ma esso non è ancora completo. Infatti l'annuncio della salvezza dovrà arrivare a tutte le genti e da esse essere accolto, "perché alla obbedienza della fede" e così dimorare pienamente nella casa di Dio. Davanti a questo progetto divino è chiesto alla Chiesa la stessa fede intelligente di Maria.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
NATALE DEL SIGNORE
25 dicembre 2023

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