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Lectio divina X Domenica T.O. 2024

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 9 giugno 2024 – X Domenica del Tempo Ordinario – B

Siamo la famiglia di Gesù
Genesi 3,9-15; Salmo 129; 2Corinti 4,13-5,1; Marco 3,20-35

Lettura
Dopo la guarigione di un uomo dalla mano paralizzata ed aver interagito con la folla che lo pressava ed aver istituito i dodici apostoli, Gesù vive due momenti critici del suo ministero: i suoi parenti vogliono riportarlo a casa e gli scribi lo calunniano.

Mc 3, 20-35
20Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé".
22Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni". 23Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: "Come può Satana scacciare Satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. 26Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. 27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. 28In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna". 30Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito impuro".
31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". 33Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre".

Commento
Il racconto è strutturato ad incastro. All'inizio abbiamo i suoi che vengono a prenderlo per ritiralo dalla circolazione perché considerato "fuori di sé". Poi al centro troviamo il confronto-scontro con gli scribi venuti da Gerusalemme per metterlo in difficoltà. La chiusura riprende i parenti che vengono a ritirarlo con la sentenza finale di Gesù su chi costituisce la sua famiglia.
I familiari di Gesù rappresentano lo sfondo generale all'interno del quale egli opera, costituito da tutti coloro che ritengono Gesù una persona che ormai è fuori dalle tradizioni patriarcali consolidate dell'ebraismo e quindi hanno il diritto di fermarlo. I familiari hanno il compito e l'obbligo di indirizzare e di richiamare chi esce dal retto cammino riportandolo alla sacralità delle tradizioni consolidate. Gesù si era creato una nuova "casa", costituita dai suoi discepoli con nuove regole di vita, fondate sull'amore. ed aveva abbandonato la "casa" di provenienza costituita dalla tradizione ebraica. Per questa ragione la "casa" familiare cerca di sottrarlo al nuovo gruppo considerato trasgressivo.
Gli scribi venuti da Gerusalemme cercano ed accusano Gesù. Essi che avevano il compito di controllare la vita religiosa del popolo e di punire le trasgressioni; di conseguenza non vedevano di buon occhio il progetto di Gesù con i suoi discepoli. Gli scribi interpretano le azioni di Gesù sulle persone possedute dai demoni e sui malati come opera di Satana e lo accusano di agire in combutta con lui. Egli li chiama e smaschera il loro errore. Gesù è venuto per distruggere il potere di Satana, lui è "il più forte" (cfr. Mc 1,7) ed è l'inviato di Dio mandato per liberare gli indemoniati ed i peccatori ed offrire a tutti la possibilità di far parte del Regno di Dio. Chi incontra Gesù, fa sperienza del suo progetto e poi non lo accetta accusandolo addirittura di agire in alleanza col demonio, opera contro lo Spirito Santo e commette un peccato imperdonabile. Tutti i peccati saranno perdonati tranne questo. Per non essere di quelli che rinnegano Gesù è opportuno fare parte della sua famiglia: "chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre". Non esiste vocazione cristiana senza abbandono di un passato incartapecorito per accedere alla novità creativa che Gesù porta col suo amore. Quello che è accaduto a Gesù può succedere anche ai discepoli. Ci possono essere dei poteri di carattere familiare, economici, sociali, culturali e politici che tentano di rinchiudere i discepoli bloccando la loro sequela di Gesù e il vivere il vangelo. Soltanto con Gesù e col suo vangelo si scopre il vero senso dei fratelli, delle sorelle, della madre e ci si apre ad una prospettiva universale che è la vera famiglia di Dio.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Lectio divina Corpus Domini 2024

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 2 giugno 2024 – Santissimo Corpo e Sangue di Cristo B

Eucaristia: la compagnia di Gesù Cristo con i suoi
Esodo 24,3-8 • Salmo 115 • Ebrei 9,11-15 • Marco 14,12-16.22-26

Lettura
Il brano evangelico della festa odierna ci riporta al cuore della narrazione secondo san Marco. Esso è costituito dai capitoli 14-16, che raccontano il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo il Figlio di Dio. Gesù, dopo aver partecipato alla mensa in casa di Simone il lebbroso a Betania, si prepara a vivere la cena dell'antica pasqua ebraica con i dodici. Nel frattempo Giuda ha ormai deciso di consegnarlo ai sommi sacerdoti.

Mc 14, 12-16.22-26
12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?". 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: "Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi". 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio".
26Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Commento
Nel testo troviamo due parti tra loro distinte in quanto viene soppresso l'annuncio del tradimento di Giuda (14,17-21). Nella prima vengono presentati gli interessi ed i preparativi dei discepoli finalizzati a "mangiare la Pasqua" con Gesù. Tutto il quadro rimanda alla pasqua ebraica, ricordo della liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù egiziana e del dono della salvezza. Le parole pronunciate da Gesù contengono un elemento di novità, che già nei preparativi anticipa un cambiamento di significato della cena di Gesù. "L'uomo con una brocca d'acqua", indicato dal maestro e che i discepoli dovranno seguire, è un servo addetto ad umili servigi. Costui, pur nella continuità con la tradizione ebraica, permette di comprendere subito che la cena di Gesù avrà come caratteristica di fondo il servizio. In quest'occasione poi Gesù insegnerà ai sui il dono totale di sé agli altri. Nella seconda parte abbiamo la cena in senso stretto con l'istituzione dell'eucaristia. Questa è da Gesù collegata con la sua morte e resurrezione: "questo è il mio corpo... questo è il mio sangue versato per molti". Così la morte-resurrezione di Gesù e l'eucaristia, collegano insieme Dio ed il popolo redento da Cristo e attuano la nuova alleanza realizzata da Gesù. Infine egli preannuncia il giorno in cui berrà il "vino nuovo nel Regno di Dio". Con questa immagine viene richiamato non solo il contenuto di tutta la predicazione di Gesù: il Regno di Dio, ma si presenta anche l'eucaristia come il banchetto che anticipa quello finale, al quale tutti sono invitati ed attesi da Gesù.

L'istituzione dell'eucaristia da parte di Gesù si colloca nell'antica tradizione d'Israele che celebra la pasqua. Essa però diventa segno della nuova alleanza, attuata nel servizio e nel dono totale di Dio, in quanto rimanda alla redenzione operata da Cristo. L'eucaristia è anche anticipazione del banchetto finale verso il quale tutti sono incamminati.

Collegamento fra le letture
La solennità del Corpo e del Sangue di Cristo collega le tre letture proposte dalla liturgia. La prima lettura presenta solennemente il rito dell'alleanza tra Dio ed Israele al Sinai. Di fronte all'impegno di Dio, il popolo risponde dicendo: "Tutti i comandamenti il Signore ha dato, noi lo eseguiremo!". Mosé sigilla poi con il sangue asperso l'alleanza avvenuta. La liturgia del Sinai rimanda con chiarezza, come dice la lettera agli Ebrei, ad un nuovo sacrificio, nel quale Cristo "con il proprio sangue" ha "ottenuto una redenzione eterna". "Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza". Così l'eucaristia, istituita da Gesù nell'ultima cena, secondo il racconto di san Marco, è memoriale della morte e risurrezione del Signore, è il nuovo patto stipulato tra Dio ed il suo popolo ed è la compagnia di Gesù Cristo che cammina con i suoi verso la pienezza del "Regno d Dio".

La vita
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Lectio divina Ascensione del Signore B 2024

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 12 maggio 2024 – Ascensione del Signore B

Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Efesini 4,1-13 • Marco 16,15-20

Lettura
Dopo l'annuncio dato dal giovane vestito di bianco alle donne nel sepolcro vuoto, il vangelo di Marco si chiude invitando gli amici di Gesù a ritornare in Galilea, per riprendere l'esperienza del discepolato ed iniziare la missione. La tradizione ha poi aggiunto un'appendice (16,9-20) nella quale, sotto forma di riassunto, si raccolgono alcune testimonianze delle esperienze pasquali di Gesù (vv.9-14) e dell'inizio della chiesa (vv.15-20). Il testo liturgico inizia col versetto 15 con delle aggiunte redazionali dei liturgisti. Il preferisco partire dal v. 14.

Mc 16, 15-20
14 Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15 E disse loro: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17 Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Commento
Il brano odierno comprende le parole di missione rivolte dal Risorto agli undici (vv.15-18), la rapida presentazione dell'ascensione di Gesù (v.19) ed il breve sommario sulla predicazione dei discepoli (v.20). L'opera evangelizzatrice, affidata da Gesù risorto agli Undici, è caratterizzata dalla universalità ("andate in tutto il mondo") e dalla attenzione particolare verso ogni individuo ("proclamate il vangelo ad ogni creatura"). La predicazione propone la fede. Questa viene accolta e d è resa stabile dal sacramento del battesimo, che porta alla salvezza: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato". La non accoglienza conduce invece alla separazione da Gesù e quindi alla autocondanna condanna. Il testo presenta poi cinque segni, "che accompagneranno quelli che credono" ed indicano la concretezza della vita cristiana, nata dalla fede e dal battesimo. Essi richiamano da un lato l'incarico affidato da Gesù ai dodici, durante il suo ministero terreno (cfr. Mc 6,7 e 6,13), e dall'altro la particolare protezione offerta da Gesù risorto al credente e all'evangelizzatore. I segni, che sono fondamentalmente attività di lotta col male e di vittoria su di esso, confermano i discepoli nella loro fede già nata ("quelli che credono") e gli annunciatori si collocano in continuità col servizio svolto da Gesù: "il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che l'accompagnavano". Infine si presenta il Signore Gesù che, "dopo aver parlato con loro fu elevato in cielo", siede alla destra del Padre, non è lontano dalla missione degli evangelizzatori e ne é il motore e la causa prima. Per questo con coraggio e senza indugio "essi partirono e predicarono dappertutto".

L'azione evangelizzatrice, affidata da Gesù agli annunciatori, deve essere rivolta a tutti ed in modo personalizzato. Essa suscita la fede e crea la comunità dei credenti. La comunità che nasce, con la ricchezza visibile della sua vita, è il segno più vero della forza del vangelo, della fedeltà dell'annunciatore all'incarico ricevuto e della continua ed efficace opera del Signore risorto in mezzo ai suoi.

Collegamento fra le letture
Le letture sviluppano una riflessione profondamente unitaria su Gesù Cristo. L'evento dell'ascensione del Signore si ricollega direttamente con la resurrezione: "Egli si mostrò ad essi vivo... durante quaranta giorni, apparendo loro", così dice Atti. Paolo aggiunge che l'ascendere al cielo di Gesù rimanda al fatto "che prima era disceso quaggiù sulla terra". In questo modo si sottolinea il mistero dell'incarnazione. Infine Atti anticipa la venuta finale del Signore: "Questo Gesù... tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". In attesa dell'ultima venuta si ha il tempo della Chiesa, il tempo dello Spirito Santo: "ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa... sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni". Le caratteristiche della Chiesa che vive nello Spirito ed attende il Signore sono: la fedeltà alla vocazione ricevuta, la fede ("chi crederà sarà salvato"), la predicazione del "vangelo ad ogni creatura" ("fino agli estremi confini della terra"), l'edificazione del "corpo di Cristo" per mezzo dei vari doni ricevuti, l'"unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio", che portano alla consapevolezza che il Signore opera nella Chiesa e con la Chiesa.

La vita
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Lectio Divina V Domenica di Pasqua - B

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 28 aprile 2024 – V Domenica di Pasqua B

Uniti a Gesù per dare frutti abbondanti
Atti 9,26-31 • Salmo 21 • 1Giovanni 3,18-24 • Giovanni 15,1-8

Lettura
Il vangelo di Giovanni ci porta nella scena dell'ultima cena, a lavanda dei piedi avvenuta. Gesù rivolge ai discepoli un lungo discorso, nel quale lascia ai suoi le ultime consegne. Egli indica loro come avrebbero dovuto vivere e che rapporto dovevano costruire con la realtà circostante, dopo la sua dipartita.

Gv 15, 1-8
1 "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Commento
Il brano comincia identificando Gesù con "la vera vite" e il Padre con "l'agricoltore". Poi il testo continua parlando dei tralci, che vengono trattati dal Padre in modo da rendere abbondante il raccolto dell'uva. Il tralcio sterile viene tagliato, per essere eliminato, e quello fecondo è comunque potato, "perché porti più frutto". A questo punto, Gesù collega esplicitamente l'immagine dei tralci ai suoi discepoli ed afferma che essi hanno già avuto una prima potatura attraverso la parola da lui annunziata. Per loro, che hanno accolto la Parola, sembra profilarsi l'esclusione dalla possibilità di essere gettati via come il tralcio secco, il quale "poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano". Nello stesso tempo però il discepolo deve rimanere in Gesù: "Rimanete in me ed io in voi". Questo significa restare radicati stabilmente nella vite, per dare frutto. É la relazione con Gesù che dà al cristiano la sola fecondità possibile: "chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto". Il brano si chiude sottolineando che si è radicati in Gesù se le sue "parole rimangono" in noi. La presenza di Gesù nella vita dei discepoli regola di conseguenza il rapporto col Padre, al quale, in questo modo, si può chiedere quello che si vuole per essere meglio discepoli e portare adeguatamente frutto. Così si diventa la sua gloria, cioè come dice s. Agostino: "sarete la sua lode se vivrete bene".

Nella relazione con Dio Padre o si dà frutto oppure si è sterili: non può esistere una via di mezzo. L'unione con Gesù, la vera vite, garantisce frutti abbondanti, assieme a purificazioni radicali, prodotte dalla sua parola. Di conseguenza il rapporto con Gesù non può essere facoltativo o arbitrario, esso è necessario per essere suoi discepoli, per produrre frutti abbondanti e per glorificare così il Padre.

Collegamento fra le letture
La presentazione di Paolo, fatta dal libro degli Atti, potrebbe diventare il tema unificante e l'esempio del tralcio potato perché dia più frutto. Egli prima cambia vita per l'incontro con Gesù e poi trova difficoltà tra i cristiani, i quali "non credono ancora che fosse un discepolo". Solo la mediazione di Barnaba fa superare questo scoglio e permette a Paolo di stare con gli altri discepoli: "andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore". Paolo sperimenta un'altra potatura nei rapporti con "gli Ebrei di lingua greca", i quali "tentavano di ucciderlo", e viene salvato dai fratelli. Quale l'origine delle difficoltà o potature sperimentate da Paolo? Egli, come dice la lettera di Giovanni, amava "coi fatti e nella verità". Di conseguenza aveva piena fiducia in Dio, osservava i suoi comandamenti e faceva quanto a lui era gradito, dimorava in Dio ed egli in lui, era un tralcio ben innestato nella vite. Il suo ministero, purificato da Gesù, diventava di conseguenza fecondissimo.

La vita
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Lectio Divina IV Domenica di Pasqua - B

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 aprile 2024– IV Domenica di Pasqua B

Gesù pastore buono e perfetto
Atti 4,8-12 • Salmo 117 • 1Giovanni 3,1-2 • Giovanni 10,11-18

Lettura
L'evangelista Giovanni ci porta col suo racconto ancora una volta a Gerusalemme, all'ultimo giorno della festa delle Capanne, quando Gesù, recatosi al Tempio, insegna cercando di farsi conoscere. Inevitabilmente si creano conflitti con i giudei e con le folle. Di conseguenza egli è costretto a manifestarsi attraverso immagini simboliche. Tra queste emerge la figura del pastore di Gv 10,1-18. Nella prima parte del capitolo (vv.1-5), Gesù si rivela misteriosamente ai suoi uditori e nel v.6 si dice che i farisei non capivano il senso delle parole di Gesù. Nei vv.7-18 egli si fa conoscere chiaramente, collegando a sé i temi presentati nella prima parte. A questo punto si colloca il brano della quarta domenica di Pasqua.

Gv 10, 11-18
11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12 Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13 perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio".

Commento
Gesù si presenta "buon pastore". La perfezione e la bontà di questo pastore consistono nella disponibilità a dare "la propria vita per le pecore". Abitualmente fa parte della attività del pastore affrontare i rischi per il bene del gregge, ma nessuno oserebbe pretendere che egli sia disposto a perdere la vita per le pecore. Al pastore perfetto viene contrapposto il mercenario, che svolge le mansioni del pastore con distacco. A lui "le pecore non appartengono" e quindi "non gli importa delle pecore". Nel pericolo fugge e non è disposto a dare la vita per esse. Gesù, pastore buono e perfetto, conosce le pecore e da esse è conosciuto. Il rapporto che egli ha col gregge è sul modello della sua relazione con il Padre: "come il Padre conosce me e io conosco il Padre". Di conseguenza il verbo conoscere acquista il significato di amare, che sta alla base della relazione di Gesù col Padre e quindi col gregge. L'amore di Gesù non può limitarsi al recinto stretto di "questo recinto", che è da identificare con Israele radunato simbolicamente nel Tempio di Gerusalemme, ma si rivolge sovrabbondantemente anche ad "altre pecore". Queste ascolteranno la sua voce "e diventeranno un solo gregge" guidate da "un solo pastore". Viene così indicato l'obiettivo del ministero di Gesù: arrivare a tutti. Esso si realizzerà storicamente per mezzo della Chiesa. L'ultima parte del brano sottolinea nuovamente la relazione d'amore che intercorre col Padre. Essa si concretizza nell'eseguire fedelmente, da parte di Gesù, il "comando che ho ricevuto dal Padre".

Gesù è pastore buono perché ama il suo gregge fino a dare la vita per esso. Egli si distingue in questo modo dai mercenari, che svolgono il loro lavoro con disinteresse e senza cuore. L'amore di Gesù è universale e per tutti gli uomini, i quali egli chiama con la sua parola a far parte dell'unico gregge. In tutto questo progetto egli fa conoscere l'amore che il Padre ha per l'umanità.

Collegamento fra le letture
L'amore con cui si svolge il proprio servizio umano o ecclesiale è il tema che unifica le letture. Nel contesto della celebrazione pasquale si può sottolineare che l'attenzione "pastorale" di Gesù per le pecore, presentata da Giovanni come futura, si realizza oggi. Adesso, per mezzo della Chiesa, Gesù sta facendo giungere il suo amore anche alle "pecore che non sono di questo recinto". L'esempio di Pietro, "colmo di Spirito Santo", diventa modello di tutti gli evangelizzatori che, "nel nome di Gesù Cristo il Nazareno", annunciano il vangelo in ogni parte della terra, anche mettendo in pericolo la propria vita. È l'amore di Gesù verso gli uomini e la corrispondenza che essi hanno nei suoi riguardi che rendono "figli di Dio", come dice la seconda lettura. Questa esperienza sarà sempre più perfetta perché tutti "saremo simili a lui e lo vedremo così come egli è".

La vita
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