LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 30 giugno 2024– XIII Domenica del Tempo Ordinario - B
Con la fede tutto è possibile!Sapienza 1,13-15;2,23-24 • Salmo 29 • 2Corinzi 8,7.9.13-15 • Marco 5,21-43
Lettura
Gesù continua il suo ministero in Galilea attorno al lago. Dopo essere stato nella regione di Geraseni (5,1) e nel territorio della Decapoli (5,21) ora ritorna probabilmente a Cafarnao e qui viene circondato da persone che aspettano da lui i frutti del suo ministero.
Mc 5,21-4321Essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: "La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva". 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata". 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi ha toccato le mie vesti?". 31I suoi discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"". 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male".35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?". 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, soltanto abbi fede!". 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: "Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico: àlzati!". 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.CommentoLa pericope contiene due racconti inseriti uno nell'altro. I vv.21-24.35-43 narrano la vicenda della figlia del capo della sinagoga richiamata in vita ed i vv.25-34 presentano la guarigione della donna affetta da emorragia. Appena Gesù scende dalla barca, Giairo, "uno dei capi della sinagoga" del luogo, si getta ai piedi del maestro chiedendo con insistenza la guarigione della figlia che era ormai in fin di vita. Colpisce subito la fiducia di quest'uomo nella possibilità che ha Gesù di sanare la figlia. La scena si interrompe perché mentre Gesù che va con Giairo, circondato da molta folla, viene inserita la vicenda della donna che aveva perdite di sangue. Ella mentre cammina accanto a Gesù, tocca il suo mantello, sicura di ottenere la guarigione con gesto silenzioso e compiuto nascostamente: "se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata". La donna, affetta da anni da una malattia che nessun medico aveva guarito, è sicura di ottenere beneficio dal maestro di Galilea. Gesù però avverte che è successo qualcosa di straordinario in quanto una potenza è uscita da lui. La donna è guarita però lui vuole incontrare chi ha beneficiato del suo dono e desidera completare l'opera donando la salvezza piena, per questo pone una domanda: "chi mi ha toccato le vesti?". Alla risposta semplicistica dei discepoli si contrappone la donna "impaurita e tremante" che, sapendosi scoperta, si getta in silenzio ai piedi di Gesù. Le parole pronunciate dal maestro ("Figlia, la tua fede ti ha salvata . . .") riconoscono la fede che la donna ha avuto nell'accostarsi a lui, ufficializzano la guarigione avvenuta e donando alla donna la pace, frutto della profonda comunione con Dio. Riprende il racconto di Giairo con la notizia della morte della fanciulla. Tutto sembra ormai finito e concluso. Gesù però, intervenendo, si rivolge al capo della sinagoga, ridà speranza e riapre anche narrativamente la scena: "Non temere, soltanto abbi fede". Arrivati alla casa dominano le scene collegate alla morte della fanciulla: "gente che piangeva e urlava forte". In questa situazione, Gesù dichiara che la bimba non è morta, ma dorme; attirandosi così la derisione di tutti. Giairo, la moglie e quei pochi portati da Gesù continuano ad avere fede e assistono così alla scena nella quale Gesù richiama alla vita la fanciulla: "Talità kùm", che significa: "fanciulla, io ti dico: alzati". Il racconto si chiude presentando la fanciulla di dodici anni che riprende le sue attività e la richiesta di Gesù di tenere nascosto l'avvenimento.
Gesù ascolta ed accoglie ogni richiesta che a lui viene rivolta con fede. Nulla a lui è impossibile! Certamente egli è venuto a portare agli uomini la vita di Dio e la pace, che possono essere accolte soltanto da chi ha fede in lui e da chi lo incontra con autenticità nella vita.
Collegamento fra le lettureGesù Cristo rivela il Dio della vita. Questo può essere il tema che lega le letture di questa domenica. Nella prima lettura il testo della sapienza proclama che Dio "non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano". Nel testo è anche indicato lo scopo della creazione: "Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità" cioè per l'immortalità. Tale obbiettivo è possibile perché ogni persona è stata fatta ad immagine della natura di Dio. La morte allora non viene da Dio, ma è una realtà portata nel mondo dell'insidia del diavolo. Gesù Cristo, dice il vangelo di Marco, attraverso il suo ministero, rivela la bontà di Dio, che salva e libera l'uomo dal peccato, dal male e dalla morte. Così sono da leggere i due racconti contenuti nella pericope marciana. Per partecipare pienamente a questo dono occorre la fede. Questo è l'invito accorato che Paolo rivolge ai Corinzi. La fede si traduce poi in opere concrete di carità e soprattutto porta a riconoscere "la grazia del Signore nostro Gesù Cristo". Egli da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 giugno 2024– XII Domenica del Tempo Ordinario - B
Chi crede in Gesù vince ogni pauraGiobbe 38,1.8-11 • Salmo 106 • 2 Corinti 5,14-17 • Marco 4,35-41
Lettura
Gesù insegna alle folle per mezzo delle parabole. Tra i suoi uditori alcuni si staccano dalla massa anonima e si avvicinano a lui per chiedere ulteriori approfondimenti. A costoro, che sono da identificare con i discepoli, Gesù in privato spiega ogni cosa. A questo punto della narrazione si trova il racconto de "La tempesta sedata".
Mc 4,35-4135In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva". 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". 41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?".CommentoColoro che hanno accolto l'insegnamento di Gesù sono invitati a passare "all'altra riva" con lui. Durante la traversata si solleva "una grande tempesta di vento" che suscita grande paura in chi è sulla barca. A fronte dell'agitazione del lago viene presentato per contrasto Gesù che tranquillamente "se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva". Colpisce sicuramente il persistere del sonno di Gesù nel pieno della tempesta. Subito dopo entrano in azione i discepoli che lo svegliano con parole trepidanti, cariche di tensione, indice del loro sentirsi abbandonati in quel pericolo mortale: "maestro, non t'importa che siamo perduti?". Gesù, svegliatosi, ascolta la loro richiesta e ordina al vento e al mare di tacere e di calmarsi ed essi ubbidiscono: "il vento cessò e vi fu grande bonaccia". Il racconto si conclude con due domande decisive di Gesù rivolte ai discepoli: "perché avete paura?" e "non avete ancora fede?". I suoi ancora non capiscono fino in fondo la sua identità e non si fidano pienamente, per questo hanno paura. La stessa reazione dei discepoli, indicata nell'ultimo versetto, conferma il disagio esistente nella relazione tra Gesù ed i suoi: "Chi è dunque costui ...?".
Chi segue Gesù e va con lui sulla barca non sempre coglie fino in fondo la sua identità. A volte si ha la sensazione che il maestro sia assente o disinteressato delle vicende travagliate vissute dei suoi discepoli. Per questo essi si lasciano prendere dalla paura. L'intervento di Gesù, che riporta tranquillità sul lago, diventa segno della sua capacità di contrastare anche le più terribili forze distruttrici. Come egli si oppone ai demoni, così riesce a farsi obbedire da quanto rischia di portare i suoi discepoli e tutti gli uomini alla rovina. Al credente è quindi chiesto di conoscere meglio il maestro e soprattutto di fidarsi di lui.
Collegamento fra le lettureTutti gli uomini ed anche i discepoli cristiani fanno fatica a conoscere il mistero di Dio. Giobbe non riesce a trovare spiegazioni di fronte alle disgrazie che colpiscono lui e la sua famiglia. Anche i discepoli, sulla barca con Gesù, non comprendono come possa conciliarsi la presenza del maestro con loro e la contemporanea avversità della vita a cui essi devono far fronte. Per questo gridano: "non t'importa che siamo perduti?". A Giobbe Dio risponde invitandolo a considerare l'ordine inscritto nel creato. "Chi ha chiuso tra due porte il mare" e chi controlla "l'orgoglio delle sue onde" interverrà decisamente anche nel turbine attraversato da Giobbe. Per questo egli, pur attraversando grandi prove, resta sempre fedele a Dio e non perde la speranza in lui. Sul lago Gesù si manifesta ai suoi capace di controllare ogni difficoltà che li minaccia. Per questo allora il discepolo, secondo lo stimolo lanciato da Paolo nella seconda lettura, non deve accontentarsi di conoscere Gesù "alla maniera umana", cioè soltanto nella sua dimensione storica e concreta, ma è chiamato ad essere "una creatura nuova" in Gesù; ciò significa aver fede in lui e liberarsi da qualsiasi paura.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 giugno 2024– XI Domenica del Tempo Ordinario - B
La forza del vangelo e del regnoEz 17,22-24 - Sal 91 - 2Cor 5,6-10 - Mc 4,26-34
Lettura
Nel vangelo di Marco, Gesù pronuncia un discorso in parabole come insegnamento rivolto ai discepoli che ha chiamato alla sua sequela e alle folle che ascoltano la sua predicazione del Regno che viene (cfr. Mc 4,1-34). Il tema dominante delle parabole è il seme gettato nella terra. All'inizio Gesù narra la vicenda del seminatore che getta il seme nel terreno (presumibilmente grano) ed il risultato ottenuto dalla sua crescita. Poi Gesù spiega la parabola del seminatore e, dopo due brevi detti sulla lampada e sull'ascolto (cfr. Mc 4,21-25), abbiamo le parabole odierne.
Mc 4, 26-34In quel tempo 26Diceva Gesù: "Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura".30Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra".33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.CommentoIl racconto è strutturato in due parti distinte. La prima (vv.26-29) presenta il processo del seme che germoglia, produce il frutto e viene poi falciato; la seconda (vv.30-32) illustra la parabola del granello di senape. Nei vv.33-34 la conclusione sull'insegnamento dato da Gesù con molte parabole e sulla spiegazione che lui dava ai suoi discepoli.
Gesù afferma che il regno di Dio è "come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa". Il seme è l'elemento che collega le parabole. Anche se sembra morto nella terra in realtà genera vita e diventa una pianta. Esso poi si moltiplicherà e darà frutti abbondanti. Il seme è adatto per rappresentare la dinamica del mistero della presenza di Gesù, del vangelo annunciato e della vita cristiana vissuta: il regno di Dio.
Segue un'altra parabola di senape. Il chicco di senape è tra i semi più minuscoli, non più grande di una capocchia di uno spillo; eppure anch'esso, se seminato in terra, diventa un albero che si impone. Sembra impossibile che da un seme così minuscolo possa derivare un albero tanto rigoglioso. Eppure proprio ciò che ai nostri occhi è piccolo, può avere una forza impensabile. Il seme anche se piccolo in terra marcisce, germoglia, poi spunta e cresce fino a essere un arbusto sulle cui fronde gli uccelli possono fare il nido. Qui Gesù allude certamente a quell'albero intravisto da Daniele, simbolo del regno universale di Dio (cfr. Dn 4,6-9.17-19). Il vangelo che ci è stato donato può sembrare piccola cosa, rivestito poi di parola umana, fragile e debole, comunicato poi da uomini e donne poveri, senza cultura, non saggi secondo il mondo (cfr. 1Cor 1,26). Eppure quando il vangelo è seminato, predicato e testimoniato dai discepoli, proprio perché è parola di Dio contenuta in parole umane, è fecondo cresce, tocca tante persone e arriva al loro cuore.
Queste parabole invitano a riflettere da un lato sulla consapevolezza che abbiamo del vangelo che ci è dato e che noi dobbiamo seminare e dall'altro sulla nostra visione del Regno come realtà che si diffonde ad opera di piccoli e di poveri. È la realtà di un "piccolo gregge" (Lc 12,32), che può diventare grande perché destinato a tutte le genti del mondo intero.
La venuta del regno di Dio è paragonata al processo agricolo che ogni contadino conosce bene, anzi che vive con attenzione e premura: semina, nascita del grano, crescita, formazione della spiga, maturazione e mietitura. Di fronte a tale sviluppo, occorre meravigliarsi, guardando alla potenza, alla forza presente in quel piccolo seme secco, che sembra addirittura niente. Così è il regno di Dio: piccola realtà, ma che ha in sé una potenza misteriosa, silenziosa, irresistibile ed efficace, che si dilata senza che noi facciamo nulla. Di fronte a questa realtà, il contadino non può fare davvero nulla: deve solo seminare il seme nella terra, ma poi sia che lui dorma sia che si alzi di notte per controllare ciò che accade, la crescita non dipende più da lui. L'insegnamento di Gesù consiste nel meravigliarsi del regno che si dilata sempre di più, anche quando noi non ce ne accorgiamo, e di conseguenza occorre avere fiducia nel vangelo e nella sua forza. Di conseguenza è necessario che gli evangelizzatori siano soltanto servi al servizio del vangelo e non protagonisti. Il seme è la parola che, seminata dall'evangelizzatore, darà frutto anche se lui non se ne accorge. Il seme è buono, se la parola predicata è parola di Dio e non dell'evangelizzatore, essa darà sicuramente frutti abbondanti. Questa è la certezza del "seminatore" credente e consapevole di ciò che opera: la speranza della mietitura e del raccolto non può essere messa in discussione perché Gesù è sempre con noi ed è lui il protagonista della evangelizzazione e della crescita del regno.
Collegamento fra le lettureAnche le realtà piccole ed insignificanti agli occhi degli uomini, nelle mani di Dio diventano grandi e magnifiche: "un ramoscello lo pianterò... metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico" (Ez 17,22-23). Anche il vangelo ed il regno di Dio se sono seminati con abbondanza cresceranno e faranno frutti perché Dio è all'opera nella storia in odo silenzioso e sempre nascosto. A noi spetta il compito di collaborare positivamente seminando con la parola e con la testimonianza della vita, credendo fermamente nell'opera di Dio nel mondo (2Cor 5,6-7).
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Goito 9 giugno 2024 – X Domenica del Tempo Ordinario – B
Siamo la famiglia di GesùGenesi 3,9-15; Salmo 129; 2Corinti 4,13-5,1; Marco 3,20-35
Lettura
Dopo la guarigione di un uomo dalla mano paralizzata ed aver interagito con la folla che lo pressava ed aver istituito i dodici apostoli, Gesù vive due momenti critici del suo ministero: i suoi parenti vogliono riportarlo a casa e gli scribi lo calunniano.
Mc 3, 20-3520Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé".22Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni". 23Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: "Come può Satana scacciare Satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. 26Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. 27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. 28In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna". 30Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito impuro".31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". 33Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre".CommentoIl racconto è strutturato ad incastro. All'inizio abbiamo i suoi che vengono a prenderlo per ritiralo dalla circolazione perché considerato "fuori di sé". Poi al centro troviamo il confronto-scontro con gli scribi venuti da Gerusalemme per metterlo in difficoltà. La chiusura riprende i parenti che vengono a ritirarlo con la sentenza finale di Gesù su chi costituisce la sua famiglia.
I familiari di Gesù rappresentano lo sfondo generale all'interno del quale egli opera, costituito da tutti coloro che ritengono Gesù una persona che ormai è fuori dalle tradizioni patriarcali consolidate dell'ebraismo e quindi hanno il diritto di fermarlo. I familiari hanno il compito e l'obbligo di indirizzare e di richiamare chi esce dal retto cammino riportandolo alla sacralità delle tradizioni consolidate. Gesù si era creato una nuova "casa", costituita dai suoi discepoli con nuove regole di vita, fondate sull'amore. ed aveva abbandonato la "casa" di provenienza costituita dalla tradizione ebraica. Per questa ragione la "casa" familiare cerca di sottrarlo al nuovo gruppo considerato trasgressivo.
Gli scribi venuti da Gerusalemme cercano ed accusano Gesù. Essi che avevano il compito di controllare la vita religiosa del popolo e di punire le trasgressioni; di conseguenza non vedevano di buon occhio il progetto di Gesù con i suoi discepoli. Gli scribi interpretano le azioni di Gesù sulle persone possedute dai demoni e sui malati come opera di Satana e lo accusano di agire in combutta con lui. Egli li chiama e smaschera il loro errore. Gesù è venuto per distruggere il potere di Satana, lui è "il più forte" (cfr. Mc 1,7) ed è l'inviato di Dio mandato per liberare gli indemoniati ed i peccatori ed offrire a tutti la possibilità di far parte del Regno di Dio. Chi incontra Gesù, fa sperienza del suo progetto e poi non lo accetta accusandolo addirittura di agire in alleanza col demonio, opera contro lo Spirito Santo e commette un peccato imperdonabile. Tutti i peccati saranno perdonati tranne questo. Per non essere di quelli che rinnegano Gesù è opportuno fare parte della sua famiglia: "chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre". Non esiste vocazione cristiana senza abbandono di un passato incartapecorito per accedere alla novità creativa che Gesù porta col suo amore. Quello che è accaduto a Gesù può succedere anche ai discepoli. Ci possono essere dei poteri di carattere familiare, economici, sociali, culturali e politici che tentano di rinchiudere i discepoli bloccando la loro sequela di Gesù e il vivere il vangelo. Soltanto con Gesù e col suo vangelo si scopre il vero senso dei fratelli, delle sorelle, della madre e ci si apre ad una prospettiva universale che è la vera famiglia di Dio.
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Goito 2 giugno 2024 – Santissimo Corpo e Sangue di Cristo B
Eucaristia: la compagnia di Gesù Cristo con i suoiEsodo 24,3-8 • Salmo 115 • Ebrei 9,11-15 • Marco 14,12-16.22-26
Lettura
Il brano evangelico della festa odierna ci riporta al cuore della narrazione secondo san Marco. Esso è costituito dai capitoli 14-16, che raccontano il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo il Figlio di Dio. Gesù, dopo aver partecipato alla mensa in casa di Simone il lebbroso a Betania, si prepara a vivere la cena dell'antica pasqua ebraica con i dodici. Nel frattempo Giuda ha ormai deciso di consegnarlo ai sommi sacerdoti.
Mc 14, 12-16.22-2612Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?". 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: "Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi". 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio".26Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.CommentoNel testo troviamo due parti tra loro distinte in quanto viene soppresso l'annuncio del tradimento di Giuda (14,17-21). Nella prima vengono presentati gli interessi ed i preparativi dei discepoli finalizzati a "mangiare la Pasqua" con Gesù. Tutto il quadro rimanda alla pasqua ebraica, ricordo della liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù egiziana e del dono della salvezza. Le parole pronunciate da Gesù contengono un elemento di novità, che già nei preparativi anticipa un cambiamento di significato della cena di Gesù. "L'uomo con una brocca d'acqua", indicato dal maestro e che i discepoli dovranno seguire, è un servo addetto ad umili servigi. Costui, pur nella continuità con la tradizione ebraica, permette di comprendere subito che la cena di Gesù avrà come caratteristica di fondo il servizio. In quest'occasione poi Gesù insegnerà ai sui il dono totale di sé agli altri. Nella seconda parte abbiamo la cena in senso stretto con l'istituzione dell'eucaristia. Questa è da Gesù collegata con la sua morte e resurrezione: "questo è il mio corpo... questo è il mio sangue versato per molti". Così la morte-resurrezione di Gesù e l'eucaristia, collegano insieme Dio ed il popolo redento da Cristo e attuano la nuova alleanza realizzata da Gesù. Infine egli preannuncia il giorno in cui berrà il "vino nuovo nel Regno di Dio". Con questa immagine viene richiamato non solo il contenuto di tutta la predicazione di Gesù: il Regno di Dio, ma si presenta anche l'eucaristia come il banchetto che anticipa quello finale, al quale tutti sono invitati ed attesi da Gesù.
L'istituzione dell'eucaristia da parte di Gesù si colloca nell'antica tradizione d'Israele che celebra la pasqua. Essa però diventa segno della nuova alleanza, attuata nel servizio e nel dono totale di Dio, in quanto rimanda alla redenzione operata da Cristo. L'eucaristia è anche anticipazione del banchetto finale verso il quale tutti sono incamminati.
Collegamento fra le lettureLa solennità del Corpo e del Sangue di Cristo collega le tre letture proposte dalla liturgia. La prima lettura presenta solennemente il rito dell'alleanza tra Dio ed Israele al Sinai. Di fronte all'impegno di Dio, il popolo risponde dicendo: "Tutti i comandamenti il Signore ha dato, noi lo eseguiremo!". Mosé sigilla poi con il sangue asperso l'alleanza avvenuta. La liturgia del Sinai rimanda con chiarezza, come dice la lettera agli Ebrei, ad un nuovo sacrificio, nel quale Cristo "con il proprio sangue" ha "ottenuto una redenzione eterna". "Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza". Così l'eucaristia, istituita da Gesù nell'ultima cena, secondo il racconto di san Marco, è memoriale della morte e risurrezione del Signore, è il nuovo patto stipulato tra Dio ed il suo popolo ed è la compagnia di Gesù Cristo che cammina con i suoi verso la pienezza del "Regno d Dio".
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