LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 18 febbraio 2024 – I Domenica di Quaresima B
Nel deserto Gesù ha vinto SatanaGenesi 9,8-15 • Sal 24 • 1Pietro 3,18-22 • Marco 1,12-15
Lettura
Il vangelo secondo Marco della prima domenica di Quaresima ci porta ad avvenimenti e a contenuti incontrati e approfonditi precedentemente. La prima parte del testo (vv.12-13) si collega immediatamente con la narrazione del battesimo di Gesù al fiume Giordano e la seconda (vv.14-15) già è stata letta e commentata nella II domenica del tempo ordinario. Per questo ci soffermeremo soltanto sui vv.12-13.
Mc 1,12-1512 E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13 e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo".CommentoDopo la discesa dello Spirito su Gesù dai cieli aperti, mentre usciva dal fiume Giordano a battesimo avvenuto, è lo stesso Spirito a spingerlo, letteralmente con forza, nel deserto (v.12). Questo significa che l'esperienza intrapresa da Gesù è collegata col battesimo, ma soprattutto è voluta dallo Spirito e da lui guidata. La permanenza di Gesù nel deserto viene presentata come tentazione da parte di Satana per "quaranta giorni" (v.13a). Sia il deserto come il numero quaranta richiamano una ricca ed interessante simbologia, che ha la sua matrice nella tradizione ebraica presentata nell'Antico Testamento. Chi è interessato a tale approfondimento può leggere con frutto il libro dell'Esodo. L'evangelista Marco vuole offrire un messaggio specifico ai lettori. Egli desidera, infatti, comunicare che con la venuta di Gesù s'instaura un conflitto duraturo tra lui e Satana, il tentatore, cioè colui che fa di tutto per ostacolare la realizzazione della volontà di Dio nell'umanità. Il superamento della tentazione da parte di Gesù ed il risultato conseguente sono rappresentati con due immagini narrative: "Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano". La convivenza pacifica con le fiere ed il servizio angelico a Gesù, diventano segno dell'avvenuto dissolvimento di tutte le disarmonie causate dal peccato. Infatti, la resistenza di Gesù nella tentazione e la sua vittoria, hanno portato l'uomo alla sua condizione originaria perduta a causa del peccato.
È chiaro che il racconto marciano non si preoccupa tanto di presentare la tentazione di Gesù nella sua articolazione (come fanno invece Matteo e Luca), quanto piuttosto di annunciare l'inizio di una nuova realtà che da lui viene inaugurata. Questa si realizza nell'umanità in forza dello Spirito e per mezzo del dono di Gesù. Egli ha lottato nella tentazione ed ha vinto Satana, il tentatore ed il separatore. Per questa ragione tutti coloro che seguono Gesù e diventano suoi discepoli hanno la possibilità di partecipare alla stessa vittoria.
Collegamento fra le lettureLe letture della prima domenica di Quaresima sottolineano particolarmente la pazienza di Dio, articolandola in modi diversi. Nella prima lettura il racconto di Noè, che con i figli e ogni essere vivente sopravvive al diluvio evidenzia la pazienza di Dio, la quale si manifesta e si concretizza nell'alleanza: "io stabilisco la mia alleanza con voi... e con tutte le generazioni future". Anche dopo il diluvio la violenza e la cattiveria si diffondono, eppure l'umanità continua ad esistere. Il segreto per cui la distruzione non si abbatte sul mondo non sta nella santità ormai raggiunta dagli uomini, ma nella benedizione che Dio continua a dare gratuitamente ad essi, segno della sua pazienza: "ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e tra ogni essere che vive in ogni carne e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne...".
Il brano evangelico sottolinea l'interesse dell'evangelista a presentare l'inizio di una realtà nuova. Questa si realizza in forza dello Spirito e del dono di Gesù, che ha lottato nella tentazione vincendo Satana. Ancora una volta siamo davanti al mistero della pazienza di Dio.
Infine l'apostolo Pietro, nella sua lettera, indica ai cristiani il dono del battesimo ricevuto nella chiesa, segno della pazienza di Dio, fattosi accanto a ciascuno di noi per mezzo di Gesù Cristo: "poche persone furono salvate nell'arca... Immagine del battesimo che ora salva voi; esso... è salvezza di Dio in virtù della resurrezione di Gesù Cristo".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
15 Qoelet (qhlt) – EcclesiasteSiamo all'ultimo capitolo del libro e qui l'autore presenta le conclusioni della sua opera.
12, 1
Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della
tua giovinezza, prima che vengano
i giorni tristie giungano gli anni di cui dovrai dire: "Non ci provo alcun gusto";
2prima che
si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia;
3quando
tremeranno i custodi della casa e
si curveranno i gagliardie
cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e
si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre 4e
si chiuderanno i battenti sulla strada;
quando si
abbasserà il rumore della mola e si
attenuerà il cinguettio degli uccelli
e
si affievoliranno tutti i toni del canto; 5quando
si avrà paura delle alture e
terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada;
6prima che
si spezzi il filo d'argento e la
lucerna d'oro s'infrangae
si rompa l'anfora alla fonte e la
carrucola cada nel pozzo,
7e
ritorni la polvere alla terra, com'era prima, e
il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato.
8
Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità.
9Oltre a
essere saggio, Qoèlet
insegnò al popolo la scienza;
ascoltò,
meditò e
compose un gran numero di massime.
10Qoèlet
cercò di trovare parole piacevoli e scrisse con onestà parole veritiere. 11Le parole dei saggi sono
come pungoli, e come
chiodi piantati sono i detti delle collezioni: sono dati da un solo pastore. 12Ancora un avvertimento, figlio mio:
non si finisce mai di scrivere libri e il molto studio affatica il corpo.
13
Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto:
temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo.
14
Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male.
v. 1 Forse Qoelet vuole porre in guardia i giovani da eccessi nella ricerca di ogni soddisfazione e li invita a pensare a Dio perché le esperienze vissute in età giovanile, quando si è pieni di entusiasmo e senza paure, poi restano per sempre e non si possono sperimentare in età avanzata.
v. 2 Con queste immagini si vuole affermare che le facoltà umane diminuiscono e si affievolisce il nostro corpo, cioè la vecchiaia incede sempre di più.
v.3 Questo versetto presenta delle metafore che indicano l'affievolirsi delle capacità umane.
v. 4 in questa fase di decadenza il rischio è di chiudersi in sé e di tagliare ogni sorta di comunicazione.
v. 5 Alla primavera che sboccia fa da contrasto la decadenza della vecchiaia.
vv. 6-7 Si parla della morte non direttamente ma con immagini simboliche.
v. 8 E' il versetto finale del libro che riprende il primo versetto 1,2. La morte è la realtà che assume in sé tutte le altre annullando tutto. Con la morte tutto viene annullato, o meglio restano i valori ma con la morte non hanno corrispondenza nel reale. Da qui l'assurdità della vita sul piano della conoscenza e la sua vanità sul piano esistenziale.
I
vv.9-14 sono un'aggiunta del redattore finale che cerca di tracciare il pensiero e la figura di Qoelet. Forse è un discepolo di una generazione successiva e afferma che Qoelet non si è limitato alla meditazione ma di aver insegnato le sue idee al popolo. Le sue idee trovarono un terreno propizio per essere accolte e tramandate.
v. 9 Presenta bene Qoelet che amava poco parlare.
v. 10 Qoelet si dedicò alla ricerca del vero.
v. 11 Le massime tramanda oralmente o scritte provengono da uno stesso autore.
v. 12 Scrivere le massime sapienziali è una fatica e l'uomo non può andare oltre le sue possibilità.
v. 13 La conclusione degli insegnamenti di Qoelet è temere Dio e seguire i suoi insegnamenti.
v. 14 alla fine il giudizio è rimandato a Dio solo.
- Le esperienze giovanili restano poi per sempre. Che ne dite?
- Come affrontiamo la decadenza fisica?
- Riusciamo, come dice Qoelet, a fidarci di Dio e dei suoi insegnamenti?
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Goito 11 febbraio 2024– VI Domenica del Tempo Ordinario – Giornata del malato
Meditare sulle guarigioni ricevuteLevitico 13,1.45-46 • Salmo 31 • 1Corinzi 10,31-11,1 • Marco 1,40-45
Lettura
Dopo la giornata trascorsa a Cafarnao l'evangelista ha presentato Gesù che predica nelle sinagoghe di tutta la Galilea. La gente lo cerca incessantemente, forse a causa delle sue opere traumaturgiche, spesso fraintese. A questo punto Marco colloca la narrazione estesa di un miracolo (Mc 1,40-45)
Mc 1,40-4540Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; và, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.CommentoIl racconto è strutturato in due parti distinte. La prima (vv.40-42) presenta la guarigione e la seconda (vv.43-45) illustra le vicende conseguenti.
Il lebbroso si avvicina a Gesù e lo supplica in ginocchio: "Se vuoi, puoi purificarmi". Per lui è un'occasione straordinaria che si presenta. Dall'incontro con Gesù non solo dipende la sua guarigione dalla malattia, ma anche la possibilità di essere purificato dal peccato e di essere reinserito dignitosamente nella società. I lebbrosi, infatti, a causa della malattia contratta, erano ritenuti vittime del peccato commesso e obbligati a vivere ai margini dei villaggi, in capanne o grotte naturali. Gesù, "ne ebbe compassione", guarisce l'uomo malato, donandogli la salute e rendendolo puro, cioè togliendo da lui il peccato, causa della malattia e dell'isolamento sociale – religioso conseguente. Anche il gesto compiuto da Gesù ("stese la mano, e lo toccò") indica la volontà di riabilitare colui che era emarginato dal resto della comunità.
La seconda parte del racconto inizia con una ammonizione severa di Gesù al lebbroso guarito: "guarda di non dir niente a nessuno, ma và, a mostrati al sacerdote . . . ". Gesù presenta così la necessità di attuare quanto prescritto nel libro del Levitico (cfr. Lv 14,2), per essere riammessi nella comunità, dopo la guarigione da una malattia contagiosa. Anche l'invito al silenzio sull'accaduto, è richiesto dalla prudenza e dalla non comprensione profonda dell'avvenimento. Questa sarà possibile solo dopo la Pasqua del Signore. Allora i discepoli potranno parlare apertamente. Non si sa se quell'uomo andò dai sacerdoti, certo l'evangelista si preoccupa di narrare che non rispettò il comando del silenzio. Infatti, allontanandosi dopo la guarigione, divulga il fatto in ogni parte. La conseguenza è che la gente va a cercare Gesù, provenendo da ogni luogo.
Gesù è venuto a guarire e a liberare ogni uomo dominato dal male e dal peccato. La sua azione sanante abilita le persone ad essere inserite dignitosamente nella comunità dei credenti. Chi è guarito dal Signore deve vigilare per non interpretare male l'accaduto e viverlo inadeguatamente. Tutto ciò che riguarda la vita spirituale di una persona, deve essere sottoposto rigorosamente a chi guida spiritualmente la comunità e va custodito nel silenzio interiore e nella riflessione personale.
Collegamento fra le lettureGesù che guarisce e libera dal male unisce le letture domenicali. Nella prima lettura sono presentate le indicazioni, date da Dio a Mosè e ad Aronne, sul comportamento da assumere quando una persona è scoperta malata di lebbra. Chi è colpito da questa malattia è da considerarsi immondo, cioè capace di contaminare anche gli altri sia per quanto riguarda la malattia, ma anche per le cause che l'hanno procurata: il peccato. Il malato, di conseguenza, deve restare fuori dalla comunità. La lettura cristiana del testo di Levitico porta a orientare la riflessione sul peccato e sulla separazione dalla comunità che si realizza di fatto per il peccatore. Solo Gesù può guarire la malattia ed il peccato. Così recita il testo di Marco. Egli non solo dà la salute, ma reintegra nella comunità. Gesù dà anche testimonianza di coraggio e di bontà verso chi è nella necessità a causa della malattia o del peccato, perché si avvicina a loro e li salva. Chi sperimenta guarigione o liberazione dice Paolo, scrivendo ai Corinzi, è invitato a riconoscere l'opera di Dio e a lui rendere gloria. Paolo afferma anche di compiere ogni attività per il Signore e non per se stessi. Questo è il comportamento corretto da assumere nella comunità. Infine l'apostolo propone se stesso come modello di comportamento cristiano: "Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
14 Qoelet (qhlt) – EcclesiasteL'autore cambia un po' registro e guarda con occhi più positivi al mondo e a quanto in esso accade.
11, 1Getta il tuo
pane sulle acque, perché
con il tempo lo ritroverai. 2Fanne
sette o otto parti, perché
non sai quale sciagura potrà arrivare sulla terra.
3Se le
nubi sono piene d'acqua,
la rovesciano sopra la terra;
se
un albero cade verso meridione o verso settentrione, là dove cade rimane.
4
Chi bada al vento non semina mai, e chi
osserva le nuvole non miete.
5Come tu
non conosci la via del soffio vitale
né come si formino le membra nel grembo d'una donna incinta, così
ignori l'opera di Dio che fa tutto.
6Fin dal mattino
semina il tuo seme e a sera non dare riposo alle tue mani,
perché non sai quale lavoro ti riuscirà meglio, se questo o quello, o se tutti e due andranno bene.
7
Dolce è la luce e bello è per gli occhi vedere il sole.
8Anche se l'uomo
vive molti anni,
se li goda tutti, e pensi ai giorni tenebrosi, che saranno molti: tutto ciò che accade è vanità.
9
Godi, o giovane, nella tua giovinezza, e
si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù.
Segui pure
le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi.
Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio.
10Caccia
la malinconia dal tuo cuore,
allontana dal tuo corpo
il dolore,
perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.
v. 1 Gettare il pane sulle acque significa gettare il proprio patrimonio nell'acqua. Il gesto a cui l'autore invita è assurdo. Però nella vita c'è un assurdo positivo ed è in questo caso l'azione. Nell'azione non c'è mai proporzione tra causa ed effetto. Quindi il senso è che nella vita occorre saper rischiare e chi agisce così è saggio. Chi non rischia con azioni che possono sembrare anche sconsiderate (che cosa c'è di più insicuro dell'acqua!) non otterrà mai nulla.
v. 2 Bisogna rischiare ma con prudenza. Quindi è necessario mettere da parte setto o otto parti dei beni posseduti perchè i guai sono imprevedibili ed occorre conservare una certa sicurezza. I numeri sono simbolici e sette indica pienezza e perfezione. L'8 indica che a questa pienezza indicata dal 7 occorre non lesinare e quindi mettere piuttosto di più che di meno.
v. 3 L'autore osserva dei fatti che l'uomo non può modificare. Se piove l'unica soluzione è ripararsi. Quando l'albero è caduto (fuori da metafora quando il guaio è avvenuto) non c'è più rimedio. Bisogna pensare prima ai possibili ripari, alle scappatoie, ai rimedi perché il guaio di per sé spesso è inevitabile o capita senza preavviso.
v. 4 Chi opera può sempre trovare un motivo per non muoversi. Invece occorre anche rischiare nel muoversi e nel fare. Qui è evidente la prospettiva positiva del darsi da fare.
v. 5 Si afferma che l'uomo non conosce l'opera di Dio così come non conosce ciò che avviene nella vita: dare e togliere la vita e la formazione dell'essere vivente.
v. 6 Siccome non si sa cosa accadrà, di conseguenza è bene impegnarsi sempre nell'azione caratteristica della propria vita.
v.7 -8 Per l'autore la vita è bella, a volte è assurda ma c'è una parte gioiosa che l'omo deve vivere in pienezza. La gioia deriva dalla soddisfazione che l'uomo prova dal successo e dai piaceri che la vita gli offre. Il piacere della vita di Qoelet è dal punto di vista filosofico superiore è una esperienza estetica, affascinante che lo solleva dalle miserie umane.
v. 9 Ancora si invita a gioire. Vi è una presentazione positiva della giovinezza, dei suoi desideri, dei sui progetti e di ciò che si vede e si realizza. Occorre però avere sempre presente che Dio giudicherà. Ma di che giudizio si tratta? È un giudizio che si attua in questa vita perché nello sceòl, regno dei morti non esiste attività. È un giudizio che non comprende una retribuzione, quindi si rimanda soltanto ad un intervento di Dio.
v. 10 Con il solito procedimento narrativo l'autore invita a vivere e a conservare la gioia nella vita ed a evitare il male in tutte le sue forme. Infatti la gioventù che è il tempo della gioia passa alla svelta.
Tutto il capitolo contiene un invito alla gioia e all'azione. Questo è quanto all'uomo è possibile: darsi da fare ed avere soddisfazione e gioia dalle sue attività. È necessario però tener presente che il risultato dell'azione non dipende solo dall'uomo ma anche da Dio. Egli però ha un progetto che non conosciamo e quindi è necessario vivere e gioire per ciò che capita ogni momento. Resta aperto il problema tra opera dell'uomo e opera di Dio che Qoelet risolve nel dire viviamo ogni momento, evitando il più possibile il male e vivendo nella gioia.
- In che misura rischiamo nelle scelte di vita o preferiamo restare nel tradizionale e sicuro?
- Si invita a dare il massimo nella vita che ne pensiamo?
- Il male ed il dolore vanno sempre evitati il più possibile.
13 Qoelet (qhlt) – EcclesiasteL'autore continua a presentare delle massime per far capire il significato della conclusione del capitolo precedente: "un solo errore può distruggere un bene immenso". Un solo errore può far fallire tante cose ben progettate.
10, 1Una
mosca morta guasta l'unguento del profumiere: un po' di
follia ha più peso della sapienza e dell'onore.
2Il
cuore del sapiente va alla sua
destra, il
cuore dello stolto alla sua
sinistra. 3E anche quando lo stolto
cammina per strada, il suo cuore è privo di senno e di ognuno dice: "Quello è un pazzo".
4Se
l'ira di un potente si accende contro di te, non lasciare il tuo posto, perché
la calma pone rimedio a errori anche gravi.
5C'è un male che io ho osservato sotto il sole,
uno sbaglio commesso da un sovrano: 6
la stoltezza viene collocata in posti elevati e i ricchi siedono in basso. 7Ho visto schiavi andare a cavallo e prìncipi camminare a piedi, per terra, come schiavi.
8Chi scava una fossa vi può cadere dentro e chi abbatte un muro può essere morso da una serpe. 9Chi spacca pietre può farsi male e chi taglia legna può correre pericoli.
10Se il ferro si ottunde e non se ne affila il taglio, bisogna raddoppiare gli sforzi: il guadagno sta nel
saper usare la saggezza. 11Se il serpente morde prima d'essere incantato, non c'è profitto per l'incantatore.
12
Le parole del
saggio procurano stima, ma le
labbra dello stolto lo mandano in rovina:
13l'esordio del suo parlare è sciocchezza, la fine del suo discorso pazzia funesta.
14
L'insensato moltiplica le parole, ma l'uomo non sa quello che accadrà: chi può indicargli ciò che avverrà dopo di lui? 15Lo stolto si ammazza di fatica, ma non sa neppure andare in città.
16Povero te, o paese, che
per re hai un ragazzo e i tuoi
prìncipi banchettano fin dal mattino!
17Fortunato te, o paese, che
per re hai un uomo libero e i tuoi
prìncipi mangiano al tempo dovuto,
per rinfrancarsi e non per gozzovigliare.
18Per
negligenza il soffitto crolla e per l'
inerzia delle mani piove in casa.
19Per stare lieti si fanno banchetti e il vino allieta la vita, ma il denaro risponde a ogni esigenza.
20
Non dire male del re neppure con il pensiero e nella tua stanza da letto non dire male del potente,
perché
un uccello del cielo potrebbe trasportare la tua voce e un volatile riferire la tua parola.
v. 1 Riprende il pensiero dell'ultimo versetto del capitolo precedente.
vv. 2-3 il versetto ribadisce che la sapienza è un valore di per sé (cfr. 2,13-14). Chi invece è stolto ha il cuore corrotto e vede tutte le persone stolte.
v. 4 La mansuetudine può rimediare anche di fronte ad errori grandi. Il piccolo male rovina il grande bene ma può succedere anche che un piccolo bene distrugge un grande male.
vv. 5 - 7 Si condannano gli sbagli commessi dai re e dai personaggi con potere e che comandano. La stoltezza è tanto più grave quanto più è alta la posizione coperta dallo stolto. Nella storia si assiste a fatti irrazionali. Chi è ricco e dovrebbe comandare di fatto per la sua stoltezza giace in umili posizioni, mentre i poveri per la loro sapienza arrivano ad occupare posizione potenti e di comando: Cfr. Giuseppe o Saul.
vv. 8-9 In questi versetti vengono presentati quattro rischi, come esempio, nei quali può incorrere chi servendosi del potere o della sapienza. Non esiste alcuna azione che porti con sé dei rischi e riprende il concetto che un piccolo sbaglio può portare con sé un grande male.
v. 10 Il versetto suggerisce che certi sbagli portano a lavorare di più e che se si usa la sapienza si ha dei vantaggi anche concreti.
v. 11 presenta un altro caso simile a quelli del vv. precedenti.
vv. 12-14 Qui troviamo il pensiero di Qoelet sulle parole e su come vengono usate. Egli mette in guardia lo stolto nell'uso delle parole perché se usate male portano alla rovina. Mentre il saggio con il suo discorso produce sapienza.
v. 15 Si sottolinea che lo stolto si butta a capofitto nel lavoro e non ha nessuna conoscenza del mondo che lo circonda. Qualcuno sostiene che si alluda a gruppi ascetici del tempo che vivevano nel loro piccolo mondo senza nessun altro interesse.
vv. 16-17 Si riprende il tema dei vantaggi e degli svantaggi dell'autorità. La giovinezza porta con sé spensieratezza e superficialità mentre la libertà (sapienza?) porta con sé buon governo.
v. 18 Sono indicate due conseguenze come esempio di chi vive senza sapienza: non fa niente e non cura le cose.
v. 19 Qui sembra denigrare i piaceri e l'uso sconsiderato del denaro. Tutto questo avviene perché non si è sapienti.
v. 20 E' un versetto che ancora ritorna sull'uso corretto della parola. Qui si riferisce al re ma il discorso può essere più generale. Parlare male di qualcuno in pubblico o con altri prima o poi l'interessato lo verrà a sapere.
- Noi siamo portati a vedere il bene nelle persone o il male? Qoelet è molto istruttivo al riguardo.
- In un mondo dominato dall'aggressività e dalla violenza crediamo nell'opera della mansuetudine? Noi la pratichiamo?
- Che atteggiamento assumiamo con chi sbaglia?
- Come usiamo le parole? In modo sapiente o stolto?