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Lectio divina sul Libro di Qoelet - 11

11 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

L'autore continua a presentare consigli per vivere da sapienti.

8, 1Chi è come il saggio? Chi conosce la spiegazione delle cose?
La sapienza dell'uomo rischiara il suo volto, ne cambia la durezza del viso.
2Osserva gli ordini del re, per il giuramento fatto a Dio. 3Non allontanarti in fretta da lui; non persistere in un cattivo progetto, perché egli può fare ciò che vuole. 4Infatti, la parola del re è sovrana; chi può dirgli: "Che cosa fai?". 5Chi osserva il comando non va incontro ad alcun male; la mente del saggio conosce il tempo opportuno. 6Infatti, per ogni evento vi è un tempo opportuno, ma un male pesa gravemente sugli esseri umani. 7L'uomo infatti ignora che cosa accadrà; chi mai può indicargli come avverrà? 8Nessun uomo è padrone del suo soffio vitale tanto da trattenerlo, né alcuno ha potere sul giorno della morte. Non c'è scampo dalla lotta e neppure la malvagità può salvare colui che la compie.
9Tutto questo ho visto riflettendo su ogni azione che si compie sotto il sole, quando un uomo domina sull'altro per rovinarlo. 10Frattanto ho visto malvagi condotti alla sepoltura; ritornando dal luogo santo, in città ci si dimentica del loro modo di agire. Anche questo è vanità. 11Poiché non si pronuncia una sentenza immediata contro una cattiva azione, per questo il cuore degli uomini è pieno di voglia di fare il male; 12infatti il peccatore, anche se commette il male cento volte, ha lunga vita. Tuttavia so che saranno felici coloro che temono Dio, appunto perché provano timore davanti a lui, 13e non sarà felice l'empio e non allungherà come un'ombra i suoi giorni, perché egli non teme di fronte a Dio. 14Sulla terra c'è un'altra vanità: vi sono giusti ai quali tocca la sorte meritata dai malvagi con le loro opere, e vi sono malvagi ai quali tocca la sorte meritata dai giusti con le loro opere. Io dico che anche questo è vanità.
15Perciò faccio l'elogio dell'allegria, perché l'uomo non ha altra felicità sotto il sole che mangiare e bere e stare allegro. Sia questa la sua compagnia nelle sue fatiche, durante i giorni di vita che Dio gli concede sotto il sole.
16Quando mi dedicai a conoscere la sapienza e a considerare le occupazioni per cui ci si affanna sulla terra - poiché l'uomo non conosce sonno né giorno né notte - 17ho visto che l'uomo non può scoprire tutta l'opera di Dio, tutto quello che si fa sotto il sole: per quanto l'uomo si affatichi a cercare, non scoprirà nulla. Anche se un sapiente dicesse di sapere, non potrà scoprire nulla.

v. 1 Il versetto esalta la sapienza come valore. La sapienza rende il volto luminoso mentre l'ira lo rende sfigurato.
v. 2 Iniziano dei consigli per chi vive vicino al re o a qualsiasi autorità del tempo. Egli insiste sulla necessità di obbedire all'autorità. La figura del re rimanda a Dio stesso e si richiama ad un patto fatto col re di cui Dio ne è garante. L'autorità non esisteva a quel tempo senza Dio. Emerge sicuramente un concetto diverso di autorità.
v. 3 Seguono delle indicazioni pratiche da tenere presenti nella relazione col re e quindi con ogni l'autorità.
v. 4 Il re è sovrano e nessuno deve mettersi contro o contestare quello che fa.
v. 5 Chi esegue i comandi non incappa in alcun guaio perché il saggio sa come comportarsi.
v. 6-7 L'uomo conosce i tempi dell'operare ma non riesce a conoscere fino in fondo il progetto di Dio (male grande sull'uomo) e quindi il futuro.
v. 8 Il versetto tocca un problema fondamentale dell'uomo: la morte. Nell'ebraismo la vita consiste nel partecipare allo spirito vitale: nefèsc. Quando lo spirito viene tolto si muore. Questo processo sfugge all'uomo ed è fuori dal suo potere di controllo. Qoelet vede la vita come una battaglia che porta tutti saggi e malvagi alla stessa conclusione: la morte.
vv. 9-11 L'autore affronta ancora il problema del male presente sotto il sole. Qui si parte da un aspetto particolare del male cioè uno che ha autorità e fa del male ad un altro. (v. 10) Anche se si assiste alla morte del malvagio non se ne trae insegnamento e si continua a compiere il male. (v. 11) Tutto questo accade perché il male non viene punito adeguatamente? Non si capisce bene, ma molto probabilmente a partire da questo caso l'autore vuole fare un discorso generale.
v. 12-13 Conclusione amara: il peccatore ha la vita lunga. (la morte vista come punizione per il male?). Vi è però uno spiraglio di grande speranza: chi teme Dio sarà felice. Chi non teme Dio non può essere felice.
v. 14 Si riflette sul fatto che a volte i giusti sono trattati male con la morte e viceversa i malvagi che sembrano premiati. Tutto questo è vanità nel senso che non ha consistenza davanti a Dio. Qui vi è un concetto di giustizia retributiva: chi fa il bene è premiato e chi fa il male è punito. Però non avviene così.
v. 15 Vista l'assurdità della vita l'unica cosa positiva possibile è godere ed essere felici.
vv. 16-17 L'uomo si dedica alla ricerca della sapienza e lavora forsennatamente, ma non riesce a capire e a scoprire fino in fondo il progetto di Dio. Qoelet è consapevole della limitatezza della conoscenza umana. È un realismo oggettivo che da un lato porta a non credere a coloro che dicono di sapere tutto e dall'altro questo limite diventa apertura a Dio e alla sua opera.

- Chi cerca la sapienza e quindi Dio anche dal punto di vista fisico ne trae beneficio.

- Invito a verificare l'esercizio dell'autorità.

- Come pensiamo il problema del male nel mondo?

- Abbiamo fiducia nell'opera di Dio?

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