LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 12 maggio 2024 – Ascensione del Signore B
Andate in tutto il mondo e predicate il vangeloAtti 1,1-11 • Salmo 46 • Efesini 4,1-13 • Marco 16,15-20
Lettura
Dopo l'annuncio dato dal giovane vestito di bianco alle donne nel sepolcro vuoto, il vangelo di Marco si chiude invitando gli amici di Gesù a ritornare in Galilea, per riprendere l'esperienza del discepolato ed iniziare la missione. La tradizione ha poi aggiunto un'appendice (16,9-20) nella quale, sotto forma di riassunto, si raccolgono alcune testimonianze delle esperienze pasquali di Gesù (vv.9-14) e dell'inizio della chiesa (vv.15-20). Il testo liturgico inizia col versetto 15 con delle aggiunte redazionali dei liturgisti. Il preferisco partire dal v. 14.
Mc 16, 15-2014 Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15 E disse loro: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17 Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno".19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.CommentoIl brano odierno comprende le parole di missione rivolte dal Risorto agli undici (vv.15-18), la rapida presentazione dell'ascensione di Gesù (v.19) ed il breve sommario sulla predicazione dei discepoli (v.20). L'opera evangelizzatrice, affidata da Gesù risorto agli Undici, è caratterizzata dalla universalità ("andate in tutto il mondo") e dalla attenzione particolare verso ogni individuo ("proclamate il vangelo ad ogni creatura"). La predicazione propone la fede. Questa viene accolta e d è resa stabile dal sacramento del battesimo, che porta alla salvezza: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato". La non accoglienza conduce invece alla separazione da Gesù e quindi alla autocondanna condanna. Il testo presenta poi cinque segni, "che accompagneranno quelli che credono" ed indicano la concretezza della vita cristiana, nata dalla fede e dal battesimo. Essi richiamano da un lato l'incarico affidato da Gesù ai dodici, durante il suo ministero terreno (cfr. Mc 6,7 e 6,13), e dall'altro la particolare protezione offerta da Gesù risorto al credente e all'evangelizzatore. I segni, che sono fondamentalmente attività di lotta col male e di vittoria su di esso, confermano i discepoli nella loro fede già nata ("quelli che credono") e gli annunciatori si collocano in continuità col servizio svolto da Gesù: "il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che l'accompagnavano". Infine si presenta il Signore Gesù che, "dopo aver parlato con loro fu elevato in cielo", siede alla destra del Padre, non è lontano dalla missione degli evangelizzatori e ne é il motore e la causa prima. Per questo con coraggio e senza indugio "essi partirono e predicarono dappertutto".
L'azione evangelizzatrice, affidata da Gesù agli annunciatori, deve essere rivolta a tutti ed in modo personalizzato. Essa suscita la fede e crea la comunità dei credenti. La comunità che nasce, con la ricchezza visibile della sua vita, è il segno più vero della forza del vangelo, della fedeltà dell'annunciatore all'incarico ricevuto e della continua ed efficace opera del Signore risorto in mezzo ai suoi.
Collegamento fra le lettureLe letture sviluppano una riflessione profondamente unitaria su Gesù Cristo. L'evento dell'ascensione del Signore si ricollega direttamente con la resurrezione: "Egli si mostrò ad essi vivo... durante quaranta giorni, apparendo loro", così dice Atti. Paolo aggiunge che l'ascendere al cielo di Gesù rimanda al fatto "che prima era disceso quaggiù sulla terra". In questo modo si sottolinea il mistero dell'incarnazione. Infine Atti anticipa la venuta finale del Signore: "Questo Gesù... tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". In attesa dell'ultima venuta si ha il tempo della Chiesa, il tempo dello Spirito Santo: "ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa... sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni". Le caratteristiche della Chiesa che vive nello Spirito ed attende il Signore sono: la fedeltà alla vocazione ricevuta, la fede ("chi crederà sarà salvato"), la predicazione del "vangelo ad ogni creatura" ("fino agli estremi confini della terra"), l'edificazione del "corpo di Cristo" per mezzo dei vari doni ricevuti, l'"unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio", che portano alla consapevolezza che il Signore opera nella Chiesa e con la Chiesa.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
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- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 28 aprile 2024 – V Domenica di Pasqua B
Uniti a Gesù per dare frutti abbondantiAtti 9,26-31 • Salmo 21 • 1Giovanni 3,18-24 • Giovanni 15,1-8
Lettura
Il vangelo di Giovanni ci porta nella scena dell'ultima cena, a lavanda dei piedi avvenuta. Gesù rivolge ai discepoli un lungo discorso, nel quale lascia ai suoi le ultime consegne. Egli indica loro come avrebbero dovuto vivere e che rapporto dovevano costruire con la realtà circostante, dopo la sua dipartita.
Gv 15, 1-81 "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.CommentoIl brano comincia identificando Gesù con "la vera vite" e il Padre con "l'agricoltore". Poi il testo continua parlando dei tralci, che vengono trattati dal Padre in modo da rendere abbondante il raccolto dell'uva. Il tralcio sterile viene tagliato, per essere eliminato, e quello fecondo è comunque potato, "perché porti più frutto". A questo punto, Gesù collega esplicitamente l'immagine dei tralci ai suoi discepoli ed afferma che essi hanno già avuto una prima potatura attraverso la parola da lui annunziata. Per loro, che hanno accolto la Parola, sembra profilarsi l'esclusione dalla possibilità di essere gettati via come il tralcio secco, il quale "poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano". Nello stesso tempo però il discepolo deve rimanere in Gesù: "Rimanete in me ed io in voi". Questo significa restare radicati stabilmente nella vite, per dare frutto. É la relazione con Gesù che dà al cristiano la sola fecondità possibile: "chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto". Il brano si chiude sottolineando che si è radicati in Gesù se le sue "parole rimangono" in noi. La presenza di Gesù nella vita dei discepoli regola di conseguenza il rapporto col Padre, al quale, in questo modo, si può chiedere quello che si vuole per essere meglio discepoli e portare adeguatamente frutto. Così si diventa la sua gloria, cioè come dice s. Agostino: "sarete la sua lode se vivrete bene".
Nella relazione con Dio Padre o si dà frutto oppure si è sterili: non può esistere una via di mezzo. L'unione con Gesù, la vera vite, garantisce frutti abbondanti, assieme a purificazioni radicali, prodotte dalla sua parola. Di conseguenza il rapporto con Gesù non può essere facoltativo o arbitrario, esso è necessario per essere suoi discepoli, per produrre frutti abbondanti e per glorificare così il Padre.
Collegamento fra le lettureLa presentazione di Paolo, fatta dal libro degli Atti, potrebbe diventare il tema unificante e l'esempio del tralcio potato perché dia più frutto. Egli prima cambia vita per l'incontro con Gesù e poi trova difficoltà tra i cristiani, i quali "non credono ancora che fosse un discepolo". Solo la mediazione di Barnaba fa superare questo scoglio e permette a Paolo di stare con gli altri discepoli: "andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore". Paolo sperimenta un'altra potatura nei rapporti con "gli Ebrei di lingua greca", i quali "tentavano di ucciderlo", e viene salvato dai fratelli. Quale l'origine delle difficoltà o potature sperimentate da Paolo? Egli, come dice la lettera di Giovanni, amava "coi fatti e nella verità". Di conseguenza aveva piena fiducia in Dio, osservava i suoi comandamenti e faceva quanto a lui era gradito, dimorava in Dio ed egli in lui, era un tralcio ben innestato nella vite. Il suo ministero, purificato da Gesù, diventava di conseguenza fecondissimo.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 aprile 2024– IV Domenica di Pasqua B
Gesù pastore buono e perfettoAtti 4,8-12 • Salmo 117 • 1Giovanni 3,1-2 • Giovanni 10,11-18
Lettura
L'evangelista Giovanni ci porta col suo racconto ancora una volta a Gerusalemme, all'ultimo giorno della festa delle Capanne, quando Gesù, recatosi al Tempio, insegna cercando di farsi conoscere. Inevitabilmente si creano conflitti con i giudei e con le folle. Di conseguenza egli è costretto a manifestarsi attraverso immagini simboliche. Tra queste emerge la figura del pastore di Gv 10,1-18. Nella prima parte del capitolo (vv.1-5), Gesù si rivela misteriosamente ai suoi uditori e nel v.6 si dice che i farisei non capivano il senso delle parole di Gesù. Nei vv.7-18 egli si fa conoscere chiaramente, collegando a sé i temi presentati nella prima parte. A questo punto si colloca il brano della quarta domenica di Pasqua.
Gv 10, 11-1811 Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12 Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13 perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio".CommentoGesù si presenta "buon pastore". La perfezione e la bontà di questo pastore consistono nella disponibilità a dare "la propria vita per le pecore". Abitualmente fa parte della attività del pastore affrontare i rischi per il bene del gregge, ma nessuno oserebbe pretendere che egli sia disposto a perdere la vita per le pecore. Al pastore perfetto viene contrapposto il mercenario, che svolge le mansioni del pastore con distacco. A lui "le pecore non appartengono" e quindi "non gli importa delle pecore". Nel pericolo fugge e non è disposto a dare la vita per esse. Gesù, pastore buono e perfetto, conosce le pecore e da esse è conosciuto. Il rapporto che egli ha col gregge è sul modello della sua relazione con il Padre: "come il Padre conosce me e io conosco il Padre". Di conseguenza il verbo conoscere acquista il significato di amare, che sta alla base della relazione di Gesù col Padre e quindi col gregge. L'amore di Gesù non può limitarsi al recinto stretto di "questo recinto", che è da identificare con Israele radunato simbolicamente nel Tempio di Gerusalemme, ma si rivolge sovrabbondantemente anche ad "altre pecore". Queste ascolteranno la sua voce "e diventeranno un solo gregge" guidate da "un solo pastore". Viene così indicato l'obiettivo del ministero di Gesù: arrivare a tutti. Esso si realizzerà storicamente per mezzo della Chiesa. L'ultima parte del brano sottolinea nuovamente la relazione d'amore che intercorre col Padre. Essa si concretizza nell'eseguire fedelmente, da parte di Gesù, il "comando che ho ricevuto dal Padre".
Gesù è pastore buono perché ama il suo gregge fino a dare la vita per esso. Egli si distingue in questo modo dai mercenari, che svolgono il loro lavoro con disinteresse e senza cuore. L'amore di Gesù è universale e per tutti gli uomini, i quali egli chiama con la sua parola a far parte dell'unico gregge. In tutto questo progetto egli fa conoscere l'amore che il Padre ha per l'umanità.
Collegamento fra le lettureL'amore con cui si svolge il proprio servizio umano o ecclesiale è il tema che unifica le letture. Nel contesto della celebrazione pasquale si può sottolineare che l'attenzione "pastorale" di Gesù per le pecore, presentata da Giovanni come futura, si realizza oggi. Adesso, per mezzo della Chiesa, Gesù sta facendo giungere il suo amore anche alle "pecore che non sono di questo recinto". L'esempio di Pietro, "colmo di Spirito Santo", diventa modello di tutti gli evangelizzatori che, "nel nome di Gesù Cristo il Nazareno", annunciano il vangelo in ogni parte della terra, anche mettendo in pericolo la propria vita. È l'amore di Gesù verso gli uomini e la corrispondenza che essi hanno nei suoi riguardi che rendono "figli di Dio", come dice la seconda lettura. Questa esperienza sarà sempre più perfetta perché tutti "saremo simili a lui e lo vedremo così come egli è".
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Goito 14 aprile 2024– III Domenica di Pasqua B
Toccatemi e guardate: voi siete testimoni!Atti 3,13-15.17-19 • Salmo 4 • 1Giovanni 2,1-5 • Luca 24,35-48
Lettura
Nel vangelo secondo Luca, dopo il ritrovamento del sepolcro vuoto da parte delle donne e l'annuncio che esse fanno agli undici e a tutti gli altri (23,56-24,12), si ha la narrazione dell'apparizione di Gesù ai due discepoli sulla via verso Emmaus (24,13-35). A questo punto si inserisce il brano che la liturgia propone nella terza domenica di pasqua.
Lc 24, 35-4835 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 37 Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho". 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.44 Poi disse: "Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45 Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46 e disse loro: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47 e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.ContenutoIl racconto inizia con la presentazione dei "due discepoli" che, "di ritorno da Emmaus", riferiscono agli altri "ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane" (v.35). Mentre questi parlano Gesù in persona appare in mezzo a loro augurando la pace. Il testo sottolinea particolarmente lo stupore e lo spavento che colpirono i discepoli alla vista di Gesù. Il disagio vissuto dai suoi viene colto ulteriormente nei diversi tentativi compiuti da Gesù per farsi riconoscere. Prima egli mostra "le mani ed i piedi", poi li invita a toccare "la sua carne e le sue ossa" e da ultimo mangia "davanti a loro una porzione di pesce arrostito". Solo a questo punto il turbamento si tramuta in "grande gioia" (vv.36-43). La parte finale dell'incontro (vv.44-48), ricchissima di contenuti, rimanda da un lato agli insegnamenti che Gesù aveva impartito quando era con loro e dall'altro al compimento in lui di tutte le Scritture: "le cose scritte su di me nella Legge di Mosé, nei Profeti e nei Salmi". È il Risorto colui che "apre la mente all'intelligenza delle Scritture" e che manda i suoi come testimoni nel mondo perché gli israeliti ("cominciando da Gerusalemme") e "tutte le genti" accolgano la conversione ed il perdono dei peccati a loro annunciati.
I discepoli fanno molta fatica a riconoscere Gesù risorto! Soltanto la sua iniziativa può illuminare il buio e creare comunicazione tra lui ed i suoi per far sperimentare grande gioia. La comprensione delle Scritture diventa l'esperienza che qualifica la comunità pasquale. Non si tratta di compiere una semplice operazione intellettuale, ma incontro reale ed autentico con Cristo che apre mente e cuore di coloro che si avvicinano alle Scritture con umiltà e disponibilità. Questo "evento di salvezza" avviene soltanto per dono del Risorto e produce conversione, perdono dei peccati e forza coraggiosa nell'annuncio a tutti.
Collegamento fra le lettureMolto forte in tutte le letture è il tema del peccato da cui siamo stati liberati. Nel testo di Atti, Pietro invita i suoi ascoltatori a "cambiare vita, perché siano cancellati i peccati". L'apostolo Giovanni nella prima lettera esorta a non peccare, "ma se qualcuno ha peccato" invita a rivolgersi a Gesù Cristo nostro "avvocato presso il Padre". Nel vangelo di Luca Gesù, ricordando le Scritture, indica "la conversione ed il perdono dei peccati", annunciati a tutte le genti nel suo nome, come frutto della risurrezione. La forza della risurrezione ha il suo segno nella novità di vita di chi, guidato dalla Scrittura e illuminato dalla parola del Risorto, riesce a convertirsi e a uscire definitivamente dal peccato.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Goito 7 aprile 2024– II Domenica di Pasqua B
Mio Signore e mio Dio!Atti 4,32-35 • Salmo 117 •1 Giovanni 5,1-6 • Giovanni 20,19-31
Lettura
Il brano del vangelo di Giovanni, della seconda domenica di Pasqua, si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e di Giovanni e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambiò per il giardiniere.
Gv 20, 19-3119 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22 Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23 A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!". 27 Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!". 28 Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29 Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".30 Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31 Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.CommentoIl testo presenta due manifestazioni di Gesù risorto nel cenacolo. Nella prima, avvenuta il giorno stesso di Pasqua, (vv.19-23) egli entra a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei" e li saluta donando loro la pace. Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, generano gioia nei discepoli che vedono il Signore. Gesù poi invia i suoi e li manda a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". A sostegno della loro missione il Risorto dona lo Spirito Santo e ad essi conferisce il compito di rimettere i peccati: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". Al centro del brano abbiamo la presentazione di Tommaso che, non essendo stato presente "quando venne Gesù", manifesta scetticismo ed incredulità sull'accaduto (vv.24-25). La seconda manifestazione di Gesù avviene "otto giorni dopo", quando "i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso" (vv.26-31). Il Risorto, otre ad offrire nuovamente a tutti il dono della pace, indica personalmente a Tommaso i segni della passione presenti sul suo corpo, e lo invita a "non essere incredulo, ma credente!". A questo punto Tommaso riconosce Gesù e professa la sua fede: "Mio Signore e mio Dio!". Le parole di Gesù si chiudono preannunziando la beatitudine di coloro che crederanno in Gesù Cristo senza vedere.
Solo con la risurrezione di Gesù il discepolo può ottenere da lui, con la fede, la pienezza della pace e della gioia. Queste sono rese stabili dal dono dello Spirito e dalla remissione dei peccati. Anche chi è scettico o dubbioso, incontrandosi con lui, approda ad una fede vera. I doni concessi dal Signore risorto sono per tutti i discepoli che hanno fede in li, anche per coloro che nel corso dei secoli non avrebbero incontrato immediatamente il Risorto.
Collegamento fra le lettureUn tema particolarmente sottolineato nelle letture è la fede. Il libro degli Atti presenta le conseguenze concrete che scaturivano nella vita "di coloro che erano diventati credenti". I discepoli erano concordi, mettevano tutto in comune, tutti avevano il necessario per vivere e gli apostoli annunciavano con autorità la risurrezione del Signore. Nel cenacolo i discepoli, dopo l'incontro con Gesù, passano, attraverso la fede, dalla paura alla gioia. Anche Tommaso, viene invitato da Gesù risorto a "non essere incredulo ma credente!". È ancora la fede che rende "beati quelli che non hanno visto ed hanno creduto" in lui. Infine nella seconda lettura la fede in Gesù Cristo rende partecipi della famiglia di Dio: "chiunque crede è stato generato da Dio" e apre all'amore dei figli di Dio. La fede poi rende capaci di vincere il mondo: "Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede".
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