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II Domenica di Avvento anno B 2023

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 10 novembre 2023 – II Domenica di Avvento anno B

Viene il più forte di tutti
Isaia 40, 1-5.9-11 • Salmo 84 • 2 Pietro 3, 8-14 • Marco 1, 1-8

Lettura
La seconda domenica d'Avvento porta a leggere l'inizio del vangelo di Marco. L'apertura di un'opera è sempre molto importante, perché dà l'orientamento a tutta la composizione nel suo insieme. Di conseguenza la comprensione adeguata dei primi versetti, aiuta ad entrare correttamente all'interno di tutto il vangelo. Marco ha un inizio originale, diverso dagli altri evangelisti che premettono o racconti dell'infanzia di Gesù (Matteo e Luca) o un "prologo" (Giovanni). Vediamo da vicino il testo di Marco.

Mc 1, 1-8
1 Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
2 Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
3 Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.
4 Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7 E proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo".

Commento
Il brano si apre con il titolo dell'opera: "vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio". Il lettore si rende conto subito che inizia l'annuncio, cioè la buona notizia riguardante Gesù Cristo, l'uomo di Galilea morto e risorto. Così si comprende che il racconto non è un semplice ricordo storico, ma un annuncio che interpella personalmente i lettori. Costoro non possono restare indifferenti e sono chiamati a prendere posizione decisa riguardo a Gesù Cristo. Egli infatti è il Figlio di Dio. Così lo proclama la fede di Pietro a Cesarea di Filippo (Mc 8, 27-33) e del centurione ai piedi della croce (Mc 15, 39). La citazione composita di Isaia, che segue il titolo, ha lo scopo di indicare che le scritture hanno preparato da sempre questo momento. Ora infatti è arrivato il tempo di preparare "la via del Signore", perché egli è in mezzo al suo popolo. Il ministero di Giovanni Battista ed il suo modo di vivere rimandano alla venuta di un altro personaggio, più forte di lui nella lotta contro il male e capace di vincerlo definitivamente. Davanti a costui Giovanni non si ritiene degno nemmeno di compiere il servizio proprio dello schiavo: chinarsi e sciogliere i sandali al suo ritorno in casa. Il testo si chiude presentando il battesimo di Giovanni e quello di Gesù. Il ministero del Battista, che ha preparato la venuta del Signore, ha avuto nel battesimo con acqua il suo momento culminate, come segno di conversione. Ora l'opera va completata col dono dello Spirito Santo, dato da Gesù a coloro che lo seguono ricevendo il suo battesimo.

L'inizio del vangelo di Marco presenta da subito le coordinate della sua opera. Il lettore è invitato ad incontrarsi personalmente ed efficacemente con Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Questa esperienza si realizza soltanto nella misura in cui si è guidati dalle Scritture, si intraprende un serio cammino di conversione e si riceve il dono dello Spirito Santo, dato da Gesù, e si è guidati da lui.

Collegamento fra le letture
Il Signore vuole incontrare ciascuno di persona. L'evento non si improvvisa ma va preparato; in questa linea spingono le forti parole di Isaia nella prima lettura: ("Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata" Is 40, 3-4) e del Battista nel vangelo. Sono poi molteplici le situazioni e le esperienze che abilitano all'incontro con Dio che viene. Ed è consolante, in questo quadro estremamente serio, intravedere, nella seconda lettura, la possibilità che ci venga garantito un trattamento che sa tener conto delle nostre differenze e dei nostri veri limiti: "Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 3, 9). In conclusione al credente è chiesto di convertirsi in quanto è la conseguenza logica e necessaria del battesimo nello Spirito Santo ricevuto. Esso, per mezzo di Gesù, ci ha resi personalmente e comunitariamente luoghi in cui germina il futuro di speranza.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

I Domenica di Avvento anno B 2023

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 3 dicembre 2023 – I Domenica di Avvento anno B

State svegli: viene il signore!

Isaia 63, 16b-17.19b; 64, 1c-7 • Salmo 79 • 1 Corinti 1, 3-9 • Marco 13, 33-37

Lettura
Il brano della prima domenica d'avvento è la conclusione del lungo discorso di Gesù riportato dall'evangelista Marco nel capitolo tredicesimo. Egli, dopo essere uscito dal Tempio di Gerusalemme, raggiunge il Monte degli Ulivi e, seduto rivolto verso il Santuario, dialoga con i suoi discepoli, mentre sullo sfondo si delinea ormai chiaramente l'ora della passione. In un quadro così solenne, il nostro testo non è soltanto semplice appendice di chiusura del discorso di Gesù. Esso, nel progetto narrativo di Marco, diventa un passo chiave per cogliere il senso del discorso pronunciato da Gesù dal Monte degli Ulivi e di tutto il suo ministero.

Mc 23, 33-37
33 Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!".

Commento
La scena si apre presentando Gesù che dialoga con quattro discepoli. Costoro, scelti e chiamati per primi (cfr. Mc 1,16-20), sono ricordati anche in Mc 13,3. Al centro del brano c'è la parabola che narra di un tale il quale, in partenza per un viaggio, affida i suoi beni ai servi ed invita il portinaio a vigilare (vv. 35-36). Da ultimo troviamo una nuova esortazione alla vigilanza (v.37).
Le parole di Gesù iniziano col duplice invito: "fate attenzione" e "vegliate". Il motivo della doppia raccomandazione sta nel non conoscere "quando è il momento" (il kairòs) della venuta del Figlio dell'uomo e raccoglierà attorno a sé gli eletti. Ai discepoli, interessati a conoscere il tempo della fine, è preclusa ogni possibilità e non possono sapere nulla. A loro resta solo il compito di "vegliare" e di "stare svegli". Il tema del "non dormire" e del "vegliare" è centrale anche nella parabola. In essa viene sottolineato la situazione pericolosa del sonno e di chi dorme (forse è possibile vedere un collegamento col Getzemani, dove i discepoli prescelti non riescono a stare svegli). Il dormire è segno di disaffezione, disattenzione e disobbedienza al mandato e alla responsabilità ricevuti. La veglia è allora necessaria, perché non si sa quando il padrone tornerà. Sarebbe un guaio se, arrivando, scoprisse i suoi stretti collaboratori addormentati. La dichiarazione conclusiva: "Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!" (v.37) ha la funzione di estendere ai discepoli di tutti i tempi quanto viene detto agli immediati uditori di Gesù. L'ascoltatore o il lettore del vangelo deve sentirsi coinvolto personalmente; Gesù intende rivolgersi esplicitamente a lui.

La veglia o vigilanza dovrebbe essere l'atteggiamento che qualifica il cristiano. Essa si esprime nello stare svegli, cioè nell'accogliere con responsabilità, con attenzione e creatività la vocazione battesimale ricevuta, senza affievolire gli impegni in un primo tempo assunti. Tale compito è sostenuto, corroborato e consolidato dal vangelo di Gesù Cristo. Per suo mezzo il discepolo sarà capace di stare sveglio, eviterà la tentazione del sonno e saprà riconoscere Cristo al suo ritorno.

Collegamenti fra le letture
Le tre letture invitano a stare svegli per attendere. La riflessione sull'attesa è variamente articolata. Nella prima lettura si invoca il ritorno di Dio tra il suo popolo. Il peccato ha allontanato Israele dal suo Dio ("Perché Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che on ti tema?") ed ora si attende un rinnovato incontro col Dio: "Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità". Lui solo può cambiare il cuore dell'uomo e per tale ragione viene chiesto il dono della conversione: "Ma Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci forma, tutti noi siamo opera delle tue mani". Il testo paolino invita ad attendere la manifestazione del Signore Gesù Cristo attraverso la riscoperta positiva della comunità, con tutti i suoi doni: "perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza". Questi sono segni della presenza di Cristo nel suo popolo: "La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore Gesù Cristo". Per saper riconoscere ed incontrare Cristo occorre essere vigilanti, stare svegli. Infine il testo evangelico invita a stare svegli per attendere ed incontrare il Signore che viene. Noi non conosciamo quando sarà quel momento! Sarebbe un peccato se il sonno del disimpegno o del disinteresse annullasse le esperienze, gli impegni ed il cammino fatti precedentemente alla sequela del Signore Gesù.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Lectio divina sul Libro di Qoelet - 6

6 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Dopo aver presentato il principio del tempo e aver mostrato che tutta l'opera di Dio è buona a suo tempo, Qoelet presenta subito il rovescio della medaglia: l'esistenza dell'ingiustizia nel mondo.

3, 16Ma ho anche notato che sotto il sole al posto del diritto c'è l'iniquità e al posto della giustizia c'è l'iniquità. 17Ho pensato dentro di me: "Il giusto e il malvagio Dio li giudicherà, perché c'è un tempo per ogni cosa e per ogni azione".
18Poi, riguardo ai figli dell'uomo, mi sono detto che Dio vuole metterli alla prova e mostrare che essi di per sé sono bestie. 19Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti. L'uomo non ha alcun vantaggio sulle bestie, perché tutto è vanità. 20Tutti sono diretti verso il medesimo luogo:
tutto è venuto dalla polvere
e nella polvere tutto ritorna.
21Chi sa se il soffio vitale dell'uomo sale in alto, mentre quello della bestia scende in basso, nella terra? 22Mi sono accorto che nulla c'è di meglio per l'uomo che godere delle sue opere, perché questa è la parte che gli spetta; e chi potrà condurlo a vedere ciò che accadrà dopo di lui?

v. 16 L'autore richiama ancora ciò che si compie di giorno, sotto il sole. Altra traduzione dice "il luogo del giudizio, là era la malvagità e il luogo della giustizia, là era la malvagità". Io preferisco questa traduzione perché è meno universale e assoluta. L'ingiustizia domina molto probabilmente nel tribunale ad opera dei giudici.
v. 17 "Dissi io al mio cuore" (traduzione letterale) riflessione che è conseguenza di quanto vedeva accadere nei tribunali. A questa introduzione seguono due riflessioni. La prima è la convinzione di fede, comune nella tradizione ebraica testimoniata nella Scrittura che a suo tempo Dio giudicherà con giustizia e sistemerà tutte questi comportamenti ingiusti.
v. 18 La seconda riflessione, propria di Qoelet e provocatoria e devastante: Dio lascia prevalere l'ingiustizia per mostrare agli uomini che sono bestie e in questo modo mette a nudo la vera identità delle persone che operano lontane da lui.
v. 19 Di conseguenza non c'è differenza tra il destino dell'uomo che l'attende dopo la morte e quello delle bestie. Tutti muoiono allo stesso modo dal punto di vista esteriore. Qoelet che è uno spietato osservatore della realtà vedendo che uomini e bestie muoiono allo stesso modo si pone la domanda: se entrambi hanno la "nefesces"=spirito vitale che vantaggio ha l'uomo rispetto alle bestie? Tutto è vanità, perché se non c'è distinzione tra giusto e malvagio nell'amministrazione della giustizia, c'è da dubitare che esista differenza tra il destino dell'uomo e dell'animale.
v. 20 Continua l'analisi spietata di Qoelet. L'uomo e la bestia sono affini nello stesso termine di paragone: la morte; come in 7,15-20 la sapienza e la stoltezza danno lo stesso risultato: la morte e non c'è alcun vantaggio del sapiente rispetto allo stolto (forse collegamento tra sapienza e uomo come tra stoltezza e bestia?). tutto viene dal nulla-polvere e finisce nel nulla.
v. 21 L'autore si pone la domanda: chi può dire che lo spirito dell'uomo va in alto e quello delle bestie in basso? Non si sa se ci sia una diversità tra l'uomo sapiente e lo stolto. Non c'è una risposta a questa domanda che ritorna in altre occasioni dovesi parla del problema della ingiustizia e della sorte dei giusti e dei malvagi. Qoelet non risponde e si limita a presentare o a rilevare la situazione duplice, una positiva e una negativa
v. 22 Da tale situazione conflittuale degli opposti, Qoelet trae un imperativo: GODERE. Da intendersi non nel piacere sfrenato ma nell'essere felici per ciò che si fa e che da soddisfazione perché questo viene da Dio e l'esperienza concreta è ciò che l'uomo può vivere. La vanità non è la parola ultima. In questo modo l'autore rimanda la questione al futuro e non si può concludere che escluda la possibilità della vita dopo la morte.

- Come reagiamo di fronte alle ingiustizie sociali di qualsiasi genere?
- Abbiamo nella vita una esperienza o una attività che ci da gioia? Quale?
- Di fronte ai problemi o alle difficoltà ci ritiriamo e ci chiudiamo oppure attiviamo la speranza in una situazione diversa futura guidata da Dio?

Lectio divina sul Libro di Qoelet - 5

5 Qoelet (qhlt) – Ecclesiaste

Fino a questo punto abbiamo incontrato quelle che sembrano le linee portanti del pensiero di Qoelet. Ora l'autore cerca di definire la determinazione dei tempi.

3, 1Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo.
2C'è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato.
3Un tempo per uccidere e un tempo per curare,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
4Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per fare lutto e un tempo per danzare.
5Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
6Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per conservare e un tempo per buttar via.
7Un tempo per strappare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
8Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
9Che guadagno ha chi si dà da fare con fatica?

10Ho considerato l'occupazione che Dio ha dato agli uomini perché vi si affatichino. 11Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine. 12Ho capito che per essi non c'è nulla di meglio che godere e procurarsi felicità durante la loro vita; 13e che un uomo mangi, beva e goda del suo lavoro, anche questo è dono di Dio. 14Riconosco che qualsiasi cosa Dio fa, dura per sempre; non c'è nulla da aggiungere, nulla da togliere. Dio agisce così perché lo si tema. 15Quello che accade, già è stato; quello che sarà, già è avvenuto. Solo Dio può cercare ciò che ormai è scomparso.

v. 1 "momento" e "tempo" qui sono sinonimi e significa che ogni cosa che accade sulla terra avviene in un determinato tempo storico.
vv. 2-8 Le azioni umane possibili sono per Qoelet coppie di 14 con i loro opposti. Poiché sono 7x2 significa che qui l'autore voleva significare tutte le azioni umane. Prima si annuncia l'azione negativa e poi quella positiva e dal v.5 si alternano positivo e negativo nell'apertura.
Questi versetti sono spesso interpretati con un determinismo universale di Dio e l'uomo non può ne conoscere ciò che accadrà ne modificare gli eventi. Forse non è così che si devono interpretare i versetti in questione. Certamente ogni cosa ha il suo tempo ed è questo il pensiero sapienziale di Israele e dei popoli antichi e di ogni tempo. È vero che Qoelet con questa specie di filastrocca accentua l'idea del tempo adatto per tutto e che non ha paragoni con altri tempi. Per capire il senso e l'insegnamento da trarne si dovrà rileggere il testo alla luce del contesto in cui viene pronunciato.
L'annuncio programmatico (1,2-11) ha mostrato che non c'è utilità nell'opera dell'uomo perchè essa è parte di un processo cosmico ripetitivo che ritorna sempre continuamente su se stesso, non ha né inizio né fine e perciò non ha storia e non lascia ricordo. L'attività umana che Qoelet ha intrapreso su questa base è uno sforzo faticoso di tenere insieme gli opposti: sapienza e stoltezza (1,2-2,10). In questo processo una domanda ritorna continuamente: "qual è l'utilità di colui che lavora in quello in cui fatica?"

v. 9 Qui abbiamo la domanda fondamentale che l'autore si propone. È una domanda aperta che per ora non ha risposta.

Qoelet introduce la nozione di tempo adatto. Cioè c'è un tempo per ogni cosa e un tempo per il suo contrario. Con questo principio si tengono insieme gli opposti, la chiave che premette di entrare nel problema. Non si può fermare il processo che è inarrestabile, ma in questo modo ogni attività viene ancorata al suo momento. Questo ancoraggio la salva dal fluire perenne e le da rilievo e consistenza, la fa entrare nella storia perché produce ricordo. In conclusione la fa diventare un'attività che procura un vantaggio per chi la compie.

vv. 10-11 Il ragionamento di Qoelet, introducendo il concetto di tempo giusto, dimostra che l'attività umana è riscattata in quanto è ancorata all'attività di Dio che "tutto ha fatto bello". Egli si rifà al principio: Ho considerato l'occupazione che Dio ha dato agli uomini perché vi si affatichino (si occupino di essa). Si ricollega a 1,3 e si pone il problema del senso dell'attività umana, ma con una prospettiva diversa. Collocare l'attività umana sul terreno solo nel tempo adatto da ad essa senso e significato. Resta il limite per l'uomo di non arrivare mai a conoscere l'opera di Dio nella sua interezza.

vv. 12-15 questo lato nascosto della sapienza ha due scopi ben precisi introdotti da frasi simili: "ho capito" e "riconosco" che possono essere tradotti entrambi anche con "so che". Il primo scopo e che l'uomo goda delle opere di Dio. Anche il mangiare, il bere e il lavoro vengono da Dio e sono fonte di gioia. Il secondo scopo indica che il godere dell'uomo è uno scopo dell'opera divina e ciò che Dio fa è fatto bene e dura per sempre. Qui dobbiamo dire che la riflessione di Qoelet non è pessimistica. Anche l'opera di Dio si colloca nel fluire cosmico e lui solo può fissare anche quello che è avvenuto nel passato. Questa consapevolezza porta al "timore di Dio" che consiste non nella paura ma nella sua venerazione e rispetto.

- Che cosa ci ha colpito di più e perché?
- Che incidenza ha il punto su cui mi sono soffermato con la mia vita?
- Posso trovare egli spunti per la nostra vita comunitaria?

Lectio Divina XXXIV Domenica T.O.- A

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 26 novembre 2023 – XXXIV Domenica del Tempo Ordinario – Cristo Re

Servire in fraternità

Ezechiele 34,11-12.15-17 . Salmo 22 . 1 Corinzi 15,20-26a.28 . Matteo 25,31-46

Lettura
Siamo alla conclusione della vicenda storica di Gesù secondo la narrazione di Matteo. Ormai la tensione tra Gesù ed Israele (rappresentato dai capi, dagli scribi e dai farisei) ha raggiunto il suo apice ed egli, dopo aver abbandonato il tempio, dal monte degli ulivi annuncia in termini profetici il giudizio sulla città e sul suo santuario (24,1ss). Di questo ultimo discorso fa parte il nostro passo abitualmente denominato "venuta e giudizio del Figlio dell'uomo" o "giudizio finale". Gesù si rivolge idealmente ad un ampio uditorio. Esso non è costituito soltanto dai discepoli, né dalle folle che lo seguono, ma da tutte le genti. Presumibilmente, in modo profetico, Gesù vede già realizzato quanto anticipato in Mt 24,14: "frattanto questo vangelo del regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora sarà la fine". Alla fine, quindi, tutte le genti toccate dal vangelo saranno convocate dal Figlio dell'uomo.

Mt 25, 31-46
31 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32 Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33 e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35 perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". 37 Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". 40 E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". 41 Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42 perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43 ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato". 44 Anch'essi allora risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?". 45 Allora egli risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me". 46 E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna".

Commento
Nel passo di Mt 25,31-46 si distinguono chiaramente una introduzione (vv.31-33), che presenta la venuta del Figlio dell'uomo, un elemento centrale costituito dalla convocazione di tutte le genti con la loro separazione (vv.34-45) e da ultimo la conclusione (v.46), che indica l'applicazione della sentenza ai due gruppi divisi dal Figlio dell'uomo, re e signore. Nella parte centrale, sotto forma di dialogo, troviamo presentate dal re le motivazioni che stanno alla base della divisione delle genti in due gruppi. Su questo punto soffermiamo particolarmente la nostra attenzione.
Innanzitutto è il re che prende l'iniziativa. Dopo aver convocato tutte le genti prima si rivolge a quelli di destra e risponde alle domande dei giusti e poi parla a quelli di sinistra dando soddisfazione pure ai loro quesiti. I due gruppi, quello di destra e quello di sinistra, esistono e sono tali solo in relazione al re - Figlio dell'uomo; anche la loro identità e autocomprensione dipendono dalle parole del Figlio dell'uomo (Con questo appellativo Gesù si colloca nella tradizione dell'Antico Testamento cfr. Dn 7,13. Così nell'espressione si vede sia l'elevazione di Gesù Messia che la sua umiliazione).
Procedendo nell'analisi del dialogo vediamo che la benedizione e la partecipazione al regno dipendono dall'aver vissuto le opere di misericordia con un profondo collegamento con Cristo ["io ho avuto fame..., io ho avuto sete..." (v.35) "l'avete fatto a me" (v.40)] e dall'aver assunto un reale atteggiamento di fraternità, infatti Gesù riconosce suoi fratelli i poveri ed i bisognosi: "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me."(v.40b). Anche la maledizione e la partecipazione al fuoco eterno sono conseguenza del non aver condiviso attivamente i disagi dei bisognosi, accogliendoli come fratelli.
La solidarietà e la condivisione con i poveri ed i bisognosi diventano criterio di benedizione o di maledizione, di partecipazione al regno o di allontanamento nel "fuoco eterno". Il fatto poi che Gesù chiami "fratelli" coloro che sono nella situazione di precarietà e di necessità, richiede che la "fraternità" diventi l'atteggiamento di fondo dal quale scaturisca, come conseguenza, la significativa solidarietà con i poveri. Qui si tratta di solidarietà vissuta nella fraternità, di carità che non resta all'epidermide della vita ma vi entra dentro, in tutte le sue dimensioni: intelligenza, affetto, sentimenti, creatività, ecc.

La vita
(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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