LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 30 giugno 2024– XIII Domenica del Tempo Ordinario - B
Con la fede tutto è possibile!Sapienza 1,13-15;2,23-24 • Salmo 29 • 2Corinzi 8,7.9.13-15 • Marco 5,21-43
Lettura
Gesù continua il suo ministero in Galilea attorno al lago. Dopo essere stato nella regione di Geraseni (5,1) e nel territorio della Decapoli (5,21) ora ritorna probabilmente a Cafarnao e qui viene circondato da persone che aspettano da lui i frutti del suo ministero.
Mc 5,21-4321Essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: "La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva". 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata". 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi ha toccato le mie vesti?". 31I suoi discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"". 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male".35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?". 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, soltanto abbi fede!". 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: "Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico: àlzati!". 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.CommentoLa pericope contiene due racconti inseriti uno nell'altro. I vv.21-24.35-43 narrano la vicenda della figlia del capo della sinagoga richiamata in vita ed i vv.25-34 presentano la guarigione della donna affetta da emorragia. Appena Gesù scende dalla barca, Giairo, "uno dei capi della sinagoga" del luogo, si getta ai piedi del maestro chiedendo con insistenza la guarigione della figlia che era ormai in fin di vita. Colpisce subito la fiducia di quest'uomo nella possibilità che ha Gesù di sanare la figlia. La scena si interrompe perché mentre Gesù che va con Giairo, circondato da molta folla, viene inserita la vicenda della donna che aveva perdite di sangue. Ella mentre cammina accanto a Gesù, tocca il suo mantello, sicura di ottenere la guarigione con gesto silenzioso e compiuto nascostamente: "se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata". La donna, affetta da anni da una malattia che nessun medico aveva guarito, è sicura di ottenere beneficio dal maestro di Galilea. Gesù però avverte che è successo qualcosa di straordinario in quanto una potenza è uscita da lui. La donna è guarita però lui vuole incontrare chi ha beneficiato del suo dono e desidera completare l'opera donando la salvezza piena, per questo pone una domanda: "chi mi ha toccato le vesti?". Alla risposta semplicistica dei discepoli si contrappone la donna "impaurita e tremante" che, sapendosi scoperta, si getta in silenzio ai piedi di Gesù. Le parole pronunciate dal maestro ("Figlia, la tua fede ti ha salvata . . .") riconoscono la fede che la donna ha avuto nell'accostarsi a lui, ufficializzano la guarigione avvenuta e donando alla donna la pace, frutto della profonda comunione con Dio. Riprende il racconto di Giairo con la notizia della morte della fanciulla. Tutto sembra ormai finito e concluso. Gesù però, intervenendo, si rivolge al capo della sinagoga, ridà speranza e riapre anche narrativamente la scena: "Non temere, soltanto abbi fede". Arrivati alla casa dominano le scene collegate alla morte della fanciulla: "gente che piangeva e urlava forte". In questa situazione, Gesù dichiara che la bimba non è morta, ma dorme; attirandosi così la derisione di tutti. Giairo, la moglie e quei pochi portati da Gesù continuano ad avere fede e assistono così alla scena nella quale Gesù richiama alla vita la fanciulla: "Talità kùm", che significa: "fanciulla, io ti dico: alzati". Il racconto si chiude presentando la fanciulla di dodici anni che riprende le sue attività e la richiesta di Gesù di tenere nascosto l'avvenimento.
Gesù ascolta ed accoglie ogni richiesta che a lui viene rivolta con fede. Nulla a lui è impossibile! Certamente egli è venuto a portare agli uomini la vita di Dio e la pace, che possono essere accolte soltanto da chi ha fede in lui e da chi lo incontra con autenticità nella vita.
Collegamento fra le lettureGesù Cristo rivela il Dio della vita. Questo può essere il tema che lega le letture di questa domenica. Nella prima lettura il testo della sapienza proclama che Dio "non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano". Nel testo è anche indicato lo scopo della creazione: "Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità" cioè per l'immortalità. Tale obbiettivo è possibile perché ogni persona è stata fatta ad immagine della natura di Dio. La morte allora non viene da Dio, ma è una realtà portata nel mondo dell'insidia del diavolo. Gesù Cristo, dice il vangelo di Marco, attraverso il suo ministero, rivela la bontà di Dio, che salva e libera l'uomo dal peccato, dal male e dalla morte. Così sono da leggere i due racconti contenuti nella pericope marciana. Per partecipare pienamente a questo dono occorre la fede. Questo è l'invito accorato che Paolo rivolge ai Corinzi. La fede si traduce poi in opere concrete di carità e soprattutto porta a riconoscere "la grazia del Signore nostro Gesù Cristo". Egli da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 giugno 2024– XII Domenica del Tempo Ordinario - B
Chi crede in Gesù vince ogni pauraGiobbe 38,1.8-11 • Salmo 106 • 2 Corinti 5,14-17 • Marco 4,35-41
Lettura
Gesù insegna alle folle per mezzo delle parabole. Tra i suoi uditori alcuni si staccano dalla massa anonima e si avvicinano a lui per chiedere ulteriori approfondimenti. A costoro, che sono da identificare con i discepoli, Gesù in privato spiega ogni cosa. A questo punto della narrazione si trova il racconto de "La tempesta sedata".
Mc 4,35-4135In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva". 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". 41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?".CommentoColoro che hanno accolto l'insegnamento di Gesù sono invitati a passare "all'altra riva" con lui. Durante la traversata si solleva "una grande tempesta di vento" che suscita grande paura in chi è sulla barca. A fronte dell'agitazione del lago viene presentato per contrasto Gesù che tranquillamente "se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva". Colpisce sicuramente il persistere del sonno di Gesù nel pieno della tempesta. Subito dopo entrano in azione i discepoli che lo svegliano con parole trepidanti, cariche di tensione, indice del loro sentirsi abbandonati in quel pericolo mortale: "maestro, non t'importa che siamo perduti?". Gesù, svegliatosi, ascolta la loro richiesta e ordina al vento e al mare di tacere e di calmarsi ed essi ubbidiscono: "il vento cessò e vi fu grande bonaccia". Il racconto si conclude con due domande decisive di Gesù rivolte ai discepoli: "perché avete paura?" e "non avete ancora fede?". I suoi ancora non capiscono fino in fondo la sua identità e non si fidano pienamente, per questo hanno paura. La stessa reazione dei discepoli, indicata nell'ultimo versetto, conferma il disagio esistente nella relazione tra Gesù ed i suoi: "Chi è dunque costui ...?".
Chi segue Gesù e va con lui sulla barca non sempre coglie fino in fondo la sua identità. A volte si ha la sensazione che il maestro sia assente o disinteressato delle vicende travagliate vissute dei suoi discepoli. Per questo essi si lasciano prendere dalla paura. L'intervento di Gesù, che riporta tranquillità sul lago, diventa segno della sua capacità di contrastare anche le più terribili forze distruttrici. Come egli si oppone ai demoni, così riesce a farsi obbedire da quanto rischia di portare i suoi discepoli e tutti gli uomini alla rovina. Al credente è quindi chiesto di conoscere meglio il maestro e soprattutto di fidarsi di lui.
Collegamento fra le lettureTutti gli uomini ed anche i discepoli cristiani fanno fatica a conoscere il mistero di Dio. Giobbe non riesce a trovare spiegazioni di fronte alle disgrazie che colpiscono lui e la sua famiglia. Anche i discepoli, sulla barca con Gesù, non comprendono come possa conciliarsi la presenza del maestro con loro e la contemporanea avversità della vita a cui essi devono far fronte. Per questo gridano: "non t'importa che siamo perduti?". A Giobbe Dio risponde invitandolo a considerare l'ordine inscritto nel creato. "Chi ha chiuso tra due porte il mare" e chi controlla "l'orgoglio delle sue onde" interverrà decisamente anche nel turbine attraversato da Giobbe. Per questo egli, pur attraversando grandi prove, resta sempre fedele a Dio e non perde la speranza in lui. Sul lago Gesù si manifesta ai suoi capace di controllare ogni difficoltà che li minaccia. Per questo allora il discepolo, secondo lo stimolo lanciato da Paolo nella seconda lettura, non deve accontentarsi di conoscere Gesù "alla maniera umana", cioè soltanto nella sua dimensione storica e concreta, ma è chiamato ad essere "una creatura nuova" in Gesù; ciò significa aver fede in lui e liberarsi da qualsiasi paura.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 giugno 2024– XI Domenica del Tempo Ordinario - B
La forza del vangelo e del regnoEz 17,22-24 - Sal 91 - 2Cor 5,6-10 - Mc 4,26-34
Lettura
Nel vangelo di Marco, Gesù pronuncia un discorso in parabole come insegnamento rivolto ai discepoli che ha chiamato alla sua sequela e alle folle che ascoltano la sua predicazione del Regno che viene (cfr. Mc 4,1-34). Il tema dominante delle parabole è il seme gettato nella terra. All'inizio Gesù narra la vicenda del seminatore che getta il seme nel terreno (presumibilmente grano) ed il risultato ottenuto dalla sua crescita. Poi Gesù spiega la parabola del seminatore e, dopo due brevi detti sulla lampada e sull'ascolto (cfr. Mc 4,21-25), abbiamo le parabole odierne.
Mc 4, 26-34In quel tempo 26Diceva Gesù: "Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura".30Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra".33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.CommentoIl racconto è strutturato in due parti distinte. La prima (vv.26-29) presenta il processo del seme che germoglia, produce il frutto e viene poi falciato; la seconda (vv.30-32) illustra la parabola del granello di senape. Nei vv.33-34 la conclusione sull'insegnamento dato da Gesù con molte parabole e sulla spiegazione che lui dava ai suoi discepoli.
Gesù afferma che il regno di Dio è "come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa". Il seme è l'elemento che collega le parabole. Anche se sembra morto nella terra in realtà genera vita e diventa una pianta. Esso poi si moltiplicherà e darà frutti abbondanti. Il seme è adatto per rappresentare la dinamica del mistero della presenza di Gesù, del vangelo annunciato e della vita cristiana vissuta: il regno di Dio.
Segue un'altra parabola di senape. Il chicco di senape è tra i semi più minuscoli, non più grande di una capocchia di uno spillo; eppure anch'esso, se seminato in terra, diventa un albero che si impone. Sembra impossibile che da un seme così minuscolo possa derivare un albero tanto rigoglioso. Eppure proprio ciò che ai nostri occhi è piccolo, può avere una forza impensabile. Il seme anche se piccolo in terra marcisce, germoglia, poi spunta e cresce fino a essere un arbusto sulle cui fronde gli uccelli possono fare il nido. Qui Gesù allude certamente a quell'albero intravisto da Daniele, simbolo del regno universale di Dio (cfr. Dn 4,6-9.17-19). Il vangelo che ci è stato donato può sembrare piccola cosa, rivestito poi di parola umana, fragile e debole, comunicato poi da uomini e donne poveri, senza cultura, non saggi secondo il mondo (cfr. 1Cor 1,26). Eppure quando il vangelo è seminato, predicato e testimoniato dai discepoli, proprio perché è parola di Dio contenuta in parole umane, è fecondo cresce, tocca tante persone e arriva al loro cuore.
Queste parabole invitano a riflettere da un lato sulla consapevolezza che abbiamo del vangelo che ci è dato e che noi dobbiamo seminare e dall'altro sulla nostra visione del Regno come realtà che si diffonde ad opera di piccoli e di poveri. È la realtà di un "piccolo gregge" (Lc 12,32), che può diventare grande perché destinato a tutte le genti del mondo intero.
La venuta del regno di Dio è paragonata al processo agricolo che ogni contadino conosce bene, anzi che vive con attenzione e premura: semina, nascita del grano, crescita, formazione della spiga, maturazione e mietitura. Di fronte a tale sviluppo, occorre meravigliarsi, guardando alla potenza, alla forza presente in quel piccolo seme secco, che sembra addirittura niente. Così è il regno di Dio: piccola realtà, ma che ha in sé una potenza misteriosa, silenziosa, irresistibile ed efficace, che si dilata senza che noi facciamo nulla. Di fronte a questa realtà, il contadino non può fare davvero nulla: deve solo seminare il seme nella terra, ma poi sia che lui dorma sia che si alzi di notte per controllare ciò che accade, la crescita non dipende più da lui. L'insegnamento di Gesù consiste nel meravigliarsi del regno che si dilata sempre di più, anche quando noi non ce ne accorgiamo, e di conseguenza occorre avere fiducia nel vangelo e nella sua forza. Di conseguenza è necessario che gli evangelizzatori siano soltanto servi al servizio del vangelo e non protagonisti. Il seme è la parola che, seminata dall'evangelizzatore, darà frutto anche se lui non se ne accorge. Il seme è buono, se la parola predicata è parola di Dio e non dell'evangelizzatore, essa darà sicuramente frutti abbondanti. Questa è la certezza del "seminatore" credente e consapevole di ciò che opera: la speranza della mietitura e del raccolto non può essere messa in discussione perché Gesù è sempre con noi ed è lui il protagonista della evangelizzazione e della crescita del regno.
Collegamento fra le lettureAnche le realtà piccole ed insignificanti agli occhi degli uomini, nelle mani di Dio diventano grandi e magnifiche: "un ramoscello lo pianterò... metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico" (Ez 17,22-23). Anche il vangelo ed il regno di Dio se sono seminati con abbondanza cresceranno e faranno frutti perché Dio è all'opera nella storia in odo silenzioso e sempre nascosto. A noi spetta il compito di collaborare positivamente seminando con la parola e con la testimonianza della vita, credendo fermamente nell'opera di Dio nel mondo (2Cor 5,6-7).
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Goito 9 giugno 2024 – X Domenica del Tempo Ordinario – B
Siamo la famiglia di GesùGenesi 3,9-15; Salmo 129; 2Corinti 4,13-5,1; Marco 3,20-35
Lettura
Dopo la guarigione di un uomo dalla mano paralizzata ed aver interagito con la folla che lo pressava ed aver istituito i dodici apostoli, Gesù vive due momenti critici del suo ministero: i suoi parenti vogliono riportarlo a casa e gli scribi lo calunniano.
Mc 3, 20-3520Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé".22Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni". 23Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: "Come può Satana scacciare Satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. 26Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. 27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. 28In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna". 30Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito impuro".31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". 33Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre".CommentoIl racconto è strutturato ad incastro. All'inizio abbiamo i suoi che vengono a prenderlo per ritiralo dalla circolazione perché considerato "fuori di sé". Poi al centro troviamo il confronto-scontro con gli scribi venuti da Gerusalemme per metterlo in difficoltà. La chiusura riprende i parenti che vengono a ritirarlo con la sentenza finale di Gesù su chi costituisce la sua famiglia.
I familiari di Gesù rappresentano lo sfondo generale all'interno del quale egli opera, costituito da tutti coloro che ritengono Gesù una persona che ormai è fuori dalle tradizioni patriarcali consolidate dell'ebraismo e quindi hanno il diritto di fermarlo. I familiari hanno il compito e l'obbligo di indirizzare e di richiamare chi esce dal retto cammino riportandolo alla sacralità delle tradizioni consolidate. Gesù si era creato una nuova "casa", costituita dai suoi discepoli con nuove regole di vita, fondate sull'amore. ed aveva abbandonato la "casa" di provenienza costituita dalla tradizione ebraica. Per questa ragione la "casa" familiare cerca di sottrarlo al nuovo gruppo considerato trasgressivo.
Gli scribi venuti da Gerusalemme cercano ed accusano Gesù. Essi che avevano il compito di controllare la vita religiosa del popolo e di punire le trasgressioni; di conseguenza non vedevano di buon occhio il progetto di Gesù con i suoi discepoli. Gli scribi interpretano le azioni di Gesù sulle persone possedute dai demoni e sui malati come opera di Satana e lo accusano di agire in combutta con lui. Egli li chiama e smaschera il loro errore. Gesù è venuto per distruggere il potere di Satana, lui è "il più forte" (cfr. Mc 1,7) ed è l'inviato di Dio mandato per liberare gli indemoniati ed i peccatori ed offrire a tutti la possibilità di far parte del Regno di Dio. Chi incontra Gesù, fa sperienza del suo progetto e poi non lo accetta accusandolo addirittura di agire in alleanza col demonio, opera contro lo Spirito Santo e commette un peccato imperdonabile. Tutti i peccati saranno perdonati tranne questo. Per non essere di quelli che rinnegano Gesù è opportuno fare parte della sua famiglia: "chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre". Non esiste vocazione cristiana senza abbandono di un passato incartapecorito per accedere alla novità creativa che Gesù porta col suo amore. Quello che è accaduto a Gesù può succedere anche ai discepoli. Ci possono essere dei poteri di carattere familiare, economici, sociali, culturali e politici che tentano di rinchiudere i discepoli bloccando la loro sequela di Gesù e il vivere il vangelo. Soltanto con Gesù e col suo vangelo si scopre il vero senso dei fratelli, delle sorelle, della madre e ci si apre ad una prospettiva universale che è la vera famiglia di Dio.
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Goito 2 giugno 2024 – Santissimo Corpo e Sangue di Cristo B
Eucaristia: la compagnia di Gesù Cristo con i suoiEsodo 24,3-8 • Salmo 115 • Ebrei 9,11-15 • Marco 14,12-16.22-26
Lettura
Il brano evangelico della festa odierna ci riporta al cuore della narrazione secondo san Marco. Esso è costituito dai capitoli 14-16, che raccontano il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo il Figlio di Dio. Gesù, dopo aver partecipato alla mensa in casa di Simone il lebbroso a Betania, si prepara a vivere la cena dell'antica pasqua ebraica con i dodici. Nel frattempo Giuda ha ormai deciso di consegnarlo ai sommi sacerdoti.
Mc 14, 12-16.22-2612Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?". 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: "Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi". 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio".26Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.CommentoNel testo troviamo due parti tra loro distinte in quanto viene soppresso l'annuncio del tradimento di Giuda (14,17-21). Nella prima vengono presentati gli interessi ed i preparativi dei discepoli finalizzati a "mangiare la Pasqua" con Gesù. Tutto il quadro rimanda alla pasqua ebraica, ricordo della liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù egiziana e del dono della salvezza. Le parole pronunciate da Gesù contengono un elemento di novità, che già nei preparativi anticipa un cambiamento di significato della cena di Gesù. "L'uomo con una brocca d'acqua", indicato dal maestro e che i discepoli dovranno seguire, è un servo addetto ad umili servigi. Costui, pur nella continuità con la tradizione ebraica, permette di comprendere subito che la cena di Gesù avrà come caratteristica di fondo il servizio. In quest'occasione poi Gesù insegnerà ai sui il dono totale di sé agli altri. Nella seconda parte abbiamo la cena in senso stretto con l'istituzione dell'eucaristia. Questa è da Gesù collegata con la sua morte e resurrezione: "questo è il mio corpo... questo è il mio sangue versato per molti". Così la morte-resurrezione di Gesù e l'eucaristia, collegano insieme Dio ed il popolo redento da Cristo e attuano la nuova alleanza realizzata da Gesù. Infine egli preannuncia il giorno in cui berrà il "vino nuovo nel Regno di Dio". Con questa immagine viene richiamato non solo il contenuto di tutta la predicazione di Gesù: il Regno di Dio, ma si presenta anche l'eucaristia come il banchetto che anticipa quello finale, al quale tutti sono invitati ed attesi da Gesù.
L'istituzione dell'eucaristia da parte di Gesù si colloca nell'antica tradizione d'Israele che celebra la pasqua. Essa però diventa segno della nuova alleanza, attuata nel servizio e nel dono totale di Dio, in quanto rimanda alla redenzione operata da Cristo. L'eucaristia è anche anticipazione del banchetto finale verso il quale tutti sono incamminati.
Collegamento fra le lettureLa solennità del Corpo e del Sangue di Cristo collega le tre letture proposte dalla liturgia. La prima lettura presenta solennemente il rito dell'alleanza tra Dio ed Israele al Sinai. Di fronte all'impegno di Dio, il popolo risponde dicendo: "Tutti i comandamenti il Signore ha dato, noi lo eseguiremo!". Mosé sigilla poi con il sangue asperso l'alleanza avvenuta. La liturgia del Sinai rimanda con chiarezza, come dice la lettera agli Ebrei, ad un nuovo sacrificio, nel quale Cristo "con il proprio sangue" ha "ottenuto una redenzione eterna". "Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza". Così l'eucaristia, istituita da Gesù nell'ultima cena, secondo il racconto di san Marco, è memoriale della morte e risurrezione del Signore, è il nuovo patto stipulato tra Dio ed il suo popolo ed è la compagnia di Gesù Cristo che cammina con i suoi verso la pienezza del "Regno d Dio".
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Goito 12 maggio 2024 – Ascensione del Signore B
Andate in tutto il mondo e predicate il vangeloAtti 1,1-11 • Salmo 46 • Efesini 4,1-13 • Marco 16,15-20
Lettura
Dopo l'annuncio dato dal giovane vestito di bianco alle donne nel sepolcro vuoto, il vangelo di Marco si chiude invitando gli amici di Gesù a ritornare in Galilea, per riprendere l'esperienza del discepolato ed iniziare la missione. La tradizione ha poi aggiunto un'appendice (16,9-20) nella quale, sotto forma di riassunto, si raccolgono alcune testimonianze delle esperienze pasquali di Gesù (vv.9-14) e dell'inizio della chiesa (vv.15-20). Il testo liturgico inizia col versetto 15 con delle aggiunte redazionali dei liturgisti. Il preferisco partire dal v. 14.
Mc 16, 15-2014 Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15 E disse loro: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17 Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno".19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.CommentoIl brano odierno comprende le parole di missione rivolte dal Risorto agli undici (vv.15-18), la rapida presentazione dell'ascensione di Gesù (v.19) ed il breve sommario sulla predicazione dei discepoli (v.20). L'opera evangelizzatrice, affidata da Gesù risorto agli Undici, è caratterizzata dalla universalità ("andate in tutto il mondo") e dalla attenzione particolare verso ogni individuo ("proclamate il vangelo ad ogni creatura"). La predicazione propone la fede. Questa viene accolta e d è resa stabile dal sacramento del battesimo, che porta alla salvezza: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato". La non accoglienza conduce invece alla separazione da Gesù e quindi alla autocondanna condanna. Il testo presenta poi cinque segni, "che accompagneranno quelli che credono" ed indicano la concretezza della vita cristiana, nata dalla fede e dal battesimo. Essi richiamano da un lato l'incarico affidato da Gesù ai dodici, durante il suo ministero terreno (cfr. Mc 6,7 e 6,13), e dall'altro la particolare protezione offerta da Gesù risorto al credente e all'evangelizzatore. I segni, che sono fondamentalmente attività di lotta col male e di vittoria su di esso, confermano i discepoli nella loro fede già nata ("quelli che credono") e gli annunciatori si collocano in continuità col servizio svolto da Gesù: "il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che l'accompagnavano". Infine si presenta il Signore Gesù che, "dopo aver parlato con loro fu elevato in cielo", siede alla destra del Padre, non è lontano dalla missione degli evangelizzatori e ne é il motore e la causa prima. Per questo con coraggio e senza indugio "essi partirono e predicarono dappertutto".
L'azione evangelizzatrice, affidata da Gesù agli annunciatori, deve essere rivolta a tutti ed in modo personalizzato. Essa suscita la fede e crea la comunità dei credenti. La comunità che nasce, con la ricchezza visibile della sua vita, è il segno più vero della forza del vangelo, della fedeltà dell'annunciatore all'incarico ricevuto e della continua ed efficace opera del Signore risorto in mezzo ai suoi.
Collegamento fra le lettureLe letture sviluppano una riflessione profondamente unitaria su Gesù Cristo. L'evento dell'ascensione del Signore si ricollega direttamente con la resurrezione: "Egli si mostrò ad essi vivo... durante quaranta giorni, apparendo loro", così dice Atti. Paolo aggiunge che l'ascendere al cielo di Gesù rimanda al fatto "che prima era disceso quaggiù sulla terra". In questo modo si sottolinea il mistero dell'incarnazione. Infine Atti anticipa la venuta finale del Signore: "Questo Gesù... tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". In attesa dell'ultima venuta si ha il tempo della Chiesa, il tempo dello Spirito Santo: "ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa... sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni". Le caratteristiche della Chiesa che vive nello Spirito ed attende il Signore sono: la fedeltà alla vocazione ricevuta, la fede ("chi crederà sarà salvato"), la predicazione del "vangelo ad ogni creatura" ("fino agli estremi confini della terra"), l'edificazione del "corpo di Cristo" per mezzo dei vari doni ricevuti, l'"unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio", che portano alla consapevolezza che il Signore opera nella Chiesa e con la Chiesa.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 28 aprile 2024 – V Domenica di Pasqua B
Uniti a Gesù per dare frutti abbondantiAtti 9,26-31 • Salmo 21 • 1Giovanni 3,18-24 • Giovanni 15,1-8
Lettura
Il vangelo di Giovanni ci porta nella scena dell'ultima cena, a lavanda dei piedi avvenuta. Gesù rivolge ai discepoli un lungo discorso, nel quale lascia ai suoi le ultime consegne. Egli indica loro come avrebbero dovuto vivere e che rapporto dovevano costruire con la realtà circostante, dopo la sua dipartita.
Gv 15, 1-81 "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.CommentoIl brano comincia identificando Gesù con "la vera vite" e il Padre con "l'agricoltore". Poi il testo continua parlando dei tralci, che vengono trattati dal Padre in modo da rendere abbondante il raccolto dell'uva. Il tralcio sterile viene tagliato, per essere eliminato, e quello fecondo è comunque potato, "perché porti più frutto". A questo punto, Gesù collega esplicitamente l'immagine dei tralci ai suoi discepoli ed afferma che essi hanno già avuto una prima potatura attraverso la parola da lui annunziata. Per loro, che hanno accolto la Parola, sembra profilarsi l'esclusione dalla possibilità di essere gettati via come il tralcio secco, il quale "poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano". Nello stesso tempo però il discepolo deve rimanere in Gesù: "Rimanete in me ed io in voi". Questo significa restare radicati stabilmente nella vite, per dare frutto. É la relazione con Gesù che dà al cristiano la sola fecondità possibile: "chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto". Il brano si chiude sottolineando che si è radicati in Gesù se le sue "parole rimangono" in noi. La presenza di Gesù nella vita dei discepoli regola di conseguenza il rapporto col Padre, al quale, in questo modo, si può chiedere quello che si vuole per essere meglio discepoli e portare adeguatamente frutto. Così si diventa la sua gloria, cioè come dice s. Agostino: "sarete la sua lode se vivrete bene".
Nella relazione con Dio Padre o si dà frutto oppure si è sterili: non può esistere una via di mezzo. L'unione con Gesù, la vera vite, garantisce frutti abbondanti, assieme a purificazioni radicali, prodotte dalla sua parola. Di conseguenza il rapporto con Gesù non può essere facoltativo o arbitrario, esso è necessario per essere suoi discepoli, per produrre frutti abbondanti e per glorificare così il Padre.
Collegamento fra le lettureLa presentazione di Paolo, fatta dal libro degli Atti, potrebbe diventare il tema unificante e l'esempio del tralcio potato perché dia più frutto. Egli prima cambia vita per l'incontro con Gesù e poi trova difficoltà tra i cristiani, i quali "non credono ancora che fosse un discepolo". Solo la mediazione di Barnaba fa superare questo scoglio e permette a Paolo di stare con gli altri discepoli: "andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore". Paolo sperimenta un'altra potatura nei rapporti con "gli Ebrei di lingua greca", i quali "tentavano di ucciderlo", e viene salvato dai fratelli. Quale l'origine delle difficoltà o potature sperimentate da Paolo? Egli, come dice la lettera di Giovanni, amava "coi fatti e nella verità". Di conseguenza aveva piena fiducia in Dio, osservava i suoi comandamenti e faceva quanto a lui era gradito, dimorava in Dio ed egli in lui, era un tralcio ben innestato nella vite. Il suo ministero, purificato da Gesù, diventava di conseguenza fecondissimo.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 21 aprile 2024– IV Domenica di Pasqua B
Gesù pastore buono e perfettoAtti 4,8-12 • Salmo 117 • 1Giovanni 3,1-2 • Giovanni 10,11-18
Lettura
L'evangelista Giovanni ci porta col suo racconto ancora una volta a Gerusalemme, all'ultimo giorno della festa delle Capanne, quando Gesù, recatosi al Tempio, insegna cercando di farsi conoscere. Inevitabilmente si creano conflitti con i giudei e con le folle. Di conseguenza egli è costretto a manifestarsi attraverso immagini simboliche. Tra queste emerge la figura del pastore di Gv 10,1-18. Nella prima parte del capitolo (vv.1-5), Gesù si rivela misteriosamente ai suoi uditori e nel v.6 si dice che i farisei non capivano il senso delle parole di Gesù. Nei vv.7-18 egli si fa conoscere chiaramente, collegando a sé i temi presentati nella prima parte. A questo punto si colloca il brano della quarta domenica di Pasqua.
Gv 10, 11-1811 Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12 Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13 perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio".CommentoGesù si presenta "buon pastore". La perfezione e la bontà di questo pastore consistono nella disponibilità a dare "la propria vita per le pecore". Abitualmente fa parte della attività del pastore affrontare i rischi per il bene del gregge, ma nessuno oserebbe pretendere che egli sia disposto a perdere la vita per le pecore. Al pastore perfetto viene contrapposto il mercenario, che svolge le mansioni del pastore con distacco. A lui "le pecore non appartengono" e quindi "non gli importa delle pecore". Nel pericolo fugge e non è disposto a dare la vita per esse. Gesù, pastore buono e perfetto, conosce le pecore e da esse è conosciuto. Il rapporto che egli ha col gregge è sul modello della sua relazione con il Padre: "come il Padre conosce me e io conosco il Padre". Di conseguenza il verbo conoscere acquista il significato di amare, che sta alla base della relazione di Gesù col Padre e quindi col gregge. L'amore di Gesù non può limitarsi al recinto stretto di "questo recinto", che è da identificare con Israele radunato simbolicamente nel Tempio di Gerusalemme, ma si rivolge sovrabbondantemente anche ad "altre pecore". Queste ascolteranno la sua voce "e diventeranno un solo gregge" guidate da "un solo pastore". Viene così indicato l'obiettivo del ministero di Gesù: arrivare a tutti. Esso si realizzerà storicamente per mezzo della Chiesa. L'ultima parte del brano sottolinea nuovamente la relazione d'amore che intercorre col Padre. Essa si concretizza nell'eseguire fedelmente, da parte di Gesù, il "comando che ho ricevuto dal Padre".
Gesù è pastore buono perché ama il suo gregge fino a dare la vita per esso. Egli si distingue in questo modo dai mercenari, che svolgono il loro lavoro con disinteresse e senza cuore. L'amore di Gesù è universale e per tutti gli uomini, i quali egli chiama con la sua parola a far parte dell'unico gregge. In tutto questo progetto egli fa conoscere l'amore che il Padre ha per l'umanità.
Collegamento fra le lettureL'amore con cui si svolge il proprio servizio umano o ecclesiale è il tema che unifica le letture. Nel contesto della celebrazione pasquale si può sottolineare che l'attenzione "pastorale" di Gesù per le pecore, presentata da Giovanni come futura, si realizza oggi. Adesso, per mezzo della Chiesa, Gesù sta facendo giungere il suo amore anche alle "pecore che non sono di questo recinto". L'esempio di Pietro, "colmo di Spirito Santo", diventa modello di tutti gli evangelizzatori che, "nel nome di Gesù Cristo il Nazareno", annunciano il vangelo in ogni parte della terra, anche mettendo in pericolo la propria vita. È l'amore di Gesù verso gli uomini e la corrispondenza che essi hanno nei suoi riguardi che rendono "figli di Dio", come dice la seconda lettura. Questa esperienza sarà sempre più perfetta perché tutti "saremo simili a lui e lo vedremo così come egli è".
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Goito 14 aprile 2024– III Domenica di Pasqua B
Toccatemi e guardate: voi siete testimoni!Atti 3,13-15.17-19 • Salmo 4 • 1Giovanni 2,1-5 • Luca 24,35-48
Lettura
Nel vangelo secondo Luca, dopo il ritrovamento del sepolcro vuoto da parte delle donne e l'annuncio che esse fanno agli undici e a tutti gli altri (23,56-24,12), si ha la narrazione dell'apparizione di Gesù ai due discepoli sulla via verso Emmaus (24,13-35). A questo punto si inserisce il brano che la liturgia propone nella terza domenica di pasqua.
Lc 24, 35-4835 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 37 Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho". 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.44 Poi disse: "Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45 Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46 e disse loro: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47 e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.ContenutoIl racconto inizia con la presentazione dei "due discepoli" che, "di ritorno da Emmaus", riferiscono agli altri "ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane" (v.35). Mentre questi parlano Gesù in persona appare in mezzo a loro augurando la pace. Il testo sottolinea particolarmente lo stupore e lo spavento che colpirono i discepoli alla vista di Gesù. Il disagio vissuto dai suoi viene colto ulteriormente nei diversi tentativi compiuti da Gesù per farsi riconoscere. Prima egli mostra "le mani ed i piedi", poi li invita a toccare "la sua carne e le sue ossa" e da ultimo mangia "davanti a loro una porzione di pesce arrostito". Solo a questo punto il turbamento si tramuta in "grande gioia" (vv.36-43). La parte finale dell'incontro (vv.44-48), ricchissima di contenuti, rimanda da un lato agli insegnamenti che Gesù aveva impartito quando era con loro e dall'altro al compimento in lui di tutte le Scritture: "le cose scritte su di me nella Legge di Mosé, nei Profeti e nei Salmi". È il Risorto colui che "apre la mente all'intelligenza delle Scritture" e che manda i suoi come testimoni nel mondo perché gli israeliti ("cominciando da Gerusalemme") e "tutte le genti" accolgano la conversione ed il perdono dei peccati a loro annunciati.
I discepoli fanno molta fatica a riconoscere Gesù risorto! Soltanto la sua iniziativa può illuminare il buio e creare comunicazione tra lui ed i suoi per far sperimentare grande gioia. La comprensione delle Scritture diventa l'esperienza che qualifica la comunità pasquale. Non si tratta di compiere una semplice operazione intellettuale, ma incontro reale ed autentico con Cristo che apre mente e cuore di coloro che si avvicinano alle Scritture con umiltà e disponibilità. Questo "evento di salvezza" avviene soltanto per dono del Risorto e produce conversione, perdono dei peccati e forza coraggiosa nell'annuncio a tutti.
Collegamento fra le lettureMolto forte in tutte le letture è il tema del peccato da cui siamo stati liberati. Nel testo di Atti, Pietro invita i suoi ascoltatori a "cambiare vita, perché siano cancellati i peccati". L'apostolo Giovanni nella prima lettera esorta a non peccare, "ma se qualcuno ha peccato" invita a rivolgersi a Gesù Cristo nostro "avvocato presso il Padre". Nel vangelo di Luca Gesù, ricordando le Scritture, indica "la conversione ed il perdono dei peccati", annunciati a tutte le genti nel suo nome, come frutto della risurrezione. La forza della risurrezione ha il suo segno nella novità di vita di chi, guidato dalla Scrittura e illuminato dalla parola del Risorto, riesce a convertirsi e a uscire definitivamente dal peccato.
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Goito 7 aprile 2024– II Domenica di Pasqua B
Mio Signore e mio Dio!Atti 4,32-35 • Salmo 117 •1 Giovanni 5,1-6 • Giovanni 20,19-31
Lettura
Il brano del vangelo di Giovanni, della seconda domenica di Pasqua, si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e di Giovanni e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambiò per il giardiniere.
Gv 20, 19-3119 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22 Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23 A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!". 27 Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!". 28 Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29 Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".30 Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31 Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.CommentoIl testo presenta due manifestazioni di Gesù risorto nel cenacolo. Nella prima, avvenuta il giorno stesso di Pasqua, (vv.19-23) egli entra a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei" e li saluta donando loro la pace. Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, generano gioia nei discepoli che vedono il Signore. Gesù poi invia i suoi e li manda a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". A sostegno della loro missione il Risorto dona lo Spirito Santo e ad essi conferisce il compito di rimettere i peccati: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". Al centro del brano abbiamo la presentazione di Tommaso che, non essendo stato presente "quando venne Gesù", manifesta scetticismo ed incredulità sull'accaduto (vv.24-25). La seconda manifestazione di Gesù avviene "otto giorni dopo", quando "i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso" (vv.26-31). Il Risorto, otre ad offrire nuovamente a tutti il dono della pace, indica personalmente a Tommaso i segni della passione presenti sul suo corpo, e lo invita a "non essere incredulo, ma credente!". A questo punto Tommaso riconosce Gesù e professa la sua fede: "Mio Signore e mio Dio!". Le parole di Gesù si chiudono preannunziando la beatitudine di coloro che crederanno in Gesù Cristo senza vedere.
Solo con la risurrezione di Gesù il discepolo può ottenere da lui, con la fede, la pienezza della pace e della gioia. Queste sono rese stabili dal dono dello Spirito e dalla remissione dei peccati. Anche chi è scettico o dubbioso, incontrandosi con lui, approda ad una fede vera. I doni concessi dal Signore risorto sono per tutti i discepoli che hanno fede in li, anche per coloro che nel corso dei secoli non avrebbero incontrato immediatamente il Risorto.
Collegamento fra le lettureUn tema particolarmente sottolineato nelle letture è la fede. Il libro degli Atti presenta le conseguenze concrete che scaturivano nella vita "di coloro che erano diventati credenti". I discepoli erano concordi, mettevano tutto in comune, tutti avevano il necessario per vivere e gli apostoli annunciavano con autorità la risurrezione del Signore. Nel cenacolo i discepoli, dopo l'incontro con Gesù, passano, attraverso la fede, dalla paura alla gioia. Anche Tommaso, viene invitato da Gesù risorto a "non essere incredulo ma credente!". È ancora la fede che rende "beati quelli che non hanno visto ed hanno creduto" in lui. Infine nella seconda lettura la fede in Gesù Cristo rende partecipi della famiglia di Dio: "chiunque crede è stato generato da Dio" e apre all'amore dei figli di Dio. La fede poi rende capaci di vincere il mondo: "Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede".
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 31 marzo 2024– Domenica di Pasqua
È risorto e vi precede in GalileaAtti 10,34.37-43 • Salmo 117 • Colossesi 3,1-4 • Marco 16,1-8
Lettura
Il brano commentato è Mc 16,1-8. É il vangelo della veglia pasquale dell'anno liturgico.
Alla sera della vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea chiese il corpo di Gesù a Pilato. Ricevuto il consenso, avvolse il corpo in un lenzuolo e "lo depose in un sepolcro scavato nella roccia", mentre alcune donne stavano a guardare.
Mc 16, 1-81 Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. 2 Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. 3 Dicevano tra loro: "Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?". 4 Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. 5 Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. 6 Ma egli disse loro: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. 7 Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto". 8 Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.CommentoIl testo di Mc inizia con una introduzione che descrive un'azione compiuta dalle donne, quando il sabato ormai era passato, dopo il tramonto del venerdì. Esse "comprarono oli aromatici per andare a ungerlo" (v.1). Si incontra poi una prima scena ancora con le donne, presumibilmente all'alba e in cammino, le quali si interrogano sulla difficoltà di ribaltare la pietra "dall'ingresso del sepolcro" per entrare. Il quadro si chiude con la constatazione che misteriosamente "la pietra era già stata fatta rotolare" (vv.2-4). Il momento centrale della vicenda si colloca "nel sepolcro" (vv.5-7). Qui le donne dapprima incontrano l'apparizione di "un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca", alla quale reagiscono con "paura". Poi il giovane parla loro, cercando di rassicurarle ("non abbiate paura!"), e subito annuncia la risurrezione di Gesù Nazareno il crocefisso. La prova della risurrezione è costituita dal sepolcro vuoto: "Ecco il luogo dove l'avevano posto". Infine egli da loro un comando: "andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete". Qui abbiamo un testo ricchissimo perché non solo si annuncia che ci sarà l'incontro col risorto, ma anche si anticipa che in quell'occasione si raggiungerà l'esperienza della fede che vede, come inizio del discepolato. La conclusione (v.8) presenta le donne in fuga, "perché erano piene di stupore e spavento". Questo sottolinea la consapevolezza della grandezza dell'esperienza fatta e dell'annuncio ricevuto. Il silenzio delle donne ("non dissero niente a nessuno") è da capire nel senso che comunicarono solo ai discepoli l'evento accaduto, e non dissero poi nulla con nessuno. In tal modo viene lasciato a Pietro il primato dell'annuncio.
Il ritrovamento del sepolcro vuoto, da parte delle donne costituisce l'epilogo di tutto il vangelo secondo Marco. Per questo il racconto diventa un testo molto importante. Non solo è qui annunciata la risurrezione di Gesù, ma viene anche presentata la ripresa della sequela da parte dei discepoli, interrotta dolorosamente durante la passione (Giuda tradisce, tutti fuggono e Pietro rinnega). La potenza della risurrezione rimette in moto il discepolato cristiano. Si tratta di ritornare là dove Gesù ha cominciato ad annunciare il vangelo e ripercorrere ancora una volta il suo itinerario, lasciando che lui preceda e che i discepoli lo seguano.
Collegamento fra le lettureL'elemento principale è la risurrezione di Gesù come fatto che incide anzitutto sulla vita dei discepoli, rendendo possibile la sequela. In Marco si è approfondito abbondantemente il tema del discepolato che riprende dopo la risurrezione di Gesù. Nel testo di Paolo ai Colossesi la tematica è presentata come "vita nascosta con Cristo in Dio". Infatti, la risurrezione di Gesù porta i discepoli a cercare "le cose di lassù, dove si trova Cristo" e a "pensare alle cose di lassù, non a quelle della terra". La vita illuminata dalla risurrezione rende testimoni coraggiosi, autorevoli e credibili pur in mezzo alle difficoltà della vita. Questa è l'esperienza di Pietro che "in quei giorni", come narra il libro degli Atti, "prese la parola" per annunciare il vangelo in territorio pagano, affinché tutti potessero credere in Cristo, diventare suoi discepoli e "ottenere la remissione dei peccati per mezzo del suo nome".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 24 marzo 2024– Domenica delle Palme - B
L'uomo figlio di DioIsaia 50,4-7 • Sal 21 • Filippesi 2,6-11 • Marco 14,1-15,47
Lettura
La narrazione della passione e morte di Gesù domina la celebrazione delle "Palme" ed è l'apice di tutta l'opera di san Marco. Infatti il racconto si impone non solo per la decisività del fatto, ma anche perché in esso sono presenti alcuni elementi significativi sulla figura di Cristo e di coloro che si relazionano con lui. Il racconto dei capitoli 14 e 15 si articola complessivamente in cinque sequenze. Dapprima si hanno i preliminari, costituiti dall'organizzazione del complotto, dall'unzione di Betania, dall'ultima cena e dall'agonia (14,1-42). Poi è presentato l'arresto di Gesù (14,43-52). Seguono il processo giudaico, tenutosi presso il Sommo Sacerdote (1,53-72), ed il processo romano davanti a Pilato (15,1-15). Da ultimo è narrata l'esecuzione della sentenza (15,16-41). Ci soffermiamo soltanto sul racconto della morte in senso stretto, cioè a partire dalla crocifissione avvenuta.
Mc 15, ...25 Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26 La scritta con il motivo della sua condanna diceva: "Il re dei Giudei". 27 Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. [ 28 ]29 Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30 salva te stesso scendendo dalla croce!". 31 Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: "Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32 Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.33 Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34 Alle tre, Gesù gridò a gran voce: " Eloì, Eloì, lemà sabactanì?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". 35 Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Ecco, chiama Elia!". 36 Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere". 37 Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.38 Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39 Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!".40 Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41 le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme...CommentoLe prime tre ore della crocifissione di Gesù, dalle nove alle dodici, sono riempite da una serie di insulti e derisioni che possono essere sintetizzati con: "salva te stesso scendendo dalla croce". Con questa espressione, la morte di Gesù che salva, viene giudicata una rovina e si chiede, come sapiente, un gesto spettacolare il quale annullerebbe il disegno divino della redenzione. Questi insulti mostrano al lettore credente che davanti al crocefisso si può sempre essere ciechi, cioè non capire fino in fondo il significato e le ragioni dell'evento. Sono evidenziate anche le modalità inattese ed impreviste attraverso le quali viene donata la salvezza. Rispetto a speranze di redenzione che erano orientate verso uno sbocco politico e temporale, la risposta divina percorre altre strade. Seguono poi tre ore dominate dal segno della tenebra che, collegata con la nube, rimanda alla presenza di Dio sul Calvario: "si fece buio su tutta la terra fino alle tre". Su questo monte però il Padre non interviene ad illuminare l'avvenimento con la sua Parola, come fece al Giordano e sul Tabor. Di fronte al silenzio di Dio Gesù grida citando il salmo 22 (o 21 a secondo della numerazione): "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza... Eppure tu abiti la santa dimora...". Il grido diventa segno della sofferenza che scaturisce proprio dal contrasto tra presenza e non intervento di Dio. Dopo la morte è il centurione, un pagano, che riconosce l'identità di Gesù: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio". Da questo momento in poi l'accesso alla presenza di Dio dentro la storia è definitivamente aperto a tutti gli uomini. La presenza di "alcune donne, che osservavano da lontano", rimanda ad un piccolo resto dei suoi discepoli rimasto con lui fino all'ultimo momento ed anticipa la vicenda della resurrezione, di cui le donne saranno le prime testimoni.
La morte di Gesù in croce è un evento che coinvolge tutta la sua umanità e la sua divinità. Come uomo nulla gli viene risparmiato e come Dio si manifesta debole e non potente come tutti si aspetterebbero. Di fronte al Crocefisso la maggioranza delle persone non comprende, perché ha altre aspettative, ed i discepoli sono quasi del tutto scomparsi. Solo la sua risurrezione, riconosciuta e annunciata attraverso pagani come il centurione, o personaggi a quel tempo marginali, come le donne, abiliterà le persone a riconoscerlo.
Collegamento fra le lettureIl tema centrale della domenica, detta delle "Palme", è costituito dal dono di salvezza che il Padre offre all'umanità per mezzo del figlio Gesù Cristo. L'inno cristologico della Lettera ai Filippesi delinea con chiarezza il dramma d'umiliazione ed esaltazione di Cristo Gesù, che pur essendo di natura divina, spogliò sè stesso, assumendo la condizione di servo per il bene di tutta l'umanità. La morte in croce, di cui Marco narra le fasi decisive, dà la misura concreta e visibile della spogliazione di Gesù e della sua piena condivisione della storia e della condizione umana. Egli ha vissuto tutto in piena obbedienza, cioè restando fedele a Dio anche nella condizione estrema della morte infame e orribile del condannato alla croce. Su questa fedeltà nella debolezza si rivela la signoria universale di Cristo e la paternità provvidente di Dio. Tutto quanto è espresso nel racconto evangelico e nella Lettera ai Filippesi è anticipato profeticamente nel passo di Isaia. Il sevo del Signore, chiamato ad indirizzare allo sfiduciato una parola di conforto e speranza, svolge il suo ministero in ascolto fedele della Parola di Dio, affrontando con coraggio le difficoltà che si incontrano. La contemplazione di questi misteri diventa stimolo per la vita cristiana.
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Goito 10 marzo 2024– IV Domenica di Quaresima B
Il Figlio innalzato per la vita dell'umanità2Cronache 36,14-16.19-23 • Sal 136 • Efesini 2,4-10 • Giovanni 3,14-21
Lettura
Il terzo capitolo del vangelo secondo Giovanni si apre con la presentazione della visita notturna fatta da Nicodemo a Gesù. Il capo dei giudei era rimasto colpito dai segni compiuti dal Rabbì e dialogando con lui, spera di conoscere meglio il "maestro venuto da Dio". Di questa lunga conversazione fa parte il brano della quarta domenica di quaresima.
Gv 3, 14-2114 In quel tempo Gesù disse: come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21 Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio".CommentoIl testo si apre con l'annuncio dell'innalzamento del "Figlio dell'uomo" (v.14). L'immagine si ricollega al simbolo biblico del serpente di bronzo innalzato da Mosé nel deserto, alla vista del quale avevano la vita coloro che erano stati morsi dai serpenti velenosi (cfr. Nm 21,4-9). In modo evidente l'immagine rimanda alla vicenda pasquale di Gesù: la sua sofferenza, morte e resurrezione. Anch'egli quindi, innalzato, per "chiunque crede in lui" è fonte di "vita eterna" (v.15). Questo è lo scopo di tutta la vicenda storica di Gesù! Col v.16 viene introdotto il protagonista: "Dio, infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito". È l'amore del Padre la causa del dono del Figlio, "perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (v16) e "perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (v17). Il dono del Figlio è per evitare la dispersione, per il superamento della morte, causata dal peccato, e per ottenere la vita di Dio. I vv.19-21 presentano, con affermazioni un po' complesse, l'idea che chi crede vive nella "luce" e "le sue opere sono state fatte in Dio". Al contrario colui che preferisce "le tenebre", fa di tutto "perché le sue opere non vengano riprovate" e questo diventa segno della sua mancanza di fede. Queste tematiche rimandano al Prologo del vangelo (Gv 1, 1-18).
L'incontro con Gesù è decisivo per i singoli e per le comunità, per l'umanità e per il mondo, in quanto egli è il dono del Padre per la vita eterna, cioè per condividere la vita di Dio. Con Gesù si rianima la speranza nella misericordia e nel perdono di Dio, condizioni indispensabili per un rinnovamento personale, ecclesiale e del mondo intero. Lo stare con Gesù diventa allora discriminante in ordine al proprio comportamento etico. Le scelte concrete di ogni giorno dovrebbero, di conseguenza, essere illuminate dalla luce di vita che da Gesù scaturisce.
Collegamento fra le lettureLe letture invitano a riflettere sull'amore di Dio. La prima lettura è incentrata sul tempio di Gerusalemme, "che il Signore si era consacrato". Tutta la storia ad esso collegata è segnata dall'iniziativa dell'amore divino: "aveva compassione del suo popolo e della sua dimora". Anche dopo l'infedeltà e la punizione conseguente, la venuta di Ciro re di Persia rimette in moto la dinamica dell'amore di Dio verso il suo popolo: "Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio in Gerusalemme, che è in Giuda". Israele può ritornare nella sua terra e riprendere la sua vita in fedeltà al suo Dio: "Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga". Nel vangelo di Giovanni Gesù, parlando con Nicodemo, rivela lo spessore dell'amore di Dio, che si concretizza nel dare il suo Figlio, affinché chi crede non vada perduto, ma abbia la vita eterna. L'amore di Dio non è mai condanna, ma salvezza. Infine nella lettera di Paolo agli Efesini si invitano i cristiani a prendere coscienza della vita nuova presente in loro, per mezzo di Gesù Cristo, dono concreto dell'amore di Dio e della sua bontà immensa: "Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatti rivivere in Cristo". Davanti all'icona dell'amore di Dio, manifestatosi in Gesù, il credente è chiamato a vivere la fede nella coerenza delle opere buone.
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Goito 3 marzo 2024 – III Domenica di Quaresima B
É Gesù il nuovo tempioEsodo 20,1-17 • Sal 18 • 1Corinzi 1,22-25 • Giovanni 2,13-25
Lettura
L'episodio narrato dall'evangelista Giovanni presenta Gesù che, dopo aver lasciato Cana, dove ha compiuto il grande segno dell'acqua diventata vino, si dirige verso Gerusalemme passando per Cafarnao. È questo il primo pellegrinaggio, descritto dall'evangelista, compiuto da Gesù alla città santa in occasione della Pasqua ebraica.
Gv 2, 13-2513 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15 Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: "Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!". 17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". 19 Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". 20 Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?". 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.23 Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24 Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.CommentoIl brano della terza domenica di quaresima è diviso in due parti con una chiusura finale. Il primo elemento (vv.13-17) è costituito dalla così detta purificazione del tempio. Nel cortile esterno dell'edificio sacro, venivano venduti gli animali per i sacrifici e i cambiavalute evitavano che la tassa del tempio venisse pagata con monete ornate da ritratti imperiali o raffigurazioni di dei pagani. L'atteggiamento sovversivo di Gesù nei confronti di queste attività, per altro legittimamente svolte nel tempio secondo una lunga tradizione, trova spiegazione nelle parole: "non fate della casa del Padre mio un mercato". Cioè nel luogo dove Dio ha fissato la sua dimora, egli è diventato una presenza marginale e quasi di secondo piano rispetto a tutte le attività, che nel tempio venivano svolte. Gesù, arrivato a Gerusalemme, si preoccupa di ripristinare nel tempio il primato di Dio: "Lo zelo per la tua casa mi divorerà". Nella seconda parte (vv.18-22) i giudei, cioè coloro che non capiscono il messaggio dato da Gesù attraverso il segno compiuto nel tempio, chiedono spiegazioni sul gesto fatto. Gesù però, rispondendo, porta la conversazione su di un piano diverso. Egli, attraverso l'invito: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere", introduce il tema "del tempio del suo corpo". I giudei non capiscono come possa essere riedificato in tre giorni un tempio costruito in quarantasei anni! Tale discorso diventerà però accessibile ai "suoi discepoli", i quali dopo la sua resurrezione, si ricorderanno di queste parole e crederanno "alla Scrittura e alle parole dette da Gesù". Il testo si chiude con la nota di molti che giungevano alla fede attraverso i segni e le parole di Gesù a Gerusalemme. Egli però di fatto non si fidava pienamente di queste facili ed entusiastiche adesioni, perché "conosceva tutti" e "conosceva quello che c'è in ogni uomo", cioè conosceva bene la fragilità e l'instabilità della natura umana.
Gesù con un gesto forte e provocatorio mette in guardia circa un modo sbagliato di vivere l'esperienza religiosa al tempio: la casa di Dio. Egli dichiara che, d'ora in poi, sarà il suo corpo risorto e glorioso il tempio in cui avviene in modo autentico l'incontro tra Dio e l'uomo. Da qui scaturisce il nuovo culto, vero e spirituale, che per mezzo di Gesù realmente porta ad incontrare Dio. La natura umana, debole ed incostante, sarà trasformata dal dono dello Spirito e dai sacramenti che diventano il sostegno della missione dei discepoli.
Collegamento fra le lettureLe letture contengono due temi tra loro dipendenti: la presenza di Dio e la richiesta necessaria di autentica purificazione. Nella prima lettura la presenza di Dio è all'origine del Decalogo: "Dio pronunciò tutte queste parole". I comandamenti di Dio, custoditi ed osservati, purificano e rinnovano continuamente l'alleanza col Signore: "Dio... dimostra il sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che lo amano e osservano i suoi comandi".
Nel vangelo, il gesto della purificazione del tempio di Gerusalemme, compiuto da Gesù, richiama la presenza di Dio in un nuovo tempio che è il corpo di Gesù risuscitato. A questa presenza si accede per mezzo della fede purificata da ogni interesse o mediazione umana non corretta. Infine la presenza di Dio, dice Paolo scrivendo ai Corinzi, è contenuta nell'annuncio del vangelo, che ha la sintesi più alta in "Cristo crocifisso scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani". Cristo trova opposizione in ogni cultura, anche in quella apparentemente orientata verso di lui, ma in chi lo accoglie con animo puro e cuore libero si rendono attive la sapienza e la potenza divine: "annunciamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio".
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Goito 25 febbraio 2024 – II Domenica di Quaresima anno B
Questi è il figlio prediletto, ascoltateloGenesi 22,1-2.9a.10-13.15-18 • Sal 115 • Romani 8,31b-34 • Marco 9,2-10
Lettura
Il racconto della trasfigurazione si trova in un punto decisivo del vangelo di Marco. Gesù ormai ha annunciato il vangelo nelle località di Galilea, ha dei discepoli che lo seguono e tra di loro ha costituito il gruppo dei dodici. Dopo la professione di fede di Pietro (8,29), Gesù ha insegnato ai suoi la passione, la morte e la resurrezione del Figlio dell'uomo con le conseguenze inevitabili per la vita di ogni discepolo (8,34ss). L'esperienza della trasfigurazione si colloca di fronte allo sconcerto e alle difficoltà suscitate nei discepoli dall'insegnamento della croce.
Mc 9,2-102 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: "Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". 6 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: "Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!". 8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. 10 Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.11 E lo interrogavano: "Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?". 12 Egli rispose loro: "Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell'uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato.CommentoLa scena si apre presentando i destinatari dell'esperienza: Pietro, Giacomo e Giovanni. Costoro sono portati da Gesù "sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli". La presenza di questi discepoli, i primi che furono chiamati da Gesù, sottolinea il particolare legame che essi hanno con Gesù e con la vicenda della sua morte e resurrezione, di cui la trasfigurazione risulta un anticipo. Poi Gesù si trasfigura e le sue vesti cambiano: "divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche". Questa annotazione, assieme con l'apparizione di Elia e Mosè, indicano che Gesù fa parte del mondo celeste e che può essere conosciuto profondamente seguendo la rivelazione. Essa, contenuta nella Bibbia, è qui richiamata dalle figure di Mosè ed Elia. L'apice della narrazione è costituito dal formarsi della nube, segno della presenza di Dio "che li coprì con la sua ombra", e dalle parole che da essa escono: "«Questi è il Figlio mio, l'amato; ascoltatelo!»". Qui la voce ha la funzione di presentare ai discepoli l'identità di Gesù. In questo modo essi dovrebbero superare l'incomprensione manifestata davanti al mistero rivelato: "Non sapeva cosa dire, perché erano spaventati". Il quadro si chiude con l'invito di Gesù a "non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti". La trasfigurazione è stata per i discepoli un'esperienza che anticipa la resurrezione, ma evidenzia anche la difficoltà a comprendere l'insegnamento ricevuto: "chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti". Per questa ragione era quindi bene che per il momento tacessero. A quel punto i discepoli, non solo sono incapaci di capire adeguatamente il mistero, ma ancora non possiedono l'attrezzatura necessaria (il dono dello Spirito Santo) per annunciarlo con efficacia.
La luce della trasfigurazione rivela ai discepoli la vera identità di Gesù, che da essi è recepita con difficoltà. L'accoglieranno pienamente quando, seguendo il comando del Padre, ascolteranno le parole di Gesù che parlano della sua croce e della croce del discepolo. Solo così si entra nel mistero della sua persona, si cammina veramente verso la pasqua e si è abilitati ad essere suoi testimoni credibili.
Collegamento fra le lettureL'idea che percorre decisamente le tre letture è quella del padre che "per amore" non risparmia il proprio figlio. E' l'amore obbediente per Dio che porta Abramo a mettersi in viaggio col figlio Isacco fin sul monte per offrirlo in olocausto "va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò. Così arrivarono al luogo...". L'amore di Abramo per Dio è così grande e spontaneo che viene ricompensato con la riconsegna del figlio: "non stendere la mano contro il ragazzo... Ora so che tu temi Dio". Dio promette anche benedizione ad Abramo, discendenza numerosa, successo e, tramite suo, benedizione alle altre nazioni. Paolo, nella lettera ai Romani, sottolinea efficacemente l'amore di Dio per l'umanità, manifestatosi nel non aver risparmiato il proprio Figlio e averlo dato per tutti: "Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui?". Così anche nel vangelo, il racconto della trasfigurazione di Gesù anticipa la gloria del Figlio dell'uomo, dopo essere stato consegnato nelle mani dei peccatori. A questa gloria, dono d'amore di Dio, sono chiamati a partecipare anche i discepoli.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 18 febbraio 2024 – I Domenica di Quaresima B
Nel deserto Gesù ha vinto SatanaGenesi 9,8-15 • Sal 24 • 1Pietro 3,18-22 • Marco 1,12-15
Lettura
Il vangelo secondo Marco della prima domenica di Quaresima ci porta ad avvenimenti e a contenuti incontrati e approfonditi precedentemente. La prima parte del testo (vv.12-13) si collega immediatamente con la narrazione del battesimo di Gesù al fiume Giordano e la seconda (vv.14-15) già è stata letta e commentata nella II domenica del tempo ordinario. Per questo ci soffermeremo soltanto sui vv.12-13.
Mc 1,12-1512 E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13 e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo".CommentoDopo la discesa dello Spirito su Gesù dai cieli aperti, mentre usciva dal fiume Giordano a battesimo avvenuto, è lo stesso Spirito a spingerlo, letteralmente con forza, nel deserto (v.12). Questo significa che l'esperienza intrapresa da Gesù è collegata col battesimo, ma soprattutto è voluta dallo Spirito e da lui guidata. La permanenza di Gesù nel deserto viene presentata come tentazione da parte di Satana per "quaranta giorni" (v.13a). Sia il deserto come il numero quaranta richiamano una ricca ed interessante simbologia, che ha la sua matrice nella tradizione ebraica presentata nell'Antico Testamento. Chi è interessato a tale approfondimento può leggere con frutto il libro dell'Esodo. L'evangelista Marco vuole offrire un messaggio specifico ai lettori. Egli desidera, infatti, comunicare che con la venuta di Gesù s'instaura un conflitto duraturo tra lui e Satana, il tentatore, cioè colui che fa di tutto per ostacolare la realizzazione della volontà di Dio nell'umanità. Il superamento della tentazione da parte di Gesù ed il risultato conseguente sono rappresentati con due immagini narrative: "Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano". La convivenza pacifica con le fiere ed il servizio angelico a Gesù, diventano segno dell'avvenuto dissolvimento di tutte le disarmonie causate dal peccato. Infatti, la resistenza di Gesù nella tentazione e la sua vittoria, hanno portato l'uomo alla sua condizione originaria perduta a causa del peccato.
È chiaro che il racconto marciano non si preoccupa tanto di presentare la tentazione di Gesù nella sua articolazione (come fanno invece Matteo e Luca), quanto piuttosto di annunciare l'inizio di una nuova realtà che da lui viene inaugurata. Questa si realizza nell'umanità in forza dello Spirito e per mezzo del dono di Gesù. Egli ha lottato nella tentazione ed ha vinto Satana, il tentatore ed il separatore. Per questa ragione tutti coloro che seguono Gesù e diventano suoi discepoli hanno la possibilità di partecipare alla stessa vittoria.
Collegamento fra le lettureLe letture della prima domenica di Quaresima sottolineano particolarmente la pazienza di Dio, articolandola in modi diversi. Nella prima lettura il racconto di Noè, che con i figli e ogni essere vivente sopravvive al diluvio evidenzia la pazienza di Dio, la quale si manifesta e si concretizza nell'alleanza: "io stabilisco la mia alleanza con voi... e con tutte le generazioni future". Anche dopo il diluvio la violenza e la cattiveria si diffondono, eppure l'umanità continua ad esistere. Il segreto per cui la distruzione non si abbatte sul mondo non sta nella santità ormai raggiunta dagli uomini, ma nella benedizione che Dio continua a dare gratuitamente ad essi, segno della sua pazienza: "ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e tra ogni essere che vive in ogni carne e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne...".
Il brano evangelico sottolinea l'interesse dell'evangelista a presentare l'inizio di una realtà nuova. Questa si realizza in forza dello Spirito e del dono di Gesù, che ha lottato nella tentazione vincendo Satana. Ancora una volta siamo davanti al mistero della pazienza di Dio.
Infine l'apostolo Pietro, nella sua lettera, indica ai cristiani il dono del battesimo ricevuto nella chiesa, segno della pazienza di Dio, fattosi accanto a ciascuno di noi per mezzo di Gesù Cristo: "poche persone furono salvate nell'arca... Immagine del battesimo che ora salva voi; esso... è salvezza di Dio in virtù della resurrezione di Gesù Cristo".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
15 Qoelet (qhlt) – EcclesiasteSiamo all'ultimo capitolo del libro e qui l'autore presenta le conclusioni della sua opera.
12, 1
Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della
tua giovinezza, prima che vengano
i giorni tristie giungano gli anni di cui dovrai dire: "Non ci provo alcun gusto";
2prima che
si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia;
3quando
tremeranno i custodi della casa e
si curveranno i gagliardie
cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e
si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre 4e
si chiuderanno i battenti sulla strada;
quando si
abbasserà il rumore della mola e si
attenuerà il cinguettio degli uccelli
e
si affievoliranno tutti i toni del canto; 5quando
si avrà paura delle alture e
terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada;
6prima che
si spezzi il filo d'argento e la
lucerna d'oro s'infrangae
si rompa l'anfora alla fonte e la
carrucola cada nel pozzo,
7e
ritorni la polvere alla terra, com'era prima, e
il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato.
8
Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità.
9Oltre a
essere saggio, Qoèlet
insegnò al popolo la scienza;
ascoltò,
meditò e
compose un gran numero di massime.
10Qoèlet
cercò di trovare parole piacevoli e scrisse con onestà parole veritiere. 11Le parole dei saggi sono
come pungoli, e come
chiodi piantati sono i detti delle collezioni: sono dati da un solo pastore. 12Ancora un avvertimento, figlio mio:
non si finisce mai di scrivere libri e il molto studio affatica il corpo.
13
Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto:
temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo.
14
Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male.
v. 1 Forse Qoelet vuole porre in guardia i giovani da eccessi nella ricerca di ogni soddisfazione e li invita a pensare a Dio perché le esperienze vissute in età giovanile, quando si è pieni di entusiasmo e senza paure, poi restano per sempre e non si possono sperimentare in età avanzata.
v. 2 Con queste immagini si vuole affermare che le facoltà umane diminuiscono e si affievolisce il nostro corpo, cioè la vecchiaia incede sempre di più.
v.3 Questo versetto presenta delle metafore che indicano l'affievolirsi delle capacità umane.
v. 4 in questa fase di decadenza il rischio è di chiudersi in sé e di tagliare ogni sorta di comunicazione.
v. 5 Alla primavera che sboccia fa da contrasto la decadenza della vecchiaia.
vv. 6-7 Si parla della morte non direttamente ma con immagini simboliche.
v. 8 E' il versetto finale del libro che riprende il primo versetto 1,2. La morte è la realtà che assume in sé tutte le altre annullando tutto. Con la morte tutto viene annullato, o meglio restano i valori ma con la morte non hanno corrispondenza nel reale. Da qui l'assurdità della vita sul piano della conoscenza e la sua vanità sul piano esistenziale.
I
vv.9-14 sono un'aggiunta del redattore finale che cerca di tracciare il pensiero e la figura di Qoelet. Forse è un discepolo di una generazione successiva e afferma che Qoelet non si è limitato alla meditazione ma di aver insegnato le sue idee al popolo. Le sue idee trovarono un terreno propizio per essere accolte e tramandate.
v. 9 Presenta bene Qoelet che amava poco parlare.
v. 10 Qoelet si dedicò alla ricerca del vero.
v. 11 Le massime tramanda oralmente o scritte provengono da uno stesso autore.
v. 12 Scrivere le massime sapienziali è una fatica e l'uomo non può andare oltre le sue possibilità.
v. 13 La conclusione degli insegnamenti di Qoelet è temere Dio e seguire i suoi insegnamenti.
v. 14 alla fine il giudizio è rimandato a Dio solo.
- Le esperienze giovanili restano poi per sempre. Che ne dite?
- Come affrontiamo la decadenza fisica?
- Riusciamo, come dice Qoelet, a fidarci di Dio e dei suoi insegnamenti?
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 11 febbraio 2024– VI Domenica del Tempo Ordinario – Giornata del malato
Meditare sulle guarigioni ricevuteLevitico 13,1.45-46 • Salmo 31 • 1Corinzi 10,31-11,1 • Marco 1,40-45
Lettura
Dopo la giornata trascorsa a Cafarnao l'evangelista ha presentato Gesù che predica nelle sinagoghe di tutta la Galilea. La gente lo cerca incessantemente, forse a causa delle sue opere traumaturgiche, spesso fraintese. A questo punto Marco colloca la narrazione estesa di un miracolo (Mc 1,40-45)
Mc 1,40-4540Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; và, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.CommentoIl racconto è strutturato in due parti distinte. La prima (vv.40-42) presenta la guarigione e la seconda (vv.43-45) illustra le vicende conseguenti.
Il lebbroso si avvicina a Gesù e lo supplica in ginocchio: "Se vuoi, puoi purificarmi". Per lui è un'occasione straordinaria che si presenta. Dall'incontro con Gesù non solo dipende la sua guarigione dalla malattia, ma anche la possibilità di essere purificato dal peccato e di essere reinserito dignitosamente nella società. I lebbrosi, infatti, a causa della malattia contratta, erano ritenuti vittime del peccato commesso e obbligati a vivere ai margini dei villaggi, in capanne o grotte naturali. Gesù, "ne ebbe compassione", guarisce l'uomo malato, donandogli la salute e rendendolo puro, cioè togliendo da lui il peccato, causa della malattia e dell'isolamento sociale – religioso conseguente. Anche il gesto compiuto da Gesù ("stese la mano, e lo toccò") indica la volontà di riabilitare colui che era emarginato dal resto della comunità.
La seconda parte del racconto inizia con una ammonizione severa di Gesù al lebbroso guarito: "guarda di non dir niente a nessuno, ma và, a mostrati al sacerdote . . . ". Gesù presenta così la necessità di attuare quanto prescritto nel libro del Levitico (cfr. Lv 14,2), per essere riammessi nella comunità, dopo la guarigione da una malattia contagiosa. Anche l'invito al silenzio sull'accaduto, è richiesto dalla prudenza e dalla non comprensione profonda dell'avvenimento. Questa sarà possibile solo dopo la Pasqua del Signore. Allora i discepoli potranno parlare apertamente. Non si sa se quell'uomo andò dai sacerdoti, certo l'evangelista si preoccupa di narrare che non rispettò il comando del silenzio. Infatti, allontanandosi dopo la guarigione, divulga il fatto in ogni parte. La conseguenza è che la gente va a cercare Gesù, provenendo da ogni luogo.
Gesù è venuto a guarire e a liberare ogni uomo dominato dal male e dal peccato. La sua azione sanante abilita le persone ad essere inserite dignitosamente nella comunità dei credenti. Chi è guarito dal Signore deve vigilare per non interpretare male l'accaduto e viverlo inadeguatamente. Tutto ciò che riguarda la vita spirituale di una persona, deve essere sottoposto rigorosamente a chi guida spiritualmente la comunità e va custodito nel silenzio interiore e nella riflessione personale.
Collegamento fra le lettureGesù che guarisce e libera dal male unisce le letture domenicali. Nella prima lettura sono presentate le indicazioni, date da Dio a Mosè e ad Aronne, sul comportamento da assumere quando una persona è scoperta malata di lebbra. Chi è colpito da questa malattia è da considerarsi immondo, cioè capace di contaminare anche gli altri sia per quanto riguarda la malattia, ma anche per le cause che l'hanno procurata: il peccato. Il malato, di conseguenza, deve restare fuori dalla comunità. La lettura cristiana del testo di Levitico porta a orientare la riflessione sul peccato e sulla separazione dalla comunità che si realizza di fatto per il peccatore. Solo Gesù può guarire la malattia ed il peccato. Così recita il testo di Marco. Egli non solo dà la salute, ma reintegra nella comunità. Gesù dà anche testimonianza di coraggio e di bontà verso chi è nella necessità a causa della malattia o del peccato, perché si avvicina a loro e li salva. Chi sperimenta guarigione o liberazione dice Paolo, scrivendo ai Corinzi, è invitato a riconoscere l'opera di Dio e a lui rendere gloria. Paolo afferma anche di compiere ogni attività per il Signore e non per se stessi. Questo è il comportamento corretto da assumere nella comunità. Infine l'apostolo propone se stesso come modello di comportamento cristiano: "Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
14 Qoelet (qhlt) – EcclesiasteL'autore cambia un po' registro e guarda con occhi più positivi al mondo e a quanto in esso accade.
11, 1Getta il tuo
pane sulle acque, perché
con il tempo lo ritroverai. 2Fanne
sette o otto parti, perché
non sai quale sciagura potrà arrivare sulla terra.
3Se le
nubi sono piene d'acqua,
la rovesciano sopra la terra;
se
un albero cade verso meridione o verso settentrione, là dove cade rimane.
4
Chi bada al vento non semina mai, e chi
osserva le nuvole non miete.
5Come tu
non conosci la via del soffio vitale
né come si formino le membra nel grembo d'una donna incinta, così
ignori l'opera di Dio che fa tutto.
6Fin dal mattino
semina il tuo seme e a sera non dare riposo alle tue mani,
perché non sai quale lavoro ti riuscirà meglio, se questo o quello, o se tutti e due andranno bene.
7
Dolce è la luce e bello è per gli occhi vedere il sole.
8Anche se l'uomo
vive molti anni,
se li goda tutti, e pensi ai giorni tenebrosi, che saranno molti: tutto ciò che accade è vanità.
9
Godi, o giovane, nella tua giovinezza, e
si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù.
Segui pure
le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi.
Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio.
10Caccia
la malinconia dal tuo cuore,
allontana dal tuo corpo
il dolore,
perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.
v. 1 Gettare il pane sulle acque significa gettare il proprio patrimonio nell'acqua. Il gesto a cui l'autore invita è assurdo. Però nella vita c'è un assurdo positivo ed è in questo caso l'azione. Nell'azione non c'è mai proporzione tra causa ed effetto. Quindi il senso è che nella vita occorre saper rischiare e chi agisce così è saggio. Chi non rischia con azioni che possono sembrare anche sconsiderate (che cosa c'è di più insicuro dell'acqua!) non otterrà mai nulla.
v. 2 Bisogna rischiare ma con prudenza. Quindi è necessario mettere da parte setto o otto parti dei beni posseduti perchè i guai sono imprevedibili ed occorre conservare una certa sicurezza. I numeri sono simbolici e sette indica pienezza e perfezione. L'8 indica che a questa pienezza indicata dal 7 occorre non lesinare e quindi mettere piuttosto di più che di meno.
v. 3 L'autore osserva dei fatti che l'uomo non può modificare. Se piove l'unica soluzione è ripararsi. Quando l'albero è caduto (fuori da metafora quando il guaio è avvenuto) non c'è più rimedio. Bisogna pensare prima ai possibili ripari, alle scappatoie, ai rimedi perché il guaio di per sé spesso è inevitabile o capita senza preavviso.
v. 4 Chi opera può sempre trovare un motivo per non muoversi. Invece occorre anche rischiare nel muoversi e nel fare. Qui è evidente la prospettiva positiva del darsi da fare.
v. 5 Si afferma che l'uomo non conosce l'opera di Dio così come non conosce ciò che avviene nella vita: dare e togliere la vita e la formazione dell'essere vivente.
v. 6 Siccome non si sa cosa accadrà, di conseguenza è bene impegnarsi sempre nell'azione caratteristica della propria vita.
v.7 -8 Per l'autore la vita è bella, a volte è assurda ma c'è una parte gioiosa che l'omo deve vivere in pienezza. La gioia deriva dalla soddisfazione che l'uomo prova dal successo e dai piaceri che la vita gli offre. Il piacere della vita di Qoelet è dal punto di vista filosofico superiore è una esperienza estetica, affascinante che lo solleva dalle miserie umane.
v. 9 Ancora si invita a gioire. Vi è una presentazione positiva della giovinezza, dei suoi desideri, dei sui progetti e di ciò che si vede e si realizza. Occorre però avere sempre presente che Dio giudicherà. Ma di che giudizio si tratta? È un giudizio che si attua in questa vita perché nello sceòl, regno dei morti non esiste attività. È un giudizio che non comprende una retribuzione, quindi si rimanda soltanto ad un intervento di Dio.
v. 10 Con il solito procedimento narrativo l'autore invita a vivere e a conservare la gioia nella vita ed a evitare il male in tutte le sue forme. Infatti la gioventù che è il tempo della gioia passa alla svelta.
Tutto il capitolo contiene un invito alla gioia e all'azione. Questo è quanto all'uomo è possibile: darsi da fare ed avere soddisfazione e gioia dalle sue attività. È necessario però tener presente che il risultato dell'azione non dipende solo dall'uomo ma anche da Dio. Egli però ha un progetto che non conosciamo e quindi è necessario vivere e gioire per ciò che capita ogni momento. Resta aperto il problema tra opera dell'uomo e opera di Dio che Qoelet risolve nel dire viviamo ogni momento, evitando il più possibile il male e vivendo nella gioia.
- In che misura rischiamo nelle scelte di vita o preferiamo restare nel tradizionale e sicuro?
- Si invita a dare il massimo nella vita che ne pensiamo?
- Il male ed il dolore vanno sempre evitati il più possibile.
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 4 febbraio 2024– V Domenica del Tempo Ordinario – Giornata della Vita
Sono venuto per predicare e per sanareGiobbe 7,1-4.6-7 • Salmo 146 • 1Corinzi 9,16-19.22-23 • Marco 1,29-39
Lettura
Il brano evangelico presenta la seconda parte della giornata tipica di Cafarnao. La prima parte (1,21-28) riguarda Gesù che, arrivato nella città, insegna con autorità nella sinagoga. Il suo insegnamento è efficace, funziona bene, produce dei risultati. Ne è prova il fatto che gli spiriti malvagi vengono da lui smascherati nelle persone e da esse cacciati.
Mc 1, 29-3929E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.35Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37Lo trovarono e gli dissero: "Tutti ti cercano!". 38Egli disse loro: "Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!". 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.CommentoIl racconto è articolato in diverse scene. La prima (vv.29-31) si svolge nella casa di Simone, dove il gruppo è giunto dopo aver lasciato la sinagoga. È da sottolineare la presenza dei primi quattro discepoli, che mettono in risalto il rapporto particolare di Gesù con loro e la guarigione della donna malata di febbre. Costei beneficia della presenza di Gesù, il quale libera sempre dal male chiunque lo incontri. La guarigione poi non è fine a se stessa o per un interesse egoistico privato, ma è orientata al servizio comunitario: "la febbre la lasciò e si mise a servirli". Va pure detto che questa annotazione non è marginale. In un contesto in cui la donna non aveva spazi e ruoli significativi, Gesù liberamente accoglie a pieno titolo tra i suoi discepoli anche le donne. La seconda scena (vv.32-34) si colloca di sera, quando al tramonto del sole finisce il sabato e riprendono le attività abituali. A Gesù vengono presentati ammalati ed indemoniati per la loro guarigione. Egli, oltre a sanare gli infermi e a liberare dai demoni, a questi ultimi impedisce "di parlare, perché lo conoscevano". Gesù, ordinando ai demoni di tacere, non solo manifesta la conoscenza che essi avevano di lui e l'inopportunità da parte loro di parlarne, ma indica anche all'uomo la necessità di scoprire da solo l'identità di Gesù, camminando fedelmente come suo discepolo. Infatti nessuno può compiere tale esperienza al posto della singola persona o accelerare con facili scorciatoie il procedimento. Le due scene conclusive sottolineano l'importanza della preghiera nella vita di Gesù e del discepolo (v.35) e la necessità che la missione sia dilatata ulteriormente attraverso l'annuncio del vangelo in altre località (vv.36-39). L'attività evangelizzatrice di Gesù a Cafarnao è finalizzata alla costituzione della comunità dei discepoli. Per questo uomini e donne lo seguono e sono da lui guariti e liberati dal demonio. Chi ha accolto il vangelo di Gesù deve mettere in conto la gioia e la fatica del discepolato, la necessità di vivere comunitariamente attorno a lui, la centralità della preghiera contemplativa e la creatività dell'annuncio missionario.
Collegamento fra le lettureÈ Gesù, con la sua prima comunità che si sta formando in Galilea, l'elemento unificante le letture di questa domenica. Le efficacissime espressioni paoline della seconda lettura: "mi sono fatto servo di tutti per guadagnare il maggior numero", "debole con i deboli", "mi sono fatto tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno", possono essere applicate a Gesù nel suo ministero svolto nella giornata di Cafarnao ed esprimono la passione che animava la prima comunità nell'annunciare il vangelo. Tutto questo richiede un grande investimento di energie e risorse. Paolo afferma di far tutto " per il vangelo" e di "predicare gratuitamente il vangelo", il quale è la sua unica ricompensa vera. L'opera catechistica e missionaria, insegna Gesù, deve essere particolarmente attenta ai bisognosi e a coloro che sono nella necessità. Questo non significa trascurare gli altri! Infine, il servizio al vangelo, come leggiamo nella prima lettura, a volte sembra "un duro lavoro", un'attività che produce "mesi d'illusione e notti di dolore". Anche questa esperienza è stata prevista da Gesù e da lui provata. Col ritirarsi "in un luogo deserto" per pregare, egli indica la via per trovare luce, forza e motivazioni che portino ad andare nuovamente a proclamare il vangelo.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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