10 Qoelet (qhlt) – EcclesiasteI primi 12 versetti contengono una serie di proverbi che costituiscono un confronto tra situazioni diverse. I vv. 13-15 contengono sentenze relative a Dio e ai beni materiali. Alla fine l'autore riprende il tema del valore della sapienza.
7, 1Un
buon nome è preferibile
all'unguento profumato e il giorno della
morte al giorno della
nascita.
2È meglio visitare una casa dove c'è
lutto che visitare una casa dove si
banchetta,
perché quella è la fine d'ogni uomo e chi vive ci deve riflettere.
3È preferibile la
mestizia al riso, perché con un volto triste il cuore diventa migliore.
4
Il cuore dei saggi è in una casa in lutto e il cuore degli stolti in una casa in festa.
5Meglio ascoltare il
rimprovero di un saggio che ascoltare la
lode degli stolti:
6perché quale
il crepitìo dei pruni sotto la pentola tale è il riso degli stolti. Ma anche questo è vanità.
7L'estorsione rende stolto il saggio e i regali corrompono il cuore.
8Meglio la
fine di una cosa che il suo principio;
è meglio un uomo paziente che uno presuntuoso.
9Non essere
facile a irritarti in cuor tuo, perché
la collera dimora in seno agli stolti. 10Non dire: "Come mai i
tempi antichi erano migliori del presente?", perché una domanda simile non è ispirata a saggezza. 11Buona cosa è
la saggezza unita a un patrimonio ed è utile per coloro che vedono il sole. 12Perché si sta all'ombra della saggezza come si sta all'ombra del denaro; ma vale di più il sapere, perché la saggezza fa vivere chi la possiede.
13
Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? 14Nel giorno lieto sta' allegro e nel giorno triste rifletti: Dio ha fatto tanto l'uno quanto l'altro, cosicché l'uomo non riesce a scoprire ciò che verrà dopo di lui.
15Nei miei giorni vani
ho visto di tutto: un giusto che va in rovina nonostante la sua giustizia, un malvagio che vive a lungo nonostante la sua iniquità.
16
Non essere troppo giusto e non mostrarti saggio oltre misura: perché vuoi rovinarti?
17
Non essere troppo malvagio e non essere stolto. Perché vuoi morire prima del tempo?
18È bene che tu prenda una cosa senza lasciare l'altra: in verità
chi teme Dio riesce bene in tutto.
19
La sapienza rende il saggio più forte di dieci potenti che sono nella città. 20Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non sbagli mai. 21Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, così non sentirai che il tuo servo ha detto male di te; 22infatti il tuo cuore sa che anche tu tante volte hai detto male degli altri.
23Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: "
Voglio diventare saggio!", ma la sapienza resta lontana da me! 24Rimane lontano ciò che accade: profondo, profondo! Chi può comprenderlo?
25Mi sono applicato a conoscere e indagare e cercare la sapienza e giungere a una conclusione, e a riconoscere che la malvagità è stoltezza e la stoltezza è follia. 26Trovo che
amara più della morte è la
donna: essa è tutta
lacci, una
rete il suo cuore,
catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge, ma chi fallisce (peccatore?) ne resta preso.
27Vedi, questo ho scoperto, dice Qoèlet, confrontando a una a una le cose, per arrivare a una conclusione certa. 28Quello che io ancora sto cercando e non ho trovato è questo:
un uomo fra mille l'ho trovato, ma una donna fra tutte non l'ho trovata.
29Vedi, solo questo ho trovato: Dio ha creato gli esseri umani retti,
ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni.
v. 1 Un nome buono o utile o autorevole è preferibile ad un profumo. Il profumo svanisce rapidamente il nome buono resta per sempre. La contrapposizione di nascita e morte è un tema caro a Qoelet (cfr. 4, 2-3). Molto probabilmente l'autore vuole sottolineare che è più utile riflettere sulla morte che sulla nascita. Infatti la riflessione sulla fine comporta delle scelte di sapienza adeguate.
v. 2 E' un proverbio simile al primo. La morte porta il vivo a riflettere sulla sua fine (questa è la sorte di tuti) mentre la baldoria non educa alla riflessione. Per Qoelet la riflessione sulla morte è l'inizio di ogni sapienza.
I versetti seguenti riprendono ed articolano lo stesso tema.
v.8 la riflessione sulla fine porta a non irritarsi e ad essere longanimi e pazienti. L'uomo altezzoso e impaziente di fatto è uno stolto.
v. 10 Si indica la non sapienza nel pensare al passato come tempo migliore.
v. 11 La saggezza con il patrimonio sono molto utili all'uomo. La saggezza fa vivere l'uomo nel senso che lo rende consapevole di ciò che ha e di ciò che accade attorno a lui.
v. 13 Qui abbiamo un pensiero nuovo di Qoelet: guarda l'opera di Dio e cerca di capirla. Anche se non si comprende l'operato di Dio resta sempre vantaggioso accettarlo e adeguarsi.
v. 15 Nel versetto l'autore descrive ciò che a lui sembra curvo.
vv. 16-18 L'autore consiglia una via di mezzo e quindi non esagerare mai da una parte e dall'altra. È bene vivere equilibratamente e poi chi teme Dio, cioè chi si relaziona con Dio vive bene e fa bene ogni cosa. Il timor di Dio porta a capire l'opera di Dio.
vv. 19-22 Si afferma ancora la forza e la positività della sapienza paragonata alla forza fisica? Economica? Politica? La sapienza però in questo mondo non esiste. Infatti non esiste un giusto che on sbagli mai. L'autore conclude invitando a non dare spazio alle chiacchere perché rattristano e tutti si è coinvolti in questa esperienza. Tutti siamo peccatori.
vv. 23-24 La sapienza come non è in grado di formare un vero giusto, così non è in grado di spiegare tutto ciò che è presente nel mondo e nell'universo.
vv. 25-26 Qui Qoelet parla della donna. L'autore dice di essersi dedicato a "riflettere nel cuore". Qui forse ci si riferisce all'amore coniugale. La passione è un altro mistero nella vita. Essa lega l'uomo e ne fa uno schiavo (laccio, rete, catene) e poi disgusto di ciò che prima sembrava dolcissimo (amara più della morte). Non dobbiamo intendere che la relazione amorosa sia male, ma dietro l'influsso della filosofia ellenistica, era necessario liberarsi dalle passioni per raggiungere una dimensione metafisica, non più condizionata dalla realtà e dalle passioni.
v. 28 Anche in questo versetto si sente l'influsso dell'ellenismo e di certi gruppi religiosi ebraici tipo gli esseni. Si conclude che non riesce a trovare quello che vuole.
v. 29 La conclusione è lapidaria: Dio ha creato tutto in modo corretto e semplice. È l'uomo che si complica la vita con le sue scelte ed i suoi comportamenti. Ritornare a Dio è forse la forma di sapienza più significativa.
- Il testo invita a fondare l'esistenza sulla solidità dei valori e non sull'effimero.
- È utile ed importante riflettere sulle realtà ultime.
- Conoscere Dio e la sua volontà rende sapienti.