LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 14 maggio 2023 - V domenica di Pasqua
Gesù via, verità e vitaAtti 6, 1-7 . Salmo 32 . 1 Pietro 2, 4-9 . Giovanni 14, 1-12
LetturaSiamo nella seconda parte del vangelo di Giovanni chiamata "Libro della gloria". Qui è presentata la glorificazione di Gesù, che si realizza nel compimento dell'"ora" della passione, crocefissione, risurrezione e ascensione. Gesù ha preannunciato ai suoi la sua partenza imminente (Gv 13, 31-38). Davanti a tale prospettiva i discepoli rimangono sconcertati e tanti problemi sorgono in loro. L'ultimo discorso di Gesù, iniziato nel capitolo precedente, vuole essere una risposta alle difficoltà che i discepoli incontrano dopo la sua partenza.
Gv 14, 1-121Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via".5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?". 6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto".8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". 9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.CommentoIl brano inizia con una nota rassicurante di Gesù: "non sia turbato il vostro cuore". Il turbamento del cuore - cioè il disagio e la sofferenza di tutta l'interiorità dell'uomo nella complessità delle sue dimensioni - a causa dell'apparente lontananza di Gesù, è una caratteristica che i discepoli sempre sperimentano nel sostenere la lotta col principe di questo mondo. Il mondo, nella concezione giovannea, è da intendersi come l'ambito nel quale il demonio esercita la sua signoria. Essi superano il turbamento attraverso la fede: "abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". La fede dei discepoli vince il principe di questo mondo perché essi, consegnandosi a Gesù Cristo, partecipano della vittoria del Padre realizzata per mezzo del Figlio. Gesù annuncia anche che nella casa del Padre "vi sono molti posti" e che egli tornerà a prendere i suoi per portarli con lui. Con un'immagine molto plastica Gesù cerca ancora di rincuorare i suoi, affinché non disperino per la sua assenza e abbiano la certezza di arrivare tutti nella casa del Padre. La prima parte del brano si chiude indicando come si fa ad arrivare al Padre: "e del luogo dove io vado voi conoscete la via" cioè seguire Gesù Cristo. La domanda di Tommaso - "Signore, mostraci il Padre e ci basta" - serve a Gesù per spiegare ulteriormente ai discepoli che lui è l'unica strada che porta sicuramente al Padre: "nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". Di conseguenza un rapporto intenso vissuto con Gesù Cristo diventa anche relazione profonda col Padre. I discepoli non riescono a cogliere gli insegnamenti di Gesù e facilmente li fraintendono. Così egli è costretto a riprendere il discorso. Chi incontra Gesù, e con lui stabilisce una relazione vera e profonda, è in comunione col Padre: "chi ha visto me ha visto il Padre". Anche le parole e le opere di Gesù sono testimonianza della sua unione col Padre. Il brano si chiude con una solenne dichiarazione: "chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi". Il discepolo, dopo che Gesù è tornato al Padre, continua a lottare col male, lo vince e con la sua testimonianza permette a tutti di conoscere Gesù Cristo, fonte della vita e della comunione col Padre.
Concludendo, Gesù prevede lo sconcerto in cui si sarebbero trovati i suoi quando, dopo la sua partenza, avrebbero dovuto continuare nella storia la lotta col male da lui intrapresa. Per questo li incoraggia, li invita ad avere fede, li istruisce pazientemente e garantisce loro la piena partecipazione alla comunione col Padre. La sofferenza sperimentata dai credenti nella lotta col male non è vana. Essa diventa la linfa che irrobustisce la fede e rende la comunità segno efficace di Gesù Cristo via, verità e vita.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa partenza di Gesù da questo mondo verso la casa del Padre è il tema che unifica le letture. Questa partenza è la condizione per rendere possibile l'incontro definitivo e la comunione piena dei credenti con Dio Padre. Nello stesso contesto spirituale si colloca anche la lettera di Pietro che fa leva sulla "costruzione spirituale", fondata sulla pietra angolare. È la comunità dei credenti, che ha il suo fondamento in Gesù Cristo, la pietra scartata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio. I cristiani costituiscono una comunità consacrata a Dio per il culto spirituale. Anche gli Atti degli apostoli raccontano un momento del progresso di crescita della comunità dei discepoli di Gesù. La chiesa di Gerusalemme, in un clima di preghiera e di fraterna partecipazione, supera le tensioni interne e ritrova l'unità nel riconoscimento della diversità dei doni e dei ministeri.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 30 aprile 2023 - IV domenica di Pasqua
Gesù Cristo è il buon pastoreAtti 2, 14a.36-41 . Salmo 22 . 1 Pietro 2, 20b-25 . Giovanni 10, 1-10
LetturaL'evangelista san Giovanni ci porta ancora una volta a Gerusalemme, nell'ultimo giorno della festa delle Capanne, dopo la guarigione dell'uomo cieco dalla nascita. Gesù, recatosi al Tempio, insegna cercando di far conoscere la sua completa identità. I contasti sorti con i giudei e con le folle lo costringono a parlare non apertamente, ma attraverso immagini simboliche. Tra queste emerge la figura del pastore di Gv 10,1-18. Nella prima parte del capitolo (vv. 1-5) Gesù si rivela misteriosamente ai suoi uditori. Nel v. 6 l'evangelista annota che i farisei non capivano il senso delle parole di Gesù. Nei vv. 7-18 Gesù si fa conoscere chiaramente, collegando a sé i temi presentati nella prima parte. Il quadro si chiude con la reazione dei giudei (vv. 19-21).
Gv 10, 1-101"In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.CommentoIl brano inizia con una similitudine o parabola (vv. 1-5) raccontata da Gesù e tratta dalla vita comune dei suoi ascoltatori: il rapporto tra il pastore e le pecore. Il vero pastore delle pecore entra dalla porta del recinto mentre chi non è pastore cerca di accedere da un'altra parte. È l'entrare attraverso la porta che distingue il pastore dal ladro e dal brigante. Poi la parabola si chiude descrivendo lo stretto rapporto esistente tra il pastore e le sue pecore: "conoscono la sua voce - chiama le sue pecore - le conduce fuori - cammina davanti ad esse". I destinatari della parabola reagiscono con una generale incomprensione del significato del discorso di Gesù (v. 6). Per questo egli riprende la parola e spiega quanto detto prima (vv. 7-10). Innanzitutto Gesù si presenta come: "la porta delle pecore". All'immagine si può dare due significati. Chiunque è rivestito di autorità, in un ambito del vivere umano (famiglia, lavoro, scuola, ecc.), può esercitarla correttamente soltanto riferendosi a Gesù Cristo e imitando il suo modo di servire ("chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore"). Gesù poi allarga l'orizzonte e si presenta anche come unica porta attraverso la quale le pecore devono passare per trovare salvezza: "io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo". Pastori e pecore devono passare attraverso Gesù Cristo per avere la vita e la salvezza. Per questo egli afferma che tutti coloro i quali sono venuti prima di lui sono stati ladri e briganti, perché non in grado di dare vera salvezza. Solo Gesù Cristo è "venuto perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza", senza ricercare interessi personali.
In conclusione, con una parabola, Gesù cerca di far comprendere ai suoi interlocutori che si comportano da briganti e non da pastori nella società se non cercano il bene della gente e non hanno un rapporto autentico con le persone. Solo chi passa attraverso Gesù Cristo e lo imita in tutte le sue dimensioni del vivere può creare rapporti interpersonali veri e guidare così altre persone. Gesù Cristo è l'unico che può offrire a tutti la salvezza e la vita di Dio.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'immagine di Gesù, il «buon pastore», che dà la vita per le sue pecore, caratterizza la quarta domenica di Pasqua. La similitudine del quarto vangelo affonda le sue radici nella tradizione biblica, dove l'azione di Dio e dei suoi inviati è trascritta nel linguaggio pastorale. Gesù si presenta come l'unico e definitivo mediatore dell'iniziativa di Dio che guida alla salvezza i credenti. Questo tema viene anticipato nella lettera di Pietro che propone ai cristiani di seguire le orme di Cristo, il pastore che si prende cura e custodisce le loro anime. Egli che li ha guariti con le sue piaghe, dopo averli raccolti dal loro vagare errante, li guida come vero pastore. Nel testo di Atti si traccia il percorso dell'iniziazione cristiana che va dall'ascolto della Parola, proclamata dall'apostolo Pietro, fino all'immersione battesimale nel nome di Gesù Cristo. Questo itinerario permette di far parte adeguatamente del gregge del Signore. La celebrazione liturgica odierna diventa l'occasione per rinvigorire l'esperienza cristiana, perché si riascolta la voce del pastore e si partecipa direttamente al dono della vita da lui offerta.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
APOCALISSE
Ventesima Lettura
Siamo all'interno dell'arco narrativo costituito da quattro capitoli (12-15) molto densi di significati. Sembra che si possa affermare che in questi capitoli la narrazione ruoti attorno a 3 segni: la donna, il drago e gli angeli. Stiamo vedendo il segno del drago che si è accovacciato sulla spiaggia del mare. Ora si aprono due grandiose scene dominate da due bestie.
Lettura
Ap 13, 1-181E vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. 2La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e il suo grande potere. 3Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita.Allora la terra intera, presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia 4e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia, e adorarono la bestia dicendo: "Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?".5Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. 6Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. 7Le fu concesso di fare guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione. 8La adoreranno tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita dell'Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo. 9Chi ha orecchi, ascolti: 10Colui che deve andare in prigionia, vada in prigionia;colui che deve essere ucciso di spada, di spada sia ucciso. In questo sta la perseveranza e la fede dei santi.11E vidi salire dalla terra un'altra bestia che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, ma parlava come un drago. 12Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. 13Opera grandi prodigi, fino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. 14Per mezzo di questi prodigi, che le fu concesso di compiere in presenza della bestia, seduce gli abitanti della terra, dicendo loro di erigere una statua alla bestia, che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. 15E le fu anche concesso di animare la statua della bestia, in modo che quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non avessero adorato la statua della bestia. 16Essa fa sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte, 17e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. 18Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: è infatti un numero di uomo, e il suo numero è seicentosessantasei.CommentoLa prima bestia emerge dal mare, il luogo oscuro dove alberga il male, secondo l'idea orientale e testimoniata dalla Bibbia (cfr. Sal 74,13). Il suo profilo è descritto ispirandosi alle bestie descritte nel cap. 7 del libro di Daniele. La le bestie raffiguravano i regni di questo mondo, considerati emanazione del male. A che allude il nostro autore con questa bestia? Una posizione di primato ce l'ha l'impero romano persecutore dei cristiani, ma nella bestia vengono raffigurati tutti i regni oppressivi della storia, tutti i potenti (le corna) sovrani (diademi) sui popoli e blasfemi cioè ribelli a Dio, che con i loro programmi arroganti e violenti manifestano la loro superbia idolatrica. L'interpretazione delle sette teste e delle dieci corna sarà puntualizzata più avanti (cfr. Ap 17,9-14). I nomi blasfemi alludono polemicamente ai titoli divini che spesso i regnanti si attribuivano (v.1). Il ritratto della bestia è ulteriormente precisato al v.2 con una miscela di bestie, ispirandosi a Daniele 7. Ma è dal drago, cioè satana, che la bestia riceve il suo potere. In una visione pessimistica della politica l'autore vede le superpotenze vassalli di satana ed ispirate dal male (visione diversa da quella presentata da Atti e Rm 13,1-7. C'è evidente l'invito a stare in guardia contro la terribile tentazione del potere (cfr. Lc 22,25-26). Nella bestia si introduce uno sconvolgimento, una delle teste della bestia è colpita mortalmente, però quasi miracolosamente riesce a guarire. Così si creano degli adoratori della bestia (v.4). forse qui si allude a Nerone che sarebbe prodigiosamente scampato al rogo di Roma e al suo suicidio (68 d.C.). Giovanni vuole ammonire i suoi ascoltatori che il potere perverso e arrogante ha risorse sorprendenti ed è facile lasciarsi sedurre dalla forza del male. La bestia si scatena poi contro Dio e i cristiani. Questo anti-Dio ha da tenere presenti due elementi fondamentali: tutto avviene per permissione divina ("le fu concesso..." v 7) e il potere della bestia è presentato limitato. La bestia da un lato moltiplica i martiri santi e dall'altro gli apostati (v.8). Questi ultimi non saranno mai iscritti nel libro della vita che è affidato all'Agnello. Il v.10 è una esortazione di speranza. Come l'Agnello ha vinto nella Pasqua così anche i cristiani alla fine vinceranno.
L'altra bestia esercita lo stesso potere della prima e costringe la terra ed i suoi abitanti ad adorare la prima bestia che era guarita. È una bestia meno potente della prima in quanto ha solo due corna. Essa è al servizio della bestia marina e si camuffa da agnello mentre la sua voce è quella del drago. Siamo davanti ad un simbolo che rimanda al potere ideologico e religioso corrotto. Sono i falsi profeti che si comportano così (cfr. Mt 7,15). È la falsa religione col suo corteo di falsi profeti che conquistano le masse. Si allude qui all'idolatria imperiale, che è male e riesce ad escogitare comportamenti inimmaginabili in quanto la sua perversione non ha limiti. Il male rende tutti schiavi e le sue spire avvolgono e soffoca tutto. Tutto però non sfugge mai al supremo controllo di Dio. La bestia ha un nome ed un numero che indicano imperfezione e limite. È un numero umano non divino quindi limitato ed imperfetto. La cifra bestiale evidenzia il limite ed il senso negativo del male.
- Che cosa pensiamo del potere politico? Noi esercitiamo qualche forma di potere e come ci comportiamo?
- Che tipo di speranza nel futuro viviamo? Siamo pieni di fiducia o ci abbattiamo e siamo pessimisti?
- La prospettiva di una vittoria eterna, anche se non adesso ci dà consolazione?
APOCALISSE
Diciannovesima Lettura
Dopo la lunga serie di eventi che erano seguiti allo squillo della sesta tromba (9,13-21) ora assistiamo al completamento degli eventi che sono seguiti al suono della settima ed ultima tromba.
Lettura
Ap 12, 7-187 Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, 8 ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. 9 Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. 10 Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. 11 Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire. 12 Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo». 13 Quando il drago si vide precipitato sulla terra, si mise a perseguitare la donna che aveva partorito il figlio maschio. 14 Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. 15 Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. 16 Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. 17 Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a fare guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. 18 E si fermò sulla spiaggia del mare.CommentoNel confronto tra la donna e il drago entra in scena un nuovo attore: l'angelo Michele che nel libro di Daniele (10,13.21;12,1) [2] era stato presentato come l'angelo custode d'Israele. Egli è l'avversario dichiarato del drago, di Satana. Nello scontro tra bene e male ora annunciato l'espulsione degli angeli ribelli dal cielo è qui descritta [3]. La comunità cristiana è serena e si schiera con le milizie angeliche fedeli che le assicurano una protezione invincibile. Il nome stesso Michele in ebraico significa "chi è come Dio?", cioè nessuno sarà mai come Dio e questo è un auspicio di sicurezza e di vittoria. Nessuno infatti potrà mai schiacciare chi è sotto la protezione di Dio. Il drago invece viene gradualmente scaraventato sulla terra con gli angeli ribelli (vv.7-9). Chi sia il drago è descritto apertamente dall'autore (v.9-10). Vengono offerte 5 definizioni. È il "serpente antico" ed il riferimento a Gen 3,15 è evidente. "Diavolo" termine greco che significa separatore "colui che divide". "Satana" parola ebraica che significa "accusatore" che ha assunto anche il significato di "avversario". Il drago è detto in greco ho planòn cioè colui che seduce ed inganna di conseguenza "tentatore". In greco è definito anche ho kategoròn cioè l' "accusatore", una ulteriore esplicitazione del vocabolo satana. Ormai è chiaro che il duello si svolge tra la presenza demoniaca nella storia e la comunità dei giusti. Il destino di satana non è celeste; pur avendo una dimensione soprannaturale egli non è Dio e non appartiene all'orizzonte divino. Per questo è precipitato sulla terra e nella storia ove può agire tentando la libertà dell'uomo e proponendo il peccato, che è la scelta volontaria e definitiva di andare contro Dio. Contro una certa visione morbosa di timore e di esaltazione di satana, l'autore dell'Apocalisse riafferma la centralità e la superiorità di Dio, di Cristo e dell'uomo unito a Cristo rispetto al diavolo. Resta la pericolosità di quella presenza nel mondo. Egli provoca dall'esterno la nostra libertà facendone sprigionare la negatività de orientandola verso il male e l'ingiustizia. Una voce anonima celeste mette un primo punto fermo circa la vicenda del drago e della donna: il male e il drago sono stati vinti. Cfr. mt28,18-20 il regno di Dio e di Cristo hanno la meglio sul male (v.10). Alla radice della vittoria sul drago satanico c'è innanzitutto la passione, la morte e la risurrezione di Cristo, sorgente di ogni redenzione (v.11 "il sangue dell'Agnello"). Ad essa è associata anche la testimonianza dei cristiani: martirio e predicazione. C'è un'intima partecipazione all'opera redentrice dell'Agnello da parte della comunità cristiana attraverso la testimonianza dei discepoli del signore; testimonianza della duplice dimensione di martirio e annuncio. Forse qui vi è addirittura un collegamento con tutti i testimoni dell'antica alleanza di Israele fedele. Sempre nel v.11 si parla di fedeli che non amarono la vita fino ad arrivare alla morte per rimanere fedeli. È chiaro il riferimento alle parole di Gesù riportate in Gv 12,25 "chi ama la sua vita la perde..." anche se sconfitto il male è ancora presente nel mondo. Il drago si dibatte con ferocia furibonda e l'umanità continua ad essere oggetto dell'invidia del diavolo ed il luogo dove lui mette alla prova i credenti. Tuttavia l'Apocalisse invita alla speranza perché satana sa che ha poco tempo a disposizione ed il trionfo definitivo non è suo ma di Dio e dei suoi eletti per mezzo di Cristo (vv. 13-14). La potenza del male non prevarrà anche se l'assalto satanico non dà tregua. I flutti delle tempeste minacciano i giusti, gli attacchi dei perversi si scatenano contro i fedeli, le persecuzioni degli ingiusti incombono sugli onesti. Ma l'ultima parola efficace e decisiva è quella di Dio e della sua potenza protettrice. Il drago torna all'assalto non solo contro il figlio ma anche contro i cristiani.
Essi sono coloro che osservano i comandamenti di Dio, da non intendere solo coi 10 comandamenti, ma tutto l'insegnamento contenuto nelle Scritture sante, i fedeli custodi della Parola di Dio e testimoniano Gesù Cristo crocifisso e risorto. Contro costoro il diavolo non potrà prevalere e a quello allude il versetto 18 che presenta il drago fermo sulla spiaggia in quanto non può fare più nulla di male.
- Si ribadisce la presenza del male nel mondo e che tenta i cristiani.
- Il male non prevarrà mai se si resta uniti a Gesù Cristo, se si cerca di mettere in pratica la sua Parola, se si dà testimonianza evangelica.
- Nutrire un vero senso di speranza e di ottimismo senza lasciarsi abbattere e disperare.
[2] Questo libro del Primo Testamento è una delle fonti alle quali l'autore dell'Apocalisse attinge.
[3] Questo tema avrà molto spazio nella tradizione popolare e negli apocrifi. Che cosa sono gli apocrifi? La parola "apocrifo" deriva dal greco e indica qualcosa di tenuto nascosto e lontano dall'uso. In contesto cristiano viene usata per testi che non fanno parte dei quattro vangeli canonici e non sono riconosciuti come parte del Nuovo Testamento. Essi non sono indispensabili per la fede della Chiesa e dei cristiani.
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Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 23 aprile 2023 - III domenica di Pasqua
Nella Parola e nell'Eucarestia s'incontra il Risorto!Atti 2, 14a.22-23 . Salmo 15 . 1 Pietro 1, 17-21 . Luca 24, 13-35
LetturaLa liturgia odierna propone la lettura di un passo del vangelo di san Luca preso dal "trittico delle apparizioni pasquali". La prima scena del trittico è costituita dal ritrovamento del sepolcro vuoto e dall'annuncio pasquale alle donne (Lc 24, 1-12). La seconda scena riguarda il nostro brano (Lc 24, 13-35). Infine si ha l'apparizione del Risorto agli undici (Lc 24, 36-43). Dalle donne, protagoniste all'inizio, si passa ai due discepoli, per giungere infine agli Undici, i testimoni ufficiali dell'annuncio evangelico.
Luca 24, 13-3513Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: "Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?". Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: "Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?". 19Domandò loro: "Che cosa?". Gli risposero: "Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto". 25Disse loro: "Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: "Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto". Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l'un l'altro: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?". 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!". 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.CommentoIl racconto di san Luca inizia presentando due discepoli che, il primo giorno della settimana (la nostra domenica), lasciano Gerusalemme e scendono verso Emmaus. Anche se conversano "di tutto quello che era accaduto", non traspare nel loro discorso alcun riferimento all'evento pasquale che si era realizzato. Essi ormai hanno chiuso la parentesi felice, piena di progetti e di speranze, vissuta col maestro di Galilea ed ora stanno scendendo verso la monotonia della vita abituale. Allora Gesù in persona si accosta per camminare con loro, ma essi non lo riconoscono, e a lui raccontano tutta l'amarezza e la delusione che portavano dentro. Anche l'esperienza fatta dalle donne al sepolcro, e narrata successivamente agli altri discepoli, non è stata sufficiente a rianimare in loro la speranza: "ma lui non l'hanno visto". È a questo punto che la narrazione segna una svolta attraverso l'azione decisa e piena di amore di Gesù. Egli assume la loro situazione negativa e, attraverso le Scritture spiegate minuziosamente, la rovescia: "e cominciando da Mosé e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui". L'azione di Gesù non si è ancora completata in quanto gli occhi dei due discepoli "erano impediti a riconoscerlo". Solo quando Gesù si ferma, dopo che essi avevano insistito ("resta con noi perché si fa sera"), e seduto a tavola spezza il pane, i loro occhi si aprono e lo riconoscono. È nell'Eucarestia che il riconoscimento di Gesù si realizza pienamente! A questo punto il racconto volge rapidamente a conclusione. Gesù scompare ed i discepoli ripensano all'esperienza fatta: "non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi...?". Ritornano poi a Gerusalemme dove ricevono l'annuncio ufficiale della risurrezione ed essi raccontano il loro incontro col Risorto.
In conclusione l'evangelista, volendo istruire il lettore credente, lo invita a riflettere sul suo itinerario di vita spesso percorso senza speranza nel Risorto. Con i discepoli cammina sempre il Signore, che ha la possibilità di cambiare radicalmente la loro vita spesso triste ed amara. È la compagnia assidua con le Scritture e la partecipazione consapevole all'Eucarestia che permettono un incontro autentico con Cristo. La mensa della Parola e del Pane, nel giorno del Signore, è culmine e punto di partenza della vita cristiana. Soltanto l'incontro con Gesù Cristo risorto fa nascere la fede, la alimenta e la porta a pieno compimento.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 16 aprile 2023 - II domenica di Pasqua
Mandati dal Risorto!Atti 2, 42-47 . Salmo 117 . 1 Pietro 1, 3-9 . Giovanni 20, 19-31
LetturaIl brano del vangelo di san Giovanni, della seconda domenica di Pasqua, si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e del discepolo amato e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambiò per il giardiniere.
Gv 20, 19-3119La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!". 27Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!". 28Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.CommentoIl vangelo presenta due manifestazioni nel cenacolo di Gesù risorto. Nella prima, avvenuta il giorno stesso di Pasqua (vv.19-23), egli entra a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei" e li saluta donando loro la pace. Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono il Signore. Gesù poi invia i suoi e li manda a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". A sostegno della loro missione il Risorto dona lo Spirito Santo e ad essi conferisce il compito di rimettere i peccati: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". Al centro del brano abbiamo la presentazione di Tommaso (detto Didimo cioè gemello) che, non essendo stato presente "quando venne Gesù", manifesta scetticismo ed incredulità sull'accaduto (vv.24-25). La seconda manifestazione di Gesù avviene "otto giorni dopo", quando "i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso" (vv.26-31). Il Risorto, otre ad offrire nuovamente a tutti il dono della pace, indica personalmente a Tommaso i segni della passione presenti sul suo corpo e lo invita a "non essere più incredulo, ma credente!". A questo punto Tommaso riconosce Gesù e professa la sua fede: "Mio Signore e mio Dio!". Le parole di Gesù si chiudono annunziando la beatitudine di coloro che crederanno in lui, senza vederlo di persona.
Concludendo si può dire che solo con la resurrezione di Gesù il discepolo, per mezzo della fede, può ottenere da lui la pienezza della pace e della gioia. Queste sono rese stabili dal dono dello Spirito e dalla remissione dei peccati. Anche chi è scettico o dubbioso, incontrandosi con lui, approda ad una fede vera. I doni concessi dal Signore risorto sono per tutti i discepoli che hanno fede in lui, anche per coloro che nel corso dei secoli non incontrano direttamente il Risorto. Chi entra in questa dinamica può essere inviato dal Signore come suo testimone.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe letture odierne aiutano a coniugare assieme la fede nel Risorto e la vita concreta del credente. Il brano del vangelo, che racconta il duplice incontro del Signore risorto con i suoi discepoli, dà il tono a tutta la domenica. Nella scena di Tommaso è interpellata tutta la comunità dei credenti, i quali sono chiamati a percorrere fino in fondo l'itinerario della fede pasquale. Sono infatti i lettori e gli ascoltatori del vangelo i destinatari della beatitudine pronunciata da Gesù. Due esempi o immagini di comunità cristiana che vive nel clima della Pasqua sono offerti dalle altre due letture. La prima lettera di Pietro invita i cristiani sottoposti a varie prove a restare fedeli nella prospettiva della "speranza viva" conservata per essi da Dio nei cieli. L'autore degli Atti degli apostoli presenta il quadro ideale della prima comunità cristiana nata dalla forza dello Spirito, dono del Signore risorto. Guidati dallo Spirito e perseveranti nelle prove si segue il Risorto e si partecipa della sua beatitudine.
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Pasqua 2023 – GoitoLa parola PASQUA significa: Dio che passa, il passaggio del popolo dalla schiavitù alla libertà, Gesù che soffre (il verbo greco paschein significa soffrire, patire), passaggio di Cristo al Padre.
La Pasqua che celebriamo ogni anno è prima di tutto memoria di un evento storico, di un fatto accaduto ben preciso: il processo a Gesù di Nazaret da parte delle autorità giudaiche e romane che si conclude con la sua condanna a morte, la sua tortura, la sua uccisione e qualche giorno dopo la morte il ricordo storico dell'incontro di Gesù vivo con i suoi discepoli.
La Pasqua è anche il ricordo di un vento misterioso che viene proclamato e gridato (secondo il vangelo): Gesù Nazareno "è risorto dai morti!". È un vento che fa parte del mistero di Dio e che non è descritto, raccontato ed è solo proclamato. È il mistero di Dio presente nel mistero del Figlio e nel mistero dello Spirito Santo. Di questo evento misterioso e trascendente vengono però indicati dei segni che sono stati lasciati: il terremoto, la luce sfolgorante, la parola degli angeli. Con questo segni non si vuole terrificare il lettore ma annunciare il mistero grandioso di Dio che irrompe nella storia, si fa presente, diventa percepibile. Tutto questo viene rivissuto nella celebrazione pasquale
La luce di Cristo cantata e che risplende nella notte, abbraccia tutta la storia. Dall'inizio fino ad oggi la e luce di Cristo è entrata nel mondo ed illumina anche noi personalmente e comunitariamente. Questo significa che Cristo non ci abbandonerà mai e la sua potenza divina presente in tutti noi, dal giorno del nostro battesimo, è un seme che sprigionerà tutta la sua forza di salvezza e di eternità. La risurrezione di Gesù non è soltanto un evento suo ma riguarda il cosmo, il mondo, l'umanità e ciascuno di noi. Il corpo di Gesù risorto racchiude in sé come un germe che sboccerà e rinnoverà tutta la creazione, tutta l'umanità, tutta la chiesa e ciascuno di noi. Questa eternità è già presente in noi perché già facciamo parte della vita immortale di Gesù. Con la risurrezione di Cristo l'eternità è entrata nella storia e la storia è entrata nell'eternità! Cristo è veramente risorto e anche noi siamo risorti con lui e lo saremo non solo alla fine della nostra vita, ma già adesso. Questo è il senso della luce che viene esaltata nella Pasqua. L'acqua ed il fuoco rimandano al battesimo che ci ha uniti a Cristo nel lavacro di rigenerazione e nella purificazione dello Spirto per essere partecipi della sua risurrezione.
Ma tutto questo come tocca concretamente la nostra vita?
1. Non dobbiamo mai sentirci soli perché Gesù è sempre con noi.
2. Siamo chiamati a continuare l'opera di trasformazione del creato iniziato dal Risorto con il nostro impegno per il rispetto e la sua salvaguardia.
3. Non possiamo disinteressarci di chi nel mondo soffre, è povero, è emarginato, è scartato, è messo da parte, perché fino a quando esistono queste realtà anche noi non siamo pienamente risorti.
4. La comunità cristiana è il luogo nel quale vive il Risorto e noi abbiamo questa responsabilità di testimoniarlo e di donarlo a tutti. Per questo dobbiamo annuncialo a tutti.
5. La nostra testimonianza deve essere soprattutto con la nostra vita.
Se intraprendiamo un cammino su queste strade allora abbiamo fatto Pasqua, allora siamo discepoli del Signore altrimenti è tutto folclore, tradizione e vuoto. Il Risorto ci aiuti a fare veramente la sua Pasqua.
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Goito 9 aprile 2023 - I domenica di Pasqua
Il Signore è risorto: ditelo a tutti!Atti 10, 34.37-4 . Salmo 117 . Colossesi 3, 1-4 . Matteo 28, 1-10
LetturaIl brano commentato è Matteo 28, 1-10. Siamo nell'ultimo capitolo di Matteo. Ormai si è consumata l'offerta di Cristo al Padre ed è iniziato il corso nuovo della storia, segnato dalla vittoria definitiva sulla morte. Già ai piedi della croce si sono viste le prime avvisaglie di novità: pagani che credono, un nuovo popolo che si raduna, donne che tengono il collegamento col maestro. Il racconto pasquale esplicita ulteriormente la nuova vicenda che dal Calvario ha ormai preso le mosse.
Mt 28, 1-101Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5L'angelo disse alle donne: "Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: "È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete". Ecco, io ve l'ho detto".8Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio ai suoi discepoli. 9Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: "Salute a voi!". Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10Allora Gesù disse loro: "Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno".CommentoIl racconto si apre presentando un nuovo giorno. È ormai il "primo giorno della settimana". Il sabato è passato con tutte le tradizioni ad esso collegate, ed inizia un tempo nuovo nella storia della salvezza. Nella nuova fase che si apre, protagoniste sono due donne: Maria di Magdala e l'altra Maria. Costoro vanno al sepolcro per "visitare la tomba". Qui Matteo si scosta da Marco e Luca, che sottolineano piuttosto l'unzione della salma. Il nostro evangelista riporta invece l'usanza giudaica di visitare fino al terzo giorno la tomba di un defunto, per verificare se per caso fosse ancora vivo. Così egli prepara l'evento straordinario a cui le donne assisteranno. Arrivate al sepolcro le donne vedono una teofania, cioè una manifestazione di Dio. Questa è descritta attraverso elementi caratteristici del genere apocalittico: il terremoto, l'angelo, il suo aspetto come folgore ed il suo vestito come neve. "L'angelo del Signore", che nella Bibbia indica la presenza di Dio che interviene nella storia degli uomini, appare in una cornice di grande sconvolgimento. Egli, aprendo la tomba e sedendosi poi sulla pietra, dichiara ormai definitiva la vittoria sulla morte. La rappresentazione visiva del trionfo di Dio sulla morte suscita la reazione delle guardie e delle donne. Le prime, a causa della paura, sono sconvolte e cadono a terra come morte, non comprendono nulla e restano al di fuori del mistero che si rivela. Le donne, anch'esse piene di paura, sono invece disponibili al dialogo e ricevono la comunicazione del significato di quanto è accaduto. L'angelo, infatti, con tutta la sua autorità, proclama l'interpretazione autentica della tomba aperta e vuota: "Gesù il crocefisso non è qui. È risorto". L'annuncio pasquale fa passare i credenti dalla paura alla fede gioiosa: "non abbiate paura, voi!". La gioia dei cristiani scaturisce dal sapere che anch'essi partecipano della stessa risurrezione di Gesù. Chi crede nelle parole che Gesù ha detto, non solo lo incontra risorto, ma partecipa anche della sua risurrezione. La conseguenza che scaturisce, anche se il sepolcro è vuoto, non è la tristezza o lo scoraggiamento, ma la forza dirompente dell'annuncio, dell'evangelizzazione: "andate a dire ai suoi discepoli: è risorto e vi precede in Galilea". È in questa dimensione fondamentale della vita della Chiesa che si fa esperienza del Risorto e che gli uomini di ogni tempo e luogo hanno la possibilità di incontrarlo. Mentre le donne vanno a portare l'annuncio ai discepoli, Gesù in persona viene loro incontro e conferma con le sue parole che l'evangelizzazione è l'esperienza qualificante la vita della comunità nata dalla sua morte e risurrezione.
Con la risurrezione del Signore la comunità dei credenti, nata ai piedi della croce, viene riconfermata e consolidata. Essa non deve più temere perché la morte è stata sconfitta ed i suoi componenti sono chiamati a condividere la stessa sorte del maestro. La forza della risurrezione del Signore è sperimentata direttamente dai cristiani quando annunciano con fede il vangelo a tutti.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa risurrezione del Signore collega le letture della domenica di Pasqua. L'apparizione al sepolcro vuoto con i segni grandiosi ad essa collegati non sono prova sufficiente della resurrezione del Signore. La fede pasquale delle donne e dei discepoli nasce quando capiscono le parole pronunciate da Gesù. È a questo punto che avviene l'incontro personale col Risorto, il quale fa ricordare la sua promessa di resurrezione e la chiamata dei discepoli a condividere con lui la resurrezione, come dice Paolo nella Lettera ai Colossesi. L'incontro col Risorto spinge i discepoli a cercare le cose di lassù attendendo di partecipare alla sua gloria. È il Signore risorto poi che mette in moto nei discepoli la dinamica dell'evangelizzazione, come testimonia il testo di Atti, e spinge da un lato ad essere testimoni ovunque, di quanto è stato visto e sperimentato, e dall'altro a cambiare la vita personale e comunitaria modellandole sugli insegnamenti del Signore.
PER ATTUALIZZARE- La nostra vita cristiana si caratterizza dalla paura, dal nascondimento, dal rinchiudersi nel privato, o in virtù della risurrezione del Signore è testimonianza gioiosa e coraggiosa della nostra fede in Lui?
- Come pensiamo alla nostra morte e come ad essa ci prepariamo?
- La forza della risurrezione sta nell'annuncio del vangelo. È il vangelo il punto che qualifica la nostra vita, le nostre relazioni, le nostre scelte di vita?
PER APPROFONDIRECdA nn. 260-271: Risorto per la nostra salvezza
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1° Incontro Dall'Eucarestia alla vita Eucaristica (23.02.2023)
L'Eucarestia è un'opera in cui agiscono 2 attori: Dio che chiama ad entrare nella sua gioia e la comunità che vive per mezzo di ognuno di noi, con tutte le nostre vite e le storie quotidiane che viviamo.
Ogni Eucarestia inizia nel momento in cui chiudi la porta di casa e ti avvii in Chiesa. Da quel momento inizia un viaggio: parti con la tua storia, la tua vita, il tuo lavoro, le tue relazioni e inizia una prima trasformazione. Da persona singola ti prepari a diventare Chiesa.
Poi nell'Eucarestia accade una seconda trasformazione: la comunità diventa Corpo di Cristo, e per mezzo di Cristo nella sua offerta e nel suo sacrificio arriviamo alla meta del viaggio: entriamo nel Regno dei cieli. Così anche noi viviamo questa offerta e questo sacrificio, offrendo la nostra vita, la nostra storia, i nostri pensieri: tutto possiamo offrire e tutto entra tra le mani di Dio.
Prepariamoci a vivere attivamente questa offerta personale per entrare nella gioia del Signore!
2° Incontro L'inizio del viaggio dei figli nel regno del Padre (2.03.2023)
L'Eucaristia è come un viaggio che inizia mentre usciamo dalla nostra porta di casa. Con la nostra vita arriviamo alla porta della Chiesa e attraversandola facciamo memoria del nostro battesimo, quel momento di grazie in cui il Signore ci ha resi suoi figli. Come Gesù è figlio e sacerdote, così ognuno di noi vive da figlio e nella liturgia vive il sacerdozio universale della Chiesa, che ci permette insieme di celebrare la gioia dell'Eucaristia.
Nel viaggio dell'Eucaristia, attraversata la porta della Chiesa, ci prepariamo, insieme a Gesù, a compiere il resto del viaggio, che ci conduce alla porta del Cielo e sperimentare la bellezza della vita piena che il Padre ha preparato per ognuno di noi.
Con un cuore accogliente verso il Signore Gesù che si rende presente e vivo in mezzo a noi ci prepariamo alla processione di ingresso, cantando insieme.
3° Incontro L’incontro di due desideri (9.03.2023)
L'eucaristia inizia quando la Chiesa è radunata nell'assemblea dei figli e delle figlie che innalzano l'unica preghiera di lode al Padre.
La prima parte della Liturgia è un profondo dialogo tra la Parola di Dio che viene proclamata e la risposta dell'assemblea che si innalza dal cuore accogliente e sorpreso per la misericordia di Dio che anche oggi si riversa nei nostri cuori.
Il Vangelo è Cristo stesso, la lieta notizia dell'amore folle del Padre per ogni creatura, e il culmine del Vangelo è la Pasqua di Gesù in cui tutte le figure antiche sono compiute.
la Parola di Dio entra nella nostra vita, riverbera di luce e pace e ci trasforma perché ognuno di noi possa vivere la propria dimensione "sacerdotale" nell'incontro con Dio nell'Eucaristia, e anche la nostra dimensione "regale" nella vita quotidiana, dove per mezzo delle nostre parole e delle nostre azioni quella Parola di Dio prende vita e trasforma sempre di più il mondo in quel Regno dei cieli che il Padre ha preparato per noi.
4° Incontro L'incontro di due desideri (16.03.2023)5° Incontro La preghiera eucaristica, il sacramento dell'amore (23.03.2023)6° Incontro I riti di comunione e i riti conclusivi (30.03.2023)
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Goito 2 aprile 2023 domenica delle Palme
Crocefisso secondo le scrittureIsaia 50, 47-7 . Salmo 21 . Filippesi 2, 6-11 . Matteo 26, 14-27, 66
LetturaIl racconto della passione e morte di Gesù di Matteo, pur articolandosi secondo lo schema caratteristico di Marco e Luca, presenta un orientamento proprio. È necessario quindi leggere con attenzione la narrazione perché dai fatti, dai personaggi, dai discorsi e dallo stile si evidenzia che tutto è costruito per una comunità di credenti che celebra, conosce e vive il mistero centrale della salvezza. La struttura del racconto può essere così articolata: la cena di addio 26, 14-29, l'agonia e l'arresto 26, 30-56; il processo davanti ai giudei 26, 57-27, 10; il processo davanti ai romani 27, 11-31; il calvario 27,32-54 e la tomba sigillata 27, 32-66. Ci soffermeremo soltanto sulla penultima parte, iniziando da quando Gesù, schernito e spogliato del mantello, va verso la crocefissione.
Matteo 26, 14-27, 66...
45A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì, lemà sabactàni?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". 47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia". 48E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. 49Gli altri dicevano: "Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!". 50Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. 51Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, 52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. 53Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. 54Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".CommentoLa prima scena è costituita da un insieme di fatti che capitano durante il tragitto verso la crocefissione. Simone di Cirene porta la croce di Gesù; sul Golgota con la bevanda di vino mescolato a fiele e con lo spartirsi le vesti, tirandole a sorte, si concretizza quanto detto dai salmi 68,22 e 22,19. Gli aguzzini, che fanno la guardia al crocefisso ed ai due malfattori, innalzati accanto a Gesù, sottolineano che il "re dei giudei" è esposto alla pubblica infamia. La croce, come ogni mezzo di tortura, prima di annientare la vita fisica del condannato, lo espropria della sua dignità umana. La seconda scena presenta gli insulti indirizzati a Gesù dai passanti, dai sommi sacerdoti e dai concrocefissi. Tutti costoro, in sintonia con l'immagine del "giusto" sfidato dagli empi (cfr. Sal 22), chiedono che Gesù manifesti la sua grandezza evitando una morte ignominiosa e degradante. Egli invece sceglie di rivelare la sua identità di figlio di Dio, rimanendo fedele al Padre anche nella condizione di estrema impotenza e miseria, caratteristiche di molti uomini. L'ultima scena narra la morte di Gesù. Il quadro complessivo è dato dalla tenebra che ricopre tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio. Questo segno si collega con le tradizionali immagini bibliche della manifestazione di Dio. In mezzo alla tenebra Gesù, ispirandosi al salmo 22, lancia un grido che da un lato rivela la prova in cui giace l'orante e dall'altro indica la piena fiducia in uno sbocco positivo, anche se ci si trova in una situazione estrema. Alcuni dei presenti fraintendono il grido di Gesù cercano, con interventi umani di alleviare le sue sofferenze. Ma egli, lanciando un altro grido, muore. Alla sua morte seguono dei segni apocalittici. Il velo del tempio si spezza ed il terremoto annuncia la resurrezione dei morti, secondo la profezia di Ezechiele 37,12. La tenebra con gli altri segni muove la reazione del centurione e di coloro che erano con lui. Costoro, assieme alle donne, costituiscono il primo gruppo di persone che, pieni di timore religioso, riconoscono in Gesù il Figlio di Dio.
Concludendo si può dire che tutto quanto accade sul Calvario è il compimento delle Scritture, che Gesù ha seguito fedelmente per compiere con amore la volontà del Padre. Questa ha la preminenza anche nell'umiliazione della croce. Anche il lettore cristiano, che incontra gli insulti rivolti al crocefisso, nutre sempre più la certezza che il giusto è effettivamente liberato da Dio. Di conseguenza la morte di Gesù, con i segni ad essa collegati, diventa la dichiarazione ufficiale della fine del compito del tempio e di tutte le tradizioni antiche, perché da quel momento inizia, per mezzo di Gesù, la vittoria definitiva di Dio sulla morte e lui è il nuovo tempio. Allora chi incontra autenticamente la morte di Gesù, sperimentando la liberazione dal male, diventa iniziatore di un movimento di conversione e di fede per sé e per gli altri, destinato a diffondersi sempre più.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema centrale della domenica, detta delle "Palme", è costituito dal dono di salvezza che il Padre offre all'umanità per mezzo del figlio Gesù Cristo. L'inno cristologico della Lettera ai Filippesi delinea con chiarezza il dramma di umiliazione ed esaltazione di Cristo Gesù, che pur essendo di natura divina, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo per il bene di tutta l'umanità. La morte in croce, di cui Matteo narra le fasi decisive, dà la misura concreta e visibile della spogliazione di Gesù e della sua piena condivisione della storia e della condizione umana. Egli ha vissuto tutto in piena obbedienza, cioè restando fedele a Dio anche nella condizione estrema della morte infame e orribile del condannato alla croce. Su questa fedeltà nella debolezza si rivela la signoria universale di Cristo e la paternità provvidente di Dio. Tutto quanto è espresso nel racconto evangelico e nella Lettera ai Filippesi viene anticipato profeticamente nel passo di Isaia. Il sevo del Signore, chiamato ad indirizzare allo sfiduciato una parola di conforto e speranza, svolge il suo ministero in ascolto fedele della Parola di Dio, affrontando con coraggio le difficoltà che si incontrano. La contemplazione di questi misteri diventa stimolo per la vita cristiana
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
APOCALISSE
Diciottesima Lettura
Lettura
Dopo la lunga serie di eventi che erano seguiti allo squillo della seta tromba (9,13-21) ora assistiamo al suono della settima ed ultima tromba.
Ap 11, 15-1915Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano: "Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo: egli regnerà nei secoli dei secoli". 16Allora i ventiquattro anziani, seduti sui loro seggi al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio dicendo: 17"Noi ti rendiamo grazie, Signore Dio onnipotente, che sei e che eri, 18perché hai preso in mano la tua grande potenza e hai instaurato il tuo regno. Le genti fremettero, ma è giunta la tua ira, il tempo di giudicare i morti, di dare la ricompensa ai tuoi servi, i profeti, e ai santi, e a quanti temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di annientare coloro che distruggono la terra". 19Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l'arca della sua alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.Ap 12, 1-61Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. 2Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. 3Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. 5Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. 6La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.CommentoDopo il suono della settima tromba nel cielo risuona una solenne proclamazione in onore del Sovrano celeste e di Cristo (v.15). Si ha ora la celebrazione del Regno del Messia, un po' sulla scia delle parole di Paolo: "Bisogna che Cristo regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi" (1Cor 15,25). L'espressione "regno del mondo" ci riporta alla definizione che troviamo nel vangelo di Giovanni "principe di questo mondo"[2] (cfr. Gv 14,30) riservata a satana e al rifiuto fatto da Gesù dell'offerta satanica dei "regni del mondo" avanzata dal tentatore (cfr. Mt 4,8). La vittoria pasquale di Gesù Cristo sulla morte, su satana e sul male fa si che ora tutto ciò che esiste sia riportato sotto la sovranità eterna di Dio. Ritornano in scena anche i 24 anziani della corte celeste, rappresentanti di tutti i giusti della Prima e della Seconda Alleanza (4,4). Col loro inno - che è forse una testimonianza degli inni che venivano cantati nelle liturgie della chiesa delle origini – essi adorano Dio come re del mondo e della storia. Prima l'avevano cantato come creatore (4,10) ed avevano celebrato l'Agnello Cristo come redentore (5,8-14), in attesa di cantare il giudizio divino su Babilonia, la prostituta (19,4). Col loro inno al Signore "che è e che era" (non c'è bisogno di attendere il futuro perché è già in azione, a differenza di quanto si diceva in 1,4.8), i 24 anziani proclamano l'era del giudizio definitivo (vv.16-18). Essi nel loro canto alludono al salmo messianico 2,1-5 e a quello del Regno di Dio 99,1. Con questi riferimenti si descrive sinteticamente il giudizio di Dio. Due sono i suoi aspetti, come due sono le fisionomie di Dio: c'è il giudice ed il salvatore, c'è la giustizia e l'amore, c'è la condanna e la ricompensa. Suggestiva è la quadruplice definizione dei giusti, ora salvati nel Regno di Dio. Essi sono "servi, profeti, santi e coloro che temono il nome" del Signore[3]. Viene così tratteggiato un ritratto del popolo di Dio, fatto di piccoli e grandi, delle sue varie dimensioni nate dal battesimo e attuate nella vita di fede e nella comunità ecclesiale: re, profeti e sacerdoti. La liturgia celeste aperta dall'inno dei 24 anziani ora si specifica ulteriormente nel v.19. Siamo nel tempio celeste che già abbiamo conosciuto. Ora si entra nel cuore del Santuario, il Santo dei Santi dove era custodita l'Arca Santa, segno concreto della presenza di Dio. Quell'arca nascosta agli sguardi umani da una spessa cortina di tessuto (il velo del Tempio) ora è aperta alla visione e alla contemplazione di tutti. Tuttavia la trascendenza di Dio rimane come è attestato dalla coreografia che rimanda alla manifestazione di Dio sulla terra con un linguaggio apocalittico (cfr. Es 19,19). Dio è vicino e lontano allo stesso tempo, è con noi e sopra di noi, è rivelazione e mistero.
Lasciati alle spalle i sette trombettieri con i loro squilli, prima di entrare nel terzo grandioso settenario delle coppe (c. 16), si ha un arco narrativo di quattro capitoli (cc. 12-15) molto densi e sembra che siano scanditi da tre "segni", ai quali si accompagnano altri elementi. Il primo elemento (12,1) è la donna; il secondo è il drago (12,3); il terzo segno sono gli angeli con i sette flagelli (15,19). Ci soffermiamo sui primi due segni. Questi due segni hanno come sfondo dei racconti del Primo Testamento: Gen 3,15 dove si contrappongono donna e serpente; Is 7,14 con la madre del re-messia; Is 66,7-14 Gerusalemme madre di tutti i popoli; Dn 7,7 che introduce il drago; Dn 10,13 battaglia contro il male ad opera di Michele. Siamo alla presenza di un mosaico di citazioni bibliche che vengono puntualizzate e reinterpretate. Il racconto si apre con la donna ammantata di dalla luce del sole come Dio stesso (Sal 104,2), segno di splendore e bellezza sovraumana. I dodici astri che fanno corona alla donna alludono alle dodici tribù d'Israele e ai dodici apostoli (cfr. Ct 6,10). Chi è questa donna? In ambito cristiano è stata identificata con Maria che partorisce il Cristo. Altri ritengono che sia personificata Gerusalemme o la Sapienza divina. Sicuramente l'autore è orientato in altra direzione e in questa donna raffigura l'Israele fedele sposa di Dio (Os 2 e Is 54) e nello stesso tempo la chiesa che lotta per mantenersi fedele a Dio e libera dal male: al suo interno può contare sempre della nascita di Cristo attraverso la parola evangelica e l'eucaristia. La donna incinta rimanda alla comunità fedele e feconda che soffre nel travaglio della storia, ma che sa di avere in sé il Figlio che salva. All'improvviso la dolce scena del parto è lacerata dall'apparizione del drago. È il secondo segno che è raffigurato come avversario di Dio richiamando in sé il male, il nulla, il demoniaco con nomi diversi: Rahab (Is 51,9), Leviatan (Is 27,1 e Sal 74,13-14), Behemot (Gb 40, 15-24). Un riferimento importante è pure il serpente di Gen 3. Le sette teste simboleggiano il suo potere immenso e le sette corna indicano una forza invincibile; le sette corone rimandano alla potenza demoniaca che si cela sotto le grandi potenze. L'azione del drago è una sfida al cielo e Giovanni riconosce al drago un potere soprannaturale. Il conflitto tra il drago e la donna col figlio diventa simbolo della lotta tra il bene e il male. Anche se il mostro è poderoso e la donna è fragile, la presenza del Figlio rimanda al Messia potente e armato (cfr. Sal 2). Il libro ci porta già alla risurrezione e ascensione al cielo e di conseguenza questa nascita non è quella di Betlemme ma del giorno di Pasqua. La madre è la madre del Messia e va nel deserto, luogo della intimità con Dio. Come Dio aveva protetto il popolo nel deserto dai nemici e l'aveva condotto nella terra promessa, così ora il nuovo popolo di Dio è difeso e protetto da Dio e la prova sarà limitata per un tempo di tre anni e mezzo.
- Dio ha uno sguardo positivo sul creato e sull'umanità, noi come ci poniamo? Quali conseguenze ne derivano?
- Che consapevolezza abbiamo della nostra identità di cristiani? Siamo dei salvati, dei redenti...
- Noi siamo sempre con Dio e Dio è con noi, solo il peccato grave ci separa da lui. La Riconciliazione riabilita la comunione con lui.
- Nella comunità-chiesa c'è la certezza della comunione con Dio per mezzo di Cristo.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
[2]Il termine "mondo" nel quarto vangelo ha diversi di significati. Esso designa l'universo, la natura, il creato che è opera di Dio per mezzo del Verbo («Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste... Egli era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui», 1,3.10).
Il "mondo" è anche l'umanità intera, ossia le creature umane che popolano la terra (detta pure "mondo") e che, come si è visto (3,16-17), sono amate da quel Dio «il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati» (1Timoteo 2,4). Fin qui il valore del termine è positivo e non giustifica quella frase di Gesù: "Io non prego per il mondo ma per coloro che mi hai dato... (Gv 17,9). C'è, però, un terzo significato radicalmente negativo: il "mondo" è anche la "mondanità", cioè coloro che rigettano coscientemente e coerentemente i valori dello spirito, la verità, l'amore, il bene, la giustizia. Non sono i semplici peccatori, che possono essere toccati nel cuore e convertirsi, ma i superbi oppositori del Bene, i sistematici negatori di ogni valore e, quindi, gli avversari di Cristo, consapevoli della sua verità ma, per interesse proprio o per arroganza di potere, pronti a rigettarla. Sono coloro che hanno per guida «il principe di questo mondo», Satana (Giovanni 12,31; 16,11).
[3]Nell'ebraismo no si poteva pronunciare il nome di Dio. Solo il sommo sacerdote lo gridava nel Santo dei Santi il giorno della festa dello Jom Kippur (della penitenza). Quando nella lettura del testo biblico si incontrava il nome di Dio, che non è mai stato vocalizzato degli studiosi "masoreti", si pronunciava "Adonai" nella celebrazione liturgica oppure "il nome" quando la lettura del testo avveniva in un altro contesto.
APOCALISSE
Diciassettesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Dopo la triplice visione che ha accompagnato l'apertura del 6 sigillo, nel capitolo ottavo si spezza l'ultimo sigillo. Siamo sempre nella cornica del suono della sesta tromba.
Ap 11, 1-141Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: "Àlzati e misura il tempio di Dio e l'altare e il numero di quelli che in esso stanno adorando. 2Ma l'atrio, che è fuori dal tempio, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi. 3Ma farò in modo che i miei due testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni". 4Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno davanti al Signore della terra. 5Se qualcuno pensasse di fare loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di fare loro del male. 6Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiare l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli, tutte le volte che lo vorranno. 7E quando avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall'abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. 8I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove anche il loro Signore fu crocifisso. 9Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedono i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permettono che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro. 10Gli abitanti della terra fanno festa su di loro, si rallegrano e si scambiano doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra. 11Ma dopo tre giorni e mezzo un soffio di vita che veniva da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli. 12Allora udirono un grido possente dal cielo che diceva loro: "Salite quassù" e salirono al cielo in una nube, mentre i loro nemici li guardavano. 13In quello stesso momento ci fu un grande terremoto, che fece crollare un decimo della città: perirono in quel terremoto settemila persone; i superstiti, presi da terrore, davano gloria al Dio del cielo. 14Il secondo "guai" è passato; ed ecco, viene subito il terzo "guai". CommentoIl brano che abbiamo davanti è complesso ed i verbi (greco) che lo sorreggono oscillano tra passato, presente e futuro. I primi due versetti fungono da introduzione e dopo aver divorato il rotolino a Giovanni viene consegnata una canna da geometra, unità di misura lineare (canone), simile ad uno scettro. Con la canna dovrà delineare i confini tra sacro e profano, tra bene e male, partendo dal tempio. Qui ci si riferisce al tempio di Gerusalemme costruito sul monte Sion ed abbellito da Erode il grande. L'immagine va molto oltre al tempio ed è Gesù che tramite il suo intermediario stabilisce ciò che è bene e ciò che è male (cfr. Ez 40,3.5; Zc 2,5-9). La missione dell'inviato di Dio è di definire e preservare le realtà più sante, il tempio ed i fedeli. Forse si allude alla chiesa, il tempio vivente di Dio, che è provata ed in difficoltà esterne (persecuzioni) ed interne (eresie). È necessario definire bene i confini tra bene e male perché il maligno si insinua nella realtà quotidiana vissuta dai giusti, ma il suo è un trionfo solo apparente e transitorio. Durerà soltanto quarantadue mesi lunari... un periodo limitato (cfr. Dn 7,25; 12,7 dove si indica la persecuzione di Antioco IV Epifane limitata). Il male è bloccato e imprigionato dal potere supremo di Dio. La scena centrale è strutturata attorno ai due testimoni (martyres in greco). È Cristo che parla e li introduce in scena con abiti penitenziali. Essi dovranno fare penitenza per tutto il tempo in cui il male sembra trionfare (v.3). il brano si ispira sicuramente a Zaccaria 4,2-14, qui si presentano due personaggi che guidano il ritorno di Israele dall'esilio babilonese: Giosuè e Zorobabele. Nel giudaismo si amava identificare con questi personaggi, simboleggiati attraverso l'olivo e la lampada (candelabro), i protagonisti dell'era messianica, una sorta di Messia-sacerdote e di re-Messia, verso i quali convergeva tutta la storia. Giovanni fa si che i due testimoni abbiano anche altri particolari appartenenti a figure bibliche. Nel v5 c'è un riferimento sl profeta Elia che per due volte fece scendere dal cielo il fuoco ad annientare i soldati che volevano catturare il profeta (2Re 1,10-14). Così i testimoni del testo si difenderanno da coloro che vogliono fare loro del male col fuoco. Come Elia i due testimoni non saranno fermati da nessun ostacolo perché Dio è con loro. Anche al v.6 si allude ad Elia quando si parla del potere di chiudere il cielo (1Re 17,1). Nello stesso v.6 c'è un rimando a Mosè e alla piaga delle acque del Nilo diventate sangue (Es 7,17-21; Ap 8,9). I due testimoni incarnerebbero la funzione profetica e legislativa che fu di Elia e di Mosè, come si vede anche nella trasfigurazione (Mt 17,3-4). Il significato dei due testimoni sarebbe la rappresentazione della chiesa che riprende l'antica profezia e ne è la continuazione, ma è anche nuova in Cristo con la sua risurrezione alla quale anch'essa partecipa. Essi compiranno la loro missione durante l'arco limitato della storia in cui opera anche il male, e saranno in due perché la testimonianza autorevole in Israele era data da due persone (Dt 19,15). A questo punto appare la bestia infernale, simbolo del male, che scatena l'offensiva terribile alla chiesa, simboleggiata dai testimoni (vv.7-8). Il martirio dei cristiani, tragica esperienza vissuta dalle comunità dell'Apocalisse, viene collegato alla stessa passione e crocifissione di Cristo. La città dove si consuma il martirio, potrebbe essere Babilonia che più avanti entra in scena, è la sede del potere e quindi la Roma imperiale. Oppure potrebbe essere anche Gerusalemme in quanto collegata con la vicenda di Cristo essa incarna il bene ed il male, la città terrena e quella celeste. Gerusalemme, mai citata, può nascondersi sotto le degenerazioni di Sodoma e dell'Egitto quando essa combatte Cristo e i cristiani. La chiesa testimone del vangelo è chiamata a seguire il suo maestro sulla via della croce. Spettatori del martirio dei personaggi sono tutti i popoli della terra (vv. 9-10). Questa umiliazione dura solo tre giorni (riferimento al sepolcro di Gesù?) quindi molto limitata. La morte e la tomba non sono l'ultima tappa dei due testimoni martiri. Come in Ezechiele (37,10) le ossa riprendono carne e vita sotto il soffio dello Spirito. La vicenda della chiesa ricalca quella di Cristo. La chiesa partecipa a tutte le fasi della vita di Cristo e quindi anche della risurrezione. Dopo la risurrezione si apre la gloria del cielo per i due testimoni. Alla fine c'è la presentazione del trionfo della chiesa.
- Come facciamo a definire oggi bene e male? Chi consultiamo per questa operazione?
- Il male ha vita limitata e quindi dobbiamo anche oggi avere fiducia in Dio e nella sua opera.
- Nella vita cristiana occorre mettere sempre in conto la difficolta interna ed esterna.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale "Madonna della Salute"
Goito 26 marzo 2023 - V domenica di Quaresima
Gesù Cristo dona la vita eternaEsodo 37, 12-14 . Salmo 129 . Romani 8, 8-11 . Giovanni 11, 1-45
LetturaLa liturgia quaresimale continua a proporre passi dal vangelo di Giovanni. Nel "Libro dei segni" troviamo narrati sette miracoli di Gesù a fronte dei ventinove presenti nei vangeli sinottici. La scelta di sette miracoli-segno evidenzia l'intenzione simbolica dell'autore. Sette è il numero che indica perfezione e compiutezza. I sette miracoli-segno sono sufficienti per Giovanni a comunicare ai credenti la pienezza di grazia e di verità che la Parola incarnata ha portato agli uomini. Vediamo ora l'ultimo miracolo narrato: Lazzaro richiamato in vita da Gesù.
Gv 11, 1-451Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, colui che tu ami è malato".4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato". 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!". 8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?". 9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui".11Disse queste cose e poi soggiunse loro: "Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo". 12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se si è addormentato, si salverà". 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!". 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!". 17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà". 23Gesù le disse: "Tuo fratello risorgerà". 24Gli rispose Marta: "So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno". 25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?". 27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo". 28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: "Il Maestro è qui e ti chiama". 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!". 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: "Dove lo avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!". 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: "Guarda come lo amava!". 37Ma alcuni di loro dissero: "Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?". 38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni". 40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?". 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato". 43Detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: "Liberàtelo e lasciàtelo andare".45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. 47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: "Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni.
CommentoIl racconto giovanneo inizia con alcuni versetti di ambientazione. Sono presentati i personaggi della scena (Gesù, Lazzaro, Marta e Maria) e la località dove si realizza la vicenda: Betania. Lazzaro è ammalato e quindi le sorelle si premurano di informare Gesù della situazione: "Signore, ecco, il tuo amico è malato". Qui Lazzaro è chiamato l'amico, colui che è amato da Gesù. Sicuramente Lazzaro è qui da considerare come il rappresentante di tutti quelli che Gesù ama: i cristiani. Subito dopo l'evangelista presenta lo scopo del miracolo-segno, che sta avvenendo per mezzo di Gesù: "questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato". La malattia di Lazzaro non finisce con la morte. Gesù ridà al suo amico diletto la vita fisica, segno di quella eterna. La vita ridata a Lazzaro è il motivo immediato che fa precipitare la vicenda e che porterà Gesù alla morte, come primo atto della sua glorificazione, nella quale si manifesta la gloria di Dio. I versetti che seguono (vv. 7-16), infatti, sottolineano l'andare a morire di Gesù: "i giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo? ... allora Tommaso disse: «andiamo anche noi a morire con lui»". É evidente l'intersecarsi di tre temi: la morte di Lazzaro, quella di Gesù e quella dei discepoli. Tutto il movimento descritto è finalizzato alla fede dei discepoli: "perché voi crediate". Nei vv. 17-33 troviamo presentato l'arrivo di Gesù a Betania ed il suo incontro con Marta e Maria, sorelle di Lazzaro. Il dialogo con le due donne permette a Gesù di far conoscere che lui non è un profeta come tutti gli altri. Egli può dare la vita, quella vera, a condizione che si creda in lui. Infine nei vv. 34-40 si presentano il dolore di Gesù per l'amico che amava ("si commosse profondamente... scoppiò in pianto") e l'obiezione di Marta circa l'opportunità di togliere la pietra, perché Lazzaro ormai era morto da quattro giorni. Gesù risponde ancora una volta chiedendo di aver fede: "se crederai vedrai la gloria di Dio". La fede di Marta non solo permetterà di vedere manifestata la grandezza di Dio nel miracolo che sta per realizzarsi, ma anche è condizione per contemplare direttamente Dio nella resurrezione finale. Il brano si chiude narrando brevemente il miracolo. È Dio Padre che ridà la vita fisica a Lazzaro per mezzo di Gesù. Il "grido a gran voce" di Gesù, può essere benissimo collegato col grido del Calvario, attraverso il quale tutti i discepoli, animati dalla fede, vengono tirati fuori dal buio del sepolcro e liberati dai legami della morte.
In conclusione, Dio Padre, attraverso l'azione di Gesù, ridà la vita fisica a Lazzaro. Il miracolo è un segno che richiama la vita eterna donata a tutti i credenti. Chi crede in Gesù e si fida di lui partecipa della redenzione da lui ottenuta per tutti i suoi amici, attraverso la morte e la resurrezione. Ai discepoli è chiesto di perseverare, perché così incontreranno definitivamente la vita vera.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della salute
Goito 19 marzo 2023 - IV domenica di Quaresima
Gesù Cristo educa alla fede1 Samuele 16, 1b.4a.6-7.10-13° . Salmo 22 . Efesini 5, 8-14 . Giovanni 9, 1-41
LetturaAnche il testo del vangelo di questa domenica, detto del cieco nato, (Gv 9, 1-41) si colloca nel "Libro dei segni". L'evangelista presenta Gesù che si rivela al popolo come inviato del Padre. In questa parte del vangelo di Giovanni hanno un posto determinante le feste giudaiche. La guarigione del cieco dalla nascita avviene a Gerusalemme durante la festa autunnale delle capanne o dei tabernacoli, in cui si festeggia per i raccolti di fine estate, facendo memoria del permanere degli israeliti sotto le tende nel deserto per quarant'anni.
Gv 9, 1-41 In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa "Inviato". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e làvati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so».Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!».Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane».Commento.
Nei primi cinque versetti l'evangelista presenta la vicenda che riguarda Gesù, un uomo ceco dalla nascita ed i discepoli. Partendo da una loro domanda, che sottolinea il problema del rapporto esistente tra peccato e malattia fisica, Gesù risponde affermando che la cecità non è conseguenza di qualche peccato commesso. Essa è una delle tante situazioni nelle quali si evidenzia il limite umano creaturale. Nel nostro caso, attraverso l'opera di Gesù, è messo in risalto l'azione benefica di Dio creatore. É così delineato il significato del segno che Gesù sta per compiere; è un esempio della luce che viene nelle tenebre: "finché sono nel mondo sono la luce del mondo". Nei vv. 6-7 troviamo la sobria narrazione del miracolo. Gesù, come un terapeuta, applica del fango sugli occhi del cieco, comunicando così al poveretto la certezza che la sua condizione è presa in seria considerazione. Poi lo invia a lavarsi nella piscina di Siloe, che si trova ai piedi della collina su cui sorge Gerusalemme, a sudovest di essa. Questo fatto si collega ad altre guarigioni famose narrate dalla Bibbia. Pensiamo per esempio a Naaman il siro, che è guarito dalla lebbra dopo essersi immerso nel Giordano, su consiglio del profeta Eliseo (cf 2 Re 5, 10-14). Così anche il nostro cieco, immersosi nella piscina, guarisce dalla cecità fisica attraverso l'opera di Gesù, l'inviato di Dio. Da questo momento inizia una serie di confronti- inchieste (vv. 8-34) tra alcuni gruppi di persone e l'uomo guarito. Dapprima è interrogato dai curiosi, che vogliono sapere e conoscere tutti i particolari dell'avvenimento per avere l'esclusiva della notizia. A costoro l'uomo sa dire soltanto che egli è guarito attraverso l'opera di un uomo di nome Gesù. Poi viene esaminato dai farisei, che contestano la guarigione avvenuta di sabato. In questo giorno, infatti, non è permesso alcun lavoro ed impastare del fango è proibito. Essi consultano anche i genitori dell'uomo guarito, per avere ulteriori spiegazioni. Di fronte all'insistenza dei farisei e alle loro contestazioni l'uomo afferma, partendo dall'esperienza fatta, che Gesù è Dio: "Da che mondo e mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non fosse Dio, non avrebbe potuto far nulla". Infine (vv. 35-41) Gesù incontra nuovamente il cieco guarito. A costui si rivela e si manifesta nella sua identità di "Figlio dell'uomo". L'uomo guarito è desideroso di credere in lui e afferma, prostrandosi: "Io credo, Signore". Ora la guarigione è completa. Ha ricevuto la vista fisica ed ora vede anche con la fede che Gesù è il Signore, il Figlio di Dio. Nello stesso tempo l'evangelista presenta i farisei che si fissano inesorabilmente nella loro cecità. Così diventano vere le parole dette da Gesù: "sono venuto... perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi".
Concludendo, di può dire che Dio Padre, per mezzo di Gesù, è sempre vicino a coloro che soffrono a causa dei limiti della natura umana. Chi incontra Gesù e si lascia curare da lui arriva sicuramente ad uscire dal buio fisico per raggiungere anche la luce della fede. In questo cammino si incontrano pure molte difficoltà che vengono dall'esterno: il giudizio degli altri, le tradizioni, i condizionamenti familiari o dei gruppi di appartenenza, le nostre attività. Se si persevera nello stare con Gesù Cristo, ascoltando la sua parola ed eseguendo le sue indicazioni, ogni difficoltà si ridimensiona e si procede nell'itinerario di fede.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
APOCALISSE
Sedicesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Dopo la triplice visione che ha accompagnato l'apertura del 6 sigillo, nel capitolo ottavo si spezza l'ultimo sigillo.
Ap 10, 1-111E vidi un altro angelo, possente, discendere dal cielo, avvolto in una nube; l'arcobaleno era sul suo capo e il suo volto era come il sole e le sue gambe come colonne di fuoco. 2Nella mano teneva un piccolo libro aperto. Avendo posto il piede destro sul mare e il sinistro sulla terra, 3gridò a gran voce come leone che ruggisce. E quando ebbe gridato, i sette tuoni fecero udire la loro voce. 4Dopo che i sette tuoni ebbero fatto udire la loro voce, io ero pronto a scrivere, quando udii una voce dal cielo che diceva: "Metti sotto sigillo quello che hanno detto i sette tuoni e non scriverlo".5Allora l'angelo, che avevo visto con un piede sul mare e un piede sulla terra, alzò la destra verso il cielo 6e giurò per Colui che vive nei secoli dei secoli, che ha creato cielo, terra, mare e quanto è in essi: "Non vi sarà più tempo! 7Nei giorni in cui il settimo angelo farà udire la sua voce e suonerà la tromba, allora si compirà il mistero di Dio, come egli aveva annunciato ai suoi servi, i profeti".8Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: "Va', prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo che sta in piedi sul mare e sulla terra". 9Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: "Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele". 10Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza. 11Allora mi fu detto: "Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re".CommentoDopo tante immagini devastatrici sembra aprirsi all'orizzonte una luce positiva. Siamo davanti ad un intermezzo radioso con un angelo che emana da sé soltanto luce. Egli è avvolto da un manto di nubi[1], ha l'arcobaleno attorno alla testa (cfr. 4,3 caratteristica di Dio), il volto spendente di luce e le gambe fiammeggianti. Dopo essersi appoggiato sulla terra e sul mare lancia il suo grido che è paragonato ad un leone che ruggisce, perché la sua voce è vigorosa e forte. Attorno a lui rombano i tuoni che sono sette, come nel salmo 29, simbolo di pienezza e trascendenza che rimandano alle coreografie teofaniche, così come si ha nella apparizione di Dio sul Sinai (Es 19,16.19). Stiamo assistendo ad una rivelazione di Dio attraverso il suo mediatore: l'angelo possente che appoggia su terra e mare dominandoli come un immenso colosso. Dio interviene nella storia corrotta e la sua presenza porta quiete come dopo una tempesta. L'arcobaleno infatti era il segno della fine del diluvio e l'inizio dell'alleanza e della pace tra il Creatore e le creature. Le nubi si squarciano e lasciano passare i raggi del sole divino. Nella scena poi vi è un elemento che ritornerà anche in seguito: il piccolo libro aperto (v.2), in greco abbiamo il vezzeggiativo "librettino", nella mano dell'angelo. Che significato potrebbe avere questo librettino? Alcuni pensano all'AT, che è una parte della rivelazione del progetto di salvezza che Dio vuole per l'umanità. Esso è aperto perché accessibile e comprensibile solo con la venuta di Cristo. Si tratta di una parola rivelata divina, come si capirà dopo. Tuttavia Giovanni non deve scrivere quello che hanno detto i sette truoni, ma mettere tutto sotto sigillo, conservare tutto mentalmente sotto segreto. Il messaggio a cui si allude è la pienezza del progetto di Dio. Tale pienezza che rimane inaccessibile è in parallelo col piccolo rotolo che vedremo ora. Forse con questo rotolino si vuole alludere al libro dell'Apocalisse, attribuendole un valore misterioso e divino. Solo alla fine l'autore sarà autorizzato a svelare il contenuto del libretto: 22,10. L'angelo stesso con un giuramento solenne si impegna a garantire il compimento di questo annunzio che ora resta segreto. Lo svelamento è imminente perché imminente è il tempo del compimento del contenuto di quel messaggio (vv.5-7). Esso accadrà quando suonerà la settima ed ultima tromba. Allora il mistero divino sarà svelato, quel mistero che solo i profeti, e tra di essi Giovanni, avevano conosciuto per rivelazione divina. Il giuramento dell'angelo forse è desunto dal libro apocalittico di Daniele 12,7. Poco prima anche a Daniele era stato ordinato, come nel nostro caso, di chiudere le parole e sigillarle fino al tempo della fine ... (cfr. Dn 12,4). La voce da un altro comando a Giovanni che deve prendere il libretto dalla mano dell'angelo e assimilarlo inghiottendolo tutto (cfr. Ez 3,1-3). Il messaggio a Giovanni e alla sua comunità che ascolta il messaggio divino provoca gioia iniziale, ma richiede un'elaborazione assimilativa faticosa e dolorosa. Si sottolinea la bellezza e la gioia della rivelazione e la fatica a comprenderla e a metterla in pratica.
- La Parola contenuta nelle Scritture viene da Dio e Dio parla per mezzo di esse. Abbiamo questa fede?
- La voce di Dio arriva a noi anche attraverso il creato. Quando? Come? Cerchiamo di ascoltarla?
- Circa la fatica della lettura, della comprensione e della esecuzione della Parola di Dio come ci poniamo?
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
[1] La nube e le tenebre sono segni apocalittici e annunciano la venuta del giorno del Signore pieno di oscurità e di dolore (cfr. Amos 8,9-10). La tenebra come un segno attraverso il quale viene annunciato il giudizio di Dio. In Mc 15,33-37 si dichiara che il giudizio di Dio su tutto il mondo sarebbe iniziato e causato dalla morte in croce di Gesù. Il segno della tenebra che rimanda alla presenza di Dio è presente nella colonna di nube e di fuoco che accompagna Israele nell'esperienza dell'esodo nel deserto (Es 13,21; 14,19; 33,9; 40,34-38). La nube-tenebra viene ricordata nelle parole di Salomone al momento della dedicazione del Tempio a Gerusalemme. Dio abita in mezzo al suo popolo nella cella oscura del Tempio (1Re 8,10-13 e 2Cr 5,11-6,1). Di tenebra-nube si parla anche nella teofania del Sinai (Es 19,9; 20,21; 24,14-18). L'oscurità accompagna molte manifestazioni di Dio. Le raffigurazioni del giorno del Signore non comportano soltanto la tenebra ma anche tutto uno scenario di sconvolgimenti cosmici di lutto e di dolore che si diffondono sulla terra. Collegandoci con la tenebra alla morte di Gesù si può dire che queste narrazioni non riguardano cose future ma ciò che avviene sulla terra. La tenebra la troviamo anche nei racconti di Marco del Battesimo al Giordano e della Trasfigurazione (Mc 1,9-11; 9,7). In questi testi abbiamo non solo i segni della nube e dell'oscurità, ma anche i cieli squarciati che lasciano passare l'intervento di Dio.
APOCALISSE
Quindicesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Dopo la triplice visione che ha accompagnato l'apertura del 6 sigillo, nel capitolo ottavo si spezza l'ultimo sigillo.
Ap 9, 1-211Il quinto angelo suonò la tromba: vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell'Abisso; 2egli aprì il pozzo dell'Abisso e dal pozzo salì un fumo come il fumo di una grande fornace, e oscurò il sole e l'atmosfera. 3Dal fumo uscirono cavallette, che si sparsero sulla terra, e fu dato loro un potere pari a quello degli scorpioni della terra. 4E fu detto loro di non danneggiare l'erba della terra, né gli arbusti né gli alberi, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte. 5E fu concesso loro non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi, e il loro tormento è come il tormento provocato dallo scorpione quando punge un uomo. 6In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; brameranno morire, ma la morte fuggirà da loro.7Queste cavallette avevano l'aspetto di cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano corone che sembravano d'oro e il loro aspetto era come quello degli uomini. 8Avevano capelli come capelli di donne e i loro denti erano come quelli dei leoni. 9Avevano il torace simile a corazze di ferro e il rombo delle loro ali era come rombo di carri trainati da molti cavalli lanciati all'assalto. 10Avevano code come gli scorpioni e aculei. Nelle loro code c'era il potere di far soffrire gli uomini per cinque mesi. 11Il loro re era l'angelo dell'Abisso, che in ebraico si chiama Abaddon, in greco Sterminatore.12Il primo "guai" è passato. Dopo queste cose, ecco, vengono ancora due "guai".13Il sesto angelo suonò la tromba: udii una voce dai lati dell'altare d'oro che si trova dinanzi a Dio. 14Diceva al sesto angelo, che aveva la tromba: "Libera i quattro angeli incatenati sul grande fiume Eufrate". 15Furono liberati i quattro angeli, pronti per l'ora, il giorno, il mese e l'anno, al fine di sterminare un terzo dell'umanità. 16Il numero delle truppe di cavalleria era duecento milioni; ne intesi il numero. 17E così vidi nella visione i cavalli e i loro cavalieri: questi avevano corazze di fuoco, di giacinto, di zolfo; le teste dei cavalli erano come teste di leoni e dalla loro bocca uscivano fuoco, fumo e zolfo. 18Da questo triplice flagello, dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che uscivano dalla loro bocca, fu ucciso un terzo dell'umanità. 19La potenza dei cavalli infatti sta nella loro bocca e nelle loro code, perché le loro code sono simili a serpenti, hanno teste e con esse fanno del male.20Il resto dell'umanità, che non fu uccisa a causa di questi flagelli, non si convertì dalle opere delle sue mani; non cessò di prestare culto ai demòni e agli idoli d'oro, d'argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare; 21e non si convertì dagli omicidi, né dalle stregonerie, né dalla prostituzione, né dalle ruberie.CommentoAl suono di tromba del quinto angelo un altro astro precipita sulla terra. Ma l'attenzione non si rivolge all'astro caduto ma all'angelo che riceve la chiave dell'Abisso infernale (in ebraico tehòm, cioè la sede delle acque caotiche che mettono in difficoltà il creato) qui rappresentato come un pozzo dal quale escono vapori e fumi. Questo pozzo ritornerà in scena nel cap. 20. La caduta della stella potrebbe anticipare la caduta del falso profeta, della bestia e di Satana che sarà descritto poi nel cap. 20. Appena tolto il coperchio dal pozzo escono fumi e vapori che inquinano l'atmosfera. Forse l'autore nella narrazione si ispira a Gen 19,28, il fumo che sale da Sodoma. Che significato potrebbe avere questa immagine? Nel mondo è presente il demoniaco ed è capace di danneggiare la creazione di Dio. Tutto però resta sempre sotto il controllo del Creatore, infatti è lui che ha le chiavi e permette questa apertura per mostrare i contorni mostruosi del male. Le cavallette che escono dal fumo rimandano all'ottava piaga d'Egitto (cfr. Es 10,12-15), un flagello endemico in oriente narrato anche da Gioele (capp. 1-2). Le cavallette che escono dal fumo hanno un profilo mostruoso e demoniaco; esse si scatenano sulla terra con tutta la loro forza distruttrice e velenosa (vv. 3-4). Le cavallette sono paragonate agli scorpioni simbolo del demonio. Ad esse viene data una consegna contro natura: passare da esseri erbivori a carnivori. Infatti devono aggredire gli uomini infedeli e peccatori e che non possiedono il sigillo divino. Sono strumenti del giudizio divino ma per un tempo limitato, cinque mesi (v. 5). La loro azione sarà terribile e provocheranno il desiderio della morte. È la disperazione di chi ha nausea e vergogna di una vita sulla quale incombe il giudizio di Dio e spera in una liberazione data dalla morte, che però non viene. Questo dramma si trova descritto anche nei classici antichi. Il narratore enfatizza la narrazione sulle cavallette, frutto della sua immaginazione e sembra dimenticarsi del contesto generale per fissarsi soltanto su questi animali portatori della punizione divina. Segue poi una menzione alla guerra e ad un generale che guida questo evento assiso sul suo cavallo. Siamo davanti al trionfo di un conquistatore, alla sua forza e al suo potere. Forse si allude ai Parti (cfr. 6,1-2). Anche l'attrezzatura descritta è in linea con la prospettiva militare. Le cavallette sembrano uno stuolo di carri in marcia o una squadriglia aerea. Qui si vuole sottolineare non tanto l'evento in sé ma la potenza distruttiva del demoniaco. In esse si può intravedere anche la tentazione della lussuria che incanta e seduce l'umanità. Nelle zanne leonine si può intravedere il simbolo della violenza. In questi animali si concentrano le mille sfaccettature del male. Ritorna poi lo scorpione simbolo per eccellenza del demoniaco in tutto l'Oriente. Le locuste con le loro code velenose diventano segno del male e dell'azione satanica che avvelena la vita e la coscienza. A capo di questa armata mostruosa c'è l'angelo dell'Abisso che porta un nome infernale espresso in ebraico e in greco, le due lingue della Bibbia. In ebraico Abaddon, un termine che deriva dal verbo distruggere e nell'AT ricorre 5 volte per designare gli inferi ed il regno dei morti. In greco il termine è Apollyon (con una allusione ad Apollo?) che significa sterminatore e richiama l'Angelo che stermina i primogeniti in Egitto (Es 12,23). Questo angelo della morte spirituale ci ricorda quanto dice il libro della Sapienza 2,24. Tuttavia il trionfo del male è limitato, non è totale e definitivo, dura solo 5 mesi un tempo circoscritto. Come era accaduto per il sesto sigillo così anche la sesta tromba che suona ha un rilievo particolare. Essa è accompagnata da una voce che esce dai corni dell'altare dell'incenso, già presentato in 8,3, all'interno del tempio celeste modellato sulla base di quello gerosolimitano. La voce invita a liberare i 4 angeli prigionieri sul fiume Eufrate. Forse vi è un rimando ai 4 re orientali che combatterono contro Abramo (cfr. Gen 14). In ebraico re melakim e angeli malakim hanno il suono simile. Al tempo in cui fu scritta l'Apocalisse l'Eufrate segnava il confine tra l'impero romano ed i parti. Era quindi un luogo di tensione e di possibili scontri. Gli angeli incatenati sono strumenti che incutono terrore e quindi vanno liberati. Essi liberati irrompono come una fiumana che tutto travolge. Essi però non sono autonomi come il male non è mai indipendente. Essi si scatenano soltanto su un terzo dell'umanità con un tempo circoscritto con ora, giorno, mese e anno (v. 15). L'ora delle tenebre fa parte di un progetto divino che è ben pianificato. Le forze del male sono poderose, ma questa enfatizzazione ha lo scopo di affermare che la potenza del male c'è nella storia ma superiore è la potenza divina che controlla. Ancora una volta si ricorda che il castigo divino è sempre limitato e mai totale. Con queste bocche infernali si vuole evocare la loro parola perversa, il loro discorso deleterio simile a fumo che asfissia. Infine il flagello della guerra è sempre demoniaco. L'umanità però non si converte e persevera nei suoi peccati (vv.21-22). Ma la più grave resta l'idolatria.
- nel mondo è all'opera il Maligno. Ne siamo consapevoli? Come ci difendiamo?
- Occorre convertirsi. Cosa significa convertirsi?
- Dio punirà chi fa il male.
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- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 12 marzo 2023 - III domenica di Quaresima
Si converte chi sta col SignoreEsodo 17, 3-7 . Salmo 94 . Romani 5, 1-2.5-8 . Giovanni 4, 5-42
LetturaNella terza domenica di quaresima s'incontra il passo dell'evangelista Giovanni detto "della samaritana". Nel racconto troviamo però presentate anche altre scene, che capitano attorno al pozzo di Giacobbe. Il brano si trova nella grande sezione del vangelo, dopo il prologo (Gv 1, 1-18), indicata come "Il libro dei segni" (Gv 1, 19-12, 50). In questa parte l'evangelista presenta il ministero pubblico di Gesù attraverso il quale, con segni e parole, mostra se stesso al popolo come rivelazione del Padre. Tale manifestazione produce di conseguenza il rifiuto da parte della gente: "venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto".
Gv 4, 4-424 Gesù Doveva perciò attraversare la Samaria.5 Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7 Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: "Dammi da bere". 8 I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9 Allora la donna samaritana gli dice: "Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10 Gesù le risponde: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva". 11Gli dice la donna: "Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?". 13 Gesù le risponde: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; 14 ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna". 15 "Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua". 16 Le dice: "Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui". 17 Gli risponde la donna: "Io non ho marito". Le dice Gesù: "Hai detto bene: "Io non ho marito". 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero". 19Gli replica la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta! 20 I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". 21 Gesù le dice: "Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24 Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità". 25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa". 26 Le dice Gesù: "Sono io, che parlo con te".27 In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: "Che cosa cerchi?", o: "Di che cosa parli con lei?". 28 La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29 "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?". 30 Uscirono dalla città e andavano da lui.31 Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia". 32 Ma egli rispose loro: "Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". 33 E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?". 34 Gesù disse loro: "Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35 Voi non dite forse: "Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura"? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36 Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37 In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. 38 Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica".39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". 40 E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: "Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".CommentoNei primi versetti (Gv 4, 4-6) l'introduzione inquadra il racconto dal punto di vista geografico e degli spostamenti di Gesù. Egli, che è in viaggio verso Gerusalemme, deve attraversare la Samaria e, durante il tragitto, si ferma al pozzo di una città chiamata Sicàr. Questa è probabilmente da identificare col piccolo abitato di Sichem, che sorgeva a duecento metri dal pozzo di Giacobbe. Il villaggio ebbe nell'antichità un posto molto importante perché legato alle vicende dei patriarchi e perché costruito ai piedi del monte Garizìm, su cui sorgeva il tempio dei samaritani. A Sichem, dopo la distruzione di Samaria, si radunò la comunità samaritana, la quale riteneva di discendere da Giuseppe figlio del patriarca Giacobbe. A questo punto il racconto presenta tre scene avvenute attorno al pozzo. La prima (Gv 4, 7-26) è dominata dal dialogo di Gesù con la samaritana, che oltre ad essere donna appartiene ad un popolo considerato di razza inquinata e quindi pagano. Di conseguenza tra ebrei e samaritani non c'erano rapporti facili. Per tale ragione la donna rimane stupita dalla domanda fattale da un ebreo di nome Gesù: "dammi da bere". Il resto del dialogo vuole portare la samaritana ad incontrare autenticamente Gesù. La donna ha molte difficoltà ad accogliere la comunicazione di Gesù perché condizionata dalle sue esperienze ed esigenze materiali ("Signore tu non hai un mezzo per attingere ed il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? ... dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua"), dalle vicende affettive (aveva avuto cinque mariti) e dalle tradizioni religiose ("i nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte..."). Gesù, con grande pazienza ed amabilità, spiega ogni cosa e prepara così il terreno perché la sua interlocutrice possa riconoscere in lui il Messia; ad ella Gesù dice: "sono io che ti parlo". La seconda scena (Gv 4, 27-38) vede interagire Gesù ed i discepoli. Anch'essi si rivolgono al maestro partendo da un problema concreto: "Rabbi, mangia"; egli risponde portando la conversazione su di un piano diverso: "ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". I discepoli non colgono lo spessore delle parole di Gesù ed egli interviene nuovamente per chiarire il suo pensiero, sottolineando la sua preoccupazione principale che consiste nel fare la volontà del Padre: "mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera". Per spiegarsi meglio cita due detti proverbiali. Come la natura lentamente svolge il suo corso, così anche la volontà di Dio gradualmente si realizza in pienezza nella storia delle persone. Di conseguenza, coloro che sono chiamati a lavorare nell'«azienda del Signore» non devono essere preoccupati della mansione da svolgere, ma di mettersi al servizio della volontà del Padre che, da protagonista, è all'opera in tutti: "levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura". L'ultima scena (Gv 4, 39-42), già anticipata nei vv. 29-30, presenta "molti samaritani di quella città", che vanno da Gesù stimolati dalle parole della donna. Costoro credono in Gesù attraverso la testimonianza della samaritana, ma la loro fede si stabilizza dopo essere stati due giorni con lui. Infatti essi dicono: "Non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".
In conclusione possiamo affermare che ogni itinerario di vita cristiana deve portare ad un incontro autentico con Gesù Cristo. Egli è riconosciuto ed accolto soltanto quando, anche col suo aiuto, ci si libera da tutte le sovrastrutture che impediscono un rapporto immediato, libero e decisivo. Chi sta al suo gioco diventa, di conseguenza, testimone ed evangelizzatore, perché altri lo possano incontrare. Al riguardo è necessario vigilare attentamente, perché la salvezza non è data dai discepoli, ma da Gesù Cristo che porta gli uomini in comunione col Padre. Per questo ogni esperienza ecclesiale diventa significativa ed incisiva se porta le persone a "stare" in compagnia assidua con Gesù Cristo, ad ascoltarlo e a vederlo.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 5 marzo 2023 - II domenica di Quaresima
Solo Gesù può donare la salvezza del PadreGenesi 12, 1-4a . Salmo 32 . 2 Timoteo 1, 8b-10 . Matteo 17, 1-9
LetturaDopo il tredicesimo capitolo, in cui Gesù attraverso parabole parla del regno dei cieli, seguono altri due dove l'evangelista ha raccolto episodi di conflitto e di rivelazione. I conflitti sono con gli abitanti di Nazaret o con altri connazionali, nei confronti dei quali Gesù contesta il modo di applicare la legge. Attraverso miracoli egli si manifesta sempre più alle genti, per poi arrivare a parlare direttamente e personalmente con i discepoli. Infatti, dopo aver chiesto ad essi, ed in particolare a Pietro, di professare la fede, nel famoso dialogo avvenuto a Cesarea di Filippo, Gesù fa conoscere ai discepoli che egli dovrà morire e che anch'essi nella vita porteranno la croce dietro a lui. Con questa esperienza che vivono cerca di rincuorarli.
Mt 17, 1-91Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: "Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo". 6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: "Alzatevi e non temete". 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. 9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: "Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti".CommentoIl brano del vangelo della seconda domenica di quaresima è abitualmente chiamato "vangelo della trasfigurazione". Questa, di fatto, costituisce soltanto uno degli aspetti in cui si articola il racconto di Matteo. Il primo versetto funge da introduzione. Qui l'evangelista colloca geograficamente la scena - "in disparte, su un alto monte" - e presenta i personaggi. Gesù è il protagonista. Egli, prendendo l'iniziativa, porta "con sé Pietro, Giacomo e Giovanni", tre dei suoi discepoli. La vicenda sul monte si snoda in tre sequenze. Nella prima troviamo presentata la trasfigurazione di Gesù, attraverso la quale egli cambia radicalmente l'aspetto del suo volto ed anche delle vesti, e l'apparizione di Mosé ed Elia, che si intrattengono amabilmente con lui. Alla scena assistono direttamente i discepoli, perché tutto avviene "davanti a loro". La seconda si apre con le parole di Pietro rivolte a Gesù. Egli, che desidera prolungare quell'esperienza, perché era per loro bello stare sul monte, propone la costruzione di tre capanne per Gesù ed i personaggi celesti, affinché la loro presenza potesse perdurare. Segue poi una nuova apparizione: "una nube luminosa li coprì con la sua ombra". La nube, nella tradizione biblica, è il segno concreto della presenza di Dio. È Dio Padre, quindi, che in quel momento si fa presente sul monte e la voce udita ne è la conferma. Le parole pronunciate da Dio riguardano Gesù, il quale non è come Mosé ed Elia, anche se si colloca in quella scia luminosa. Gesù è proclamato "Figlio amato", voluto e scelto dal Padre per rivelare e realizzare la salvezza definitiva degli uomini. Per questo occorre ascoltarlo. La sequenza si chiude riportando l'attenzione sui discepoli che, "presi da grande timore cadono con la faccia a terra", in quanto non riescono a reggere davanti al mistero di Dio che si rivela. Nell'ultima sequenza Gesù prende nuovamente l'iniziativa e, coerentemente con la missione ricevuta dal Padre, si avvicina ai discepoli, li tocca, risollevandoli dalla prostrazione in cui erano caduti, e con le sue parole li invita a non aver paura. I discepoli, infatti, d'ora in poi vedranno solo Gesù e solo lui potrà far giungere fino a loro la salvezza, dono del Padre. La conclusione del brano presenta il gruppetto che scende dal monte e le consegne date da Gesù ai suoi: "non parlate a nessuno di questa visione ...". Infatti, soltanto dopo la resurrezione di Gesù essi avranno piena consapevolezza del dono ricevuto e dell'esperienza fatta; allora saranno anche in grado di parlare in modo significativo, cioè essere testimoni.
Si può dire che ai discepoli, chiamati a seguire il maestro da vicino condividendo anche la croce, affinché non si perdano d'animo, Gesù concede ad alcuni di viver la forte esperienza sul monte. In quel luogo egli non solo è presentato continuazione e compimento della storia della salvezza, ma, attraverso le parole del Padre, è indicato come l'unico che possa risollevare i suoi, dar loro coraggio, interpretare le parole del Padre e rendere partecipe della salvezza. Questa sarà sperimentata pienamente soltanto con la resurrezione di Gesù e dei discepoli, di cui la vicenda sul monte è un anticipo. Nel frattempo Gesù continua a camminare amorevolmente con i suoi per i sentieri del mondo e del tempo.
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APOCALISSE
Quattordicesima Lettura
Lettura
Siamo sempre all'interno della sala dove si celebra la liturgia celeste. Dopo la triplice visione che ha accompagnato l'apertura del 6 sigillo, nel capitolo ottavo si spezza l'ultimo sigillo.
Ap 8, 1-131Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo per circa mezz'ora.2E vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio, e a loro furono date sette trombe. 3Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono. 4E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi. 5Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto.6I sette angeli, che avevano le sette trombe, si accinsero a suonarle.7Il primo suonò la tromba: grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra andò bruciato, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde andò bruciata.8Il secondo angelo suonò la tromba: qualcosa come una grande montagna, tutta infuocata, fu scagliato nel mare. Un terzo del mare divenne sangue, 9un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto.10Il terzo angelo suonò la tromba: cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. 11La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono a causa di quelle acque, che erano divenute amare.12Il quarto angelo suonò la tromba: un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e così si oscurò un terzo degli astri; il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente.13E vidi e udii un'aquila, che volava nell'alto del cielo e che gridava a gran voce: "Guai, guai, guai agli abitanti della terra, al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!".CommentoL'Agnello Cristo rompe l'ultimo sigillo che chiudeva il libro della storia umana. In cielo si crea un silenzio magico e surreale, segno di stupore e di contemplazione (v. 1). Che significa la citazione di un silenzio di mezz'ora? È un tempo breve e imperfetto. È un silenzio di sospensione e di attesa di un evento che viene seguito col fiato sospeso. Poi l'apostolo vede sette angeli di alto rango che stavano ritti davanti a Dio ai quali vengono consegnate sette trombe. Si prepara un evento da vedere e da sentire. Appare un altro messaggero divino che si accosta all'altare del tempio celeste. qui vediamo un collegamento ancora con il Tempio di Gerusalemme dove c'era l'altare dell'incenso sul quale continuamente si innalzava il fumo profumato simbolo della preghiera del popolo (Es 30,1-10 e Sal 141,2). Il rito descritto sembra richiamare il sacrificio vespertino al Tempio quando il sacerdote con un carbone preso dall'altare degli olocausti incendiava un pugno di incenso sull'altare d'oro dei profumi. Anche nel tempio celeste sale questo profumo che è formato dalle preghiere fatte dai santi che stanno davanti al trono di Dio e dagli angeli (v.4). Improvvisamente la scena liturgica viene attraversata come da un fulmine. Con un gesto inatteso l'angelo scaglia l'incensiere colmo di fuoco sulla terra. Al posto del silenzio e della lode precedenti subentrano tuoni, fulmini, clamori e terremoto. Che senso possiamo dare a questi due momenti? Forse si deve pensare che la preghiera dei santi-cristiani è un appello efficace perché Dio irrompa nella storia per correggerla, per vincere il male e cancellare le vergogne presenti. Ma quel fuoco è anche calore e luce per i credenti che assistono all'irruzione divina nella storia. Col v.6 si apre un nuovo possente settenario degli angeli trombettieri. La tromba nella Bibbia non è solo uno strumento musicale liturgico ma è anche simbolo che scandisce l'irrompere dei tempi ultimi del mondo e dell'umanità (cfr. Giele 2,1; Sofonia 1,16; 1Tes 4,16). Il suono dei primi quattro squilli di tromba è descritto con scene parallele tra loro. È da notare che i flagelli, che accompagnano ogni squillo, si collegano alle piaghe descritte nel libro dell'Esodo piombate sugli egiziani (7,14-11,10). Il primo angelo col suo squillo di tromba introduce una sciagura planetaria. Essa rimanda all'ultima piaga d'Egitto, quella della grandine e dei fulmini, qui si aggiunge anche il sangue (cfr. v.7 ed Es 9,23-25). Queste immagini hanno lo scopo di mettere in scena ed immaginare come potrebbe essere il giudizio divino sulla storia. Non è il giudizio finale e definitivo, soltanto un terzo subirà il giudizio. Questo significa che è uno sconvolgimento controllato dell'armonia e dell'ordine della creazione, che Dio decide per correggere l'umanità. La scena seguente il suono della seconda tromba sembrerebbe evocare l'eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C. L'autore si ispira a modelli apocalittici tradizionali che descrivevano caduta di corpi celesti (vv.8-9). Il mare si fa parzialmente sangue e l'immagine rimanda al Nilo che divenne sangue (cfr.7,20-21). La catastrofe colpisce la terra, il mare e tutta la natura. Al terzo squillo di tromba sono ancora le acque ad essere colpite, quelle dolci e potabili (vv.10-11). A causa della caduta di un asteroide chiamato Assenzio, che richiama un sapore amaro (cfr. le acque amare nel deserto Es 15,23-26). Questi flagelli che cadono dal cielo sembrano alludere alla ribellione e caduta degli angeli che largo spazio ebbero nella letteratura apocrifa giudaica. Le stelle incarnavano gli angeli e la stella che cade diventa simbolo della caduta degli angeli (cfr. Lc 10,18). Col suono della quarta tromba si passa al cielo e all'aria (v. 12). La nona piaga d'Egitto consisteva nell'oscurarsi del sole e degli astri (Es 10,21-23). Ora viene ripresentata con lo sconvolgimento dei ritmi del sole, della luna e delle stelle. Le tenebre però non dominano completamente sul mondo, solo un terzo della luce è annientata. C'è ancora tempo per decisioni che possono mutare la nostra sorte. Alla fine nel cielo appare un'aquila che sembra mettere in guardia per evitare successivi flagelli collegati con le altre trombe. Dio nella Bibbia è raffigurato come aquila che protegge i suoi piccoli (cfr. Es 19,4 e Dt 32,11).
- Dio interverrà sicuramente nella storia per equilibrare le cose.
- Il giudizio di Dio ci sarà ma non sappiamo come sarà. Che idea abbiamo del giudizio di Dio?
- La preghiera dei cristiani e l'ascolto di Dio possono fare in modo che il giudizio sia benevolo e che si possa attuare delle celte che porteranno ad evitare la condanna. Cosa possiamo fare noi?
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?