Rubrica, curata da
don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.
Pasqua di Risurrezione 12 aprile
Il cristiano, uomo dell'attesa, è colui il quale per leggere il gran libro della storia comincia sempre dalla fine(Card. Etchegaray)
Leggere un libro, sapendo già il finale, potrà anche essere noioso; però ci permette di avere una chiave di lettura su tutto il testo, di interpretarlo più correttamente, di coglierne le sfumature nascoste. Il finale della vicenda di Gesù, centro della storia e dell'universo, è un finale positivo, quello della sua risurrezione. È ciò che oggi celebriamo. Esso ci permette di guardare non solo alla sua storia, ma anche alla nostra, con occhi carichi di speranza.
In questo tempo di Coronavirus abbiamo bisogno di speranza. La speranza non è tale se non ha un fondamento, altrimenti sarebbe pura illusione. Ciò che ci permette di sperare e di continuare a guardare avanti, insieme a tutti gli sforzi che l'uomo sta compiendo per debellare questo grande problema, non può essere solo terreno; ci è necessaria una speranza più grande, che vada oltre i nostri limiti, fatiche, delusioni e stanchezze. Questa speranza ha il nome di Gesù Cristo, morto e risorto per noi. In questo senso anche noi allora possiamo dire: "Andrà tutto bene!". Perchè "Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce" (Sal 23,1-2).
Buona Pasqua!
Sabato Santo 11 aprileLa preghiera ha per padre il silenzio e per madre la solitudine(G. Savonarola)
"Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio e solitudine". Sono queste le parole iniziali di un'antica omelia sul sabato santo. È il giorno in cui Gesù giace nel sepolcro. È il tempo del silenzio e della contemplazione.
In un epoca come la nostra, caratterizzata dall'intensità del fare e dall'efficienza, queste parole sono un po' fuori moda. Eppure, più che mai, ne avvertiamo la sete, il bisogno quasi fisico.
La preghiera, anche quando è fatta di parole, fiorisce dal silenzio e ad esso ritorna. Un silenzio non solo esteriore, ma interiore, che faccia tacere tutte le voci che impediscono di ascoltare la sola Parola che conta, quella di Dio che parla al cuore. Il silenzio di sé è il silenzio più difficile da raggiungere, ma è possibile con un esercizio quotidiano. Nella solitudine di una chiesa rimasta aperta, o nella riservatezza della propria stanza, di fronte ad un crocifisso che mi ricorda che nella solitudine non sono isolato.
In questo sabato santo, cerchiamo un po' di solitudine e di silenzio: Dio promette di parlare al nostro cuore.
Venerdì Santo 10 aprile
La vita si svolge in quattro fasi. Dapprima impariamo, poi insegniamo, poi ci ritiriamo e impariamo a tacere e nella quarta fase l'uomo impara a mendicare.(Proverbio indiano)
Anche la vita di Gesù ha attraversato queste quattro fasi. Dapprima, da bambino, impara gli insegnamenti dei suoi genitori; poi nei tre anni della vita pubblica insegna con discorsi, parabole, segni. Infine, durante gli ultimi giorni della sua vita, impara a tacere e quindi a mendicare.
A mendicare aiuto, vicinanza, ricerca di senso dal Padre per la vicenda che sta attraversando: "«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò" (Lc 23,46).
Siamo tutti un po' mendicanti. Mendicanti di affetto, dalle persone più care; mendicanti di silenzio e tranquillità, dentro il rumore e la frenesia dei nostri tempi; mendicanti di salute e di speranza, in mezzo al dramma del dolore fisico e interiore; mendicanti di senso, nelle vicende che fatichiamo a comprendere; e infine, sopra tutto, mendicanti di Dio, poiché, come afferma Gesù, "senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5).
Non abbiamo timore a sentirci dei mendicanti, soprattutto di Lui, poiché egli oggi è morto per noi e per la nostra salvezza!
Signore della vita, oggi più che mai, abbiamo bisogno di Te. Vieni in nostro aiuto!
Giovedì Santo 9 aprile
La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tratto le basta(R. Tagore)
Ci sono santi, come ad esempio San Luigi Gonzaga, che hanno avuto una vita relativamente breve (è morto a soli 23 anni), e che tuttavia hanno vissuto in pienezza. Per questo la loro vita è degna di essere ammirata e ricordata. Probabilmente hanno affrontato ogni istante di essa come se fosse l'ultimo, con grande intensità del cuore e con immenso amore, seguendo il comandamento di Gesù: "che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv 13,34). La vita se ne può andare nel tempo di un battito d'ali; per questo ogni battito d'ali è un tempo tanto prezioso quanto unico e irripetibile.
Un cantautore italiano, Branduardi, cantava: "No, non perdetelo il tempo ragazzi, non è poi tanto quanto si crede, date anche molto a chi ve lo chiede, dopo domenica è lunedì".
Gli ultimi tre anni della vita di Gesù sono stati davvero intensi; l'ultima settimana ancora di più: in essa si concentra il mistero della nostra salvezza, in tanti piccoli istanti.
Gustiamo ogni istante della nostra vita come contenesse il respiro dell'eternità; allora ogni momento sarà fonte di stupore, non sarà mai scontato e ci donerà gioia piena.
Mercoledì 8 aprile
Dio ti ha dato due orecchie e una lingua perché tu oda più che tu non parli
(S. Bernardino da Siena)
Fa sempre piacere avere qualcuno che ci ascolti profondamente, a cui possiamo dire tutto sfogandoci un poco e a cui aprire il cuore. E se seguiamo la c.d. "regola d'oro" di Gesù, "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12), intuiamo che il Signore chiama anche noi a farci attenti ascoltatori del nostro prossimo.
Ascoltare in profondità non è facile, anzi, è faticoso. Me ne accorgo soprattutto nel ministero del confessionale.
Richiede di essere attenti, di spegnere i propri pensieri per lasciare terreno libero e fertile alle parole di chi ci sta di fronte, di ridimensionarci per mettere l'altro al centro. Ma oggi, in una società in cui le parole circolano in sovrabbondanza, soprattutto attraverso i media, recuperare la dimensione del silenzio e dell'ascolto è più che mai urgente ed è un atto di grande carità verso il prossimo.
In questo periodo in cui siamo chiusi in casa per il Coronavirus, può essere un'occasione, preservati maggiormente dai consueti ritmi frenetici, quella di coltivare la dimensione dell'ascolto nella coppia e verso i figli.
Pertanto facciamo silenzio una volta di più e ascoltiamo una volta in più. Il Signore ce ne renderà merito.
Martedì 7 aprile
Le ragioni per cui credo sono simili a quelle per cui sto davanti ad una cosa bella o dico a una persona che le voglio bene(H. U. Von Balthasar, teologo)
Per quanto la ragione sia fondamentale nell'atto del credere, poiché ci aiuta ad approfondire la fede, a renderla più robusta e "ragionevole", ci accorgiamo che essa non basta. È necessario uno slancio del cuore che ci proietti in avanti e ci getti nelle braccia del Padre, che ci è venuto incontro attraverso suo Figlio Gesù. La fede, prima che un ragionamento, è quindi un'esperienza, che può essere suscitata, ad esempio, dall'incontro con il bello: stare di fronte ad un paesaggio di montagna, ad un fiore colorato, ad una bella persona, rimandano uno sguardo contemplativo a qualcosa di più grande, di sempre Oltre.
Così la fede può essere suscitata anche dall'esperienza dell'amore che viviamo quotidianamente: verso nostra moglie o marito, verso i nostri figli, verso, perchè no, gli amici più stretti. Stupirsi di fronte alla bellezza delle relazioni, soprattutto in questo tempo in cui il Coronavirus ci sta impedendo di viverle fino in fondo, significa assaporare il segno di una relazione più grande che è quella con Dio. Credere è entrare dentro una Relazione di amore che abbraccia tutti i figli dell'esistenza.
Credere quindi è fare un'esperienza: quella di un Dio "bello", buono e che mi vuole bene.
Lunedì 6 aprileNel mio qui ed ora c'è tutto e più del necessario(G. Sovernigo, prete e psicologo)
Diciamo la verità: di stare in casa iniziamo ad essere stanchi!
Se poi pensiamo che, con buona probabilità, dovremo stare chiusi in casa almeno un altro mesetto, sale in noi la tensione nervosa. Meglio non pensare troppo in là, ma vivere alla giornata.
Il miglior modo per pensare meno al futuro, è valorizzare il presente.
Pensare che, nel mio qui ed ora, ci sia più di ciò che mi è necessario. Pensare a questa giornata come potesse essere l'ultima della mia vita.
Allora ecco che la mia casa, che oggi mi sembra così stretta, quasi la vedo allargarsi, è il focolare dentro il quale custodisco gelosamente le mie cose, i miei ricordi, i miei affetti.
Inoltre il presente diventa un tempo non scontato che mi è dato come dono perchè in fondo, come è accaduto per molte persone che sono morte in questo periodo, potrei anche non esserci più, o potrebbero non esserci i miei cari.
Chiediamo al Signore la grazia di cogliere ogni momento, anche quello più scontato, come un tempo prezioso.
Chiediamo al Signore il dono della creatività, perchè non ci lasciamo vincere dalla noia e dallo scoraggiamento, ma sappiamo apprezzare il presente come tempo unico e irripetibile.
DOMENICA 5 APRILE 2020
Carissimi amiche ed amici delle parrocchie dell'Unità Pastorale Mincio (Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto) buon giorno.
Ci apprestiamo a vivere la Domenica delle Palme e tutta la settimana Santa in un modo inconsueto. Tutte le celebrazioni pubbliche sono sospese ed esse avverranno in forma strettamente privata. Ad esse vi potete partecipare collegandovi sul canale Youtube dell'Unità Pastorale Mincio.
La Settimana Santa inizia con la domenica delle Palme che ci ricorda l'ingresso di Gesù a Gerusalemme. Egli è accolto in modo festoso, ma sappiamo che dopo tale trionfo per lui inizierà l'esperienza dolorosa del tradimento, dell'arresto, del processo, della condanna, dell'esecuzione della sentenza, della crocefissione e della morte.
Oggi come allora sembra vera l'esperienza che si legge nel vangelo di Matteo: "si fece buio su tutta la terra". Siamo anche noi
nel buio a causa del coronavirus, così come lo era Gesù ed abbiamo la sensazione che il Padre ci abbia abbandonato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Gesù però, anche se vive questo momento, non cessa di confidare nel Padre e con la preghiera del Salmo 22 esprime tutta la sua confidenza in lui, la sua fiducia e la sua speranza. Gesù sa che il Padre è con lui nel segno oscuro della nube che si è fatta presente sul Golgota, così come tante volte la nube è nella Scrittura segno della presenza di Dio: nel deserto col popolo ebraico e sul Tabor alla Trasfigurazione.
Anche noi siamo nella tenebra ma non da soli, perché il Padre è con noi nel segno della comunità cristiana alla quale apparteniamo, perché Gesù ha preso su di sé tutto questo negativo che è presente nel mondo fino alla fine dei tempi e lo ha redento, lo ha trasformato con la sua passione e morte. Egli ci ha donato la speranza della vita eterna, nella quale tutti ci porterà dopo che egli stesso l'ha inaugurata per sempre. Gesù ha portato con sé sul calvario tutti coloro che sono morti in questi giorni in un modo così assurdo e senza nessuno accanto, tutti gli ammalati, tutte le sofferenze delle famiglie, come ci ricorda papa Francesco. Quindi anche se isolati e costretti a "stare in casa", non siamo soli e le celebrazioni che avvengono nella nostra Basilica, in questo tempo di Passione e alle quali abbiamo la possibilità di partecipare dalle nostre case, rinforzano la nostra comunione col Signore e tra di noi, sono il segno concreto che non siamo soli e che Gesù è con noi. Lui è con noi e noi siamo con lui e questa famiglia si rafforza e si unisce sempre di più. Io ne sono certo perché Gesù è all'opera tra di noi col suo Santo Spirito e col Padre non ci abbandonano mai. Rinnoviamo questa fiducia nelle celebrazioni della Settimana Santa, facciamolo insieme per crescere nella fede nella speranza e nell'amore.
Maria la madre del Signore e la Madre nostra, che veneriamo col titolo di "Madonna della salute", ci sostenga in questo cammino, ci protegga da ogni male e ci aiuti a camminare in comunione tra di noi e col Signore.
N.B.
Sul sito dell'Unità Pastorale Mincio troverete da questa sera un piccolo strumento per la preghiera in famiglia. Oltre a seguire le celebrazioni in Parrocchia, del Vescovo o del Papa, potete nei giorni più significativi della Settimana trovare un piccolo momento tra di voi in famiglia per la preghiera. Riuniti insieme attorno ad un tavolo, pregate nei prossimi giorni.
Raccomando sempre la lettura della Sacra Scrittura ed in particolare di seguire il commento al vangelo della domenica: "la lectio".
Se potete raccomando anche la preghiera del santo Rosario, seguendola sui media.
Per la Domenica delle Palme non sarà distribuito in chiesa, l'ulivo che avete in casa, o qualsiasi ramo verde, sarà benedetto in contemporanea con quello della chiesa e avrà lo stesso significato. Alla fine della S. Messa di domani ci sarà un breve momento di adorazione eucaristica e poi mi recherò sul sagrato per benedire con l'Eucaristia tutti gli abitanti della nostra Unità Pastorale e per chiedere il dono della guarigione e della liberazione dal virus.
Buona domenica delle Palme a tutti
don Marco
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 5 aprile 2020 domenica delle Palme
LetturaIl racconto della passione e morte di Gesù di Matteo, pur articolandosi secondo lo schema caratteristico di Marco e Luca, presenta un orientamento proprio. È necessario quindi leggere con attenzione la narrazione perché dai fatti, dai personaggi, dai discorsi e dallo stile si evidenzia che tutto è costruito per una comunità di credenti che celebra, conosce e vive il mistero centrale della salvezza. La struttura del racconto può essere così articolata: la cena di addio 26, 14-29, l'agonia e l'arresto 26, 30-56; il processo davanti ai giudei 26, 57-27, 10; il processo davanti ai romani 27, 11-31; il calvario 27,32-54 e la tomba sigillata 27, 32-66. Ci soffermeremo soltanto sulla penultima parte, iniziando da quando Gesù, schernito e spogliato del mantello, va verso la crocefissione.
Matteo 26, 14-27, 66...45A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì, lemà sabactàni?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". 47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia". 48E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. 49Gli altri dicevano: "Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!". 50Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. 51Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, 52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. 53Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. 54Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".CommentoLa prima scena è costituita da un insieme di fatti che capitano durante il tragitto verso la crocefissione. Simone di Cirene porta la croce di Gesù; sul Golgota con la bevanda di vino mescolato a fiele e con lo spartirsi le vesti, tirandole a sorte, si concretizza quanto detto dai salmi 68,22 e 22,19. Gli aguzzini, che fanno la guardia al crocefisso ed ai due malfattori, innalzati accanto a Gesù, sottolineano che il "re dei giudei" è esposto alla pubblica infamia. La croce, come ogni mezzo di tortura, prima di annientare la vita fisica del condannato, lo espropria della sua dignità umana. La seconda scena presenta gli insulti indirizzati a Gesù dai passanti, dai sommi sacerdoti e dai concrocefissi. Tutti costoro, in sintonia con l'immagine del "giusto" sfidato dagli empi (cfr.Sal 22), chiedono che Gesù manifesti la sua grandezza evitando una morte ignominiosa e degradante. Egli invece sceglie di rivelare la sua identità di figlio di Dio, rimanendo fedele al Padre anche nella condizione di estrema impotenza e miseria, caratteristiche di molti uomini. L'ultima scena narra la morte di Gesù. Il quadro complessivo è dato dalla tenebra che ricopre tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio. Questo segno si collega con le tradizionali immagini bibliche della manifestazione di Dio. In mezzo alla tenebra Gesù, ispirandosi al salmo 22, lancia un grido che da un lato rivela la prova in cui giace l'orante e dall'altro indica la piena fiducia in uno sbocco positivo, anche se ci si trova in una situazione estrema. Alcuni dei presenti fraintendono il grido di Gesù cercano, con interventi umani di alleviare le sue sofferenze. Ma egli, lanciando un altro grido, muore. Alla sua morte seguono dei segni apocalittici. Il velo del tempio si spezza ed il terremoto annuncia la resurrezione dei morti, secondo la profezia di Ezechiele 37,12. La tenebra con gli altri segni muove la reazione del centurione e di coloro che erano con lui. Costoro, assieme alle donne, costituiscono il primo gruppo di persone che, pieni di timore religioso, riconoscono in Gesù il Figlio di Dio.
Concludendo si può dire che tutto quanto accade sul Calvario è il compimento delle Scritture, che Gesù ha seguito fedelmente per compiere con amore la volontà del Padre. Questa ha la preminenza anche nell'umiliazione della croce. Anche il lettore cristiano, che incontra gli insulti rivolti al crocefisso, nutre sempre più la certezza che il giusto è effettivamente liberato da Dio. Di conseguenza la morte di Gesù, con i segni ad essa collegati, diventa la dichiarazione ufficiale della fine del compito del tempio e di tutte le tradizioni antiche, perché da quel momento inizia, per mezzo di Gesù, la vittoria definitiva di Dio sulla morte e lui è il nuovo tempio. Allora chi incontra autenticamente la morte di Gesù, sperimentando la liberazione dal male, diventa iniziatore di un movimento di conversione e di fede per sé e per gli altri, destinato a diffondersi sempre più.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.
Le lectio delle domeniche precedenti vengono salvate nella sezione Calendario - Archivio
Rubrica, curata da
don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.
Domenica delle Palme 5 aprileIl successo è la capacità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo(W. Churchill)
Questa frase del capo di stato che governava l'Inghilterra durante la seconda guerra mondiale, la vidi dipinta su un muro del reparto di psichiatria dell'ospedale di Mantova. Come un invito, a coloro che nella propria vita stavano attraversando un tempo di depressione, a reagire, a non lasciarsi trascinare nel baratro, a non perdere la speranza. Oggi è la domenica delle Palme, in cui si fa memoria di Gesù che entra trionfante tra la folla a Gerusalemme. In realtà lo attendono la passione e la croce. E quindi la risurrezione, il trionfo della vita sulla morte. La vita è fatta anche di piccole morti quotidiane, di momenti in cui l'umore si abbassa, di fasi in cui si vede tutto nero. Coltivare la speranza nel cuore significa credere che, nonostante tutto, ce la farò; che ci sarà qualcuno a prendermi per mano; che posso continuare a guardare avanti.
Che per avere successo nella vita non devo fare grandi cose: basta non lasciarmi rubare l'entusiasmo e la speranza.
Sabato 4 aprileMeglio inciampare sul pavimento che con la lingua(dalla Bibbia, Sir 20,18)
È proprio vero che le parole che usiamo possono ferire più di un pugno o di una sberla; per questo dobbiamo porre attenzione a cosa diciamo, pensarci prima bene e non muovere la lingua solo sull'onda delle emozioni. Ciò è esercitare la virtù della prudenza.
Prima di parlare, se è possibile, può giovare farci tre domande. La prima è: cosa sto per dire? Ma la seconda domanda è altrettanto importante: come lo dico? Dire una cosa buona con tono aggressivo e arrabbiato deforma il contenuto di ciò che affermo, poiché la forma è già sostanza. Infine l'ultima domanda riguarda il fine: perchè lo dico? Qual'è la mia intenzione? Dico questa cosa per informare o per attaccare, per comunicare qualcosa o per togliermi un sassolino dalla scarpa?
La lingua può essere incisiva come una spada a due tagli e comunica ciò che abbiamo nel cuore. Per questo è meglio inciampare sul pavimento che con la lingua.
Venerdì 3 aprileTutti siamo forestieri. È un autentico cristiano chi riconosce d'essere forestiero perfino nella propria casa e nella propria patria.(Sant'Agostino)
Se avessimo piena consapevolezza che in fondo in questo mondo siamo davvero ospiti, che la vita terrena è un pellegrinaggio che dura un breve tratto, e che nulla di fatto è nostro ma è dato come un dono, guarderemmo alle cose, alle persone e alla vita in tutt'altra prospettiva.
San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi scrive: "Che cosa possiedi che tu non l'abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perchè te ne vanti come se non l'avessi ricevuto?" (1 Cor 4,7).
Tutto ciò che possiedo è passeggero. Che cosa posso dire veramente "mio"? Vale la pena di legarsi in modo bramoso alle cose?
Sono italiano: per diritto, per nascita, per storia. Ma non siamo in fondo tutti un po' forestieri in un'unica patria che è questo mondo? È proprio così lecito impedire ad una persona che muore di fame nel proprio paese, di spostarsi nel mio ove esiste, probabilmente non grazie a me, maggiore benessere?
In fondo il significato della parola "cattolico" è "universale".
Se avessimo la consapevolezza di essere tutti forestieri in questo mondo, il nostro cuore sarebbe più attento alle cose essenziali, le nostre mani più generose, i nostri piedi, che toccano questa terra, più grati alla vita.
Giovedì 2 aprileChi può, metta; chi non può, prenda(nelle strade di Napoli)
Questa frase è stata scritta su un cesto appeso con una corda ad un balcone di Napoli, visibile a coloro che passavano per la strada. Fa appello alla coscienza e alla generosità delle persone, in questo periodo difficile che, per la cessazione del lavoro, rischia di mettere in difficoltà economica alcune famiglie che normalmente non hanno problemi di sussistenza. Chi può, metta dentro dei generi alimentari; chi non può, cioè chi non ha mezzi sufficienti, li prenda liberamente e li porti a casa. In questi giorni mi sto rendendo conto di come si stia risvegliando nella gente un senso di solidarietà generalizzato. Singole famiglie, imprese, chiedono in parrocchia se ci sono persone che hanno problemi economici e sono disposte a dare o fare qualcosa. Anche dai giornali si legge come diversi imprenditori, e anche la diocesi mantovana, abbiano donato dei soldi a favore degli ospedali che necessitano di risorse economiche ulteriori, per supplire alla carenza di mezzi per la cura delle persone. Nei periodi più difficili, nell'uomo si risveglia o il peggio o il meglio di sé, ma quasi sempre è quest'ultimo a prevalere, quel senso di solidarietà che il Signore ha messo nelle profondità del nostro cuore e che rende l'uomo autenticamente uomo e "sacramento" dell'amore di Dio.
Mercoledì 1 aprileAfferrate stretto un fiore, ed esso non potrà più rivelarvi la sua bellezza; appassirà miseramente(H. Nouwen, scrittore)
Talvolta nel desiderio buono di tenere in mano un fiore per annusarlo, apprezzarne il profumo e la bellezza, corriamo il rischio di stringerlo troppo forte e di rovinarlo. Così è anche nel rapporto con le cose; così è soprattutto nelle relazioni con le persone. Vivere un rapporto autentico, di qualunque tipo esso sia (parentale, di amicizia, di amore...), significa sempre garantire all'altro quello spazio di libertà che gli permetta di essere ciò che si sente chiamato ad essere. Così ad esempio è con i figli. Talvolta, per il rischio di perderli, li teniamo stretti a noi, ne controlliamo e misuriamo ansiosamente ogni minimo passo, ma in realtà corriamo il rischio di soffocarli, di far perdere loro la libertà di esprimersi e la gioia di vivere. Finiamo per soddisfare più un nostro bisogno che perseguire il loro bene.
Teniamo aperta la mano con fiducia, coraggio e tenerezza: il fiore vivrà e spargerà tutto il suo profumo.
Martedì 31 marzoUna nave ancorata al porto è sicura, ma non per questo si costruiscono navi(W. Shed, scrittore)
Questa riflessione è per tutti, e in modo particolare per i giovani, per chi, cioè, ha tutta una vita davanti. Una nave non è costruita per rimanere ancorata al porto, ma per prendere il largo, gettare le reti per la pesca, scoprire nuove terre o anche semplicemente assaporare il vento sulla pelle. La navigazione potrà essere talvolta nella quiete, talvolta burrascosa o in mezzo alla tempesta. Ma per scoprire la bellezza della traversata, vale la pena correre questi rischi. Il rischio di camminare, di compiere dei passi, di prendere scelte importanti e definitive, di fare qualche gesto buono che sia controcorrente, il rischio, dimenticandosi di sé, di donare sé stessi. Dopotutto anche Dio si è preso un rischio con noi, quello di averci creati e creati liberi, nella speranza che facessimo della nostra vita un capolavoro. Dio ci ha creati con il desiderio dell'Infinito nel cuore. Non accontentiamoci di una vita calma e piatta, ma proviamo a fare in modo straordinario ogni cosa ordinaria, a gustare la presenza dell'Infinito in ogni cosa finita. Questa è la via per la santità; questa è la via per la felicità.
Lunedì 30 marzoNon darti troppo pensiero se uno è per te o contro di te; preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto ciò che fai(dall'Imitazione di Cristo, testo medievale)
Ciò che gli altri pensano su di noi ha un grande effetto sul nostro stato d'animo, sui nostri pensieri e sulle nostre azioni. Ciò è tanto più vero quanto più si tratta di persone di cui abbiamo stima o a cui siamo comunque legati. Quando gli altri parlano bene di noi, ci sentiamo su di morale, andiamo in giro fieri e a testa alta; quando invece queste persone criticano il nostro operato, il rischio è quello di sentirci depressi, giù di morale.
L'effetto che può scaturire è quello di vivere come una banderuola, che segna il vento favorevole o contrario, rimanendo in balia del giudizio altrui.
Se invece riesco a distaccarmi dal giudizio altrui e a mettermi in ascolto della Parola del Padre che, come nel battesimo di Gesù, mi dice: "Tu sei il figlio mio, l'amato, in te ho posto il mio compiacimento" (Mc 1,11), allora mi sento amato per quello che sono e scopro che posso affondare saldamente le radici in questa verità. Sì, o Padre, "Tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, ti sono note tutte le mie vie" (Sal 139,1-3).
Allora so, o Dio, che tu sei con me in tutto ciò che penso, sento e faccio, e non sono in balia più di nulla, nemmeno del giudizio degli altri.
DOMENICA 29 MARZO 2020
Buona domenica amiche ed amici delle parrocchie dell'Unità Pastorale Mincio (Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto).
Anche in questa quinta domenica di Quaresima vi raggiungo con una riflessione legata alle letture della Liturgia della Parola, per incrementare la nostra amicizia, per progredire insieme nella fede e per stringerci assieme a Gesù Cristo unico nostro pastore e guida.
Il vangelo di Giovanni, che narra l'episodio di Lazzaro, amico di Gesù richiamato in vita, ci invita a riflettere seriamente su questo tempo particolare che viviamo. Forse anche noi rivolgiamo a Gesù la stessa invocazione delle due sorelle di Lazzaro, Marta e Maria: se tu fossi stato qui tutte queste persone non sarebbero morte, non si assisterebbe alla velocissima diffusione del virus, non ci sarebbe questa crisi totale a cui assistiamo. E gridiamo: Gesù dove sei!
Gesù risponde con le stesse parole pronunciate alle due sorelle: "questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio". Ora noi vediamo solo la morte, il buio, il dolore, ma certamente si manifesterà la gloria di Dio: Gesù Cristo morto e risorto.
Infatti in tutti noi è radicato lo Spirito Santo fin dal giorno del nostro Battesimo (1a lettura dal profeta Ezechiele), per cui siamo persone viventi qui ora e per sempre nell'eternità. La presenza dello Spirito di Dio in noi, dice Paolo scrivendo ai cristiani di Roma (2a lettura), ci ha fatti morire al peccato ed in noi c'è il germe fecondo che ci risusciterà come ha risuscitato Cristo Signore.
Ci sono poi degli aspetti nella nostra vita che sono realmente anticipazioni della vita eterna che Dio ci darà. Lazzaro, Maria e Marta erano amici di Gesù. L'amicizia, il volersi bene tra persone, l'affetto vero sono manifestazioni dello Spirito di Dio che è in noi e sono anticipazioni di quell'amore infinito che Dio ci donerà in Paradiso. Se ci amiamo percorriamo giorno per giorno la scala che ci porterà certamente nel Regno dei cieli con Dio e con i nostri cari. Quindi facciamo di tutto per volerci bene e ogni sera, se ci fossero stati screzi, incomprensioni, liti, chiediamoci scusa e ripartiamo radicati nell'amore reciproco.
Gesù pianse quando si rese conto che l'amico Lazzaro era morto. Il pianto di Gesù rivela, oltre all'affetto che egli nutriva per l'amico, la grande sensibilità del maestro di Galilea che riservava nei confronti di ogni persona. Anche noi, come Gesù, se curiamo la nostra sensibilità per gli altri, l'attenzione per le persone che ci circondano, se piangiamo davanti alle sofferenze degli altri, davanti ai poveri abbandonati, davanti a tanti paesi martoriati dalle guerre ed in particolar modo la Siria, davanti ai bambini che muoiono ogni giorno perché denutriti o ammalati, davanti ai profughi che fuggono dalla guerra e dalla fame, siamo animati dallo Spirito di Dio che è in noi.
Immagino che anche noi, come i discepoli di Gesù, in questi giorni siamo pieni di paura. Gesù ci rivolge le stesse parole pronunciate ai suoi: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Con coraggio e decisione rispondiamo: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Professiamo la nostra fede in Gesù Cristo e nella vita eterna domani mattina personalmente ed insieme quando alle ore 10 celebreremo in comunione la s. Messa. Tutti potrete partecipare da casa collegandovi su Youtube in diretta.
O Signore crediamo che tu sei il Cristo, che tu hai vinto la morte e vincerai anche questo morbo che ci sta affliggendo. Crediamo che ci libererai dalle paure e dai lacci della nostra morte. Sostieni la nostra fede, te lo chiediamo per intercessione di Maria che noi veneriamo col titolo di Madonna della Salute, Amen.