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Pillole di Spirito 20 - 26 aprile 2020

Rubrica, curata da don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.


Domenica 26 aprile

Quella di voler sperimentare tutte le cose è una strada tortuosa
e un cammino senza fine.
(San Bernardo di Chiaravalle)

2020-04-26  
  Oggi viviamo in un mondo pluralistico, dove abbiamo la possibilità di usufruire e di godere di una moltitudine di cose. I bambini hanno un  sacco di attività tra cui poter scegliere nel tempo libero: calcio, karate, e qualsiasi altro sport. Sugli scaffali di un supermercato una donna che fa la spesa ha la possibilità di scegliere tra un'enormità di prodotti. Se mi metto davanti alla TV con il telecomando in mano, posso ormai navigare in un mare di canali.
  Questo pluralismo è certamente un dono per il nostro tempo, ma può trasformarsi anche in un limite poiché la mia libertà è disorientata e, paradossalmente, fa più fatica a compiere delle scelte. Si vorrebbe sperimentare tutto prima di scegliere, poiché potrebbe esserci una cosa migliore che non ho vagliato, ma a questo punto si finisce col non scegliere mai. Trasportiamo questo discorso nella relazione con le persone, nella scelta di una compagna, o in una scelta di vita, matrimoniale o religiosa, e ci accorgiamo che il rischio è quello di non scegliere mai.
  Ma ciò che da pienezza e senso alla vita non è provare tutto, ma il "gustare molto" una cosa, forse l'unica, ma fino in fondo. È giocarsi in una scelta definitiva, di donazione totale e unica, e viverla fino alla fine.
Per dirla con le parole di ieri, questa è la vera libertà: non il volo di un moscone, la libertà è partecipazione alle cose, è "giocarsi".

   


Sabato 25 aprile

La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone.
La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.
(G. Gaber, cantautore)

Quel 25 aprile di 75 anni fa, il popolo italiano vide concludersi una delle più sanguinose guerre della storia, la seconda guerra mondiale, e ottenne la liberazione da ogni forma di occupazione da parte di un paese ostile. Forse solo chi ha vissuto una guerra come quella può assaporare il dono della libertà.
Libertà non è star sopra un albero a guardare chi passa, o a godersi una brezza leggera. Libertà non è nemmeno il volo di un moscone, che vaga di qua e di là a proprio piacere a seconda di come tira il vento.
Libertà è partecipazione, è impegno, è azione, talvolta anche lotta pacifica per ciò in cui si crede e per coloro che si amano. Libertà è coinvolgimento di tutto se stessi: della mente, delle emozioni, del cuore in un progetto o in una causa che ci supera e per la quale vale la pena di vivere, forse anche morire.
Libertà è partecipazione. Facciamo memoria di tutti coloro che, in nome della libertà, hanno perso la propria vita.


Venerdì 24 aprile

Alla sera della vita saremo giudicati sull'amore
S. Giovanni della Croce
2020-04-24

C'è un bellissimo passo del Vangelo in cui Gesù afferma che, quando verrà alla fine dei tempi nella sua gloria, interrogherà ognuno di noi chiedendoci se gli abbiamo dato da mangiare quando era affamato, se gli abbiamo dato da bere quando era assetato, se lo abbiamo accolto quando era straniero, se lo abbiamo visitato quando era malato o in carcere. "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore che abbiamo avuto nei confronti dei nostri fratelli, soprattutto quelli più "poveri".
Ogni persona, in particolare la più bisognosa, è "sacramento" di Cristo, cioè sul suo volto scorgiamo il volto crocifisso e risorto di Gesù. Questa immagine è all'origine della mia vocazione sacerdotale. Quando ero ancora giovane, insieme ad alcuni amici del gruppo missionario del mio paese, aiutavo i più poveri e sul loro volto mi sembrava svelarsi il volto di Gesù sulla croce che mi diceva: "Ho sete" (Gv 19,28).
Un giorno Papa Giovanni Paolo II disse: "Gli occhi dei bambini africani ci giudicheranno".
Non restiamo indifferenti ai bisogni di chi ci circonda, anzi lasciamo che la carità verso di loro edifichi la nostra vita nel segno del sacrificio, del dono e della gioia.
Alla sera della vita saremo giudicati sull'amore.



Giovedì 23 aprile

Se il giovane sapesse e il vecchio potesse, non ci sarebbe cosa che non si farebbe
(Papa Francesco)

Gli anziani hanno, o dovrebbero avere, il dono della saggezza. L'esperienza della vita infatti ha insegnato loro molte cose di cui fare tesoro.
I giovani invece hanno, o dovrebbero avere, il dono della freschezza: si sentono protagonisti dell'esistenza che hanno davanti e vivono nel desiderio e nell'entusiasmo di poter realizzare i propri sogni.
Se ogni persona potesse essere saggia come un anziano e fresca come un giovane!
Ciò in genere non è possibile, poiché si porta con sé anche o la stanchezza della vita o l'imprudenza di chi la vita non l'ha ancora conosciuta.
È possibile tuttavia fare in modo che queste virtù, quelle della saggezza e della freschezza, si incontrino dentro qualsiasi comunità che possa dirsi "civile".
I giovani dovrebbero valorizzare gli anziani, mettersi loro in ascolto, fare tesoro della sapienza da loro acquisita soprattutto attraverso le prove della vita. In tal senso i vecchi sono un patrimonio, e non lo scarto, di una comunità.
Ma allo stesso tempo i più anziani dovrebbero dare fiducia ai giovani, lasciar loro esprimere la propria freschezza e intraprendenza, guidandoli coi propri consigli. Una comunità in cui i più anziani non "lasciano spazio" ai giovani, è una comunità senza futuro, e purtroppo questo capita spesso, si pensi solo a quanto concerne la classe politica e dirigente piuttosto che, me lo si lasci dire, anche la Chiesa stessa!
Per una comunità, fare sintesi tra la saggezza degli anziani e la freschezza dei giovani è possibile solo attraverso un dialogo autentico e sincero tra le generazioni.
Allora tale comunità potrà definirsi davvero "civile".

2020-04-23

Mercoledì 22 aprile

Io diffido di coloro che non hanno mai provato difficoltà a credere;
vuol dire che non hanno mai capito di ciò che si tratta.
(J. Green, scrittore)

Proprio nella liturgia di domenica scorsa, il Vangelo presentava la figura di Tommaso, che dubitò dell'apparizione del Signore risorto ai suoi compagni e solo quando lo vide di persona credette e disse: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28).
In fondo Tommaso ci è un po' simpatico, poiché in lui ritroviamo la parte non credente che è in noi, ovvero la nostra fatica a credere fino in fondo. Chi non ha mai avuto dubbi, forse non ha percepito che cosa significhi rimanere come dei piccoli mendicanti di fronte all'immensità di Dio: di un Dio morto e risorto, Uno e Trino, Dio e uomo allo stesso tempo.
Quando il dubbio non è radicale, ma nasce dalla percezione della propria sproporzione rispetto a Dio e alla sua grandezza, è un dubbio sano, che ci mette in moto nel ricercarlo, nell'interrogarlo, nel desiderarlo.
Un giorno, sant'Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. S'avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l'acqua del mare in una buca. Incuriosito dall'operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?» La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Sant'Agostino spiegò pazientemente l'impossibilità dell'intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l'immensità del Mistero trinitario». E detto questo sparì.


Martedì 21 aprile

Un aneddoto su San Francesco di Sales

Un giorno si presenta a San Francesco di Sales un energumeno che comincia a vomitare insulti e a gesticolare quasi volesse venire alle mani. Il santo vescovo di Ginevra, dalla proverbiale pazienza, sta come un albero sotto la pioggia. Sotto quel diluvio di ingiurie, rimane tranquillo finchè l'altro si calma. Quando finalmente tace, san Francesco dice: "Potete dire quello che volete, potete anche cavarmi un occhio, ma vi avverto che, in questo caso, me ne rimane un altro per guardarvi con amore".

2020-04-21

Lunedì 20 aprile

Anche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno
(Hermann Hesse, scrittore)

2020-04-20
  Ci sono momenti della vita in cui percepiamo di avere davvero poco valore. La nostra autostima cade sotto i piedi e rischiamo di cadere in una sorta di  depressione. Non vediamo nulla di buono in noi e crediamo che gli altri non ci diano alcun valore.
  Ma un orologio, anche quando è fermo, segna l'ora giusta almeno due volte al giorno. Non c'è persona nella quale non possiamo trovare qualcosa di buono, delle qualità e dei doni. Incluso me stesso. Convincermi di ciò non è sempre facile, quando tutto sembra andare male. Eppure Dio, che mi ha creato a sua immagine, ha messo una fiamma dentro di me che può essere sempre alimentata e fatta crescere. In questo l'aiuto di persone vicine, buone, che mi incoraggino, è determinante.
  Quando l'orologio non si muove, si muove comunque il tempo e il tempo è di Dio, non è nostro. Perciò lasciamo che il Signore riveli a noi "il tesoro nascosto nel campo" (Mt 13,44) della nostra persona, tutte potenzialità che ci ha donato, le più recondite, e abbiamo fiducia in noi stessi. Ricorda! Dio possiede una grande fiducia in te, anche quando ti sembra di essere "fermo".

Riflessione di don Marco sulla Domenica della Divina Misericordia

DOMENICA 19 APRILE 2020 – Domenica in Albis e della Divina Misericordia

    Carissimi amiche ed amici delle parrocchie dell'Unità Pastorale Mincio (Goito, Cerlongo, Solarolo e Vasto) buon giorno e buona domenica.
    Per una settimana abbiamo vissuto la grande festa di Pasqua, anche se in modalità e situazioni completamente diverse da come l'avremmo immaginata. Però Gesù Cristo è con noi e non ci abbandona mai anche in questa situazione di pandemia.
    Le letture di questa domenica mi hanno suggerito di condividere con voi alcune mie riflessioni. Il vangelo dice che i discepoli erano richiusi in casa per paura dei giudei. Temevano di subire anch'essi la stessa sorte del loro maestro. Anche noi in questi giorni siamo pieni di paure. Paura del virus e del contagio in cui si può incappare. Paura della gente perché non si sa cosa portino in giro. Paura di essere abbandonati e di non uscire più da questa situazione. Anche il papa spesso prega per tutti quelli che in questo tempo hanno tanta paura in particolare per gli anziani. Anche a noi, come ai sui discepoli, Gesù dice state in pace, non abbiate paura perché io sono sempre con voi non vi abbandono.
    Però noi oggi ci sentiamo molto Tommaso: vogliamo vedere, vogliamo toccare, vogliamo delle certezze, vogliamo le prove della sua presenza. Il non trovarci insieme, a celebrare nel Giorno del Signore, acutizza di più la distanza, il dubbio, la paura. Il trovarci insieme sostiene, da speranza, ci aiuta a compiere insieme il nostro atto di fede nel Signore risorto. Però ringraziamo la Provvidenza che alla domenica abbiamo la grande opportunità di trovarci uniti nella celebrazione Eucaristica, trasmessa dalla nostra basilica. In questo momento è un grande aiuto e ringraziamo il Signore e chi ci permette di realizzarla.
    Gesù oggi ci ricorda alcune realtà fondamentali della nostra vita cristiana.
1. Anche noi come i discepoli rinchiusi nel cenacolo abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Ci è stato donato col sacramento del Battesimo e viene continuamente rinnovato con la preghiera, con la  lettura e la meditazione della Scrittura e con l'Eucaristia. Dobbiamo esserne consapevoli sempre più: Lo spirito Santo è con noi e noi siamo il suo tempio.
2. Il Signore risorto attraverso il sacramento della Riconciliazione, affidato alla chiesa, perdona i nostri peccati, ci dona la sua misericordia e ci rende creature nuove. Questo sacramento oggi non possiamo celebrarlo, ma se chiediamo scusa e perdono al Signore la sua misericordia ci copre completamente, in attesa di vivere il sacramento.
3. Anche noi come i discepoli possiamo toccare le piaghe del Risorto. In che modo? Le sue piaghe che sono presenti nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli ammalati e sofferenti. Non possiamo muoverci è vero, ma abbiamo il dono meraviglioso degli strumenti tecnologici, che permettono di annullare le distanze. Allora telefoniamo a qualcuno che sappiamo in difficoltà. Infondiamo in lui speranza condividendo la sua prova. Facciamo in modo che non si senta solo. Realizziamo qualche video chiamata con qualcuno che da tanto non vediamo o non sentiamo. Sentirci in cammino insieme aiuta molto a proseguire con speranza. Diamo aiuto, anche economico, a chi a causa del virus non ha più risorse materiali per vivere. Sono alcuni esempi ma la vostra fantasia sicuramente trova tante strade per toccare le piaghe del Risorto e per essere non increduli ma credenti.

Auguri di buna domenica della misericordia del Signore anche a nome di don Alessandro, don Jonathan, don Fausto, il diacono Claudio e le nostre care suore che stanno felicemente riprendendosi.

Lectio divina II Domenica di Pasqua

LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 19 aprile 2020 II domenica di Pasqua

Lettura
Il brano del vangelo di san Giovanni, della seconda domenica di Pasqua, si colloca dopo il rinvenimento del sepolcro vuoto da parte di Maria Maddalena, di Pietro e del discepolo amato e segue la prima apparizione del Risorto a Maria, che lo scambiò per il giardiniere.

Gv 20, 19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". 22Detto questo, soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati".
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: "Pace a voi!". 27Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!". 28Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". 29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".
30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Commento
Il vangelo presenta due manifestazioni nel cenacolo di Gesù risorto. Nella prima, avvenuta il giorno stesso di Pasqua (vv.19-23), egli entra a porte chiuse nel "luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei" e li saluta donando loro la pace. Questa, unita alla visione dei segni della passione sulle mani e sul costato, genera gioia nei discepoli che vedono il Signore. Gesù poi invia i suoi e li manda a prolungare l'opera che il Padre aveva a lui affidato: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". A sostegno della loro missione il Risorto dona lo Spirito Santo e ad essi conferisce il compito di rimettere i peccati: "a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati...". Al centro del brano abbiamo la presentazione di Tommaso (detto Didimo cioè gemello) che, non essendo stato presente "quando venne Gesù", manifesta scetticismo ed incredulità sull'accaduto (vv.24-25). La seconda manifestazione di Gesù avviene "otto giorni dopo", quando "i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso" (vv.26-31). Il Risorto, otre ad offrire nuovamente a tutti il dono della pace, indica personalmente a Tommaso i segni della passione presenti sul suo corpo e lo invita a "non essere più incredulo, ma credente!". A questo punto Tommaso riconosce Gesù e professa la sua fede: "Mio Signore e mio Dio!". Le parole di Gesù si chiudono annunziando la beatitudine di coloro che crederanno in lui, senza vederlo di persona.

Concludendo si può dire che solo con la resurrezione di Gesù il discepolo, per mezzo della fede, può ottenere da lui la pienezza della pace e della gioia. Queste sono rese stabili dal dono dello Spirito e dalla remissione dei peccati. Anche chi è scettico o dubbioso, incontrandosi con lui, approda ad una fede vera. I doni concessi dal Signore risorto sono per tutti i discepoli che hanno fede in lui, anche per coloro che nel corso dei secoli non incontrano direttamente il Risorto. Chi entra in questa dinamica può essere inviato dal Signore come suo testimone.

La vita
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare,per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)

Se abbiamo la possibilità, prendiamo foglio e matita e scriviamo le nostre riflessioni. In questo modo si fissano meglio nel nostro cuore e avremo modo di rileggerle nella settimana.


Le Lectio delle domeniche prcedenti vengono salvate nella sezione Calendario – Archivio.

Pillole di Spirito 13 - 19 aprile 2020

Rubrica, curata da don Alessandro, dove ogni giorno viene commentata brevemente la frase di un autore, non necessariamente cristiano. Per custodire, in questi tempi difficili, non solo la salute del corpo e della mente, ma anche quella dello spirito.


Domenica 19 aprile

Muoio perchè non muoio
(S. Teresa d'Avila)

S. Teresa d'Avila, questa grande santa spagnola del Cinquecento, non aveva paura di morire. Anzi, attendeva con ansia questo momento.
Muoio perchè non muoio.
Muoio dal desiderio di incontrare Dio e di vederlo finalmente faccia a faccia, nell'eternità.
Il linguaggio cristiano chiama la morte: "giorno della nascita". È un chiudere gli occhi sulla scena di questo mondo, per aprirli sul volto di Dio.
Non che uno debba desiderare la morte, poiché la vita è un dono di Dio da custodire e vivere appieno. Tuttavia, perchè noi uomini, e in particolare noi cristiani, abbiamo spesso così paura di morire? È per il dramma di lasciare i propri cari, che comunque un giorno ritroveremo, o non sarà forse perchè dubitiamo della vita eterna e della misericordia di Dio? Non sarà forse per una nostra mancanza di fede?
Muoio perchè non muoio.
Se avessimo nel cuore il desiderio di eternità e la fiducia nell'incontro definitivo con Dio che ci è stato promesso...se avessimo fede quanto un granello di senape (Mt 17,20), forse non avremmo così paura della morte.

2020-04-19


Sabato 18 aprile

La vita donatela prima che il tempo ve la porti via
(Card. A. Scola)

Tre uomini stavano compiendo un duro lavoro: portare tutto il giorno mattoni da un punto all'altro. Si avvicina un uomo e chiede al primo: "Che lavoro stai facendo?". Ed egli risponde: "Non vedi, sto trasportando mattoni da una parte all'altra. E' un lavoro duro, tutti i giorni la stessa cosa!". Poi si avvicina al secondo e gli chiede: "Che lavoro stai facendo?". Ed egli risponde: "Non vedi, trasporto mattoni da qui a là. E' un lavoro duro, ma lo faccio con piacere per mantenere la mia famiglia". Poi si avvicina al terzo e gli chiede la stessa cosa: "Che lavoro stai facendo?". Ed egli risponde: "Ma come, non vedi? Io sto costruendo una cattedrale!".
Anche attraverso piccole azioni, facciamo che la nostra vita diventi la costruzione di una cattedrale, di qualcosa di grande. Ciò è possibile solo se permettiamo alla nostra vita di essere un dono per gli altri.
La vita può apparire lunga per chi è agli inizi; per chi ormai ha raggiunto una certa età può sembrare invece breve e colma di rimpianti, di occasioni mancate.
Un salmo afferma: "Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti; ma quasi tutti sono fatica e dolore, passano presto e noi voliamo via" (Sal 90,10).
Passano in fretta e voliamo via. Pertanto vale la pena di non sciupare la vita che ci è donata, e il miglior modo per viverla fino in fondo è quella di farne un dono, una splendida cattedrale.

2020-04-18

Venerdì 17 aprile

Oggi ho molto da fare, dunque pregherò almeno quattro ore
(Martin Lutero)

Tutta la forza di questa frase sta nel "dunque".
Spesso prevale la logica contraria: "Ho molto da fare, dunque ho poco tempo per pregare".
No. Se ho molto da fare, devo pregare di più, perchè ci deve essere una proporzione tra quello che faccio e quello che prego. Per un cristiano la preghiera è ciò che sostiene tutto il resto. "Un cristiano che non prega è un cristiano povero", diceva il mio parroco don Antonio.
Ci lamentiamo della mancanza di tempo? Ma è proprio mancanza di tempo o piuttosto scarsità di amore? Se sappiamo impiegare del tempo nella preghiera, alla fine saremo ricchissimi di tempo, perchè quello che ci rimane è completamente diverso: fa un salto qualitativo. Se ne intuisce la ragione: quello che faccio, poi parte dal mio centro.
Ho in me la forza di Dio.

2020-04-17

Giovedì 16 aprile

L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni
(San papa Paolo VI)

Un giorno un ragazzo di ritorno dalla Giornata Mondiale dei Giovani, riferendosi al card. Martini e alle catechesi che aveva fatto, mi disse: "È l'unico che non ci ha fatto delle prediche".
L'uomo contemporaneo è stanco di maestri perchè è stanco di prediche e di parole; egli ascolta più volentieri i testimoni, ossia chi "parla" attraverso la propria vita, poiché quello della vita è un linguaggio più immediato e soprattutto più credibile da accogliere.
Nel rito di ordinazione dei diaconi viene espressa questa formula: "Credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni". Vivi ciò che insegni.
E il Mahatma Gandhi, che non era cristiano ma conosceva bene il Vangelo e soprattutto lo spirito delle Beatitudini, un giorno affermò: "Il miglior modo di predicare il Vangelo è viverlo. Una rosa non ha bisogno di prediche: diffonde il suo profumo ed è questa la sua predica. Fate che la vostra vita "parli" come una rosa. Persino il cieco, che non vede la rosa, ne viene attratto."
2020-04-16

Mercoledì 15 aprile

La volontà di Dio non è scritta nei cieli, ma si decide nel mio cuore tra lui e me
(J. Dupont, monaco)

Talvolta si dice, soprattutto riferendosi a qualche evento drammatico come la morte di una persona cara o a un disastro naturale, che "era volontà di Dio". Nulla di tutto ciò. La volontà di Dio infatti è sempre una volontà di bene. Non dobbiamo essere fatalisti. Se alcune cose succedono è spesso o per un cattivo esercizio della libertà umana, o semplicemente per la nostra fragilità costitutiva, cioè per il fatto che siamo limitati, mortali e non siamo Dio. Comprendere la volontà di Dio sulla mia vita è una cosa grande, ma anche un esercizio possibile: chiedermi a quale bene desidera condurmi, non senza la mia libertà. Per questo è fondamentale mettermi ogni giorno, o almeno in certi momenti decisivi, in condizioni adeguate, di silenzio interiore, per capire cosa Egli stia dicendo al mio cuore. Me lo potrà suggerire nell'ascoltare la sua Parola, percependo la sua voce nell'intimo della coscienza e confermandomi con la pace nel cuore.
"Sia fatta la tua volontà", si prega nel Padre Nostro. Qual'è? Non è predestinata e non è scritta nemmeno nei cieli, ma si decide nel mio cuore tra lui e me.

2020-04-15


Martedì 14 aprile

Se si potesse uscire dal dolore come si esce da una città!
(V. Hugo, scrittore)

Quello del dolore è uno dei più grandi misteri dell'umanità e del credente che, di fronte ad esso, si interroga profondamente: perchè, o Dio, lasci che io soffra? Forse che non sei un Dio realmente buono e misericordioso?
L'esperienza ci dice che non si può uscire dal dolore come si esce da una città, che sia a piedi, in bicicletta o in auto. Anzi, vi sono occasioni in cui non si riesce proprio ad uscirne. Tuttavia il Signore Gesù, attraversando la passione e la morte e risorgendo, ci ha offerto la possibilità di inserire il nostro dolore dentro il suo, di portarlo in comunione con Lui e di fare esperienza che nella vita c'è di più della sola vita. Pertanto ogni dolore, per quanto grande sia, non è mai definitivo ma si apre, nella speranza, ad una gioia più grande che attende tutti noi.
Il dolore, in fondo, non ha l'ultima parola. Questa è la promessa del Risorto.



Lunedì 13 aprile

Prima di parlare di qualcuno, cammina per una settimana con le sue scarpe
(Proverbio rwandese)

Uno dei peccati più frequenti di cui mi capita di ascoltare nel confessionale è quello della mormorazione: "Signor arciprete, mi è capitato di mormorare, ma cosa vuole mai, siamo donne!", come se la mormorazione fosse una cosa naturale.
È assai facile cadere nel giudizio sugli altri, parlare male di qualcuno, criticarlo di fronte ad altri. È assai meno facile riprenderlo di persona, poiché richiede una buona dose di coraggio, franchezza e carità.
Se dovessimo metterci nei panni dell'altro, o come dice il proverbio indossare le sue scarpe, molto probabilmente la nostra lingua frenerebbe assai più di frequente. Poichè spesso non sappiamo che cosa l'altra persona stia attraversando: problemi di salute, turbamenti in famiglia, beghe su lavoro che non la lasciano tranquillo.
Prima di parlare di qualcuno cammina per una settimana con le sue scarpe: solo allora, e dopo allora, sentirai se quelle scarpe sono molto strette o troppo lunghe, se sono nuove o consumate dal cammino. Solo allora, e dopo allora, potrai esprimere un giudizio, nella speranza che sia per il suo bene e per il bene della comunità.

2020-04-13

Lunedì 13 aprile

Pasqua del Signore - Preghiera in Famiglia

Segno: Candela accesa sul tavolo e il vangelo aperto

Genitore: Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo Tutti: Amen

Genitore: Oggi Signore, il nostro cuore è pieno di gioia, perché abbiamo ricevuto l'annuncio della Tua vittoria sulla morte e sul male.

L'annuncio della risurrezione di Gesù (Lc 24,1-8)
Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, le donne si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno". Ed esse si ricordarono delle sue parole.

Rotolare via tutto ciò che vorrebbe imprigionarci nel sepolcro delle nostre abitudini di peccato, dei nostri timori: ecco cosa fa il Signore a Pasqua. Una volta aperto questo sepolcro può cominciare per noi il vero viaggio per la testimonianza del Vangelo: chi ci vorrà incontrare dovrà ormai cercarci tra i vivi, non più tra i morti.

Tutti: Lodate il Signore nel suo santuario, lodatelo nel firmamento della sua potenza. Lodatelo per i suoi prodigi, lodatelo per la sua immensa grandezza. Lodatelo con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra; lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti. Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti; ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia. (Salmo 150)

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