PARROCCHIA SAN PIETRO APOSTOLO - GOITOBANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENAGoito - Piazza Sordello, 3IBAN: IT78P0103057660000005519194
Ogni settimana si accosteranno le diverse parti del sacramento per avere maggior consapevolezza, in questo tempo liturgico, del sacramento della Penitenza.
PremessaDurante il suo ministero pubblico, Gesù ha invitato la gente a convertirsi e a credere che Dio è misericordioso e che nessun peccato è più grande della sua misericordia. Ha accolto i peccatori e ha partecipato a conviti festosi con loro, per riconciliarli con Dio (Mc 2,1-12).
Dopo la sua morte e risurrezione, il Signore ha affidato alla Chiesa il potere di perdonare i peccati nella potenza dello Spirito, come parte fondamentale della salvezza realizzata nel mistero pasquale: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi perdonerete i peccati saranno perdonati» (Gv 20,22-23).
Questa missione viene svolta innanzitutto con la predicazione del vangelo, che chiama alla fede e alla conversione, e poi con il battesimo, che cancella ogni genere di peccato. Ma, pur essendo riconciliati, i battezzati non sono immuni per sempre dal peccato; possono ancora cadervi. Ai battezzati ricaduti nella schiavitù del peccato, il Signore offre una nuova possibilità di salvezza attraverso il sacramento della Riconciliazione, quasi un secondo Battesimo o meglio "la sorella del Battesimo" (cfr. CEI, Catechismo degli adulti, 338).

Peccatori in cammino per una vita nuovaLa celebrazione del sacramento della Riconciliazione inizia quando si prende coscienza di essere peccatori. Questo avviene attraverso l'incontro con Gesù Cristo che si avvicina a noi o attraverso il vangelo, o la testimonianza di un cristiano, o con un'esperienza di vita forte. Vengono smascherati i nostri peccati e sorge in noi il disgusto per ciò che abbiamo commesso. Qui inizia a sorgere il dolore dei peccati commessi, la sofferenza per aver offeso Dio e i fratelli. Gradualmente dentro di noi nasce l'esigenza e l'inizio di una vita nuova, guidata dal Signore e non più dai peccati.
Dopo essere diventati consapevoli dei peccati e rattristati per essi, si decide di confessarli alla Chiesa attraverso il sacramento. È questo il dolore vero dei peccati che spinge a confessare al più presto i peccati commessi. Questa è la parte del sacramento che propriamente si chiama "confessione dei peccati". La confessione prevede che prima di tutto che si ringrazi il Signore per tutti i benefici e le cose belle che ha concesso a noi nel percorso della vita dall'ultima celebrazione del sacramento. Poi mediante la confessione dei peccati il penitente manifesta, con umiltà e sincerità, davanti al sacerdote confessore tutti i peccati gravi o mortali di cui si ricorda e che non ha già confessato in altra occasione. Il perdono dato da Dio con il sacramento della Riconciliazione è un perdono vero che non va richiesto continuamente per gli stessi peccati. È bene anche dire i peccati veniali che mettono in crisi la nostra vita spirituale. Tutto questo prevede l'esame di coscienza, che consiste nel confrontare la nostra vita col vangelo per vedere quanto è in sintonia con esso oppure è lontano dagli insegnamenti di Gesù.
Dopo essere diventati consapevoli dei peccati e rattristati per essi, averli confessati alla Chiesa attraverso il sacramento, avviene l'assoluzione dei peccati impartita dal sacerdote confessore. A questo punto inizia il percorso di penitenza o soddisfazione o riparazione. Il penitente è tenuto per giustizia a riparare gli eventuali danni, morali e materiali, causati al prossimo o alla società dai peccati commessi. Con questo percorso penitenziale si recupera gradualmente la piena guarigione spirituale dopo i peccati e viene restaurato il disordine che è stato causato. L'impegno penitenziale, proposto dal sacerdote e accettato dal penitente, consiste in una concreta esperienza che porta a colmare la scelta sbagliata vissuta col peccato. Se uno ha rubato restituire il maltolto. Se si sono rotte le relazioni personali, cercare la riconciliazione. Se si è danneggiato qualcuno, il creato, la società scegliere di colmare il danno procurato. A secondo dei peccati commessi si trova sempre una penitenza corrispondente. Solo a questo punto il sacramento è stato celebrato completamente e il perdono di Dio produce nel penitente adeguati frutti di grazia.
Come vivere il colloquio penitenziale? Esso si può descrivere secondo tre momenti fondamentali:
1 Il primo momento lo chiamo
"CONFESSIO LAUDIS", cioè CONFESSIONE DI LODE. Invece di cominciare la confessione dicendo "ho peccato così e così", si può dire "Signore ti ringrazio", ed esprimere davanti a Dio i fatti, ciò per cui gli sono grato.
2 Segue la
"CONFESSIO VITAE", CONFESSIONE DI VITA. Non è semplicemente un elenco dei miei peccati (ci potrà anche essere), ma la domanda fondamentale dovrebbe essere questa: "Che cosa dall'ultima Riconciliazione, nella mia vita in genere, vorrei che non ci fosse stato, che cosa vorrei non aver fatto, che cosa mi dà disagio, che cosa mi pesa?".
3 Il terzo momento: la
"CONFESSIO FIDEI", CONFESSIONE DELLA FEDE. Cioè il nostro sforzo e il proposito è unito a un profondo atto di fede nella potenza risanatrice e purificatrice dello Spirito. È deporre il nostro cuore nel Cuore di Cristo, perché lo cambi con la sua potenza. Quindi la "confessio fidei" è dire al Signore: "Signore, so che sono fragile, so che sono debole, so che posso continuamente cadere, ma Tu per la tua misericordia cura la mia fragilità, custodisci la mia debolezza, dammi di vedere quali sono i propositi che debbo fare per sostenere la mia buona volontà di piacerti". (cfr Martini)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 6 marzo 2022, I Quaresima - Anno C
Lo Spirito e la Parola vincono il DiavoloDeuteronomio 26, 4-10 . Salmo 90 . Romani 10, 8-13 . Luca 4, 1-13
LetturaIl brano evangelico della prima domenica di quaresima, riporta ai testi iniziali dell'opera attraverso i quali l'evangelista presenta i segni che identificano Gesù. Dopo la manifestazione di Gesù come Figlio di Dio al battesimo (3, 21-22), si ha la genealogia, che qualifica il Figlio di Dio come figlio del primo uomo Adamo (3, 23-38). Infine incontriamo il testo odierno.
Lc 4, 1-131Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane". 4Gesù gli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo".5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: "Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo". 8Gesù gli rispose: "Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto".9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; 10sta scritto infatti:Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardoaffinché essi ti custodiscano;11e anche:Essi ti porteranno sulle loro maniperché il tuo piede non inciampi in una pietra".12Gesù gli rispose: "È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo".13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.CommentoIl racconto inizia presentando Gesù, "pieno di Spirito Santo", che lascia il Giordano e, guidato dallo Spirito, va nel deserto. La sottolineatura di Luca sul ruolo dello Spirito, si ricollega al racconto della sua discesa su Gesù mentre prega dopo il battesimo ed anticipa tutte le altre volte che l'evangelista indicherà il forte rapporto esistente tra Gesù e lo Spirito Santo. I quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto, assistito dallo Spirito, sono stati da lui in obbedienza alla volontà di Dio. La tentazione, sperimentata in quel contesto, diventa così una tappa necessaria, inscritta in un cammino positivo di crescita. Luca aggiunge anche che Gesù, "in quei giorni", "non mangiò nulla". In questo modo l'attenzione del lettore si porta su Gesù, il quale è tanto concentrato nella lotta contro la tentazione da non pensare nemmeno a mangiare. Terminati i quaranta giorni, egli ebbe fame; con questa annotazione si introducono le tre tentazioni emblematiche narrate nel testo. La prima tentazione del diavolo consiste nel chiedere a Gesù di trasformare in pane una pietra. Gesù risponde citando il Deuteronomio ("sta scritto: "non di solo pane vivrà l'uomo") ed invita ad andare all'essenziale della vita. La seconda spinge Gesù ad essere condizionato dalla potenza e dalla gloria mondane. Secondo l'evangelista è il diavolo che insinua negli uomini questa tentazione subdola e sottile. Gesù risponde citando la Scrittura nella quale si proclama che solo a Dio occorre prostrarsi. La terza, immaginata avvenuta sul pinnacolo del tempio di Gerusalemme, consiste nel chiedere a Gesù che faccia valere la sua identità di "Figlio di Dio" e quindi pretendere soccorso nelle situazioni di grave difficoltà. Si tratta della tentazione per le soluzioni miracolistiche e magiche dei problemi della vita. Ancora Gesù risponde citando le Scritture ed invita a confidare pienamente in Dio. Il racconto si chiude dicendo che "dopo aver esaurito ogni specie di tentazione il diavolo si allontanò da lui". La battaglia però non è finita; si ha ora una tregua fino "al tempo fissato", quando il diavolo tornerà. Questo tempo è quello della passione ed in particolare il momento in cui satana spinge Giuda al tradimento del Maestro.
Le tentazioni con cui inizia il cammino del Figlio di Dio, guidato dallo Spirito Santo, evidenziano una realtà costitutiva della vita. Esse, che si insinuano in tutte le dimensioni del vissuto umano, vanno riconosciute e superate attraverso un riferimento forte e costante alle Scritture ed una confidenza filiale in Dio.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl testo guida è il racconto che presenta Gesù nel deserto per quaranta giorni, dove subisce tentazioni. Si tratta, infatti, del brano caratteristico della prima domenica di quaresima. La difficoltà della tentazione consiste nel non riuscire a procedere nella vita di fede, da parte dell'uomo che ha ricevuto il dono dello Spirito. Questo dono non è un possesso pacifico, ma è sempre esposto all'asprezza della lotta con il diavolo. In questo senso diventa emblematico il comportamento di Gesù, il quale è capace di mantenersi fedele a causa di un efficace orientamento a quello che il Signore richiede ed è manifestato nella Scrittura. La situazione dell'israelita, descritta nella prima lettura, che deve accogliere i frutti della terra e del suo lavoro come un dono di Dio, porta ad un sempre rinnovato riconoscimento del Signore. Nel testo di Paolo è presentato il cristiano che, dopo aver creduto con il cuore ed ottenuto la giustificazione per la fede, cammina ulteriormente verso la salvezza con la confessione della bocca: "Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
Cerchiamo ora di interagire col testo del vangelo e chiediamoci :
- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 27 febbraio 2022, VIII domenica TO - Anno C
Per dare buoni fruttiSiracide 27, 4-7 . Salmo 91 . 1 Corinzi 15, 54-58 . Luca 6, 39-45
LetturaIl brano odierno fa parte del discorso detto della pianura: Lc 6,20 – 49. Rispetto a Matteo, l'evangelista Luca fa una proposta molto concisa ed incisiva. Siamo nella parte parabolica del discorso e la liturgia in questa domenica ne propone la prima parte.
Lc 6, 39-4539Disse loro anche una parabola: "Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.41Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.CommentoIl testo di Luca raccoglie alcune sentenze pronunciate da Gesù per i discepoli e forse in polemica con gli avversari, in un contesto generale di carattere parabolico. L'inizio infatti rimanda a tale sfondo: "Gesù disse ai suoi discepoli una parabola".
Seguono poi le cinque sentenze. La prima (v. 39) è un invito rivolto ai discepoli a non essere ciechi: "Può forse un cieco guidare un altro cieco?". Ciechi sono coloro che non seguono gli insegnamenti di Gesù e di conseguenza la volontà di Dio. Nella comunità di Gesù tutti ricevono compiti educativi alla fede e responsabilità di guidare altri nel cammino cristiano (figli, amici, parenti, ecc.). Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità nella fedeltà prima di tutto e nel non delegare ad altri il compito di guida. La seconda sentenza riguarda il discepolo ed il maestro. Essa completa la riflessione iniziata nella prima. Il discepolo deve essere consapevole di dipendere sempre dall'unico maestro Gesù Cristo. Ogni attività svolta dal discepolo è sempre nel nome di Cristo Signore. Questo però non autorizza nessuno a sentirsi indegno o impreparato, perché chi segue il maestro e mette in pratica quanto lui insegna, continua a svolgere la sua stessa missione: "un discepolo non è più del maestro; ma ognuno che sia ben preparato sarà come il suo maestro". Il terzo detto parabolico è sulla scheggia e sulla trave nell'occhio: "perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo?". Anche in questo caso, probabilmente in polemica col comportamento dei suoi avversari connazionali, invita i discepoli a non giudicare le persone secondo le categorie umane, ma a rifarsi continuamente alla misericordia di Dio. La correzione fraterna è utile ed importante, ma solo se esprime la misericordia di Dio e porta ad incontrare il suo amore. Segue il paragone dell'albero buono e di quello cattivo. Essi sono dichiarati tali a secondo dei loro frutti: "Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né albero cattivo che produca frutto buono". Nell'ultima sentenza l'immagine dell'albero è applicata all'uomo. Anche l'uomo buono produce risultati buoni ed il cattivo frutti di malvagità. La bontà o la malvagità della persona si rivela nei suoi comportamenti esteriori, che dipendono dalla interiorità, cioè dai valori fondamentali che una persona ha posto a base della sua esistenza. Questa è la roccia sulla quale i discepoli sono invitati a costruire la casa della loro vita a cui fa riferimento la parabola finale non riportata nel testo liturgico (Lc 6,47– 49).
Il discepolo, che segue Gesù Cristo, non può accettare di omologarsi sui comportamenti e sugli insegnamenti frutto della saggezza umana. Egli è invitato a modellare la propria vita sulle parole dette da Gesù, per essere guida autorevole, per essere segno dell'amore misericordioso di Dio e per dare frutti buoni. In quanto radicato profondamente sugli insegnamenti del Maestro, il discepolo è l'uomo saggio ben radicato sulla roccia.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa coerenza tra scelta di fede e comportamento pratico del credente è il tema che unisce le letture. Il libro del Siracide afferma con autorevolezza che la modalità con cui l'uomo parla è la sua prova di vita. "La parola rivela il sentimenti del cuore", dice la prima lettura, in quanto attraverso la parola la persona rivela quello che è ed i valori che possiede. Anche il testo del Vangelo è in questa linea: "l'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda". Di fronte a questo impegno il cristiano può scoraggiarsi perché riflettendo gli appaiono i suoi difetti e si rende conto delle proprie incoerenze. A questo punto diventa forte e carico di speranze il messaggio di Paolo ai Corinzi: "La morte è stata inghiottita dalla vittoria. Dov'è o morte la tua vittoria? Dov'è o morte il tuo pungiglione?". Gesù Cristo, vincendo la morte, vince anche i nostri limiti, le nostre incoerenze ed i nostri difetti. Veramente è da credere che prima o poi la coerenza tra fede e vita si realizzerà in noi e nella comunità per la potenza del Signore morto e risorto. A noi resta nel frattempo da prendere sul serio il monito paolino: "rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più
nell'pera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore""
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 20 febbraio 2022, VII domenica TO - Anno C
Amare senza misura1 Samuele 26, 2.7-9.12-13.22-23 . Salmo 102 . 1 Corinti 15, 45-49 . Luca 6, 27-38
LetturaIl così detto discorso della pianura, riportato dall'evangelista s. Luca, è strutturato in tre parti. All'inizio si ha l'annuncio profetico (vv. 20-26), costituito dalle beatitudini e dai "guai". Segue la parte parenetica (il passo odierno: vv. 27-38) ed infine quella parabolica (vv. 39-49).
Lc 6, 27-3827Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. 29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da' a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio".CommentoIl brano inizia presentando Gesù che si rivolge a tutti i suoi uditori: "a voi che ascoltate, io dico ...". Costoro sono i discepoli, la folla che lo circonda è idealmente chiunque si trovi ad ascoltare le sue parole. A tutti Gesù insegna: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano ...". L'amore al nemico è il messaggio etico specifico portato da Gesù e la novità assoluta da lui predicata e vissuta. Che cosa significa amare i nemici? Lo spiega Gesù stesso: fare del bene, benedire e pregare per coloro che vi odiano, maledicono e maltrattano. Egli precisa poi che si giunge ad amare il nemico soltanto se si fa propria la regola d'oro, presente nelle civiltà antiche: "come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro". Gesù non dice di evitare agli altri quello che non desideriamo, ma spinge a farsi carico positivamente e creativamente di quanto immaginiamo che gli altri desiderano da noi. Vivendo così si giunge fino ad amare i nemici, cioè al vero amore cristiano. Il contenuto dell'insegnamento di Gesù è ulteriormente specificato attraverso tre interrogative retoriche nei vv. 32-34. Queste mostrano come l'amore per coloro che ci amano, la beneficenza a chi ci ha fatto del bene, il prestito concesso a chi è in grado di contraccambiare, non contrassegnano la realtà cristiana, ma sono comuni a tutti gli uomini, peccatori compresi. Gesù desidera che il comportamento dei suoi discepoli si qualifichi per l'amore verso i nemici, nel fare il bene e nel prestare "senza sperarne nulla". Solo vivendo così, egli dice, "sarete figli dell'Altissimo" e diventerete misericordiosi come il Padre vostro. La parte finale del testo presenta le conseguenze pratiche di chi è misericordioso. Gli atteggiamenti assunti nella vita, in sintonia con le parole di Gesù, determineranno l'atteggiamento escatologico di Dio nei nostri confronti e la consistenza del premio eterno.
Chi ascolta le parole di Gesù necessariamente deve incarnarle nella vita attraverso un comportamento etico conseguente. Il cristiano è lanciato da Gesù verso l'obiettivo specifico dell'amore da lui insegnato che porta a fare agli altri quello che essi desiderano da noi. Questa prospettiva deve completarsi necessariamente con l'amore al nemico. Solo così si è veri discepoli di Cristo e figli di Dio in camminano verso il premio eterno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREDavide è nell'accampamento di Saul e tutta la truppa del re dorme profondamente. Egli ha la possibilità di eliminare il suo nemico, ma non vuole uccidere Saul e dice: "chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?". Per questo la lancia del re e "la brocca d'acqua, che era dalla parte del capo di Saul" diventano il segno che Davide ha risparmiato il "consacrato del Signore" e che "il Signore renderà a ciascuno secondo giustizia". Il comportamento di Davide descritto nella prima lettura è l'anticipazione dell'insegnamento evangelico di Gesù, che vuole i suoi discepoli capaci di amore concreto verso tutti fino ad amare i nemici. Questa prospettiva di vita non è sicuramente possibile all'uomo fatto soltanto di terra, come dice s. Paolo nella seconda lettura. Per entrare in tale dinamica evangelica è necessario portare sempre più "l'immagine dell'uomo celeste", che completa "l'immagine dell'uomo di terra", e rende sempre più "figli dell'Altissimo".
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