APOCALISSE
Quarta Lettura
Lettura
Col secondo capitolo iniziano le lettere mandate alle sette chiese. Gesù alla maniera di un capo di comunità da indicazioni concrete pe la vita della gente. Sono indicazioni pastorali. Le lettere hanno una forma letteraria identica. Esse però non fanno parte del genere epistolare classico.
Ap 2, 1-111All'angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi:"Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro. 2Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. 3Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. 4Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. 5Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima. Se invece non ti convertirai, verrò da te e toglierò il tuo candelabro dal suo posto. 6Tuttavia hai questo di buono: tu detesti le opere dei nicolaìti, che anch'io detesto. 7Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò da mangiare dall'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio".8All'angelo della Chiesa che è a Smirne scrivi:"Così parla il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita. 9Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - eppure sei ricco - e la bestemmia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma sono sinagoga di Satana. 10Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita. 11Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte".CommentoLe lettere hanno una struttura fissa suddivisa in sette passaggi: indirizzo, autopresentazione di Cristo, giudizio-denuncia sulla singola chiesa, appello all'imperativo, esortazione all'ascolto, promessa al vincitore nella lotta della fede. Si ha in questo modo un ritratto delle chiese nei loro aspetti positivi e nelle loro negatività. Dalle lettere si ricava anche un programma pastorale di rinascita spirituale. Non c'è assolutamente nessuna fuga per una fine imminente, ma il testo è un invito alla conversione e al rinnovamento.
La prima chiesa presentata è quella di Efeso. In questa città c'era un tempio alla dea della fecondità e della vita, Artemide polimaste (molte mammelle), di studi di magia, di edifici bellissimi con teatri attivi; una lunga via lastricata e colonnata, alla sera illuminata con lumi, portava al porto. Ancora oggi le rovine archeologiche danno l'idea della grandiosità della città.
Efeso è stato il centro della missione paolina così come è descritta in Atti 14, avvenuta attorno agli anni 54. Ad Efeso c'era la sede di una antica tradizione giovannea e mariana. Questo capoluogo dell'Asia proconsolare romana è interpellato da Gesù, con gli stessi simboli delle stelle e dei candelabri (cfr. 1,12.16), intrecciandosi luci e ombre. Le luci: opere buone, costanza, perseveranza nella fede, fedeltà nella lotta contro i Nicolaiti . Le ombre sono: il raffreddamento dell'amore e dell'entusiasmo originario, l'impallidirsi del fervore, stemperato dall'abitudine e dalla quotidianità. Prima che la polvere e la cenere spengano la fiammella è necessaria la conversione, altrimenti il candelabro simbolo della chiesa sarà abbattuto. Ma la finale è aperta ad una promessa e a una speranza.
A 75 km a nord di Efeso sorge Smirne, ancora oggi porto fiorente e importante città della costa egea della Turchia. Vi era in quel luogo una fiorente comunità giudaica ostile al cristianesimo; essa ebbe sicuramente una forte influenza nel martirio di Policarpo, vescovo di quella città, a metà del secondo secolo. Per questo gli ebrei sono bollati con la feroce locuzione: "sinagoga di Satana". Sofferenze, prove, persecuzioni non devono scoraggiare né incrinare la fedeltà dei cristiani di Smirne. La tribolazione sarà limitata (dieci giorni), poi tornerà a brillare il sole della Pasqua e ai fedeli non toccherà la "seconda morte", cioè la morte eterna.
Nelle difficoltà o nelle prove i cristiani non devono abbattersi o disperare. Gli aspetti positivi sono sempre maggiori nei confronti dei negativi. Importante è non scendere a compromessi col male ed essere fedeli a Gesù Cisto, che non abbandona mai i suoi amici. Lui che ha vinto il male e la morte condividerà la vittoria con i suoi amici.
- Come reagiamo di fronte alle difficoltà della vita cristiana?
- Siamo più portati a vedere il positivo o a soffermarci sul negativo?
- È facile scendere a compromessi che ci fanno perdere la pace e la luce?
- Scegliamo nelle difficoltà la Pasqua di Gesù o noi stessi?
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- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
Immagini di Efeso
EFESO
Immagini di Smirne
SMIRNE
LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 18 dicembre 2022 – IV Domenica d'Avvento
Per incontrare Cristo che salvaIsaia 7, 10-14 . Salmo 23 . Romani 1, 1-7 . Matteo 1, 18-24
LetturaIl brano della quarta domenica d'avvento ci porta all'inizio del vangelo di Matteo. Nei primi capitoli l'evangelista enuclea il tema dominante, che poi svilupperà per tutta l'opera. L'origine storica di Gesù Cristo, figlio di Davide e figlio di Abramo, è stata ampiamente documentata dalla lunga genealogia, che precede immediatamente il nostro passo. Lì Gesù è indicato come compimento della promessa di una discendenza numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare. Tale promessa si concretizza ulteriormente nel testo della nostra domenica.
Mt 1,18-2418 Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20 Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21 ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati".22 Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. 24 Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; (25 senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù).CommentoIl brano si apre con un titolo: "così fu generato Gesù Cristo". Esso fa da raccordo con la genealogia ed indica il tema: l'identità del nascituro. Nell'antichità, infatti, era convinzione comune che gli avvenimenti relativi all'inizio della vita di un personaggio famoso, indicassero già la sua vera identità. La vicenda narrata si articola in tre scene: il dramma di Giuseppe (1, 18b-19), la risposta del Signore attraverso il suo angelo (1, 20-23), l'esecuzione da parte di Giuseppe delle consegne ricevute (1, 24-25). Di quest'ultima parte la liturgia propone soltanto il v. 24 e lascia cadere il v. 25, perché molto discusso e di difficile interpretazione. La prima scena descrive la tensione vissuta da Giuseppe quando si rende conto che Maria, sua promessa sposa, è incinta. L'evangelista, sapendo che i lettori sono credenti, specifica subito l'avvenimento dicendo: "viene dello Spirito santo"; così anticipa la soluzione del caso. Giuseppe, marito legittimo di Maria, trovandosi ad essere "padre" di un figlio non suo, non si sente di rimandare la sua sposa con un atto di ripudio, secondo le prescrizioni del suo popolo (se una donna risultava incinta nel periodo che andava dal contratto di matrimonio fino alla convivenza ed il fidanzato non era il padre, doveva essere denunciata e poi processata e poi lapidata). Egli sceglie una via d'uscita più morbida e decide "di ripudiarla in segreto". "Mentre però stava considerando queste cose", viene a Giuseppe la risposta dal Signore per mezzo di un suo angelo. È questa la scena centrale che, attraverso il "sogno", si collega con l'esperienza dei padri antichi, anch'essi guidati dal Signore nelle loro scelte fondamentali. L'angelo di Dio invita Giuseppe a non temere "di prendere... Maria", perché "il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo". Giuseppe poi, in quanto discendente di Davide, deve riconoscere il figlio e dargli il nome. Il nome Gesù, indicato dall'angelo, non solo presenta l'identità del bambino, ma anche la sua missione: "egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". Tutto questo realizza pienamente quanto è preannunciato dalle Scritture. Gesù è l'Emmanuele, secondo la citazione isaiana, cioè "Dio con noi" (cfr. Mt 28,20). In Gesù Cristo si compie dunque quella promessa che percorre tutta la storia biblica. Il quadro si chiude con l'ultima scena. Giuseppe, svegliatosi dal sonno esegue quanto l'angelo del Signore gli aveva detto.
In conclusione, per l'evangelista Matteo, Giuseppe è il rappresentante ed il prototipo di tutti gli uomini a cui è destinata la rivelazione di Dio portata, nel suo momento culminante, da Gesù Cristo. I dubbi e le incertezze, causate dalla novità di Dio, che irrompe nella storia dei singoli e delle comunità, vengono fugati se ci si lascia guidare dall'angelo del Signore, che anche oggi, sotto forme diverse, si avvicina a noi e ci guida alla salvezza. Due modi sicuri attraverso i quali Dio parla a noi, per farci incontrare Gesù Cristo che salva dai peccati, sono le Scritture e la vita comunitaria.
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(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
La preghieraCiascuno di noi formuli ora una preghiera ispirata dal vangelo.
Oppure condivida la riflessione fatta.
APOCALISSE
Terza Lettura
Lettura
Abbiamo detto che il libro dell'apocalisse era una lettera scritta ad una comunità ed il testo veniva letto nell'assemblea liturgica. Ravasi dice che è come se una assemblea liturgica fosse radunata in una cattedrale e il lettore si alza e legge a leggere la lettera. Dopo l'introduzione ora parla Giovanni.
Ap 1, 9-209Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. 10Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: 11"Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa".12Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d'oro 13e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d'uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. 14I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. 15I piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. 16Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza.17Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, 18e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. 19Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito. 20Il senso nascosto delle sette stelle, che hai visto nella mia destra, e dei sette candelabri d'oro è questo: le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese, e i sette candelabri sono le sette Chiese.CommentoIl brano si divide in due parti. I vv. 9-11 il testimone, Giovanni si presenta, e i vv. 12-20 la visione avuta dal testimone.
Giovanni parla della sua esperienza di veggente (vv. 9-11) strutturando il discorso attorno a tre coordinate. La prima è
spaziale, era nell'isoletta di Patmos, a 100 km a sud-ovest di Efeso, luogo di pena e di confino, usato da Roma come ricorda anche Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale (IV,12,23). Egli era là rinchiuso a causa della sua testimonianza di fede. Per i cristiani era un tempo difficile e anche gli ascoltatori della lettera vivevano questa difficoltà: la persecuzione. Era un mondo ostile alla fede. La seconda è
temporale, era il "giorno del Signore", la domenica il giorno della memoria liturgica della Pasqua di Gesù. La terza è
soprannaturale, Giovanni sente una voce, ha una visione composta da voce e visione. Egli sente e vede. Riceve così la missione che si svilupperà su due coordinate la scrittura di un testo e la sua comunicazione alle chiese. Il nome di queste chiese dell'Asia Minore erano le città più importanti sulla riva del Mediterraneo.
Nei vv. 12-20 Giovanni descrive la visione avuta in quella domenica nell'isola di Patmos. Rappresenta un grande quadro che al centro ha Gesù Cristo. Lo sfondo è costituito dai sette candelabri (rimando alla Menorà ebraica) e ogni lume è indipendente e rimanda alle sette chiese. Il significato è che Cristo è in mezzo alle comunità dei fedeli. Al centro c'è Gesù Cristo indicato col titolo apocalittico e messianico di "Figlio dell'uomo" (cfr. Daniele 7) e presentato così anche dai vangeli. Il suo abbigliamento rimanda alla figura del grande sacerdote della nuova alleanza. La capigliatura bianca era propria di Dio (cfr. Daniele 7,9) e segno di eternità. Gli occhi come fuoco sia amore come giudizio distruttore. I piedi di bronzo denotano fermezza e stabilità. La sua voce richiama Ezechele (1,24; 43,2) ed indica la sua trascendenza e la sua superiorità. La sua destra afferra sette stelle, che rappresentano gli angeli custodi delle chiese o anche semplicemente i vescovi delle chiese. La lingua indica che la parola di Cristo non è semplice aria ma è una sentenza efficace che giudica e colpisce il peccato (Isaia 11,4). Il volto luminoso di Cristo rimanda alla luce pasquale e alla trasfigurazione dei vangeli (Mt 17,2). Davanti a questa visione Giovanni resta atterrito, ma Gesù lo invita a non temere e la sua presenza di Risorto guiderà la sua missione di scrivere e annunciare alle chiese il messaggio di Cristo.
Alcuni punti di riflessone e di approfondimento:- La vita cristiana può comportare incomprensioni e persecuzioni.
- Nel Giorno del Signore Gesù parla anche a noi e ci affida sempre una missione da attuare, con la testimonianza della vita e con l'annuncio.
- Nella comunità è presente ed opera il Risorto.
- Egli è la forza e la causa di ogni missione o vocazione da compiere senza paura.
- Ogni vocazione va realizzata e sostenuta con perseveranza e senza paura.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 11 dicembre 2022 – III di Avvento A
Per non essere scandalizzati da GesùIsaia 35, 1-6a.8a.10 . Salmo 145 . Giacomo 5, 7-10 . Matteo 11, 2-11
LetturaDopo aver presentato nel capitolo decimo i nomi dei dodici discepoli e le istruzioni date a loro per la missione, Matteo per due capitoli indica la reazione di alcune categorie di persone al ministero di Gesù e quindi, indirettamente, anche al servizio svolto dai discepoli. La prima figura incontrata è Giovanni Battista. Egli, che era stato arrestato, come si sa da Mt 4,12 ("avendo saputo dell'arresto di Giovanni..."), diventa anticipazione di quanto capiterà poi a Gesù a causa di una "generazione" incoerente nella sua esperienza religiosa.
Mt 11, 2-111 Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.2 Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mando 3a dirgli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". 4 Gesù rispose loro: "Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5 i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6 E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!".7 Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9 Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10 Egli è colui del quale sta scritto:Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,davanti a te egli preparerà la tua via.11 In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.CommentoIl brano può essere suddiviso in due parti. Dapprima troviamo l'inchiesta di Giovanni e la risposta di Gesù (11, 2-6) e poi l'elogio di Giovanni da parte di Gesù (11, 7-11). Si inizia presentando Giovanni che dal carcere organizza, attraverso i suoi discepoli, un'inchiesta su Gesù. Giovanni, che aveva preparato la venuta del Messia e lo aveva indicato presente in mezzo al popolo, ora, sentendo "parlare delle opere del Cristo", avverte che l'immagine di Gesù non combacia pienamente con la sua idea di Messia; soprattutto Gesù non si è ancora manifestato come protagonista del giudizio di Dio e quindi egli vuol conoscere meglio e desidera sapere di più. Così fa porre la domanda di fondo ai suoi discepoli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". È questa un'esperienza comune nel cammino di fede alla sequela del Signore. Dopo i primi momenti di entusiasmo e di euforia, ci si accorge che Gesù Cristo non è spesso come lo si desidera e si vede che egli porta su strade impreviste, strane, al di fuori di qualsiasi logica benpensante. Allora sorgono tante domande, dubbi, inquietudini nei suoi confronti. A Giovanni e a chiunque si pone interrogativi sull'identità di Gesù, egli risponde: "andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi recuperano la vista... ai poveri è annunciato il Vangelo". Egli invita a scorgere nelle opere compiute la novità contenuta nel suo ministero. Gesù conclude il discorso dicendo: "E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo". Gli insegnamenti e le opere di Gesù possono costituire un inciampo o un trabocchetto che fa cadere (questo è il senso di scandalizzare) e quindi tanti hanno concluso che non valeva la pena credere in lui, come è capitato a tante persone che lo hanno incontrato. È beato invece chi non si scandalizza, cioè chi sa vedere nel ministero di Gesù la salvezza presente nella storia e si apre alla speranza, fidandosi pienamente di Dio. Con la partenza degli inviati di Giovanni inizia la seconda parte del brano, in cui Gesù parla alle folle del profeta incarcerato. Le domande su Giovanni e le risposte date dallo stesso Gesù servono ad evocare il personaggio che aveva preparato la sua venuta e a scuotere ulteriormente i suoi uditori. Giovanni è "più che un profeta" e col suo ministero ha preparato l'incontro col Messia. Costui, venendo nella storia, è riconoscibile soltanto da chi attua una adeguata preparazione, la quale porta ad accoglierlo con fede. Per questo Gesù conclude dicendo che Giovanni è il più grande personaggio "tra i nati da donna", perché ha preparato la sua venuta, ma chi accoglie con fede l'opera del Padre, che si manifesta in Gesù, con lo stile dei piccoli del regno dei cieli, è più grande del Battista.
In conclusione la presenza del Messia nella storia non è immediatamente riconoscibile, perché egli si rivela attraverso segni luminosi e nello stesso tempo oscuri, perché caratteristici dell'umanità. Solo chi si lascia guidare dai profeti (di ieri e di oggi) e dai loro insegnamenti riesce a passare la cortina del buio e a superare il dubbio, per incontrare con fede il Signore. Egli nella storia, continua a rivelare la buona novella cioè il Vangelo attraverso i suoi inviati, cioè tutti noi. I piccoli, i semplici ed i poveri, perché senza pregiudizi, sono predisposti a riconoscerlo ed ad accoglierlo immediatamente.
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LETTURA COMMENTO VITA
Unità Pastorale Mincio
Goito 4 dicembre 2022 – II domenica di avvento A
Convertitevi, perché viene il SignoreIs 11, 1-10; Sal.71; Rm 15, 4-9; Mt 3, 1-12.
LetturaIl brano evangelico della seconda domenica d'avvento porta il lettore ad incontrare l'inizio dell'attività di Gesù attraverso la predicazione ed il ministero di Giovanni Battista. Nell'architettura letteraria dell'evangelista Matteo siamo ancora nella parte introduttiva del vangelo, dove viene annunciato il tema con tutte le sue sfaccettature. Queste sono molto importanti perché poi si snoderanno all'interno di tutta l'opera. Analizziamo ora più da vicino il testo.
Mt 3, 1-121 In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea 2 dicendo: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!".3 Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!4 E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.5 Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6 e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.7 Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? 8 Fate dunque un frutto degno della conversione, 9 e non crediate di poter dire dentro di voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12 Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile".CommentoIl brano di Matteo si divide in due parti. La prima, con due scene collegate tra loro, presenta la figura di Giovanni e la sua attività (Mt 3, 1-6); la seconda delinea la predicazione del Battista. La prima scena si apre con la presentazione del protagonista - "Giovanni il Battista" -, della sua attività di predicatore, svolta "nel deserto della Giudea", e del contenuto del suo messaggio proclamato: "convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino". Di Giovanni si dice anche che è quel personaggio preannunciato negli oracoli del profeta Isaia, all'inizio del Libro della consolazione, che invita a preparare "la via del Signore a raddrizzare i suoi sentieri" per tornare in patria dalla prigionia in Babilonia (Is 40,3). La seconda scena si concentra sulla descrizione dell'abbigliamento del Battista, della sua dieta alimentare e del grande concorso di popolo dalle regioni vicine. Da Giovanni, che veste come gli antichi profeti e si ciba di alimenti puri, vengono persone "da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente al Giordano" per riscoprire le proprie origini, facendo memoria del deserto, per riconoscere l'infedeltà all'alleanza stipulata da Dio col suo popolo e per iniziare un nuovo stile di vita attraverso il rito penitenziale del battesimo nel fiume Giordano. La seconda parte del brano focalizza ulteriormente la predicazione di Giovanni evidenziando "l'attualizzazione" delle Scritture da lui compiuta. Egli, vedendo "molti farisei e sadducei venire al suo battesimo", li chiama "razza di vipere", perché attraverso un rito pensano di mettersi a posto nei confronti di Dio e continuare poi nella loro esistenza non chiara e compromessa col male. La conversione vera è invece testimoniata dal cambiamento radicale della vita e dalle opere concrete conseguenti. La venuta di uno più potente di Giovanni, a cui egli non è "degno neanche di portargli i sandali", butta definitivamente all'aria una religiosità esterioristica e solo formale e smaschera tutto ciò che non è autentico. La potenza dello Spirito Santo, di cui Gesù è portatore, non solo purifica ma anche costruisce e genera vita e realtà nuove.
In sintesi diciamo che per incontrare il Signore che viene è necessaria una vera conversione non solo detta con le parole ma realizzata con scelte concrete nell'esistenza. Anche i cristiani sono chiamati a conversione. Questo avviene se si lasciano istruire dalle Scritture e così escono dal perbenismo tradizionalistico, per camminare nella novità portata da Gesù Cristo e rinnovata continuamente dallo Spirito Santo.
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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APOCALISSESeconda LetturaLetturaAbbiamo detto che il libro dell'apocalisse era una lettera scritta ad una comunità ed il testo veniva letto nell'assemblea liturgica. Ravasi dice che è come se una assemblea liturgica fosse radunata in una cattedrale e il lettore si alza e legge a leggere la lettera.
Ap 1, 4-84Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, 5e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.
A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, 6che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
7 Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà,anche quelli che lo trafissero,e per lui tutte le tribù della terrasi batteranno il petto.Sì, Amen!8Dice il Signore Dio: Io sono l'Alfa e l'Omèga, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!CommentoIl testo si apre presentando i destinatari della lettera, cioè le comunità cristiane – le Chiese – presenti nelle città che sorgevano sulla costa mediterranea della Turchia. Notiamo il primo settenario che qui ricorre e poi il nome delle chiese ritornerà più avanti. Segue poi un saluto trinitario. Prima di tutto è indicato Dio Padre, colui che è, che era e che viene, cioè il passato il presente ed il futuro, dona la carìs (la grazia) e la pace (shalòm). Questi doni arrivano a noi attraverso "i sette spiriti" (altro settenario) che sono da pensare come la pienezza dei doni dello Spirito Santo. Ed infine attraverso Gesù Cristo il testimone, il primogenito dei morti (cfr. Col 1,18), il sovrano, il principe dei re della terra. Al lettore che ha proclamato la lettera l'assemblea risponde con una acclamazione di fede scandita in tre verbi che indicano tre opere compiute da Cristo. Egli ci ama ora e sempre e la sua morte in croce è stata la manifestazione sublime e più alta del suo amore. Col suo sangue ci ha redenti liberandoci dai peccati. Egli ci ha consacrati come re, profeti e sacerdoti realizzando quanto era stato annunciato alle pendici del Sinai quando Israele era stato proclamato "un regno di sacerdoti" (Es 19,6; Is 61,6).
Dopo la risposta dell'assemblea il lettore continua con una nuova professione di fede in Cristo (v.7). il versetto è una composizione di citazioni veterotestamentari. Prima di tutto si cita la visione del Figlio dell'uomo, il Messia che viene sulle nubi, così come lo ha cantato Daniele (cfr. Dn 7,13). La visione misteriosa del trafitto che suscita pentimento e conversione, è quanto ha cantato Zaccaria in 12, 10. È la celebrazione del Cristo crocefisso e glorioso. L'assemblea risponde con l'Amen liturgico, cioè sia così, vogliamo si realizzi tutto questo in noi.
Al v.8 abbiamo la grande automanifestazione di Dio con quattro titoli grandiosi: "Io sono" evoca la manifestazione di Dio a Mosè al roveto ardente Es 3,14; "Alfa e Omega" sono la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco e significa che Dio abbraccia e da senso a tutte le sillabe dell'alfabeto, a tutte le parole, gli atti degli esseri viventi e a tutto quello che accade nel mondo; Colui che è... (già visto al v.4) egli è il Signore del tempo e dell'eternità. Infine è l'Onnipotente il Pantocràtor.
Nella liturgia noi incontriamo la grandezza del mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Questa consapevolezza ci porta a vivere la liturgia non come qualcosa di nostro ma un evento di Dio nel quale noi siamo invitati ad immergerci. Pensiamoci!
Davanti a Dio che celebriamo prendiamo consapevolezza della nostra identità e della missione che lui ci affida e che noi dobbiamo accogliere e far crescere.
Siamo invitati a convertirci e ad accogliere con disponibilità questo grande dono di Dio.
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- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con l'insegnamento di Gesù?
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è qualcosa di urgente a cui io posso contribuire per un miglioramento evangelico della realtà?
APOCALISSE1. IntroduzioneLetturaIl libro dell'Apocalisse, ultimo libro della Bibbia, sarebbe meglio chiamarlo libro della Rivelazione, perché il termine greco ha questo significato fondamentale: "Rivelazione".
Il libro appartiene al genere letterario "apocalittico", cioè a quel modo di raccontare che con fatti, immagini, visioni si cerca di comunicare un messaggio non immediatamente comprensibile ma che necessita di una interpretazione.
Iniziamo con i primi 3 versetti del cap. 1 e l'ultimo versetto del cap. 20 perché il testo ha la struttura di una lettera e come tale ha un prologo ed una chiusura.
Ap 1, 1-3
1Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, 2il quale attesta (testimonia) la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. 3Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino.Ap 20, 2121La grazia del Signore Gesù sia con tutti.CommentoIl concetto di RIVELAZIONE è il grande portale d'ingresso all'opera letteraria, teologica e spirituale dell'Apocalisse. Dio Padre dona la sua parola a Gesù Cristo; costui invia l'angelo, suo messaggero divino, a Giovanni, il testimone che si rivolge ai servi di Dio, cioè ai credenti. La sequenza è: Dio-Cristo-angelo-Giovanni-credenti.
Lo snodo della catena è costituito da Giovanni che "testimonia-martyria" la parola di Dio e testimonia Gesù Cristo. Vi è qui una identificazione tra Parola e Gesù Cristo. Questo è confermato dal fatto che ha visto e non solo ascoltato. Ha visto Gesù Cristo la Parola di Dio fatta carne.
La seconda componente del prologo è la BEATITUDINE, cioè la gioia di chi partecipa al mistero della Rivelazione, della vita di Dio come dice Dei Verbum al n. 2 . La beatitudine scaturisce da un lato in chi legge il testo sacro personalmente e nell'assemblea cristiana (l'Apocalisse ha una forte connotazione liturgica) e dall'altro in coloro che ascoltano, cioè i cristiani che hanno ascoltato la Parola, la custodiscono e la osservano nella vita (cfr. Lc 4, 21; 8,21; 11,28).
Ormai il tempo della rivelazione e della beatitudine è arrivato con Gesù e non si deve aspettare altro (cfr. Lc 4,21).
Siamo invitati a riprendere o approfondire il concetto di Rivelazione che noi abbiamo. Che cosa è? Da chi la riceviamo? Anche noi possiamo trametterla?
La Rivelazione va ascoltata e vista. Quali sono i luoghi nei quali Dio si rivela? Continua a rivelarsi oppure non si rivela più?
Che idea abbiamo di beatitudine? È conforme a quanto l'Apocalisse indica? Leggere e ascoltare la Parola è fonte di beatitudine, di gioia e di vita di Dio. Nella celebrazione liturgica è uno ascoltiamo e vediamo, ne siamo consapevoli? Cerchiamo di fare in modo che veramente sia per noi e per i fratelli fonte di gioia? Ne siamo consapevoli, ricerchiamo questa fonte inesauribile? Noi tendiamo a rimandare sempre, l'Apocalisse dice che oggi dobbiamo scegliere questa esperienza perché Gesù oggi si manifesta.
La vitaCerchiamo ora di interagire col testo biblico e chiediamoci:
- Quale parte del vangelo letto e commentato mi ha colpito di più e perché?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 26 novembre 2022 - I Domenica di Avvento
Vigilare per incontrare il SignoreIsaia 2, 1-5 - Salmo 121 - Romani 13, 11-14 - Matteo 24, 37-44
LetturaCon l'Avvento inizia la lettura del vangelo secondo Matteo. Il passo proposto in questa domenica si colloca cronologicamente verso la fine del ministero storico di Gesù e geograficamente nella città più importante: Gerusalemme. Gesù è ormai giunto nella Città santa e nel Tempio avviene il confronto decisivo con le autorità giudaiche. È proprio nel luogo santo per eccellenza che Gesù pronuncia il suo ultimo discorso. Il brano di oggi ne è una parte.
Mt 24,37-44In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli.37 "Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. 40 Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. 41 Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.42 Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43 Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44 Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.CommentoIl testo si apre presentando Gesù che si rivolge ai suoi discepoli per dare loro delle istruzioni. Ad essi dapprima annuncia "la venuta del Figlio dell'uomo", che è paragonata a quanto capitò "ai giorni di Noè". L'annuncio è ulteriormente rinforzato con la ripresa, alla fine del v. 39, della stessa immagine: "così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo". Il brano si chiude con una indicazione pratica, lasciata da Gesù ai discepoli, che è conseguenza dell'annuncio precedente: "vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà". Il vegliare dei discepoli deve essere simile al comportamento assunto da chi teme che un ladro gli scassini la casa: è sempre pronto ad affrontarlo e non abbassa mai la guardia Con forza quindi Gesù conclude: "tenetevi pronti". A questo punto è opportuno chiarire alcune immagini presenti nel testo, per cogliere con profondità il messaggio in esso contenuto. La prima è quella del "Figlio dell'uomo". Con questo appellativo, che Gesù attribuisce a sé, attingendo al linguaggio figurato e simbolico dell'apocalittica, egli invita gli ascoltatori a riflettere sulla sua persona. Gesù infatti è il figlio di Dio, costituito re e giudice dell'universo, da accogliere con decisione ed immediatezza. Qui sta la ragione che spiega la seconda immagine, quella del diluvio al tempo di Noè. A quel tempo il diluvio fu il giudizio di Dio che si abbatté sull'umanità, che procedeva impassibile nelle sue attività di corruzione. Ora la venuta del Figlio dell'uomo è improvvisa e, come al tempo del diluvio, la gente continua nelle sue operazioni e non coglie la novità portata da Gesù. Anche le immagini degli uomini, che lavorano nel campo, e delle donne alla macina contribuiscono a sottolineare ulteriormente quanto detto prima, cioè da un lato la situazione di distrazione in cui permane l'umanità e dall'altra la presenza decisiva e discriminante di Gesù Cristo nella storia dell'umanità. La venuta del Signore sarà accolta e diventerà fruttuosa per chi si è preparato a tale incontro, anche se esteriormente le persone sembrano tutte uguali e attente a svolgere gli stessi lavori di sempre. Per prepararsi adeguatamente ad accogliere il Signore che viene è necessario quindi vegliare, stare svegli, essere attivi e pronti ad accogliere la venuta della persona più cara che abbiamo: Gesù.
In sintesi si può dire che solo chi sta sveglio ed è attivo, predisponendo ogni cosa per l'incontro col Signore che viene, lo incrocia realmente nel camino della sua vita, perché è sempre sintonizzato con lui. Chi invece è distratto dalle attività, dalle cose e dal peccato non coglie lo spessore di novità portato da Gesù Cristo. In questo modo si colloca fuori dalle dinamiche di salvezza da lui avviate.
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Goito 20 novembre 2022, Cristo re - Anno C
Con Gesù per sempre nel Regno2 Samuele 5, 1-3 . Salmo 121 . Colossesi 1, 12-20 . Luca 23, 35-43
LetturaLa solennità odierna porta ai racconti della passione del Signore. È l'ultima tappa del cammino di Gesù verso Gerusalemme. L'itinerario però non cessa con la crocefissione perché, dopo la resurrezione, Gesù continua a camminare con i discepoli che lo accolgono risorto. Il brano di oggi presenta l'apice del dramma. Gesù ormai è stato condannato, ha percorso la "via dolorosa", aiutato da Simone di Cirene - che diventa l'immagine di ogni discepolo chiamato a portare la croce dietro a lui e a seguirlo - ed è crocefisso sul Calvario assieme a due malfattori. Da quella posizione Gesù offre il perdono a tutti ed in particolare ai nemici. A questo punto troviamo la nostro testo.
Lc 23, 35-4335Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: "Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto". 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto 37e dicevano: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". 38Sopra di lui c'era anche una scritta: "Costui è il re dei Giudei".39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!". 40L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male". 42E disse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". 43Gli rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso".CommentoIl brano presenta la reazione di cinque categorie di persone davanti a Gesù crocefisso. All'inizio è indicato il popolo che "stava a vedere", come uno spettatore indifferente, forse curioso, ma che per il momento non prende posizione. Poi ci sono i capi del popolo i quali deridono Gesù, partendo dalla sua pretesa messianica: "ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto". Essi chiedono a Gesù di dimostrare con i fatti e con un segno inequivocabile tutto quanto ha detto di sé fino a quel momento. "Anche i soldati lo deridevano"; è la terza categoria che reagisce davanti a Gesù in croce. Essi provocano il Crocefisso chiedendo di manifestare la sua regalità e la sua forza politica - militare secondo loro molte volte dichiarate. Anche chi è crocefisso con Gesù interagisce con lui. Il primo malfattore "lo insultava" e chiede di dimostrare la sua messianicità salvando tutti dal patibolo della croce. È tentazione diffusa pensare che la grandezza e la divinità di Gesù si manifesti nell'esonerare l'uomo dalla sofferenza, dalle croci e per di più dal dolore frutto di scelte sbagliate compiute. La reazione nei confronti di Gesù, del secondo malfattore è completamente diversa da quella del primo. Dapprima egli invita il socio ad avere timore di Dio, che lì in Gesù è condannato alla loro stessa pena, e poi dichiara la loro colpevolezza e l'innocenza di Gesù: "non ha fatto nulla di male". A questo punto il malfattore, rivolgendosi direttamente a Gesù, invoca da lui la salvezza: "ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". La risposta di Gesù va al di là di ogni aspettativa: "oggi con me sarai nel paradiso". Qui abbiamo un punto decisivo dell'opera di Luca e nel malfattore detto "buono" si intravede ogni discepolo. Infatti chi giunge ad incontrare Gesù, da qualsiasi storia provenga, e a lui si affida, creando una relazione interpersonale significativa e decisiva, ottiene subito la salvezza. Questa diventa definitiva per chi muore con Cristo e come lui. Allora la scritta che, posta sopra il suo capo sulla croce, allude con ironia alla regalità di Cristo - "Costui è il re dei Giudei" - letta con fede diventa rivelazione della vera identità del Crocefisso.
Gesù in croce rivela la sua regalità. Egli regna non secondo le aspettative degli uomini o i desideri di quanti lo circondano, ma nell'obbedienza fedele alla volontà del Padre. Per questo riesce a perdersi per salvarsi, ad evitare una regalità come rifiuto del dolore, a condividere il suo regno con chiunque incrocia il suo sguardo di bontà.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa regalità di Gesù collega le tre letture. Nella prima si dice che tutte le tribù d'Israele, che erano appartenute al dominio di Saul, vengono da Davide in Ebron, il quale già regna su Giuda, e si sottomettono alla sua regalità. La loro decisione è frutto di due constatazioni: "noi ci consideriamo tue ossa e tua carne" e "il Signore ti ha detto: tu pascerai Israele mio popolo". Anche Gesù, come Davide, ha un legame profondo con l'uomo ed è guidato dalla volontà del Padre. Queste prospettive sono già state viste e sottolineate nel vangelo. La seconda lettura approfondisce il tema della regalità di Gesù derivante dal Padre. Il regno di Cristo, dice Paolo, è voluto e sostenuto dal Padre. Gesù è "l'immagine del Dio invisibile" ed è Dio "che ci ha liberati dal potere delle tenebre...". Il cristiano, che partecipa al regno di Gesù Cristo, è chiamato anche continuamente a "ringraziare con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
- Che cosa devo cambiare nella mia vita personale per essere in sintonia con quanto il vangelo ci comunica? Individuare almeno un punto su cui lavorare.
- Nella mia vita sociale (famiglia, lavoro, relazioni, parrocchia) c'è un contributo che io posso dare, per diffondere il vangelo o per realizzarlo, che mi è stato ispirato dal vangelo letto e meditato?
(scegliere un impegno da vivere nella settimana)
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Goito 13 novembre 2022, XXXIII Domenica T. O. - Anno C
La fine va preparata!Malachia 3, 19-20 . Salmo 97 . 2 Tessalonicesi 3, 7-12 . Luca 21, 5-19
LetturaGesù è nel Tempio di Gerusalemme, come già detto domenica scorsa. Qui i contrasti con gli avversari si acutizzano sempre più ed ormai rimandano alla passione imminente. Nel Tempio Gesù insegna le cose che più gli stanno a cuore. Appena prima del nostro brano (Lc 21,1-4) aveva indicato la vedova, che offre nel Tempio, come modello di donazione a Dio.
Lc 21, 5-195Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6"Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta". 7Gli domandarono: "Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?". 8Rispose: "Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine". 10Poi diceva loro: "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.CommentoIl testo liturgico è una parte del lungo discorso escatologico (Lc 21, 5-36), apice dell'insegnamento pronunciato da Gesù nel Tempio. La scena iniziale presenta alcune persone, non identificate, che guardano ammirate la bellezza del Tempio in fase di restauro ed ampliamento ad opera di Erode il grande. A costoro si contrappongono le parole di Gesù che dichiara ormai imminente la distruzione di tutto quanto essi ammirano; infatti: "non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta". A tale annuncio segue una naturale domanda degli ascoltatori, i quali si preoccupano di conoscere quando accadrà l'avvenimento da Gesù previsto e quali segni lo prepareranno, per non essere impreparati quando verrà quel momento. Gesù risponde dando tre indicazioni chiare. Prima di tutto chi lo segue non deve lasciarsi ingannare ed intimorire da coloro che si presentano come se sapessero tutto sugli avvenimenti finali e che pretendono di spiegare e di interpretare ogni fatto in quella luce. Essi sono dei cialtroni, "guardate di non lasciarvi ingannare... non andate loro dietro". In secondo luogo invita a non essere terrorizzati dai fatti eccezionali che capitano nel creato (terremoti, carestie, pestilenze, fatti terrificanti e segni grandi nel cielo) e dai conflitti che si scatenano tra i popoli (guerre, rivoluzioni, insurrezioni dei popoli contro altri popoli). Questi avvenimenti non sono premonitori di una fine imminente ("non è subito la fine"), ma fanno parte delle caratteristiche di un cosmo e di una umanità finiti e segnati dal peccato. Infine Gesù sottolinea particolarmente la persecuzione subita da coloro che lo seguono: "metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni... a causa del mio nome". Ebbene anche questa esperienza non è segno della fine prossima; essa fa parte della storia del credente inserito nella cultura del suo tempo. Al termine della pericope, Gesù indica come ci si deve preparare alla fine. Anzitutto affrontando con serenità e fiducia le difficoltà, in particolare le prove derivanti dall'essere cristiani. Poi testimoniando sempre con coraggio l'identità cristiana e confidando pienamente nella solidarietà fattiva del Signore con ciascun discepolo ("nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto"). Infine perseverando pazientemente e generosamente nella vocazione ricevuta ("con la vostra perseveranza salverete la vostra vita").
Gesù invita a pensare alla fine e a prepararla adeguatamente. Su questo tema tanti si inseriscono inopportunamente creando distorsioni, paure, disagi e sfruttamenti. Il cristiano non deve lasciarsi toccare da tutto ciò perché a lui interessa quanto Gesù ha insegnato al riguardo. Si prepara correttamente la fine vivendo con intensità la propria vocazione cristiana, con tanta fiducia nel Signore, accettando con serenità le prove che necessariamente si incontrano, fino a quando il Signore tornerà.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe tre letture concordano sull'attesa della realtà ultima ed indicano tre atteggiamenti fondamentali da assumere nei confronti di essa. La prima lettura, dal profeta Malachia, invita i credenti a coltivare il nome del Signore per beneficiare dei raggi del sole di giustizia e per evitare il fuoco distruttore che colpirà chi commette ingiustizia. Essere cultori del nome del Signore significa che il rapporto con Dio e con la sua volontà ha il primato nella vita dell'uomo ed orienta decisamente i suoi comportamenti. Il vangelo sollecita il cristiano, come già visto nel commento particolare, a non lasciarsi prendere dalla paura o dal disorientamento, ma a fidarsi del Signore e a vivere con intensità la vocazione battesimale. Paolo, nella seconda lettura, indica che l'attesa del giorno ultimo non deve essere improduttiva o pesando gravemente sugli altri ("sentiamo che alcuni di voi vivono disordinatamente, senza far nulla ed in continua agitazione"). L'attesa del Signore che viene si prepara anche assolvendo con fedeltà i propri impegni sociali.
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Goito 6 novembre 2022, XXXII Domenica T. O. - Anno C
Dal battesimo inizia la risurrezione!2 Maccabei 7, 1-2.9-14 . Salmo 16 . 2 Tessalonicesi 2, 16-3,5 . Luca 20, 27-38
LetturaGesù è ormai giunto a Gerusalemme, accolto festosamente dalla moltitudine dei discepoli. Disceso dal monte degli ulivi, entra direttamente nel tempio dove, secondo l'evangelista Luca, svolge il suo ministero fino alla passione. Il tempio è il luogo della presenza di Dio, la casa del Padre e quindi la residenza obbligata di Gesù a Gerusalemme. È proprio nel tempio che si avvicinano a Gesù i sadducei e gli pongono la questione contenuta nel brano odierno.
Lc 20, 27-3827Gli si avvicinarono alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e gli posero questa domanda: 28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie". 34Gesù rispose loro: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui".CommentoIl brano inizia presentando alcuni sadducei che si avvicinano a Gesù; essi negano la risurrezione dei morti. Il partito dei sadducei è composto da ricche famiglie sacerdotali e di nobili laici, si richiamano a Sadoc, i cui discendenti sono gli unici riconosciuti come sacerdoti legittimi (2 Sam 15, 24ss; 1 Re 1, 32ss; Ez 44,15); tra loro è scelto il Sommo Sacerdote e svolgono l'attività principale nel tempio. Al tempo di Gesù sono collaborazionisti coi romani, i quali in cambio lasciano a loro una certa autonomia politica ed amministrativa. Scompaiono assieme al tempio con la guerra giudaica (66-70 d.C.). I sadducei sono un gruppo fortemente conservatore e si sottomettono letteralmente all'autorità della Legge, cioè del Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia). Poiché i libri di Mosé non parlano di risurrezione, i sadducei contestano tale questione che era diventata di estrema attualità. Infatti la riflessione sulla risurrezione dei morti inizia a definirsi nitidamente nella teologia ebraica al tempo delle persecuzioni, messe in atto da Antioco Epifane (167-165 a.C.), e documentata nei libri dei Maccabei. I sadducei, forti della loro tradizione, pongono una domanda tranello a Gesù, per coglierlo in fallo, partendo da una istituzione ormai consolidata in Israele: il levirato (Dt 25, 5-10). Quando un uomo primogenito moriva senza lasciare figli, il fratello era obbligato a sposare la moglie del defunto e garantire così la discendenza, "perché il nome di questo non si estingua in Israele" (Dt 25,6). Per i sadducei la legge del levirato, se presa sul serio, è sufficiente per dichiarare assurda la risurrezione. A questa logica risponde il racconto popolare del caso della donna moglie di sette fratelli morti tutti senza lasciare figli. Ecco allora la domanda cruciale: "La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?", che rivela una concezione della vita dopo la risurrezione come copia migliorata dell'esistenza terrena. Gesù risponde alla domanda dei sadducei con due argomentazioni. Dapprima indica che esiste una diversità di condizione tra questo mondo e la vita eterna. Coloro che saranno "giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dei morti", si rapporteranno tra loro in modo differente rispetto alla modalità tenuta nel mondo presente. La vita nell'aldilà è diversa. I figli della risurrezione infatti "sono uguali agli angeli" e "sono figli di Dio". La risurrezione, il grande dono di Dio fatto all'uomo per mezzo della risurrezione di Cristo, è una novità così radicale che cambia decisamente la vita dei soggetti. Tale cambiamento lo si può percepire già nella vita terrena, ma sarà definitivo e pieno nella vita eterna. Poi Gesù indica la prova della risurrezione contenuta nella Torà stessa: "che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosé..., quando chiama il Signore Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe" (cf Es 3,6). Poiché Dio si lascia definire a partire dal nome dei patriarchi di Israele, questo significa che essi sono ancora viventi. Come Dio non ha lasciato sprofondare nel nulla Abramo, Isacco e Giacobbe, così egli, che è fedele e ama, non può abbandonare l'uomo nella morte.
La risurrezione è il dono d'amore che Dio fedele offre, per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo a tutti gli uomini. La risurrezione è una novità così decisiva che cambia radicalmente la vita dei discepoli. Costoro non solo devono prendere coscienza di aver ricevuto il dono, ma anche che, dal giorno del loro battesimo, la vita è cambiata. Essi infatti sono chiamati a vivere da "figli di Dio", cioè non più condizionati o appesantiti dalle realtà materiali, ma guidati dallo Spirito, e a camminare serenamente verso la patria eterna, dove si potrà vivere per sempre e pienamente da risorti.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe tre letture invitano chiaramente a riflettere sul futuro dell'uomo, sull'escatologia, le realtà dopo la morte. La prima lettura, narrando il martirio dei fratelli, che sono puniti perché rifiutano di "cibarsi di carni suine proibite", diventa una esplicita professione di fede nella risurrezione. I giovani non hanno paura della morte ed in quell'occasione proclamano la loro certezza che "il re del mondo... li risusciterà a vita nuova ed eterna". Il vangelo sottolinea che la risurrezione non sarà una fotocopia senza difetti della vita nel mondo. La risurrezione cambia radicalmente l'identità del credente. Questa si percepirà pienamente dopo la morte, ma già durante la vita terrena si può intuire vivendo da figli di Dio. Paolo spiega, nella seconda lettura, cosa significhi vivere da figli di Dio. Chi è toccato dalla Parola di Dio nella sua corsa, segno della fedeltà del Signore, è custodito dal maligno ed è confermato nella fede. Così i cuori dei discepoli sono orientati all'amore di Dio e alla pazienza di Cristo.
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Goito 30 ottobre 2022, XXXI Domenica T. O. - Anno C
ZACCHEO: LA SALVEZZA RITROVATASapienza 11, 23-12, 2 . Salmo 144 . 2 Tessalonicesi 1, 11-2, 2 . Luca 19, 1-10
LetturaGesù è a Gerico. Dopo aver guarito un cieco al suo ingresso in città, ora, mentre attraversa l'abitato, sempre diretto in modo decisivo verso Gerusalemme, gli capita l'incontro con un esponente particolare del luogo.
Lc 19, 1-101Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È entrato in casa di un peccatore!". 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto". 9Gesù gli rispose: "Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".CommentoNella città di Gerico, "un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù". Colpisce subito il fatto che un uomo del genere, tutto dedicato a raccogliere soldi per Roma e per sé, sia interessato a Gesù. Non si conosce bene la ragione per la quale va verso Gesù. Egli ad ogni costo cerca di vedere il maestro e poiché era piccolo di statura, è costretto a salire sopra una pianta. Gesù, arrivato presso Zaccheo, prende l'iniziativa, alza lo sguardo, scegliendolo tra tanti che lo circondano, e gli annuncia: "oggi devo fermarmi a casa tua". La curiosità ed il vago interesse di Zaccheo per Gesù sono ripagati in modo sovrabbondante dal maestro che, volendo andare a casa sua, desidera stare proprio con lui e portargli la salvezza. In questo modo Gesù si dimostra interessato a salvare chi è ben disposto verso di Lui, anche se peccatore. La reazione delle altre persone è di sgomento e "tutti mormoravano: è andato in casa di un peccatore". Gli esattori delle tasse erano, infatti, considerati pubblici peccatori in quanto, riscuotendo le tasse per il dominatore romano, arricchivano anch'essi sempre di più a scapito dei concittadini. Zaccheo non si lascia condizionare dagli altri e va avanti nel suo cammino di conversione. A casa sua, dopo aver ospitato Gesù, a voce alta dichiara a tutti gli impegni concreti che è disposto ad assumersi come conseguenza del suo incontro col Signore: "io do la metà di ciò che possiedo ai poveri; e se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto". L'intervento di Gesù sottolinea l'oggi della salvezza portata da lui a cui Zaccheo partecipa con la sua conversione. La parola conclusiva interpreta e concretizza l'amore di Gesù che vuole cercare e salvare chi è perduto sia in Israele come tra i popoli pagani.
Chi si avvicina a Gesù e da lui è guardato, viene coinvolto nella salvezza di Dio per gli uomini. Tutti si ha bisogno di salvezza! Questa realmente si realizza in una persona quando ci sono segni concreti e scelte di vita conseguenti. Il peccato, anche se grande, non può mai ostacolare l'incontro con Gesù e non può essere una essere una scusa sufficiente per non accogliere la salvezza portata da Gesù.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'amore di Dio che salva, è il tema unificante delle letture odierne. Nel libro della Sapienza si descrive la compassione di Dio verso tutti, perché tutto da Lui è stato creato. Per questo allora Dio non guarda "ai peccati degli uomini, in vista del pentimento". Il Signore, autore della vita, ama la vita e non solo castiga "poco alla volta i colpevoli", ma li ammonisce "perché, rinnegata la malvagità", credano in Lui. La stessa idea è espressa nel racconto evangelico. L'amore gratuito e sovrabbondante, offerto da Gesù a coloro che incontra, diventa strumento di conversione, di cambiamento di vita e di ritorno a Dio. Questa è stata l'esperienza di Zaccheo. Anche il discepolo del vangelo, scrive Paolo ai Tessalonicesi, è costituito da Dio. Lui solo rende degni della chiamata ricevuta, porta a compimento ogni volontà di bene e la fede di ciascuno. Per questo allora è necessario restare uniti a Gesù Cristo, l'unico che opera nel nome del Padre. La sua azione sarà riconosciuta pienamente alla fine dei tempi. E' necessario perciò diffidare da tutti coloro che si presentano salvatori, scostandosi da Cristo.
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 23 ottobre 2022, XXX Domenica T. O. - Anno C
Dio salva gli umiliSiracide 35, 12-14.16-18 . Salmo 33 . 2 Timoteo 4, 6-8.16-18 . Luca 18, 9-14
LetturaIl brano del vangelo di questa domenica si ricollega con quello di domenica scorsa e ne continua l'insegnamento. Là Gesù insisteva sulla necessità di pregare, qui presenta la modalità e l'atteggiamento con cui la preghiera va presentata a Dio. Con la parabola del fariseo e del pubblicano siamo verso la fine del viaggio di Gesù a Gerusalemme.
Lc 18, 9-149Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo". 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". 14Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato".CommentoL'evangelista Luca inizia il racconto presentando i destinatari della parabola: "alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri". Giusto è colui che vive conformemente al volere di Dio, perché osserva fedelmente la Legge mosaica. Ebbene, Gesù si rivolge proprio a coloro che "presumevano" di essere giusti, cioè a quelle persone che, in forza della loro religiosità, si ritengono a posto e autorizzati a giudicare i propri fratelli. Questa è una religiosità che, al di là delle apparenze, di fatto ignora Dio, non si sottopone al suo giudizio e crea fratture notevoli nella comunità. Non solo i farisei vivono così, ma un simile atteggiamento può insinuarsi anche nei cristiani. Per cui la parabola di Gesù è per gli ebrei, ma anche per i membri della sua comunità. I due personaggi della parabola sono presentati in forte contrapposizione tra di loro. Il fariseo è il modello del "pio israelita", fedele alla Legge, alle regole religiose e alle prescrizioni di purificazione di questo mondo. Il pubblicano è l'esempio del "peccatore": disonesto nel riscuotere le tasse, collaborazionista coi romani, rassegnato di fronte ai fatti della storia, che subisce passivamente, desideroso di raggiungere i suoi scopi a scapito dei valori ricevuti e delle istituzioni consolidate. Entrambi salgono al tempio di Gerusalemme a pregare. Il fariseo prega secondo le prescrizioni ricevute: in piedi e mormorando a bassa voce il suo ringraziamento a Dio. Il testo porta anche il contenuto della preghiera del fariseo che, pur essendo strutturata correttamente e particolarmente raffinata, evidenzia la fiducia completa che egli ha in sé stesso, nelle sue azioni e nella sua religiosità: "non sono come gli altri uomini... e neppure come questo pubblicano". Anche l'azione più altamente religiosa, se non è impostata correttamente e non ha come riferimento Dio solo, non produce alcun risultato utile per la salvezza. Il pubblicano invece si ferma "a distanza", perché si sente lontano da Dio e non degno di stare alla sua presenza. Egli sa di aver peccato gravemente; per questo "non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo" e, battendosi il petto, chiede pietà a Dio. Qui sicuramente non si vuol giustificare il comportamento scorretto del pubblicano, ma si afferma che in lui il vero atteggiamento di ricerca del perdono di Dio, lo porta a superare la sua situazione di peccato. Questa è la giustificazione: superare, attraverso l'opera potente di Dio, la situazione di ingiustizia in cui si trovava. Per tale ragione la preghiera del pubblicano gli dona la salvezza, mentre il fariseo non ottiene alcun vantaggio.
Nella vita di fede siamo chiamati a vigilare rigorosamente sui comportamento assunti. Questi infatti rivelano sempre gli atteggiamenti profondi che determinano il nostro esistere. Quando al centro di tutto si pone se stessi, anche le forme più alte di religiosità risultano senza utilità; quando invece a fondamento della vita si pone realmente Dio, benché peccatori, egli sa gradualmente trasformarci e salvarci.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURENella prima lettura si sottolinea che "la preghiera dell'umile penetra le nubi". Umile può essere il povero o l'oppresso, ma lo è sicuramente "chi venera Dio", perché gradualmente fa suoi gli atteggiamenti di Dio. La preghiera del pubblicano del vangelo, è gradita a Dio e crea un dialogo vitale efficace, perché presentata con cuore ed atteggiamento umili. Paolo, nella seconda lettura, è sostenuto e animato profondamente dall'umiltà. Egli sa che il Signore lo libera da ogni male e lo salva perché tutto egli ha compiuto per il Signore. Anche i servizi ecclesiali, se non sono fondati in Dio non producono frutti di salvezza. Tutto quanto Paolo ha e fa, è in funzione del Signore e per tale ragione è sicuro di ottenere da lui la "corona di giustizia", che è preparata anche per "tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione".
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 16 ottobre 2022, XXIX Domenica T. O. - Anno C
Dio è sempre fedele!Esodo 17, 8-13 . Salmo 120 . 2 Timoteo 3, 14-4,2 . Luca 18, 1-8
LetturaCon la domanda, rivolta a Gesù dai farisei in Lc 17, 20: "Quando verrà il Regno di Dio?", inizia una raccolta di parole del maestro detta anche "piccola apocalisse" (nel senso di rivelazione). Infatti dopo aver considerato la presenza del Regno di Dio, l'argomento sviluppato in seguito concerne la futura venuta del Figlio dell'uomo (Lc 17, 22-37). Gesù, dopo aver parlato di sé come Figlio dell'uomo, anticipa che la sua venuta sarà gloriosa, ma prima soffrirà molto. Egli corregge anche le intemperanze circa la venuta finale del Figlio dell'uomo ed invita non a cercare i segni premonitori, ma ad essere sempre pronti a tale incontro. Questo si concretizza positivamente se ci si libera dai beni materiali e ci si lascia trasformare dalla vita nuova portata da Gesù. La parabola che segue completa adeguatamente il quadro.
Lc 18, 1-81Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2"In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario". 4Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi". 6E il Signore soggiunse: "Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".CommentoIl racconto parabolico si apre con un orientamento interpretativo dato da Gesù stesso (v. 1) "sulla necessità di pregare sempre". In questo modo l'evangelista indirizza il lettore sul significato da attribuire alla parabola. Essa illustra il caso di una vedova che ha bisogno di giustizia da parte di un giudice. La presentazione di quest'ultimo, fatta da Gesù, non lascia ben sperare in quanto "non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno". Figurarsi se si interessa adeguatamente della richiesta di una povera vedova. Infatti per un certo tempo il giudice non ascolta la richiesta della vedova di aver giustizia contro il suo avversario. La donna però, talmente pressata dal suo bisogno, non si lascia scoraggiare e continua a rivendicare i suoi diritti. La sua insistenza, che molesta continuamente il giudice, il quale non teme Dio e non rispetta nessuno, produce il risultato di ottenere da lui la giustizia dovuta. La costanza della vedova riesce a rompere l'indifferenza ed il comportamento scorretto del giudice, detto "disonesto". Molto probabilmente quell'uomo ha continuato poi a comportarsi secondo il suo stile, ma almeno in quell'occasione, dietro l'insistenza della donna, ha agito con giustizia. La conclusione ricavata da Gesù al termine della parabola, fa molto pensare. Se un giudice disonesto, a causa dell'insistenza di una donna vedova, cambia comportamento e le presta attenzione, sicuramente Dio fa attenzione "ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui". Quest'ultima sottolineatura sembra alludere ad una situazione di sofferenza continua in cui versano i credenti, fino al punto da dover chiedere a Dio, gridando, il suo aiuto risolutivo. La sofferenza e le prove, che scaturiscono proprio dall'essere credenti, sono una realtà nella vita. Il racconto accentua però l'attenzione di Dio nei confronti dei suoi eletti e sottolinea la giustizia divina, che è applicata "prontamente", cioè con tempestività. Diventa questo un grande messaggio di speranza per i credenti i quali devono sempre aver presente di non essere mai tentati oltre le proprie forze. L'ultima domanda di Gesù è estremamente provocatoria e mette a nudo la questione di fondo: "ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?". Nella storia dei singoli cristiani e delle comunità non è mai in discussione la fedeltà di Dio. Il suo intervento è sempre sicuro nei confronti degli eletti. È la fede degli uomini che è incerta, inadeguata, traballante ed instabile. Dio è fedele, ma l'uomo riuscirà a mantenere la fede?
Di fronte alle prove e alle difficoltà della vita, spesso il credente ha la sensazione di essere abbandonato da Dio. Questo non accade mai, perché Dio è fedele. La preghiera perseverante ed assidua permette di sperimentare la fedeltà di Dio, di presentare a lui le necessità personali e comunitarie ed impedisce alla fede di affievolirsi o di venir meno.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREIl tema di fondo delle letture è la costanza nella preghiera, in particolare nei momenti in cui la prova si prolunga. Nella prima lettura, attraverso il racconto dell'Esodo, si sottolinea che la preghiera deve acquisire sempre più la dimensione comunitaria. La vittoria di Israele su Amalek è il risultato della preghiera di tutti i fratelli, rappresentati da Mosé, Aronne e Cur. Se nel vangelo la preghiera è indicata come via indispensabile ad ogni credente per giungere a sperimentare la fedeltà di Dio e per poter perseverare nella fede, ora la prospettiva si allarga ed emerge una solidarietà necessaria tra fratelli nel cammino di fede. Tale solidarietà si esprime nel sentirsi coinvolti vitalmente dalle prove sperimentate dai fratelli e nel chiedere con loro, attraverso la preghiera, aiuto, conforto, sostegno e liberazione. Paolo lo afferma con autorevolezza scrivendo a Timoteo. Il ministero della Parola deve insistere "in ogni occasione opportuna e non opportuna", affinché tutti conoscano la Scrittura, da essa siano formati, "perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona". Nella liturgia della Parola odierna l'opera buona si concretizza nella preghiera assidua e perseverante, vissuta con speranza.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 9 ottobre 2022, XXVIII Domenica T. O. - Anno C
Riconoscenti per la salvezza ricevuta2 Re 5, 14-17 . Salmo 97 . 2 Timoteo 2, 8-13 . Luca 17, 11-19
LetturaLa pericope odierna, richiamando esplicitamente il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, da una parte prosegue gli insegnamenti dati precedentemente, ed in particolare quello sulla fede, dall'altra forse segna una nuova tappa del cammino verso la città santa.
Lc 17, 11-1911Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: "Gesù, maestro, abbi pietà di noi!". 14Appena li vide, Gesù disse loro: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: "Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?". 19E gli disse: "Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!".CommentoIl brano inizia con una nota di carattere geografico: "Gesù attraversava la Samaria e la Galilea". Probabilmente Luca non vuole qui descrivere l'itinerario preciso percorso da Gesù per arrivare a Gerusalemme (esso sarebbe stato Galilea, Samaria e Giudea), ma è interessato a sottolineare che si é ancora fuori dalla regione della Giudea, dove sorge Gerusalemme e dove le leggi di purità sono portate alle estreme conseguenze; egli vuole anche indicare che in queste regioni il popolo è composto da ebrei - galilei e da samaritani. In un villaggio non identificato, dieci lebbrosi, stando a distanza regolamentare come prescrive la normativa civile e religiosa (cfr. Levitico 13, 45), alzano la voce e chiedono aiuto: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!". Essi non solo riconoscono in lui la guida autorevole, ma vedono realizzarsi anche in Gesù l'opera misericordiosa di Dio verso l'umanità bisognosa. Alla loro vista Gesù ordina, sempre da lontano, di andare a presentarsi ai sacerdoti. Il sacerdote aveva nella comunità ebraica antica anche il compito, dopo aver esaminato il caso, di dichiarare impuro il lebbroso, e quindi escluso da ogni forma di vita sociale, ed il dovere di dichiararlo puro, dopo la eventuale guarigione, reintegrandolo così nella comunità civile e religiosa. Mandandoli dai sacerdoti, prima di essere stati guariti, Gesù richiede a loro conferma ulteriore della fede che avevano espresso nella invocazione iniziale. Il testo, molto sobriamente, dice che "mentre essi andavano, furono purificati". È evidente l'insegnamento che viene dato: l'obbedienza alle parole di Gesù ottiene l'esaudimento delle richieste dei lebbrosi; così chiunque invoca l'aiuto del Signore sarà esaudito se ascolta le sue parole. A questo punto il racconto segna una svolta, uno dei lebbrosi, scoprendosi guarito, si ferma, torna indietro, loda "Dio a gran voce" e si getta ai piedi di Gesù per ringraziarlo. L'uomo sanato riconosce l'opera potente di Dio in quanto gli è capitato per mezzo di Gesù. A Dio, che si lascia incontrare in Gesù, il credente deve continuamente la lode ed il rendimento di grazie. L'evangelista annota rapidamente: "era un samaritano". Colui che era ritenuto comunemente un pagano ed uno straniero diventa modello di comportamento umano e religioso più dei nove ebrei (presumibilmente) che invece non sono tornati. Le parole conclusive di Gesù, rivolte al samaritano, non solo ratificano la fede presente nell'uomo che, obbedendo alle parole di Gesù trova la salvezza e loda e ringrazia Dio per i doni ricevuti, ma lo mandano ad essere testimone della salvezza avuta: "alzati e va; la tua fede ti ha salvato".
L'esecuzione con fiducia dei comandi dati dal Signore rafforza la fede, dona la salvezza e permette di lodare e ringraziare autenticamente Dio. La parola del Signore accolta nella fede dà anche la forza e le motivazioni necessarie per annunciare in modo significativo il vangelo. Solo così tutti possono essere missionari, dove la Provvidenza li ha posti a vivere la manciata di anni della propria storia personale.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURENella prima lettura, tratta dal secondo Libro dei re, è presentato l'episodio di Naaman il Siro che, ammalato di lebbra, è guarito dal Signore. Anch'egli, straniero, ottiene la guarigione quando esegue i comandi che gli sono stati dati "dall'uomo di Dio": il profeta Eliseo. È interessante notare che Naaman giunge alla fede nel Dio di Israele e si impegna solennemente a lodare e a offrire sacrifici "solo al Signore". Questo atteggiamento di riconoscenza è presente anche nel brano evangelico assieme col tema della fede e dell'accoglienza obbediente della parola del Signore. La seconda lettura richiama la fedeltà di Dio anche se l'uomo credente è irriconoscente nei confronti della sua opera: "se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele". La fedeltà di Dio, arriva a noi per mezzo di Gesù Cristo e spinge i credenti, come Paolo, ad essere missionari e testimoni del vangelo fino all'estreme conseguenze: "a causa del vangelo io soffro fino a portare le catene come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata. Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù".
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 2 ottobre 2022, XXVII Domenica T. O. - Anno C
Discepoli pieni di fede nel SignoreAbacuc 1, 2-3.2,2-4 . Salmo 94 . 2 Timoteo 1, 6-8.13-14 . Luca 17, 5-10
LetturaDopo gli insegnamenti del capitolo precedente, prima di riprendere il tema del viaggio verso Gerusalemme, Luca raccoglie una serie di istruzioni di Gesù su alcuni temi basilari della vita cristiana. Il testo liturgico tralascia la questione dello scandalo (Lc 17, 1-3a) e la necessità di perdonare sempre al fratelli (Lc 17, 3b-4) per soffermarsi sul tema della fede.
Lc 17, 5-105Gli apostoli dissero al Signore: 6"Accresci in noi la fede!". Il Signore rispose: "Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe.7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? 8Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"".CommentoIl brano si apre con una invocazione degli apostoli che chiedono al Signore: "accresci la nostra fede!". Le proposte radicali indicate da Gesù, non sempre realizzabili nella vita, e le difficoltà incontrate nella proclamazione del vangelo nel suo nome, spingono gli apostoli a chiedere un aiuto straordinario al Signore. Essi si sentono inadeguati alla vocazione ricevuta ed incapaci di attuare le consegne a loro affidate da Gesù in quanto non vedono risultati concreti sui diversi fronti del loro impegno. Da qui allora la conclusione che la loro fede è poca. Gesù risponde alla domanda degli apostoli prima citando un detto sapienziale e poi raccontando una parabola. Attraverso il detto sulla fede grande come un granello di senapa, Gesù sposta la questione dalla quantità alla qualità della fede. Questa è un atteggiamento di fondo nella vita dell'uomo, difficilmente misurabile o quantificabile, ma quando è presente produce sicuramente risultati impensati e grandi, che però spesso non sono verificabili dal soggetto. Per tale ragione allora Gesù racconta la parabola. Questa presenta la figura del servo (da intendersi come schiavo), che non ha contratti sindacali a suo vantaggio. Egli dipende completamente dal padrone e dalla sua volontà, non ha possibilità di rivendicare alcun diritto e non può organizzare il lavoro come a lui piace. Il padrone, da parte sua, non ha alcun obbligo verso il servo. Gesù infine applica direttamente la parabola agli apostoli: "così anche voi...". I discepoli, resi da Gesù anche apostoli (mandati ad annunciare il vangelo), sia nel loro cammino vocazionale di sequela del Signore sia nel loro servizio ecclesiale, hanno il compito primario di fare "tutto quello che è stato ordinato" loro. Tutto ciò è irrealizzabile senza l'atteggiamento fondamentale di vera fede che sposta l'attenzione da sé per porre la piena fiducia nel Signore che parla. In questo senso i discepoli ed evangelizzatori sono invitati a ritenersi dei "servi inutili". Essi sono tali non perché insignificanti o senza peso, ma perché a loro non spetta conoscere né il progetto complessivo nel quale lavorano, né i risultati della loro opera. Tutto questo è del Signore, da lui conosciuto e da lui gestito, così come a lui è da affidare la fatica insita nel cammino tracciato per tutti i suoi discepoli.
La fede non può mai essere misurata sui presunti risultati ottenuti o quantificati. Essa è l'atteggiamento fondamentale col quale si accolgono con libertà gli insegnamenti del Signore e si attuano nella vita. Camminando con piena fiducia in lui, al di là dei successi o dei fallimenti o della verificabilità dei risultati, e senza diritti o privilegi da rivendicare, il Signore ci rende collaboratori preziosi della salvezza e partecipi delle grandi opere che Dio realizza per il bene dell'umanità.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREAnche la prima lettura si chiude richiamando la fede. Si legge infatti che chi non ha l'animo retto soccomberà nelle prove, "mentre il giusto vivrà per la sua fede". Il profeta, all'inizio del suo libro, registra una situazione di sofferenza in cui versa il popolo a causa di rapina, violenza, liti e contese, e una certa indifferenza del Signore davanti a tutto ciò. Al profeta il Signore risponde che il male avrà un termine e questo sarà non secondo i desideri o i progetti degli uomini, ma secondo il volere di Dio. Così è necessario sempre più entrare nella logica dei tempi di Dio, dell'attesa fiduciosa "perché certo verrà e non tarderà". A quanto già detto, commentando il vangelo secondo Luca, si può aggiungere che la fede diventa anche certezza della salvezza realizzata per tutti. La lettera di Paolo si collega con le altre due letture. L'apostolo invita Timoteo a ravvivare, di fronte alle difficoltà, "il dono di Dio che è in lui per l'imposizione delle mani". Gli rammenta pure di aver ricevuto non uno spirito di timidezza, ma di forza e di saggezza per essere capace di testimoniare con coraggio il Signore. La sofferenza per il vangelo, a cui allude Paolo, è sicuramente la prova data dalle incomprensioni o dalle difficoltà esteriori, ma è anche l'incapacità del discepolo di realizzare appieno i comandi del Signore. Anche Paolo, come Gesù nel vangelo, invita a trovare il proprio equilibrio prendendo "come modello le sacre parole" udite da lui e custodendo "il buon deposito", "con l'aiuto dello Spirito Santo", cioè restando fedeli agli insegnamenti che vengono dal Signore.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 25 settembre 2022, XXVI Domenica T. O. - Anno C
Le Sante Scritture cambiano la vitaAmos 6, 1a.4-7 . Salmo 145 . 1 Timoteo 6, 11-16 . Luca 16, 19-31
LetturaQuanto Gesù dice ai suoi discepoli è udito anche dai farisei, che pure lo seguono, ma con intenti diversi. Per collocare adeguatamente il brano di oggi è necessario leggere Lc 16, 14: "I farisei che erano attaccati al denaro (letteralmente: amanti del denaro) ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui". Gesù dopo aver pronunciato alcuni detti sulla legge, propone la nostra parabola come risposta agli atteggiamenti dei farisei e di tutti coloro che si comportano alla loro stregua.
Lc 16, 19-3119C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma". 25Ma Abramo rispose: "Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi". 27E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". 29Ma Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". 30E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". 31Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti""CommentoIl discorso di Gesù inizia con due scene tra loro contrapposte. La prima presenta la situazione terrena dell'"uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente", e del "povero, di nome Lazzaro... bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco". La seconda descrive la loro situazione dopo la morte. Lazzaro è "portato dagli angeli accanto ad Abramo", mentre del ricco si dice soltanto che "fu sepolto". Confrontando le due scene emergono già delle indicazioni importanti. La situazione terrena, consolidata ed avvallata da qualsivoglia tradizione, non è detto che rispecchi realmente il progetto di Dio, per cui occorre sempre valutarla con discernimento e confrontarla col dettame evangelico; i ricchi ingiusti e crapuloni davanti a Dio non hanno identità alcuna, mentre i poveri hanno per Dio sempre un nome e sono destinatari, in modo personale, del suo amore. Il racconto continua con una descrizione singolare dell'oltretomba e con un dialogo tra il ricco, che sta all'inferno, ed Abramo. Al ricco che grida, perché Abramo abbia pietà della sua situazione e mandi Lazzaro a lenire le sue sofferenze, viene risposto dapprima che lui in vita ha già avuto i suoi beni, mentre Lazzaro ha sperimentato i suoi mali, e poi in modo categorico è ribadito che tra loro esiste "un grande abisso" e non è più possibile alcuna comunicazione. Infatti la situazione dopo la morte, preparata e creata dagli uomini quando sono in vita attraverso le loro scelte, è definitiva ed irreversibile. Vista sfumare la possibilità di essere aiutato da Abramo, l'uomo ricco chiede che Lazzaro sia almeno mandato dai suoi cinque fratelli, "li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in quel luogo di tormenti", a causa della loro esistenza condotta senza amore e solidarietà verso i poveri. Anche a questa domanda Abramo risponde negativamente, perché in vita i fratelli hanno già dei riferimenti e dei richiami sufficienti nelle Sacre Scritture ("Mosé ed i Profeti"), capaci di innescare il cammino di conversione. Le Scritture, se accolte in tutto il loro spessore, sono un dono lasciato da Dio all'uomo capace di farlo ritornare a lui, di rivelargli il suo immenso amore e di guidarlo alla vera solidarietà col prossimo. Il ricco dall'inferno insiste nuovamente perché uno dai morti vada ad invitare i suoi familiari al ravvedimento. Abramo risponde che la risurrezione di uno dai morti non sostituisce la forza intrinseca nelle Scritture. Sembra anche di poter intravedere, contenuto nell'ultima parte del testo, che la resurrezione di Cristo non può essere capita, riconosciuta ed accolta se non ci si lascia convertire e plasmare dalla forza delle Scritture Sante. Non è lo straordinario che cambia la vita e la modella evangelicamente, ma la compagnia feriale con Gesù che ci educa pazientemente con la sua parola.
La felicità eterna non é data dai beni materiali. Essa si costruisce giorno per giorno attraverso le scelte compiute in coerenza con la vocazione ricevuta di amare generosamente Dio ed il prossimo. Questo cammino è percorribile attraverso la guida sistematica delle Sante Scritture. Esse non solo cambiano gradualmente la nostra vita e la modellano, ma permettono anche di realizzare un incontro vero ed autentico col Cristo Risorto.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURENella prima lettura il profeta Amos contesta gli "spensierati di Sion", cioè la gente del regno del sud, e anche quella del regno del nord ("quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria") perché adagiati nel loro benessere, non vedono "la rovina di Giuseppe", cioè le sacche di miseria presenti in mezzo al popolo, e di essa si disinteressano. Tale situazione degenererà fino a giungere alla deportazione. É la stessa situazione presentata nella parabola di Gesù attraverso l'uomo ricco ed il povero Lazzaro. Anche Paolo come Gesù, scrivendo a Timoteo, sottolinea la necessità di restare fedeli alle Scritture per "raggiungere la vita eterna". Egli scrive: "ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento". Tale fedeltà costruisce l'uomo di Dio e permette di tendere "alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza". Solo così il cristiano può combattere realmente "la buona battaglia della fede".
La vita(per continuare il lavoro nella riflessione personale)
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- Quale parte del vangelo letto (in tutta la sua ampiezza) e commentato mi ha colpito di più e perché?
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 18 settembre 2022, XXV Domenica T. O. - Anno C
Discepoli scaltri e creativiAmos 8, 4-7 . Salmo 112 . 1 Timoteo 2, 1-8 . Luca 16, 1-13
LetturaContinua idealmente il viaggio di Gesù verso Gerusalemme iniziato da Lc 9,51. Egli persevera nell'istruire i suoi discepoli che lo stanno seguendo. Nel capitolo precedente la questione dominante era il rapporto con i peccatori. Con la pericope odierna Gesù inizia ad aprire gli occhi ai suoi sui problemi che si presentano in relazione alla proprietà e ai beni materiali.
Lc 16, 1-131Diceva anche ai discepoli: "Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare". 3L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua". 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". 6Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". 7Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta". 8Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza".CommentoIl testo si compone di due parti: la parabola dell'amministratore disonesto (16, 1-8a) e le sue diverse applicazioni fatte da Gesù (16, 8b-13). La parabola con cui si apre il brano è complessa e difficile e chiede al lettore un impegno particolare di comprensione. Nel racconto parabolico possiamo distinguere due parti, entrambi formate da tre scene. La prima parte (16, 1-3) ha all'inizio la presentazione dei due personaggi ("c'era un uomo ricco che aveva un amministratore") e la constatazione dell'accusa di sperperare gli averi rivolta all'amministratore. Nella seconda scena il padrone decide che l'accusato renda conto del suo operato prima di essere licenziato ("non puoi più essere amministratore"). La terza scena presenta le riflessioni dell'amministratore ed i suoi progetti futuri per uscire con delle prospettive da quella situazione che ormai sta precipitando ("so io cosa fare perché... ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua"). La seconda parte della parabola presenta prima due comportamenti concreti assunti dall'amministratore nei confronti dei debitori del padrone (sconta ad un debitore la metà dei barili di olio che doveva al padrone e ad un altro stralcia venti misure di grano sulle cento che doveva dare) e poi il comportamento sorprendente del padrone. Egli elogia l'amministratore perché agendo con scaltrezza, questa volta lo ha proprio imbrogliato per raggiungere i suoi scopi. Anche se restano aperti tanti interrogativi sulla sorte dell'amministratore, la conclusione della parabola è veramente paradossale: l'amministratore è elogiato proprio per il suo comportamento disonesto. Nella lode del padrone si ha la prima interpretazione della parabola. L'amministratore non viene indicato come modello nel suo comportamento disonesto verso il padrone, ma per la scaltrezza con cui gestisce la situazione e per la capacità di saltarcene fuori. Seguono nel brano le altre applicazioni della parabola fatte da Gesù. Il contrasto tra figli di questo mondo e figli della luce, mette in evidenza la situazione discepoli che rischiano spesso di essere incapaci di prendere decisioni giuste e risolutive nella situazione presente. Il corretto discernimento è sempre correlato ad interventi adeguati capaci di risolvere le situazioni che non sono evangeliche. Le altre indicazioni riguardano il rapporto del discepolo con le ricchezze materiali. Queste devono servire per creare relazioni interpersonali positive e sono un banco di prova da cui emerge la fedeltà o l'infedeltà di un individuo. Chi non sa gestire adeguatamente, con scelte evangeliche, il suo rapporto con le ricchezze, non sarà nemmeno capace di accogliere e di amministrare i doni della salvezza. Infine Gesù mette in guardia i suoi sottolineando l'impossibilità di servire contemporaneamente due padroni: Dio e mammona (le ricchezze).
Conclusione. Il discepolo che segue Gesù é invitato a vivere nella storia con scaltrezza e creatività. Queste attitudini risultano indispensabili per prendere decisioni adeguate nella vita e soprattutto per avere un rapporto corretto con i beni materiali.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELa prospettiva di fondo in cui collocare le letture odierne è quella indicata da Paolo nella seconda lettura: "Dio... vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità". Per raggiungere tale obiettivo i discepoli sono invitati a seguire Cristo Gesù, "che ha dato se stesso in riscatto per tutti". La sequela comporta l'attuazione degli insegnamenti dati da Gesù e che quest'oggi, come si legge nel vangelo, si focalizzano sull'uso adeguato e corretto delle ricchezze. Chi, a causa dei beni materiali, come dice il profeta Amos nella prima lettura, imbroglia il prossimo o lo sfrutta ignominiosamente, non potrà sfuggire al giudizio di Dio. Per questo allora il cristiano è invitato da Paolo a pregare incessantemente, perché la sua vita sia sempre in sintonia col vangelo e la sua testimonianza sia vera e credibile.
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Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 11 settembre 2022, XXIV Domenica T. O. - Anno C
Dio cerca sempre tutti con amoreEsodo 32, 7-11.13-14 . Salmo 50 . 1 Timoteo 1, 12-17 . Luca 15, 1-32
LetturaSiamo al centro della sezione che presenta il viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Qualcuno definisce il capitolo quindici: "cuore del terzo vangelo". Qui, come nel capitolo precedente, la scena del pasto, che viene consumato da Gesù con altre persone, fa da sfondo. Ora però i commensali non sono più gli scribi ed i farisei ma i peccatori. Proprio perché Gesù va a cercare costoro, sorge un conflitto tra lui ed i rappresentanti ufficiali della religione ebraica. In questo quadro si collocano le tre parabole dette della "misericordia": la pecora perduta (15, 3-7), la moneta d'argento perduta (15, 8-10) e la parabola del padre con i suoi due figli (15, 11-32). La liturgia quaresimale nella IV domenica ha già proposto la terza.
Lc 15, 1-321Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: "Costui accoglie i peccatori e mangia con loro". 3Ed egli disse loro questa parabola:4"Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".11Disse ancora: "Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". 20Si alzò e tornò da suo padre.Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". 22Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa.25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". 31Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"".CommentoIl brano si apre con una introduzione (vv. 1-3) che presenta i pubblicani ed i peccatori particolarmente vicini a Gesù "per ascoltarlo". I farisei e gli scribi invece mormorano a causa del comportamento poco ortodosso tenuto da Gesù. Infatti gli ebrei osservanti devono assolutamente evitare di avere rapporti di qualsiasi genere con i peccatori. Seguono le prime due parabole che sono una risposta diretta alle accuse rivolte a Gesù. Al pastore di cento pecore non basta sapere di averne ancora novantanove, egli lascia queste "nel deserto e va cercare quella perduta, finché non la ritrova". Così la donna che possiede dieci monete d'argento (dramme) non si accontenta delle nove rimaste in suo possesso, ma "accende la lucerna, spazza la casa" e scruta attentamente tra il pavimento sconnesso finché non ritrova la moneta persa. La prima parte delle parabole sottolinea la ricerca compiuta da Dio nei confronti di coloro che si sono perduti e la conseguente missione universale di Gesù, il quale è mandato a tutti ed in particolare a quelli fuori dal coro. La parte conclusiva dei racconti sottolinea fortemente la gioia di chi ha finalmente trovato ciò che ha perso: "Rallegratevi con me ...". Dopo aver narrato le parabole, Gesù collega direttamente le vicende illustrate con quanto accade in cielo. Nel caso del pastore il paragone è con un peccatore che si converte. Per lui in cielo esplode la gioia, perché Dio lo ha pazientemente ricercato, inseguito e finalmente portato a casa. Questo non capita mai a coloro che si ritengono giusti; questi infatti si chiudono all'amore misericordioso di Dio, che pazientemente viene a cercarli. Infatti nessuno è pienamente giusto e tutti si ha bisogno di conversione e di ritorno al Padre. La gioia della donna che ritrova la moneta rimanda alla "gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte". Per l'approfondimento della terza parabola si rimanda al commento della IV domenica di quaresima.
Di fronte al rischio di creare delle chiesuole riservate ai soli bravi, Gesù propone ai discepoli come modello la sua missione, affidatagli dal Padre. Egli è venuto per tutti, perché tutti sono chiamati a partecipare al banchetto, e tutti hanno continuamente bisogno di essere portati sulle sue spalle per tornare a casa. Chi si ritiene giusto è sempre troppo concentrato su sé e perde la possibilità di partecipare alla festa che scaturisce dall'incontro con l'amore misericordioso del Padre.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTURELe tre letture presentano la salvezza data agli uomini da Dio che va continuamente a cercarli quando si perdono. Il popolo d'Israele, uscito ormai dall'Egitto, si é pervertito, allontanandosi dalla via a lui indicata da Dio, facendosi un vitello di metallo fuso e prostrandovisi dinanzi. Allora Dio manda ancora una volta Mosé a salvarlo. Anche se il popolo è di dura cervice e merita il castigo di Dio, l'intercessione di Mosé spinge il Signore ad abbandonare "il proposito di nuocere al suo popolo" e a rivelare il suo volto misericordioso. É Gesù che nella pienezza dei tempi, manifesta la misericordia di Dio Padre, il quale per mezzo suo va in cerca di tutti gli uomini per portarli salvati a partecipare alla festa che si tiene nella casa del Padre. Paolo, nella seconda lettura, diventa il prototipo dei peccatori salvati da Cristo Gesù e mostra cosa capita nella vita di chi si lascia toccare dalla misericordia di Dio.
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LETTURA - COMMENTO - VITA
Unità Pastorale Madonna della Salute
Goito 4 settembre 2022, XXIII Domenica T. O. - Anno C
Seguire il Signore senza distrazioniSapienza 9,13-18 . Salmo 89 . Filemone 9-10.12-17 . Luca 14,25-33
LetturaLa scena della cena in casa di uno dei capi dei farisei si chiude con la parabola del banchetto a cui gli invitati non partecipano. Allora il padrone riempie la sua casa di poveri, storpi, ciechi e zoppi, perché così nessuno dei primi invitati può gustare la sua cena. A questo punto la narrazione segna una svolta ed appaiono le folle, che sono destinatarie dei discorsi del brano odierno.
Lc 14, 25-3325Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: 26"Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: "Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro". 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.CommentoIl brano si apre con due parole di Gesù rivolte a "una folla numerosa", che andava con lui. Egli, voltandosi, idealmente si rivolge a tutti coloro che si sentono suoi discepoli e lo stanno seguendo. Ad essi dapprima indica un elenco di cosa sia necessario "odiare". Il verbo odiare è da intendere nel senso di posporre. Chi segue Gesù non può collocare la madre, il padre, la moglie, i figli... e perfino la propria vita al primo posto come oggetto principale d'amore. Il rapporto con Gesù, e per mezzo suo col Padre, ha la preminenza su tutte le altre relazioni. Non a caso sono sette le relazioni da collocare in seconda posizione. Il numero sette sta ad indicare la totalità di se stessi e delle relazioni interpersonali. Coloro che intendono seguire Gesù e non si orientano in tale direzione, non possono essere suoi discepoli. La scelta di seguire Cristo deve caratterizzare tutta l'esistenza del cristiano ed esige la prontezza a posporre i legami familiari e la propria vita per essere veramente e durevolmente suoi discepoli. Gesù dice poi ai suoi, che sono paragonabili ai condannati a morte ("chi non porta la propria croce..."), i quali non hanno più la vita nelle loro mani perché la sentenza capitale è già stata pronunciata e stanno incamminandosi verso il patibolo. La parola di Gesù approfondisce ulteriormente con l'immagine del condannato, che porta la croce, cosa significhi odiare "perfino la propria vita". Il discepolo deve vivere sapendo di non poter più disporre della propria vita, perché è stata messa completamente nelle mani del Signore. Seguono due parabole che presentano la necessità di prendere nella vita cristiana decisioni adeguate e concrete in base alle situazioni e alle proprie possibilità. L'esperienza del discepolato va costruita pazientemente, giungendo fino alla sua completezza; essa è anche come una battaglia da sostenere con energia e forza per non soccombere di fronte alle prove e alle difficoltà. Il brano si chiude con una terza parola di Gesù. Egli invita i discepoli a staccarsi anche da tutti gli averi, da tutti i beni materiali. Questi non possono mai essere collocati all'apice degli interessi e degli affetti; devono sempre essere messi in gioco e diventare relativi fino a rinunciarli, se necessario, per portare a termine la scelta di essere discepoli del Signore.
Conclusione. Intraprendere il cammino di discepoli del Signore è un affare serio e totalizzante per la persona. In esso occorre procedere con saggezza, investendo con razionalità, realismo, e determinazione, lottando ed aggredendo i problemi che si incontrano. Per camminare speditamente e stare realmente al passo col Signore, è necessario qualificare sempre più la relazione con lui, mettendo in secondo piano i rapporti con gli altri, con se stessi e con i beni che si possiedono.
COLLEGAMENTO FRA LE LETTUREL'esperienza del discepolato non può essere condotta secondo le categorie e le conoscenze umane. La prima lettura al riguardo afferma che a stento l'uomo riesce a raffigurarsi le cose terrene e a fatica conosce quelle a portata di mano. La riflessione dell'uomo è sempre molto fragile a causa dei limiti imposti dal corpo: "la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri". Se questo vale per le realtà terrene, a maggior ragione accade per tutto quanto riguarda Dio. Il pensiero di Dio può essere intuito soltanto per mezzo del dono dello "Spirito Santo dall'alto". Egli, unito alla sapienza, permette di avere la salvezza, che si concretizza nel seguire fedelmente Gesù Cristo. Se Gesù nel vangelo relativizza persone, beni materiali e se stessi in vista del rapporto con lui, la seconda lettura fa intravedere un modo nuovo di vivere da cristiani le relazioni umane. Queste diventano fondamentali ed importanti se collocate nel Signore. Ogni individuo diventa un dono che viene dal Signore e quindi un aiuto per seguire lui.
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